«ß çíàþ, ÷òî òû ïîçâîíèøü, Òû ìó÷àåøü ñåáÿ íàïðàñíî. È óäèâèòåëüíî ïðåêðàñíà Áûëà òà íî÷ü è ýòîò äåíü…» Íà ëèöà íàïîëçàåò òåíü, Êàê õîëîä èç ãëóáîêîé íèøè. À ìûñëè çàëèòû ñâèíöîì, È ðóêè, ÷òî ñæèìàþò äóëî: «Òû âñå âî ìíå ïåðåâåðíóëà.  ðóêàõ – ãîðÿùåå îêíî. Ê ñåáå çîâåò, âëå÷åò îíî, Íî, çäåñü ìîé ìèð è çäåñü ìîé äîì». Ñòó÷èò â âèñêàõ: «Íó, ïîçâîí

Dal Vangelo Secondo Giuda

Dal Vangelo Secondo Giuda Andrea Lepri Anno 2178, il Progetto Cielo sta per cominciare. Sir Jonathan user? il Traslatore Spazio Temporale per andare a prelevare Ges? nell’anno 30 e portarlo nella sua epoca,  vuole donargli il mondo per-fetto che egli non ? riuscito a realizzare duemila anni prima. Sir Jonathan ha scelto Nicole come compagna di Ges?, unendosi in matrimonio i due daranno origine a una stirpe perfetta, destinata a governare il mondo nei Secoli. Ges?, feroce tiranno di una lontana civilt? aliena, ? stato esiliato ed ? caduto con la sua astronave sul pianeta Terra. Qui riesce a sopravvivere trasformandosi in un essere umano, grazie a un proce-dimento di clonazione. Tutto ci? che vorrebbe ? tornare sul suo pianeta per vendicarsi dei rivoluzionari che hanno sterminato la sua famiglia, ma dopo l’incontro con Giovanni Battista comincer? il difficile cammino di redenzione che lo porter? a salire sulla croce in nome dell’Amore. Tutto questo accade mentre Giuda 1091 lotta per difendersi dagli intrighi di potere che Giuda 1091 ? un esemplare cittadino qualunque dell’anno 2178. Ha una bambina piccola, Jodie, e sua moglie Nicole ? in attesa del secondo figlio. Il pianeta Terra ? stato curato da quasi tutti i suoi mali, Giuda vive in un’epoca dove non ci sono delinquenza n? malattie e tutti quanti hanno una casa e un lavoro. Il Potere ? gestito da una casta di sacerdoti laici, che lo amministrano secondo semplici norme dettate dalla Bibbia e si trasmettono il titolo per discendenza. Sembrerebbe tutto semplice e bello, ma sotto quella crosta di perfezione e falso benessere si snoda un filo di intrighi, misteri, e falsit?. Il pi? potente dei sacerdoti, Sir Jonathan, porta avanti in gran segreto il Progetto Cielo: uno dei sui scienziati ha quasi ultimato la realizzazione della macchina del tempo, lui sogna di usarla per andare a prelevare Ges? nell’anno 30 e portarlo con s?, per donargli il mondo che egli non ? riuscito a realizzare duemila anni prima. In quel modo, Sir Jonathan sar? glorificato in eterno perch? potr? abbattere le antenne che tengono sotto un continuo stato di ipnosi i cittadini, rendendo loro la libert? per metterli di fronte a Dio in persona. Ges? ? stato il feroce tiranno di una civilt? extraterrestre, ? stato esiliato e la sua astronave ? caduta sulla Terra. Attraverso la clonazione della propria memoria su uno spermatozoo ? riuscito a rinascere in forma umana, dopo aver abbandonato il corpo originario alla morte. Vorrebbe veder passare in fretta il tempo necessario a ricaricare le batterie solari dell’astronave, per poter tornare al suo pianeta e vendicarsi di coloro che hanno sterminato la sua famiglia. Ma grazie all’incontro con Giovanni Battista, che lo guider? alla conversione, espier? i peccati commessi nell’altra vita e cercher? tra mille dubbi di insegnare l’Amore agli uomini. Lotter? con ardore e salir? sulla croce. Fred ? il migliore amico di Giuda, a sua insaputa ? a capo della Setta, un gruppo rivoluzionario. E’ l’unico che, grazie a suo nonno, sa dell’esistenza delle antenne. Le vuole distruggere per rendere la libert? agli uomini, per riuscirci sta preparando un gruppo di cittadini da guidare alla rivolta. Sir Jonathan ha individuato in Nicole, moglie di Giuda, la donna perfetta che dovr? essere la compagna di Ges?. Unendosi in matrimonio daranno origine ad una stirpe divina, destinata a governare il mondo nei secoli. Nicole, per mezzo di una messinscena ideata da Sir Jonathan e dai suoi collaboratori, si finge morta. Cos? facendo salva Giuda e Jodie dal ricatto letale di cui sono inconsapevolmente oggetto. Dopo avergli tolto anche la figlia, per?, Sir Jonathan decide di ibernare Giuda perch? teme che possa scoprire l’inganno. Fred, che ? anche membro del Nucleo Ibernazioni, lo avverte. Lui rapisce la bambina e fugge a bordo di una delle macchine del tempo. Nasce cos? un vortice di inseguimenti e tradimenti, combattimenti e rivoluzioni, che si sviluppano attraverso il tempo e lo spazio. Giuda finisce nell’Anno 30, l? incontra Ges? e si unisce a lui per proteggerlo, ma a causa dell’ennesimo ricatto da parte di Sir Jonathan sar? costretto a consegnarlo ai Romani. A quel punto dovr? fare di tutto per salvarlo, altrimenti la storia si ripeter? all’infinito. E cos?, in parallelo tra l’anno 30 ed il ventiduesimo Secolo,  si svolgeranno gli scontri finali, gli esiti dei quali saranno incerti fino all’ultimo. INDICE DEI CAPITOLI PARTE I (#ulink_28e3cc67-93c9-5329-a7de-0cd00feac8f2) L’AGGRESSIONE PARTE II (#ulink_9db9d91b-dd6f-516b-8b66-e07391efdd75) LA MORTE DI NICOLE PARTE III (#ulink_a19ab4d9-c46a-5b54-af17-123e972a4d06) L’ALIENO PARTE IV (#litres_trial_promo) CACCIA ALL’UOMO PARTE V (#litres_trial_promo) IL BATTESIMO DI GESU’ PARTE VI (#litres_trial_promo) L’ATTACCO DELLA SETTA PARTE VII (#litres_trial_promo) GIUDA E GESU’ PARTE VIII (#litres_trial_promo) ANNO XXXIII D.C. PARTE IX (#litres_trial_promo) LA PASQUA DI RESURREZIONE PARTE X (#litres_trial_promo) LA LIBERAZIONE PARTE XI (#litres_trial_promo) DAL VANGELO SECONDO GIUDA PARTE XII (#litres_trial_promo) EPILOGO PARTE I L’AGGRESSIONE Quella mattina c’era un bel Sole, Nicole aveva apparecchiato in giardino. Pos? il vassoio della colazione sul tavolo e sedette di fronte a Giuda, senza smettere di fissarlo con un sorrisetto enigmatico stampato in viso. Lui aveva notato che negli ultimi giorni sua moglie aveva qualcosa di diverso nello sguardo, come una luce particolare che brillava sul fondo dei suoi grandi occhi scuri, ma non era riuscito a spiegarsene il motivo. «Che fai, non mangi?» lo stuzzic? lei divertita, vedendolo perplesso, lui si scosse. «Ho deciso che finch? non mi dici che cos’hai, non mi muover? da qui. Quindi stamani arriver? tardi al lavoro e mi prender? un bel rimprovero... e sappi che sar? soltanto colpa tua!» replic? puntandole contro un dito, ma non riusc? a sembrare serio quanto avrebbe voluto. Lei continu? a sorridere divertita senza rispondere, mentre un vento leggero le scompigliava i lunghi capelli lisci dal colore dell’ebano. Jodie li raggiunse correndo e salt? in braccio a sua madre. «Allora, glielo diciamo?» le chiese. «Ma si, dai» rispose Nicole lanciandole un’occhiata complice «? ora che lo sappia anche lui!» «Che cosa dovete dirmi?» fece allora lui dimenandosi sulla sedia, sempre pi? impaziente. La bambina si stacc? da sua madre e gli si avvicin? lentamente, per tenerlo ancora un po’ sulla corda. «Avr? un fratellino» gli sussurr? all’orecchio. Per un attimo lui ebbe la sensazione che il tempo si fosse fermato, cerc? conferma nello sguardo di Nicole perch? non era sicuro di aver capito bene. Lei annu? convinta e lui si fece improvvisamente assorto, abbass? la testa e cominci? a mangiare, senza scomporsi. Al termine della colazione, Jodie e Nicole sparecchiarono e rientrarono in casa, Giuda oscur? tutte le finestre e le raggiunse in salotto. Soltanto allora poterono finalmente lasciarsi andare alla loro esplosione di gioia, al riparo da sguardi indiscreti e stando attenti a non fare troppo baccano. Infatti, nell’anno 2178, chi manifestava troppo apertamente le proprie emozioni non era visto di buon occhio. Giuda era impiegato come cronista presso il piccolo Quotidiano locale, era uno di quei giornalisti che vanno in giro negli orari e nei posti pi? strani in cerca di notizie sensazionali. Sapeva bene che la sua attivit? non era emozionante come quella dei suoi antichi colleghi, ma quel lavoro gli piaceva molto. Le lunghe veglie notturne e gli appostamenti non esistevano pi? perch? ogni evento era vissuto in tempo reale, ma lui era convinto che, impegnandosi a fondo, sarebbe sempre riuscito a trovare il modo di scrivere un buon articolo. Lungo il tragitto si ferm? a comprare un paio di bottiglie “di quello buono”, per condividere con i colleghi quella fantastica novit?, ma anche l? i festeggiamenti si limitarono a un brindisi quieto e a qualche fredda stretta di mano. La sera stessa, per festeggiare l’evento, Giuda prenot? un tavolo in un ristorante di alto livello. Nicole si mostr? entusiasta di quelle pietanze a base di pesce, in particolare le piacquero molto le primizie servite per contorno, coltivate sul fondo del Mar Mediterraneo. Ebbri per l’euforia esaltata dal vino azzurrognolo, frizzante e leggermente salato, si lasciarono andare a tutta una serie di progetti sul bambino. Si dissero che sarebbe stato bello, forte, intelligente. Forse un artista, o addirittura uno scienziato. Per chiudere la serata in bellezza si recarono al Cinema Totale, dove vissero da protagonisti una Storia Interattiva. Tornati a casa trascorsero il resto della notte facendo l’amore, ubriachi di felicit?, finch? si addormentarono stretti stretti. Poco dopo la quotidianit? riprese il sopravvento, le settimane successive trascorsero serenamente tra le gite in barca e lo sport, il lavoro di Giuda e le mostre di Pittura Dinamica di Nicole, che in quel genere di rappresentazioni artistiche era la migliore. La sua pancia continuava a crescere e lui trascorreva ore a guardarla e carezzarla, a parlarle, oppure semplicemente ad ascoltarla come se ogni volta fosse la prima. Talvolta, durante la preparazione della camera del bambino, si incantavano a fissarsi negli occhi perdendosi l’uno nell’altra, fino a sentirsi una cosa sola. Il foglio usc? dalla stampante accompagnato da un breve ronzio, dopo un salto di pochi centimetri and? a depositarsi dolcemente nel raccoglitore. Il dottor Lorentz spense le apparecchiature e lo raccolse, quindi esamin? i dati con estrema attenzione. «Non ha niente da temere signora, tutto sta procedendo per il meglio. I parametri sono tutti nella norma, ma non solo: dall’analisi del Patrimonio Genetico si intuisce che suo figlio, oltre a essere praticamente perfetto dal punto di vista biologico, sar? dotato di eccellenti qualit? intellettive e morali.» Il dottore era piuttosto basso e corpulento, aveva il viso butterato e le labbra carnose come quelle di una donna. I suoi occhi piccoli e vicini, sfuggenti come se guardasse sempre altrove, ricordarono a Nicole quelli di un topo. Lei vinse una specie di ripugnanza e lo ricompens? con un sorriso stupendo, stringendogli la mano, poi lasci? l’ambulatorio. Il dottore si assicur? che la sala d’attesa fosse deserta, poi rientr? in studio e digit? la combinazione sul pannello posto a fianco al battente. La porta si chiuse e and? in blocco, lui raggiunse la scrivania e premette un pulsante nascosto sotto un fermacarte di marmo. Uno specchio alto due metri scorse lateralmente lungo una guida nel pavimento, aprendo la vista ad una piccola stanza nascosta. All’interno c’era un uomo affacciato alla finestra, aveva le mani giunte dietro la schiena e stava osservando Nicole che si allontanava per strada. Passo dopo passo lei divenne una macchia di colore sempre pi? piccola, fino a confondersi nel sonnacchioso traffico cittadino. L’uomo si volt? lentamente a scrutare il dottore, esprimendo coi suoi occhi dal colore del ghiaccio una richiesta muta ma ben precisa. «Avete potuto vedere voi stesso Eccellenza!» rispose soddisfatto. «Fisicamente incarna la perfezione, inoltre conoscete i suoi dati biomorali meglio di me. E’ senza ombra di dubbio uno dei migliori esemplari, se non il migliore in assoluto, tra tutti quelli che abbiamo esaminato. Le sue qualit? sono meravigliosamente elevate sia sotto il punto di vista intellettivo che sotto quelli morale, caratteriali ed estetico» precis?. Sir Jonathan annu? gravemente e si sistem? nervosamente la zazzera di capelli bianchi, candidi e luminosi come neve, facendosi pensoso. Aveva studiato personalmente i rapporti su tutti gli esemplari studiati e le sue conclusioni collimavano perfettamente con quelle del Dottor Lorentz, ma lui voleva un’ulteriore quanto inutile conferma. «E’ proprio sicuro che quella donna sia adatta allo scopo? Preferirei non illudermi vanamente, piuttosto che ritrovarmi in mano un pugno di mosche quando saremo giunti ad una fase troppo avanzata del Progetto. A quel punto non sarebbe pi? possibile cambiare obiettivo» gli spieg? ancora una volta. Per tutta risposta, l’altro si limit? a sorridere compiaciuto. L’Anziano ricongiunse le mani dietro la schiena, poi cal? il mento sul petto e rest? assorto per qualche istante in meditazione. Poteva finalmente raccogliere i primi frutti dei lunghi anni del suo lavoro, anni trascorsi a preparare quell’impresa che rappresentava l’unico scopo di tutta la sua vita. Aveva immaginato migliaia di volte di vivere quel momento, aveva sempre pensato che quella stupenda notizia sarebbe scesa nel profondo del suo animo fino a toccare le sue corde pi? nascoste, emozionandolo. «Bene! E’ il tassello che ci mancava» comment? invece semplicemente, meravigliando persino s? stesso della propria freddezza. Era come se quella piccola grande vittoria fosse stata la cosa pi? naturale del mondo, come se avesse saputo da sempre che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, ma la consapevolezza che gli ostacoli da superare erano ancora molti gli imped? di goderselo come avrebbe voluto. Sapeva che per molto tempo ancora avrebbe dovuto spendere tutte le proprie energie nel conseguimento del suo obiettivo, senza mai distrarsi n? abbassare la guardia. «A breve comincer? finalmente la fase conclusiva del Progetto Cielo» inform? il dottore. «Penso che convincere la donna non sar? facile» azzard? questi, timidamente. Sapeva bene quanto l’Anziano fosse potente e suscettibile, aveva scelto le parole con cura perch? non intendeva assolutamente contrariarlo. «Sar? molto pi? semplice di quanto pensa. In fondo, le offriremo qualcosa di grandioso in cambio di un piccolissimo sacrificio.» Il dottore rimarc? i suoi dubbi con uno sguardo perplesso, allora un lampo di determinazione balen? negli occhi di Sir Jonathan, rendendoli se possibile ancora pi? vivaci. «Accetter?, in un modo o in un altro!» tagli? corto. I tre Signori dell’Ordine, fasciati nelle loro uniformi aderenti, erano sfrecciati fuori dal parcheggio ridendo e scherzando come se stessero andando a una festa. I fari dell’auto si riflettevano sull’asfalto lucido, reso scivoloso dalla pioggerellina uggiosa. «Un’altra giornata di caccia, eh?» fece l’autista. «Gi?» rispose distrattamente il Capopattuglia seduto al suo fianco, continuando a lucidare il distintivo. «E vorrei che stavolta fosse davvero l’ultima!» aggiunse dopo averlo controllato in controluce, per assicurarsi che non vi fossero aloni. «Quand’? che la smetterai di torturare quella povera patacca?» lo canzon? Nick sporgendosi verso di lui dal sedile posteriore. «Quando anche la tua patacca sar? d’oro come questa,» replic? Joe piazzandogli il distintivo sotto il naso, affinch? lo potesse ammirare, «e ti mancheranno sei giorni alla pensione come a me, vedrai che la torturerai pure tu. Annusala, senti come profuma di libert?!» Fabien, il ragazzo alla guida, aveva il corpo esile e nervoso. Le spalle strette sorreggevano la testa perfettamente rotonda, sulla quale spuntava in modo abbastanza evidente il naso a patata. Le sue lunghe braccia tenevano saldamente il volante, gli occhi verdi leggermente sporgenti scrutavano attentamente ogni centimetro di strada. «Peccato che anche stavolta si risolver? tutto con un nulla di fatto. Sarei proprio curioso di vedere dal vivo gli effetti devastanti di questo aggeggio, anzich? nelle stupide simulazioni del corso» disse portandosi una mano all’arma che teneva agganciata alla cintura. «Ma purtroppo, o forse per fortuna, non ne avremo mai l’occasione» concluse, mimando con il pollice e l’indice della mano destra il gesto di far fuoco contro un bersaglio immaginario. «E’ proprio cos?» convenne Joe con l’aria di chi la sa lunga, «anche questa volta il cattivo di turno, dopo averci insultati e tenuti sulla corda per un paio d’ore, uscir? frignando e strisciando. Nessuno si far? un graffio e la gente applaudir? soddisfatta, perch? anche stavolta il Bene avr? trionfato. Torneranno tutti quanti a casa felici e contenti tranne noi, che continueremo a imprecare perch? ci saremo persi la finale dei Bulls. E come se tutto questo non bastasse, stasera avrei dovuto festeggiare il sessantesimo anniversario di matrimonio e tanto per cambiare arriver? in ritardo. Anche quest’anno mia moglie mi grider? in faccia che amo il mio lavoro pi? di quanto non ami lei, e come al solito lo far? minacciandomi con il suo mattarello.» «Ehy tu, rallenta o ci beccheremo una bella multa per eccesso di velocit?» ordin? Nick a Fabien scherzando, nell’intento di sdrammatizzare. Malgrado tutte le loro sicurezze, avvicinandosi al luogo dell’intervento stavano cominciando a percepire una certa tensione. I tre risero di gusto mettendoci la giusta quantit? di nervi, poi il ragazzo prese il microfono della radio e se lo port? alla bocca con gesti misurati, esibendosi nella parodia del personaggio di un film vecchio di quasi duecento anni. Nick e Joe risero di nuovo. «Qui pattuglia numero Sette. Siamo quasi sul posto, ci sono novit??» «Qui base operativa. Nessuna novit?, il tipo se ne sta comodamente barricato nell’appartamento. Non sembra pericoloso, ma le Guardie Semplici non sono riuscite a convincerlo a uscire.» «Bene, gli faremo cambiare idea noi!» disse Fabien accendendo i lampeggianti e le sirene, poi schiacci? l’acceleratore con decisione. «Chiss? perch? tutti quelli che rifiutano di sottoporsi al Trattamento sono residenti nel Quarto Quadrante» si chiese Nick a voce alta tenendosi saldamente alla maniglia. «Una volta, l? c’era una centrale nucleare. Sar? colpa dell’aria o delle radiazioni, o di qualcosa del genere» ipotizz? il Capopattuglia mentre passava di nuovo il fazzoletto sul piccolo disco d’oro, che continuava ad appannarsi a causa dell’umidit?. Una piccola folla osserv? ammirata l’arrivo dell’auto e il plateale testacoda col quale il ragazzo parcheggi? sul prato davanti alla casa, alzando un’onda di fango. Occhi avidi fissavano quasi ipnotizzati la luce che piroettava su s? stessa, lanciando lampi azzurri e rossi a squarciare il velo nebuloso della sera. Gli spettatori, consapevoli che la fortuna di assistere a uno spettacolo simile poteva capitare una sola volta nella vita, erano ben decisi a gustarselo fino in fondo. «Bene, tocca a noi» annunci? in tono grave Joe, dopo essersi lisciato i baffoni banchi da tricheco. «Posate le armi nel bagagliaio» aggiunse apprestandosi a uscire dall’auto. «Vuoi andare disarmato? Potrebbe essere pericoloso...» protest? Nick, sorpreso dalla sua decisione. «Ma quale pericoloso! Quel povero diavolo ? atterrito, non l’hai visto come ci guardava dalla finestra?» «E’ proprio per questo, che potrebbe commettere qualche sciocchezza» obiett? Fabien. «La vista delle armi ? sempre stata un ottimo deterrente» prov? ad insistere Nick. «Adesso basta, vi ho detto di posare le armi!» ordin? loro Joe guardandoli storto, odiava essere contraddetto. Chiuse il bagagliaio e si avvi? con passo risoluto verso la casa, Fabien ammir? il suo saper smettere di essere uomo per trasformarsi in poliziotto nel volgere di un solo attimo. Le Guardie Semplici che stavano sorvegliando la villetta rivolsero loro il saluto formale, dopodich? passarono le consegne e andarono a rafforzare il cordone destinato a tenere a distanza di sicurezza la folla. Joe fece cenno a Fabien di fermarsi l?, a met? strada, poi diresse verso l’ingresso, seguito da Nick. «C’? qualcuno?» esord? bussando alla porta mentre gli altri due sorridevano nuovamente. La porta ruot? di un poco sui cardini e uno spiraglio di luce si insinu? nell’oscurit?, accompagnato da un cigolio. L’uomo oltre la porta scrut? Joe senza battere ciglio, aveva la fronte imperlata di sudore e le vene del collo gonfie, a causa della tensione. «Voglio parlare con un giornalista» annunci? con voce stridula. «Avanti amico,» tagli? corto Joe, «falla finita! Abbiamo tutti quanti i nostri problemi, ma questo non ci d? il diritto di creare il panico tra i cittadini. Stasera si gioca la partita dell’anno e noi non vogliamo perdercela. E poi, arrenderti ora o fra tre ore che differenza ti fa? Tanto lo sai che cederai comunque.» «Ho detto che voglio parlare con un giornalista!» si ostin? l’altro. Joe stava gi? cominciando a perdere la pazienza, ma l’idea di usare la forza contro quell’uomo gli dispiaceva. Si disse che probabilmente si trattava soltanto di un povero diavolo, che si stava comportando in quel modo perch? aveva perduto tutto ci? che aveva. Fece per replicare in tono pi? deciso, ma quando i loro sguardi si incontrarono nuovamente trasal?. Negli occhi piccoli e sfuggenti dell’altro non aveva letto paura o disperazione, soltanto una lucida e fredda determinazione. Subito dopo, il secco scatto metallico di una sicura lo inform? che quell’uomo gli stava puntando contro un’arma da dietro la porta. Joe sent? il sangue gelarsi nelle vene, si chiese come poteva essersela procurato, dal momento che i cittadini non avevano accesso agli strumenti tecnologici di offesa. «Non fare sciocchezze, come vedi io e il mio collega siamo venuti disarmati. Possiamo parlarne, se vuoi» si affrett? a dire in tono benevolo per guadagnare tempo e razionalizzare la nuova situazione, intanto, con un cenno della mano, aveva ordinato a Fabien di andare a recuperare la dotazione da combattimento. Dopo aver udito lo scatto della sicura, l’orecchio esperto di Joe aveva riconosciuto il tipico ronzio d’innesco della microturbina. Aveva capito che a tenerlo sotto tiro era una pistola laser tra le pi? potenti, capace di trapassare ogni tipo di materiale senza alcuno sforzo n? pericolose rifrazioni. Si domand? di nuovo come quell’uomo potesse essersela procurata, colto da un’intuizione abbass? gli occhi e vide la macchia di sangue, che si stava rapidamente allargando sulla soglia in marmo. «Si ? tolto il chip!» esclam? tra s? realizzando che oltre la porta c’era un uomo pronto a tutto. Con un balzo felino, incredibilmente agile per una persona della sua et? e della sua mole, Joe si butt? addosso a Nick. Il corrimano che accompagnava il pergolato si spezz? e loro caddero gi? da una specie di balconcino. Durante la caduta, Joe aveva gi? stabilito quale sarebbe stata la mossa successiva. La porta si era richiusa, lui era sicuro che l’uomo asserragliato in casa stava cercando di inventarsi una strategia. Non avendo dimestichezza con situazioni simili avrebbe per? impiegato qualche secondo di troppo per prendere una qualsiasi decisione, quei pochi attimi divennero improvvisamente i pi? preziosi di tutta l’esistenza di Joe. Li avrebbe sfruttati per risalire velocemente i tre scalini e abbattere la porta con una possente spallata, l’altro sarebbe caduto all’indietro perdendo l’arma e loro ne avrebbero approfittato per arrestarlo. Sarebbe davvero una gran bella mossa, l’ultima eroica impresa prima di andare in pensione con tutti gli onori. Forse mi daranno addirittura una medaglia d’oro, per aver evitato una strage, si disse. Aveva gi? vissuto la scena decine di volte con la mente, ma quando cap? che le sue gambe rifiutavano di obbedirgli si rese conto di trovarsi ancora disteso al suolo. No, non ancora. Di nuovo! E stavolta aveva gli occhi sbarrati in un’espressione ebete. I baffi sporchi di sangue incorniciavano la bocca spalancata, ormai incapace di sfogare il grido che gli rimbalzava da una parte all’altra del cervello cercando invano una via d’uscita. Era sorpreso di come non provasse dolore, soltanto una sensazione di disagio a causa della tuta umida che sentiva appiccicata addosso a causa dei suoi stessi umori. E un senso di fastidio nel capire che stava morendo, nell’unico modo in cui aveva sempre pensato che non gli sarebbe mai accaduto. Morire cos? miseramente, a sei giorni dalla pensione dopo una vita tutto sommato tranquilla. Per di pi? proprio nel giorno dell’anniversario di matrimonio... che idiota! Avrebbe voluto resistere, lottare con tutte le sue forze per non soccombere, ma sapeva che sarebbe stato inutile e patetico. Improvvisamente gli torn? a mente il distintivo, guard? verso il proprio petto ma si accorse che i suoi occhi non vedevano pi?. Allora corse a cercare il dischetto d’oro con la mano, ma questa cadde dentro una voragine che gli parve immensa, gli sembr? che affondasse nei propri stessi polmoni avidi d’aria, a togliergli il respiro gi? troppo faticoso. “Il mio distintivo” pens? un’ultima volta. Dopo qualche istante, gli spettatori pi? temerari cominciarono a rialzarsi da terra, con gli occhi sbarrati per la paura e il viso sporco di fango. In redazione era un gioved? come tanti altri, i giornalisti erano intenti a dare gli ultimi ritocchi alle loro bozze. La serata stava trascorrendo tranquilla come sempre, tra il rumore di fondo delle stampanti e le risa provocate da qualche scherzo o dalla lettura di qualche notizia particolarmente strana. «Datevi una mossa, entro mezz’ora tutto il materiale deve passare in rotativa!» annunci? il caporedattore. «Ehy, ma in che anno vivi? Lo sai da quanti decenni non esistono pi?, le rotative?» lo schern? Daniel, il free lance che si occupava di Sport. «Che ci posso fare se sono un nostalgico? A me il gergo giornalistico ? sempre piaciuto! Anche se viviamo immersi nella tecnologia, quello non ce lo potr? mai togliere nessuno» replic? il caporedattore stringendosi nelle spalle. « Io non ci scommetterei pi? di tanto, visti i tempi che corrono... » comment? Daniel. In quel momento, l’atmosfera all’interno dello stanzone cominci? a farsi caotica. I telefoni presero a squillare ininterrottamente, i fax collegati alle agenzie d’informazione sputavano fuori fogli su fogli, per aggiornarli su un quanto grave fatto di cronaca che si stava svolgendo proprio in quei minuti. Dopo aver scorso velocemente il contenuto del primo foglio, Roxanne grid? con tutta la voce che aveva per riportare il silenzio nella sala. «Un cittadino del Quarto Quadrante ha rifiutato di sottoporsi all’Ibernazione Transitoria e si ? barricato in casa!» annunci? trafelata. Nello stanzone si lev? un vocio leggero dovuto all’intreccio di commenti indifferenti e superficiali. «Non vedo il motivo di tanta agitazione, non ? mica la prima vota che succede! Nessuno accetterebbe di buon grado di starsene rinchiuso in un cilindro di vetro per qualche decennio, ad aspettare un evento che renda possibile il suo reintegro nella comunit?. In ogni caso, ogni volta finisce sempre allo stesso modo... alla fine il disubbidiente si arrende sempre» consider? l’esperto di questioni economiche. «Fate silenzio! Qui c’? scritto che quell’uomo ? riuscito a estrarsi il chip e lo ha usato per aprire la cassetta della Dotazione Personale!» «...vuoi dire che...» fece per chiedere qualcuno, incredulo, ma lei non gliene lasci? il tempo. «Ha aperto la propria cassetta e ha preso le armi che servirebbero per la difesa dall’eventuale attacco extraterrestre... le ha usate contro i Signori dell’Ordine.» «Mio Dio!» esclam? il caporedattore. «Ha ucciso il capopattuglia della Squadra Sette... ha ammazzato come un cane il vecchio Joe...» concluse Roxanne con voce tremante. Il brus?o cess? di colpo e una sensazione di gelo riemp? la redazione, il vecchio Joe era conosciuto da tutti. Adesso i giornalisti fissavano preoccupati la ragazza, in citt? non si era verificato un caso di omicidio da oltre mezzo secolo e tutti avevano ormai capito che la notizia non era finita l?. «Vuole essere intervistato da uno di noi» prosegu? infatti lei dopo una pausa interminabile. Frederick ebbe un sussulto, la sua espressione si fece cupa e pensierosa al tempo stesso, quasi come se quella notizia lo avesse turbato pi? del dovuto. «Vado io» disse scattando in piedi, era un impulsivo e aveva deciso in un lampo. Giuda lo guard? quasi deluso perch? il suo amico Fred lo aveva anticipato, le occasioni per scrivere un articolo vero non erano molte e un pensierino ce l’aveva fatto. Be’, sar? pi? veloce la prossima volta, se mai ce ne sar? una, consider? rassegnato tra s?. «Mi spiace, ma questo non ? possibile» replic? Roxanne guardando Freddy negli occhi, lui la incener? con lo sguardo. Essere comandato a fare o non fare qualcosa lo mandava letteralmente in bestia, quello era soltanto uno degli aspetti del suo carattere che rendeva difficile stargli vicino. In attimo si era fatto paonazzo per la rabbia, la ragazza se ne accorse e arretr? istintivamente di qualche passo. «Non ? colpa mia» balbett? poi con un filo di voce mettendo bene in vista il foglio, «qui c’? scritto che vuole Giuda!» Fred la guard? disorientato, poi squadr? il suo amico da capo a piedi e infine torn? a scrutare torvo la ragazza, come se fosse stata la responsabile della situazione. Emise un profondo grugnito d’insoddisfazione e sospir?, poi cominci? a scagliare a terra con forza ogni oggetto che aveva a portata di mano, imprecando tra s? con convinzione. Il led rosso, quella delle chiamate importanti, si accese sul suo telefono appena un attimo prima che questo si sbriciolasse contro il pavimento. Fred si fece passare la chiamata su un altro apparecchio. «Hey, tu! Non ? ancora detta l’ultima parola!» avvis? Giuda puntandogli un dito contro, mentre questi si apprestava a uscire di soppiatto. Incuriosito, Giuda si ferm? sulla soglia con l’impermeabile in mano. Come se avesse avuto davanti il proprio interlocutore, Fred si ricompose e raddrizz? le spalle, poi si riavvi? i capelli mossi che sembrava volessero scappargli dalla testa in ogni direzione. «Sono io Eccellenza, ... non ? possibile mandare lui, questo servizio ? classificabile come “ad alta percentuale di rischio” e Giuda non ha l’esperienza necessaria... e poi le responsabilit?... lo so che ha chiesto espressamente di lui, ma posso andare io fingendomi lui... come pu? riconoscermi, quell’uomo avr? letto il suo nome in fondo a qualche articolo... se la mettete in questo modo non posso fare altro che obbedire...» disse abbassando il capo in segno di sconfitta. «No Eccellenza, vi prometto che non far? di testa mia... certo, le far? avere quei rapporti... Sempre Sia Lodato... Carogna!» aggiunse poi a denti stretti dopo aver riattaccato. «Non finisce qui» ringhi? infine stizzito verso il suo amico, lanciandogli un’occhiataccia. Lui abbozz? un sorriso di circostanza e si avvi? lungo il corridoio, dove alcuni colleghi si mostrarono prodighi di parole d’incoraggiamento e pacche sulle spalle. Guidando verso il Quarto Quadrante, Giuda si scopr? eccitato e preoccupato al tempo stesso. Si chiese perch? quel tale avesse chiesto proprio di lui e se si sentisse pronto ad affrontare la situazione, in fondo quel pazzo aveva appena ucciso a sangue freddo un uomo. Era vero che quell’intervista rappresentava in assoluto la pi? grossa soddisfazione professionale che avrebbe mai potuto ottenere in tutta la sua vita, ma lui non era affatto sicuro che valesse la pena rischiare cos? tanto. Il telefono sul cruscotto trill? d’improvviso, strappandolo bruscamente ai propri pensieri. «Ciao tesoro, non immaginerai mai quello che sta accadendo» disse a sua moglie con un entusiasmo non del tutto sincero. «Non andarci, ti prego!» grid? lei in un tono che gli mand? il sangue in acqua. «Questa ? l’occasione della mia vita e non dovrei andarci? ... e poi come fai a sapere gi? tutto? ... gi?, la televisione... ma che cos’hai?» le chiese mentre cercava di scacciare l’angoscia che di colpo lo aveva attanagliato, la voce dolce e musicale di sua moglie gli pareva roca, come se prima di chiamarlo avesse pianto per ore. «E comunque non sono io a decidere, devo andarci perch? mi ? stato ordinato» le spieg? dopo aver indugiato un attimo, per poter ritrovare un tono di voce normale. «Che ci vadano loro, se ci tengono tanto a quel maledetto articolo! Non puoi rischiare la vita per una stupida pagina di giornale!» replic? rabbiosamente Nicole accendendogli un nuovo brivido lungo la schiena. «Che ti prende Nicole, non ti ho mai sentita cos?... ti ho detto che devo andarci... ma come ? proprio per questo, cosa vuoi dire? Spiegati, per favore, mi stai spaventando! ...solo un brutto presentimento? Ma dai, cosa vuoi che possa mai accadere? Ti dico che andr? tutto bene, cerca di stare tranquilla. Tra un paio d’ore sar? a casa sventolando il mio bell’articolo» tent? di rassicurarla lui mentre gi? cominciava a crederci di meno, «anch’io ti amo.» Fabien stava correndo pi? veloce che poteva verso l’auto, eccitazione e paura si confondevano in lunghe ondate che dal petto gli salivano fino alle tempie, stordendolo. Era operativo soltanto da poche settimane, la percezione improvvisa del pericolo gli insinu? un dubbio: si chiese se il battesimo del fuoco fosse cos? tormentato per tutti o se lui fosse soltanto un vigliacco, perch? aveva gi? capito che trovarsi l? in quel momento era l’ultima cosa che avrebbe voluto. Intanto continuava a correre mentre la sua mente saltava da un pensiero all’altro, cercando di ricordare le cose che gli avevano insegnato alla Scuola di Polizia. Realizz? con un certo disappunto che il corso di addestramento gli aveva fruttato ben poco, le nozioni che avevano cercato di inculcargli in testa, fino quasi a farle diventare riflessi condizionati, gli erano scivolate via di dosso come acqua su di un impermeabile. Sapeva di essere privo dell’istinto e della determinazione che ogni buon poliziotto deve avere per natura, ogni traccia di spavalderia era ormai scomparsa dal suo volto contratto e lui s? maled? per aver desiderato, anche solo per scherzo, di poter usare gli strumenti di morte che lo attendevano nel bagagliaio. Devo fare presto, continuava a ripetersi, ma le sue gambe non gli rispondevano come avrebbe voluto. Si sentiva come se stesse correndo lungo una spiaggia e queste, immerse nell’acqua fino alle ginocchia, procedessero a rilento rispetto alle braccia che mulinavano come impazzite nell’aria. “A terra!” sent? gridare d’un tratto, si tuff? e scivol? sul fango finch? and? a sbattere contro il paraurti dell’auto. La clavicola della sua spalla destra si spezz? strappandogli un grido di dolore, subito dopo si volt? verso la casa e gli sembr? di assistere a una scena alla moviola. «Resta gi?!» aveva ordinato Joe a Nick nel momento in cui avevano toccato terra, un istante dopo era di nuovo in corsa con la spalla protesa in avanti. Un attimo dur? un’eternit?, Joe aveva gli occhi socchiusi per lo sforzo e l’angoscia, non appena impatt? contro la porta fu come se questa, offesa, avesse immediatamente reagito. Un lampo di colore verde fluorescente attravers? l’anziano Capopattuglia, come se si fosse trattato di un ologramma anzich? di una persona in carne e ossa, poi prosegu? la sua corsa fino a far esplodere un’auto parcheggiata a trenta metri di distanza. Una mano invisibile sollev? l’uomo e lo scaravent? violentemente all’indietro, il suo distintivo rotol? nell’aria scintillando come un piccolo disco di luce. Adesso Joe era di nuovo steso al suolo, immobile a pancia in su, con la testa lievemente reclinata di lato. Le gambe poggiate in modo scomposto sui gradini in legno si muovevano a scatti, con un ultimo impercettibile movimento si port? un braccio verso il petto. Fabien era scosso da violenti conati di vomito, causati dal dolore alla spalla e da ci? che aveva appena visto, gridava forte il nome del suo compagno e vedeva tutto abbagliato perch? stava piangendo. Appena un attimo dopo, per?, sent? cambiare qualcosa dentro di s?. Sapeva che non sarebbe mai stato coraggioso come Joe, ma si disse che ci avrebbe almeno provato perch? glielo doveva. Smise di piangere e si pul? il viso con l’avambraccio, i suoi occhi erano divenuti due fessure strette e le sue labbra erano increspate dalla rabbia. «Maledetto,» biascic? alzandosi, «la pagherai cara.» Prese le armi dal bagagliaio dell’auto, poi richiuse violentemente il portello e si avvi? verso la casa con passo fiero, impugnando le pistole laser. Ne lanci? una a Nick indicandogli la porta sul retro, raccolse il distintivo di Joe e lo strinse fino a farsi sanguinare il palmo della mano, come se questo semplice gesto avesse potuto infondergli tutta la forza e l’esperienza del compagno. Dopo aver ripulito con cura il dischetto d’oro lo appunt? al petto del suo amico, poi gli abbass? le palpebre mentre si stupiva per non aver nuovamente vomitato di fronte a quel macabro spettacolo. «Esci fuori con le mani in alto!» grid? risoluto verso la casa. «Non ? colpa mia,» piagnucol? l’altro da dietro la porta, «il colpo ? partito quando mi ha urtato... ? stato un incidente, non volevo fare del male a nessuno... vi prego, non cercate di entrare o si far? male qualcun altro, io voglio soltanto rivedere mio figlio... e voglio parlare con un giornalista!» Le serrature si squagliarono sotto il calore del laser e Nick prese ad avanzare lentamente nel buio, col cuore in gola. Aveva appena visto morire il suo compagno ed era terrorizzato, se per caso non avesse obbedito al suo ordine di restare a terra avrebbe fatto la stesa fine. Camminava cercando di trattenere il respiro per non fare rumore, ma gli sembrava che il rimbombo dei battiti del proprio stesso cuore in petto risuonasse per tutta la casa. Fino ad allora Nick era stato da sempre destinato a semplici incarichi di sorveglianza, ora che per un’assurda serie di coincidenze si trovava a due passi dalla morte gli sembrava di percepirne persino l’odore. Intanto i suoi occhi si erano abituati un poco alle tenebre e lui continuava ad avanzare senza neanche un briciolo di convinzione, si sentiva soffocare ed era certo che da qualche parte, prima o poi, sarebbe sbucato il suo carnefice sorprendendolo. Il sudore freddo gli colava negli occhi ad annebbiargli la vista, aveva appena messo il piede in una camera quando qualcosa di gelido gli tocc? il collo scoperto. Si irrigid? di colpo e temette di non riuscire nemmeno a implorare piet?, aveva la gola era serrata dallo spavento. «Non farmi del male, ti prego» supplic? con voce flebile lasciando cadere l’arma, poi riprese a camminare, spinto alle spalle da qualcosa di terrificante. Non devo avere paura, Joe l’ha sconfitta e si ? sacrificato per difenderci. Lo devo vendicare, devo riuscire a fermare quel bastardo si diceva Fabien, ma il sangue continuava a martellargli le tempie mentre gran parte dell’impeto iniziale era gi? svanito. Era consapevole che se voleva sperare di sopravvivere doveva uccidere quell’uomo, si domand? se ne sarebbe stato capace. Se lo avesse avuto davanti appena tre minuti prima non avrebbe esitato a far fuoco, ma adesso non era pi? neanche sicuro della propria mira perch? doveva usare la mano sinistra e temeva di sbagliare. Inoltre il dolore alla spalla era tornato a farsi sentire con cattiveria, pugnalandolo con delle fitte tanto lancinanti da farlo barcollare. E quando si voltava, la vista dell’osso che sporgeva dalla sua tuta macchiata di sangue sembrava togliergli le poche forze emotive che gli erano rimaste. Un’ombra gli si avvent? improvvisamente contro, sbucando come un fantasma dal sottoscala, senza pensarci due volte Fabien alz? il braccio e spar?. Subito dopo la luce si accese e lui vide che il cadavere disteso sul pavimento era quello di Nick, fece per balbettare delle parole di scusa ma qualcosa lo colp? violentemente alla nuca. Appena smise di piovere, Giuda abbandon? la prudenza e schiacci? con foga il pedale dell’acceleratore. Malgrado l’angoscia che lo attanagliava, era ansioso di affrontare ci? che lo attendeva per tornare a casa da Jodie e Nicole. Quando arriv? sul luogo del crimine, trov? che tutto quanto era immerso in un silenzio irreale e artificioso. Un’auto si stava rapidamente trasformando in un ammasso di rottami puzzolenti d’olio, con un susseguirsi di piccole esplosioni, il fumo denso e nero saliva dritto contro il cielo ormai sgombro. Ovunque c’erano appostati Signori dell’Ordine, Guardie Semplici e Tiratori Scelti. Una piccola folla era radunata a debita distanza e la gente si contendeva a spintoni il posto in ultima fila, da dove si poteva vedere comunque bene rischiando meno. Giuda scese dall’auto trattenendo il respiro e s’incammin? guardingo attraverso il prato, illuminato soltanto dal chiaro di Luna, tenendo gli occhi fissi alla porta. Quando arriv? alle scalette dell’ingresso per poco non inciamp? in qualcosa, abbass? lo sguardo e un prepotente senso di nausea gli sal? in gola. Lembi di carne carbonizzata tenevano insieme le met? inferiore e superiore di un uomo, strisce di tessuto sanguinolento si protendevano dal perimetro verso l’interno di un foro grande quanto un grosso pugno chiuso. Un braccio vi era poggiato sopra, la mano era adagiata sul selciato nel punto in cui avrebbe dovuto esserci la schiena del povero Joe. Il ribrezzo e l’orrore fecero scaturire in lui la voglia di scappare il pi? lontano possibile, ma sapeva che ormai era l? e doveva fare la sua parte fino in fondo. Durante il tragitto era stato informato che l’uomo teneva in ostaggio altri due poliziotti, aveva urlato ai Signori dell’Ordine che se non avessero soddisfatto le sue richieste avrebbe ucciso anche loro. Quindi non aveva scelta, se non voleva rischiare di doversi portare dentro un tale rimorso per tutta la vita. Tir? un profondo respiro rassegnato, come un paracadutista in procinto di lanciarsi dall’aereo, poi lanci? un’ultima occhiata perplessa al cordone di guardie schierate e varc? la soglia. Aveva le immagini di Nicole e Jodie ben fisse davanti agli occhi, sapeva che per domandarsi che ne sarebbe stato di loro se gli fosse capitato qualcosa di brutto era ormai troppo tardi. All’interno della casa regnava un ordine assoluto, come se fosse stata disabitata da tempo, la quiete era turbata soltanto dal robot domestico, danneggiato, che continuava a girare su s? stesso. “Qualcosa da bere... qualcosa da bere...” ripeteva ossessivamente con la sua fredda e snervante voce metallica. Lo spense e si inoltr? all’interno, vicino alla scala che portava alle camere trov? un altro Signore dell’Ordine. Giaceva sul pavimento con la visiera del casco schizzata di sangue, Giuda lo oltrepass? sforzandosi di non guardarlo e si affacci? cautamente in soggiorno. Scorse l’uomo in un angolo, affacciato alla finestra, si faceva scudo col corpo di un ragazzo in uniforme e aveva una macchia scura di sangue rappreso sulla camicia, in corrispondenza del fianco sinistro. L’ostaggio poteva avere al massimo venticinque anni, aveva i capelli corti e scuri, il viso sporco di fango e gli occhi gonfi di pianto. Si teneva il braccio destro e continuava a fissare sgomento la sporgenza dell’osso sulla sua spalla. L’uomo accolse il nuovo arrivato con un sorriso indecifrabile, accompagnato da un’occhiata furiosa e spaurita al tempo stesso, Giuda si chiese cos’altro sarebbe stato ancora capace di fare. Devo sostenere il suo sguardo, - pens? comunque per darsi coraggio, - devo fargli credere che non lo temo. «Lascia andare il ragazzo, stava soltanto facendo il suo dovere. Sai bene che non ? lui, la causa dei tuoi problemi» gli propose cercando di mantenere un tono neutro. «Io non ho fatto niente di male, io voglio soltanto vivere la mia vita... ma voi volete impedirmelo!» replic? l’assassino. «Per quanto mi riguarda non voglio impedirti niente, ma a quanto pare questo per te non conta. Volevi me e sono qui, adesso lascia andare il ragazzo» insist? Giuda. «Non se ne parla! Il ragazzo resta qui con noi, e se solo tenti di fregarmi...» «Anche se lo volessi come potrei? Sono soltanto un giornalista e sono disarmato.» «Avvicinati!» gli ordin? l’assassino mostrandogli la pistola, lui obbed? e l’altro lo perquis? minuziosamente. Poi controll? velocemente il suo tesserino di giornalista, quando si sent? soddisfatto spinse via l’ostaggio. «Vattene, prima che ci ripensi!» gli disse accompagnando le parole con uno spintone. Il ragazzo guard? il nuovo arrivato come a chiedergli il permesso di andare, lui annu? e allora si incammin? a testa bassa verso l’uscita, strascicando i piedi. «Lui ? uno di quelli che dovrebbe garantire la sicurezza di noi cittadini,» comment? l’assassino in tono sprezzante, «e non ? stato capace di badare neanche a s? stesso.» «Perch? mi hai voluto qui?» tagli? corto il reporter senza replicare, non intendeva lasciarsi trascinare in discussioni fini a s? stesse. «Non voglio essere ibernato, non voglio perdere mio figlio» piagnucol? l’assassino, Giuda pens? al pancione di Nicole e sent? una morsa gelida torcergli lo stomaco. «Sai bene che questo non ? possibile» rispose dopo un attimo, cercando di rimettere insieme le poche informazioni che gli avevano fornito durante il tragitto. «Alla morte di tua moglie, tuo figlio ? stato affidato ad una famiglia regolare. L? potr? crescere con tutti i punti di riferimento di cui ha bisogno... lo so che questo ti fa male, farebbe male a chiunque, ma sai anche che ? soltanto per il suo bene.» «Questo non ? giusto, e tu lo sai! Voglio che tu scriva sul tuo maledetto giornale che sto subendo un’ ingiustizia assurda!» Giuda immagin? che fingere di assecondarlo sarebbe stata la soluzione cosa migliore, ma temeva che se gli avesse mentito l’altro se ne sarebbe accorto e si sarebbe infuriato, generando conseguenze imprevedibili. «Non posso scrivere una cosa del genere. Cos? facendo esprimerei un giudizio e sai che non mi ? permesso, un articolo del genere non lo farebbero neanche uscire. Tutto quello che posso fare ? raccontare i fatti per come si sono svolti... inoltre, se vuoi, posso mettere per iscritto le tue proteste e cercare di farle arrivare a chi sta pi? in alto di noi» gli propose allora, per cercare un compromesso. «Non posso mettermi a discutere La Legge, nessuno di noi pu? farlo. Tutto ci? che ci ? concesso ? rispettarla... come tutte le leggi non sar? perfetta, ma almeno garantisce l’Ordine. Se non fosse cos?, se ognuno di noi cercasse di aggiustarsela come meglio crede, le cose tornerebbero in poco tempo come due secoli fa. Sarebbe di nuovo il caos» disse. L’assassino lo guard? scettico, poi gli fece cenno di continuare. «Credo di capire come ti senti. Ho una bambina, quando mi sfiora il pensiero che un giorno potrei perderla mi sento morire. Posso dirti che mi dispiace molto, mi spiace davvero, ma per te non posso fare niente di pi? n? di diverso da ci? che ti ho detto. In ogni caso, tuo figlio non lo perderai per sempre. Sai che il ciclo iniziale di Ibernazione Transitoria dura soltanto sette anni, se tutto andr? bene, al termine di quel periodo lui potr? tornare a vivere con te.» Per tutto il tempo l’assassino lo aveva ascoltato continuando a scrutarlo con quei suoi occhi spiritati e la pistola stretta in pugno. «No, non ? vero che capisci la mia situazione... parli cos? soltanto perch? ti conviene, perch? hai paura... ma ti garantisco che non puoi comprendere... guarda qui!» rispose alzando improvvisamente la voce, tir? fuori una fotografia da una tasca e gliela piazz? bruscamente davanti. «Questo ? mio figlio! Non vedr? spuntare il suo primo dente, non lo vedr? muovere il primo passo. Il giorno in cui dir? per la prima volta “pap?”, davanti a lui ci saranno soltanto degli estranei. E invece voglio esserci io... devo esserci io, capisci? Perch? quando crescer? comincer? a domandare dove sono i suoi genitori e gli verranno date risposte vaghe, allora si chieder? perch? l’ho abbandonato e mi odier?. E tra sette anni non vorr? neanche pi? sapere il mio nome. Tu non stai rischiando tutto questo, quindi non ? vero che puoi capirmi! Io non voglio essere ibernato, di cosa potrebbe accadere o non accadere dopo non me ne frega niente» concluse, poi cominci? a singhiozzare nervosamente e malgrado tutto Giuda prov? quasi pena per lui. «E poi,» riprese, e adesso sembrava davvero spaventato, «le strane storie che si raccontano sugli ibernati le conosci anche tu! Si dice che non verranno pi? svegliati perch? vengono usati per gli esperimenti, che i loro organi vengono asportati per sostituirli a quelli malandati degli Anziani del Consiglio.» «Ma che cosa dici, queste sono soltanto voci. Lo sai che le persone sole vengono ibernate esclusivamente per non alterare gli equilibri sociali. E poi, costituiscono una “riserva di esseri umani” per il caso in cui un evento inatteso dovesse abbassare drasticamente i livelli demografici» obiett? il giornalista. «Ah si? Allora dimmi quanto ex ibernati conosci! E visto che ci sei, spiegami anche perch? i soggetti che vengono scelti sono tutti quanti sani, giovani e forti» obiett? l’assassino. «Perch? un giorno potrebbero divenire soldati, per difenderci in caso di un attacco alieno» replic? l’altro come ripetendo una lezione imparata a memoria. «E tu lo credi davvero?» ribatt? l’altro col tono di chi parla a un bambino, quella semplice domanda fu sufficiente a far vacillare in un attimo tutte le sue certezze. Giuda sent? il bisogno improvviso di buttare lo sguardo fuori dalla finestra, in cerca di qualcosa di rassicurante. I Tiratori Scelti erano appostati sui tetti delle palazzine vicine, i lampeggianti delle auto continuavano a giocare col nero della notte. I molti curiosi erano ancora assiepati col fiato sospeso dietro il cordone di Guardie Semplici, intenzionati ad assaporare fino all’ultima emozione quell’assurda tragedia. L’improvvisa percezione della realt? reale sconvolse Giuda, si rese conto di essersi infilato in un vicolo cieco e di averlo fatto con le sue stesse gambe. Pens? che le storie simili che aveva vissuto al Cinema Totale, impersonando qualche eroe, non rendevano minimamente giustizia al turbine di sensazioni che gli stavano martoriando la mente e il cuore. Si trovava rinchiuso in una stanza, in compagnia di un uomo sconvolto che gli agitava una pistola laser davanti al viso, un pazzo furioso che non aveva pi? niente da perdere perch? aveva appena ucciso due poliziotti. Si chiese se sarebbe riuscito a uscirne incolume e cominci? a sentirsi male, gli tornarono a mente i suoi familiari e cap? che doveva trovare il modo di scuoterlo, di fargli capire che non aveva una sola possibilit? di ottenere ci? che pretendeva. «Hai ammazzato due uomini e forse farai lo stesso con me, ma questo non cambier? le cose» gli disse convinto. «Non potrai fuggire da nessuna parte e perderai per sempre la possibilit? di rivedere tuo figlio. La Legge non verr? mai cambiata e il Mondo continuer? a girare sempre nello stesso verso, fregandosene di me e di te. E tu finirai comunque ibernato, o peggio ancora, verrai ucciso dai Tiratori Scelti» concluse tendendo un braccio verso la finestra. «Sono tutti l? fuori per te, aspettano soltanto che tu commetta un errore.» Fece una pausa per lasciargli il tempo di ragionarci sopra, sperando che finalmente avrebbe compreso di non avere scampo, poi riprese. «Se ti arrendi adesso, forse te la potrai ancora cavare. Magari riuscirai a dimostrare che la morte dei due Signori dell’Ordine ? davvero stata soltanto un incidente, una cosa non voluta.» «Chiudi quella bocca!» gli ordin? l’altro sbattendo con rabbia un piede a terra, furioso, era appena stato messo con le spalle al muro. Si avvicin? a un palmo dalla faccia di Giuda, lui sent? le folate calde del suo alito affannato e puzzolente invadergli le narici. «Stai zitto, stai dicendo soltanto stronzate!» disse, fece un passo indietro tendendo il braccio e cominci? a carezzare il pulsante di sparo, con una lentezza sadica. E’ finita, pens? rassegnato Giuda, ma l’assassino non gli spar?. Tolse il dito da sopra il pulsante di sparo e si gir? verso la finestra, si fiss? a guardare ci? che stava accadendo in una zona appartata del giardino. Sotto la luce nebulosa di un lampione, un uomo dai capelli bianchi come neve stava rimproverando aspramente Nicole. Lei teneva la testa bassa e fissava le proprie braccia conserte al petto, scuoteva ritmicamente le spalle come se stesse piangendo. Giuda accenn? istintivamente un passo verso la finestra ma l’altro irrigid? il braccio armato, impedendogli di fare un altro passo. Subito dopo, comparve sulla scena anche Freddy, spost? da parte Nicole con modi gentili e prese il suo posto nella discussione con l’uomo dai capelli bianchi. «Chi ? quella donna? La conosci?» chiese l’assassino. «E’ mia moglie» confess? subito Giuda, un attimo dopo maled? la propria incapacit? a mentire. «Mi arrendo» annunci? allora l’assassino abbassando il braccio, Giuda lo guard? sconcertato e lui lasci? cadere l’arma sul pavimento. Si chin? sulle ginocchia tenendosi il fianco, aveva l’aria distrutta. «Sei felice?» gli domand? guardandolo di sotto in su. «Si, penso di esserlo» ammise lui vergognandosene un po’. «Vorrei conoscere tua moglie» chiese l’assassino quasi garbatamente, spiazzandolo del tutto. Lui non intendeva esporre Nicole a un simile rischio, ma temeva che in caso di un suo rifiuto l’altro avrebbe nuovamente perso la testa. Maledizione, perch? Nicole ? venuta qui? E quel tipo che la stava rimproverando chi ?? Accidenti, proprio adesso che quest’uomo aveva deciso di arrendersi... pens? mentre cercava di prendere una decisione. «Avanti, non ho pi? voglia di lottare contro i mulini a vento» insist? l’assassino col tono di chi chiede un favore. Giuda esit?, era convinto che l’assassino potesse essere ancora capace di qualsiasi cosa, ma questi raccolse l’arma e gliela pos? gentilmente in mano, come se gli avesse letto nel pensiero. «Avanti, di che cosa hai paura? Ora quello armato sei tu!» Lui and? ad affacciarsi alla finestra, pregando di non aver fatto la scelta sbagliata. «State calmi, ? tutto a posto» grid?, qualcuno ordin? ai poliziotti di abbassare le armi e lui chiam? Nicole, che nel frattempo era rimasta sola sotto quel lampione perch? Fred e l’altro uomo misterioso si erano dileguati. Giuda aveva impugnato la pistola e si era piazzato davanti alla finestra, da l?, in caso di bisogno, avrebbe potuto facilmente chiedere aiuto. Intanto, con mano tremante, cercava di tenere sotto tiro l’assassino che si era sistemato al centro della stanza, ad aspettare sua moglie. «Non ho alcuna intenzione di farvi del male» si affrett? a dirle lui non appena Nicole si affacci? sulla soglia, quasi temesse un suo ripensamento. «Non aver paura, avvicinati» aggiunse poi in tono fin troppo affabile, per rassicurarla. Lei fece una faccia sorpresa e trattenne a stento un’esclamazione, suo marito ebbe la sensazione che in qualche modo quei due si conoscessero gi?. Nicole si accorse che lui la stava scrutando perplesso, scosse la testa e and? ad abbracciarlo senza rispondere al suo sguardo interrogativo. «Siete proprio una bella coppia!» comment? l’assassino dopo aver fatto un passo indietro, per osservare meglio il quadretto familiare. «Devi essere orgogliosa di tuo marito, ? un uomo intelligente e coraggioso. Credo che siano davvero pochi, quelli che stasera avrebbero accettato di entrare in questa casa. E poi ? saggio, perch? dice che la Legge va rispettata... e tra un po’ vedremo se la penser? ancora in questo modo, o se diceva tanto per tenermi buono» prosegu? avvicinandosi a un divanetto posto in fondo alla stanza. Alz? uno dei cuscini e afferr? una mazza da baseball. «Metti gi? quella mazza!» gli ordin? Giuda irrigidendo il braccio armato, ma lui si volt? e continu? a parlare a Nicole come se non lo avesse sentito. «Vedi questa? E’ il gioco preferito di mio figlio, ha soltanto pochi mesi ma dovresti vedere come guarda le partite in televisione. Gli ho promesso che un giorno gli avrei insegnato a giocare, ma purtroppo non potr? farlo. Giuda mi ha detto che anche voi avete una bambina e che mi capisce, ma secondo me non ? vero. Secondo me non pu? capire, perch? non ? mai stato costretto a scegliere» spieg?, intanto aveva ripreso a muoversi a scatti, nervosamente. «La Legge a volte ? crudele... troppo crudele. A volte non possiamo limitarci a chiedere quello che ci spetta, dobbiamo lottare con tutte le nostre forze per prendercelo. Forse tra un po’ capirete quello che voglio dire, perch? certe cose vanno provate di persona» annunci? sempre pi? eccitato, Nicole fece per correre via ma lui le sbarr? il passo con la mazza. «Fermati!» gli ordin? nuovamente Giuda, lui rispose con un’alzata di spalle. Nicole cominci? a strisciare lungo la parete per tenerlo alla larga, l’assassino prese a seguirla passo dopo passo come in un’assurda coreografia mentre suo marito li guardava atterrito, non riusciva a prendere una decisione. Non sapeva che cosa fare, avrebbe voluto sparare a quell’uomo ma temeva di colpire sua moglie. D’un tratto l’assassino si mise in posizione come un vero battitore, con le gambe divaricate e la mazza in posizione orizzontale all’altezza della spalla, allora Giuda lasci? cadere l’arma e gli si avvent? addosso. «Non farlo, non farlo!» grid?, ma l’assassino effettu? una mezza torsione del busto. «Adesso capirete!» sentenzi?, la mazza fendette rapidamente l’aria e colp? in pieno ventre Nicole, che cadde a terra senza fiato. Subito dopo lui alz? la mazza per colpirla di nuovo e l’altro lo caric? come un toro, lottarono rotolando sul pavimento finch? Giuda riusc? ad assestargli un pugno nel fianco, nel punto esatto in cui aveva la macchia di sangue. L’assassino si accasci? con un gemito e lui si rialz? per soccorrere Nicole, convinto che il dolore avrebbe tenuto buono per un po’, ma l’assassino lo insegu? e gli sferr? da dietro un pugno alla tempia. La vista gli si sdoppi?, si volt? per reagire ma le sue braccia si fecero improvvisamente fiacche, il chip collegato alle sue ghiandole surrenali aveva cominciato a fare il suo dovere. Dapprima un vago senso di torpore si impadron? dei suoi muscoli, appena un istante dopo fu la volta del dolore. Giuda si irrigid? e and? gi? disteso senza poter pi? muovere un solo dito, con la sensazione che tarli famelici dai denti affilati stessero nutrendosi della sua carne e delle sue ossa. Intanto l’assassino era corso in cucina, adesso stava tornando verso di lui ridendo come un ossesso mentre gli mostrava un coltello elettrico. «Questo ? solo l’inizio» ringhi? chinandosi su di lui, che era terrificato dal fatto di aver perso completamente il controllo del proprio corpo. Tent? di chiedere aiuto ma non riusciva neanche ad aprire la bocca, non riusciva quasi neanche a respirare. L’assassino gli affond? l’affilatissimo coltello nel torace fino a toccare le costole, dopodich? cominci? a scorrerlo in senso orizzontale. «A volte non si pu? scegliere, ora lo capirete anche voi» ripet? ancora una volta, poi si disinteress? a lui e si alz? per tornare a dedicarsi a Nicole. Avanz? verso di lei puntando il coltello in direzione della sua pancia, aveva appena cominciato a calarlo quando il vetro di un lucernario and? in frantumi, attraversato da un proiettile. Schegge dai riflessi sfavillanti inondarono la stanza, una macchia rossa si allarg? rapidamente sulla schiena dell’assassino togliendogli le forze. Giuda lo vide andar gi? senza dire una sola parola, poi riusc? a guardare un’ultima volta Nicole, raggomitolata a terra con gli sporchi di orrore. Infine, tutto quanto si fece buio. L’autoambulanza che trasportava Giuda e Nicole part? veloce in direzione dell’ospedale, i curiosi cominciarono a disperdersi pigramente. Erano ancora eccitati per quello spettacolo fuori programma, lievemente pensierosi perch? stavolta il cattivo di turno aveva rischiato di vincere. Alcuni si allontanavano radunati in gruppetti e si raccontavano a vicenda i momenti pi? intensi di tutta la storia, scambiandosi opinioni e gesticolando come al termine di una partita di football. Dopo aver pazientemente che il quartiere tornasse deserto e silenzioso, Sir Jonathan sal? a bordo del furgone mortuario destinato a trasportare l’assassino e fece cenno all’autista di mettersi in movimento. Sedette accanto al corpo apparentemente privo di vita disteso sulla lettiga, apr? una borsa di cuoio e tir? fuori un apparecchio per monitorare le funzioni vitali. Ripose l’apparecchio e aspir? il contenuto di una boccetta con una siringa, sbotton? la camicia dell’assassino e gli pratic? l’iniezione al petto, senza alcun garbo. L’uomo apr? gli occhi di scatto, come svegliandosi di soprassalto, subito dopo li socchiuse nel tentativo di mettere a fuoco. Si guard? pi? volte intorno, frastornato, per cercare di capire dove si trovava. «Che orrore, stare sospeso cos? tra la vita e la morte ? davvero un’esperienza allucinante. C’? una piccola parte di te che resta cosciente e si alimenta di paura, del terrore di non risvegliarsi pi? e restare per sempre in quello stato, come un vegetale» biascic? con voce impastata, poi i suoi occhi si rovesciarono a mostrare la parte bianca e lui ricadde in una specie di sonno artificiale. Dopo alcuni minuti si svegli? nuovamente e si mise seduto, si stiracchi? lungamente perch? i muscoli gli si erano fastidiosamente irrigiditi. «Se non dite niente significa,che ? andato tutto secondo i piani» chiese all’Anziano, una velata luce di soddisfazione attravers? fulminea l’espressione di quest’ultimo. «E’ stata una grandissima interpretazione» ammise questi battendo piano le mani in un dolce, signorile, applauso. «Lei ha sbagliato mestiere, anzich? il dottore avrebbe dovuto fare l’attore! L’idea della macchia di sangue sul fianco in corrispondenza del chip, per giustificare il possesso della pistola, ? stata semplicemente grandiosa. Addirittura geniale, direi! Sono dispiaciuto che non abbiamo potuto installare delle telecamere per registrare la sua performance, sono sicuro che rivedersi le sarebbe piaciuto molto. Ma non potevamo lasciare in giro un documento simile, sarebbe stato troppo pericoloso. Lei invece che cosa pensa?» «Penso che due cadaveri sono troppi, e per poco non ce ne sono stati un terzo e un quarto» rispose il dottor Lorentz accigliandosi lievemente. «Quelle morti non erano previste, si ? trattato di uno sgradevole incidente. Avevo pensato che la pattuglia numero Sette sarebbe stata la pi? adatta: il Capopattuglia era a un passo dalla pensione, l’autista alle prime armi e il terzo era il meno ligio al dovere di tutto il Dipartimento di Polizia. Ero convinto che nessuno dei tre avrebbe avuto intenzione di rischiare, non avrei mai pensato che il vecchio Joe si sarebbe messo a fare l’eroe. Sono sinceramente rammaricato, ma purtroppo ormai ? andata cos? e non possiamo farci niente. Le loro morti sono state necessarie, seppure inconsapevolmente quei due si sono sacrificati per la crociata pi? importante di tutta la storia dell’Umanit?.» «Pu? darsi che sia come dite voi, ma adesso quello con le mani sporche di sangue sono io... non ero preparato a uccidere» puntualizz? il dottor Lorentz. «E che cosa ha provato nel farlo?» gli chiese allora a bruciapelo Sir Jonathan. «...come dite, Eccellenza?» fece sorpreso il dottore, non era certo di aver capito bene la domanda. «Sa benissimo cosa intendo! Voglio sapere quali emozioni ha provato uccidendo quell’uomo, che sensazione le ha dato togliere la vita a un altro essere umano» precis? l’Anziano, spogliandolo della sua ipocrisia. Lorentz si rivide con il laser in mano e rivisse il terrore negli occhi dei poliziotti, riassapor? per un istante il senso di onnipotenza che si era impadronito di lui subito dopo aver ucciso Joe e non ebbe il coraggio di rispondere. «Dottor Lorentz, da adesso ? l’unico responsabile del Settore Ibernati per quanto riguarda il Progetto Cielo. Finora ha svolto un lavoro magnifico, veda di non deludermi e avr? un futuro glorioso. Ricever? ulteriori istruzioni in seguito» annunci? Sir Jonathan, subito dopo buss? al vetro che li separava dalla cabina di guida, l’autista ferm? il mezzo e lui si allontan? a piedi. Jodie apr? la porta della camera d’ospedale e rimase impietrita sulla soglia. La sua mano si dischiuse, lasciando cadere a terra il mazzo di fiori e il disegno che aveva preparato per Nicole. La fissava senza riuscire a dire niente, rattristata dalla vista degli aghi e dei tubi che le correvano tutto intorno e del grosso livido che aveva sulla fronte. Sua madre si era riproposta che l’avrebbe accolta con un gran sorriso tranquillizzante ma non ci riusc?, gli occhi le si fecero lucidi e le labbra cominciarono a tremarle. «Oh, mamma!» scoppi? a piangere la bambina correndo verso il letto, «ho avuto tanta paura! Ho visto tutto alla tiv?, le ambulanze, la polizia, tutta quella gente. E quelle persone morte... perch? debbono accadere queste cose, perch??» le chiese. Carezz? il pancione della mamma, che creava una collinetta sotto il lenzuolo, e la interrog? con lo sguardo. Nicole non riusc? pi? a tenere a freno le lacrime, tir? a s? la bambina e la strinse con tutte le sue forze. «Adesso ? tutto a posto. Stai tranquilla tesoro, ? tutto finito» le sussurr? all’orecchio evitando di guardarla negli occhi, altrimenti Jodie avrebbe capito che le stava mentendo. Dopo qualche giorno e molti accertamenti Giuda e Nicole furono dimessi, tentarono con tutte le loro forze di ricominciare la vita di sempre ma trovarono che niente era pi? come prima. Ormai avevano paura di tutto e di tutti, evitavano di frequentare luoghi affollati e ogni minimo rumore inconsueto, o talvolta anche soltanto uno sguardo da parte di qualcuno, apriva in loro la strada a un terrore tanto incontenibile quanto irrazionale. Non si sentivano pi? al sicuro neanche tra le mura di casa ed erano preoccupati, ancor pi? che per loro stessi, per il futuro di Jodie e per quello del nascituro. Continuavano a domandarsi se quello in cui li avevano invitati a venire era davvero un buon mondo, dal momento che era sufficiente il capriccio di una sola persona a generare tanto dolore gratuito negli altri. PARTE II LA MORTE DI NICOLE «Allora, hai finito di prendermi in giro?» domand? risentito Freddy a Giuda, mentre giocavano l’abituale partita a tennis del marted?. Aveva deciso di riprendere a giocare dopo aver saltato per alcune settimane, per provare a darsi una scossa, ma quella mattina i suoi scambi erano finiti quasi tutti contro la rete. Fred era affannato a causa dei chili di troppo e per questo ancora pi? irascibile del solito, Giuda si disse che strippato in quella sua maglietta aderente, resa quasi trasparente dall’abbondante quantit? di sudore della quale era impregnata, somigliava a un ridicolo salsicciotto. «Scusami ma non ci sono con la testa, ? meglio se per oggi la finiamo qui» si giustific? incamminandosi verso lo spogliatoio. Fino ad allora la doccia bollente del dopopartita si era sempre portata via stanchezza e pensieri per lasciargli addosso un senso di rilassato benessere, quella volta invece non aveva sortito alcun effetto. L’ombra scura che lo accompagnava da tempo gli era rimasta appiccicata addosso come una seconda pelle, si domand? se sarebbe mai riuscito a ritrovare un briciolo di serenit?. «Se mi hai lasciato vincere cos? vuol dire che c’? proprio qualcosa che non va» osserv? Fred continuando a fissarlo immusonito, quasi offeso, mentre si asciugava i capelli. «Lo sai bene di cosa si tratta, sono molto preoccupato per Nicole. Tra poche settimane dovrebbe dare alla luce il bambino, ma alla visita periodica le hanno detto che probabilmente ci saranno problemi.» «Che genere di problemi dovrebbero esserci?» «Non ne ho idea, lei non vuole che l’accompagni alle visite e non parla praticamente pi?, si ? completamente chiusa in s? stessa. Ogni volta che tento di affrontare l’argomento lo stronca sul nascere dicendo che andr? comunque tutto bene, ma io temo che non sar? cos?.» «Ma com’? possibile, queste cose non accadono pi? da decenni!» «E’ per via dell’aggressione. Le hanno detto che probabilmente il feto ha riportato alcuni danni, ma ancora non riusciamo a sapere in quale misura» gli spieg? Giuda. «Sono stato un vero idiota!» sbott? poi sferrando un pugno rabbioso all’armadietto metallico, «non avrei mai dovuto lasciare che entrasse in quella casa. E poi non mi era mai capitato di sentirmi cos? impotente, quel maledetto chip... » «E’ per proprio per questo, che tutti ne abbiamo impiantato uno addosso. Il chip recepisce dalle Antenne il segnale che abbassa il livello della nostra aggressivit? e lo trasmette al nostro corpo. E come hai potuto sperimentare di persona, se questo non ? sufficiente a farci stare buoni, scatena la produzione di acidi lattici che bloccano i tuoi muscoli tra crampi atroci. ? proprio grazie al chip che la violenza ? quasi del tutto scomparsa dalle nostre vite.» «Questo lo sapevo gi?, ma non immaginavo che fosse cos? spaventosamente doloroso. In ogni caso, ho attirato mia moglie in quella trappola e poi non sono stato capace di difenderla, non sono riuscito a sparare un solo maledetto colpo di pistola. Adesso ho paura che perder? il bambino, se questo accadr? sar? stata tutta colpa mia.» «Hai fatto quello che ritenevi giusto, non devi colpevolizzarti inutilmente. Sei soltanto un giornalista, non un soldato addestrato... e nessuno poteva sapere che quell’uomo avrebbe agito in quel modo» cerc? di rincuorarlo Fred, posandogli una mano sulla spalla. «Forse hai ragione tu» convenne Giuda per chiudere alla svelta il discorso. «Ma continuo a sentirmi un miserabile, anche se proprio non so cosa spinse Nicole a venire l? quella sera.» Prima di allora, i due non avevano mai parlato di quell’episodio. In una tacita tregua, Fred aveva perdonato l’amico per avergli soffiato il servizio e quest’ultimo non gli aveva mai chiesto perch? se l’era preso tanto a cuore. Per di pi? Fred sapeva bene che non era stata colpa sua, per impedirgli di andare al posto suo era intervenuto addirittura l’Anziano in persona. Ripensando a quei fatti, Giuda rimase folgorato da una specie di illuminazione: quell’uomo dai capelli bianchi, che aveva maltrattato Nicole sotto a quel lampione finch? Freddy non l’aveva tolta da sotto le sue grinfie, somigliava proprio a Sir Jonathan. «A proposito, di che cosa stava discutendo con quell’uomo? E sopratutto, chi era?» domand? a Fred. Per un istante lui si fece ancora pi? rosso in viso, a causa dell’imbarazzo, Giuda ebbe l’impressione che volesse dirgli qualcosa per togliersi un peso ma che non ci riuscisse. «Mi dispiace per Nicole, se posso fare qualcosa per aiutarti...» gli rispose infine l’amico. Al controllo successivo, Giuda apprese che esisteva la seria possibilit? che Nicole avrebbe perso il bambino, inoltre c’era anche un certo margine di rischio anche per la vita stessa di sua moglie. L’attesa per un evento cos? importante e lieto si era di colpo trasformato in un vero e proprio stillicidio di paura, lui si ritrov? a pensare che Lorentz aveva avuto ragione e che adesso si sarebbero ritrovati loro malgrado a capire il significato della parola “scegliere”. Nicole cambi? totalmente e divenne distratta, perennemente persa a rincorrere orribili pensieri. Non si curava pi? della casa, aveva smesso di dipingere e aveva disdetto tutte le mostre in programma. I suoi occhi, un tempo cos? luminosi, adesso brillavano soltanto quando trascorreva il tempo davanti alla finestra a interrogare il cielo, ma era per colpa delle lacrime che spesso non riusciva a trattenere. Si stava lentamente chiudendo in un mondo tutto suo, Giuda non riusciva a trovare un modo per starle vicino e questo lo faceva sentire inutile, impotente. Al termine del lungo periodo di assenza, quindi, fu quasi felice di tornare al suo lavoro. Sperava che tenersi occupato con qualcosa l’avrebbe aiutato a stare meglio, ma il giorno stesso del suo rientro trov? ad attenderlo una sgradevolissima sorpresa. Era pomeriggio inoltrato e lui stava lavorando al computer del suo piccolo ufficio, intento a rimettersi in pari, d’improvviso qualcuno buss? impetuosamente alla vetrata facendolo trasalire. Perplesso e spaventato, and? ad aprire la portafinestra che dava sulla terrazza e si trov? davanti Sir Jonathan, l’Anziano pi? conosciuto e pi? temuto per il suo rinomato rigore morale. Quell’uomo era a capo del Consiglio che riuniva i poteri politico e religioso della citt?, sulla sua persona giravano le voci pi? bizzarre. Per sentito dire, Giuda sapeva di lui che era intransigente verso gli altri quanto lo era verso s? stesso e che trascorreva gran parte dei suoi giorni e delle sue notti in preghiera. Lo lasci? entrare e lo segu? con lo sguardo, leggermente incuriosito perch? prima di allora non l’aveva mai incontrato di persona. Sir Jonathan si ferm? al centro della stanza e lo fiss? intensamente, lui prov? un disagio profondissimo. Trov? difficile sostenere lo sguardo dei suoi occhi grigi, dalla pupilla piccola come quella di un rettile e striati di venature rosse a causa delle notti insonni. Erano incastonati tra gli zigomi appuntiti e la fronte irta e bassa, sormontata da una zazzera di capelli cos? bianchi da sembrare artificiali. Il naso affilato faceva ombra sul viso ceruleo, che pareva tagliato trasversalmente dalle fini labbra violacee. Giuda lo invit? ad accomodarsi e ordin? al robot di portare il caff?, l’Anziano sedette e si compliment? con lui per i dipinti appesi alle pareti, che sapeva essere stati realizzati da sua moglie. Lo elogi? anche per alcuni dei suoi servizi, che a suo dire l’avevano colpito molto, poi cambi? bruscamente discorso e venne al reale motivo della visita. «Si direbbe che nel suo articolo pi? tristemente famoso lei si sia lasciato prendere un po’ troppo la mano» consider?, Giuda not? che la sua voce profonda sembrava provenire da molto lontano e sent? il suo disagio accrescersi. «Forse ha accentuato un po’ troppo alcuni aspetti della questione» precis? Sir Jonathan in tono severo, per rispondere al suo sguardo interrogativo. «Perdonatemi Eccellenza, ma non sono d’accordo. Sono sicuro di essermi limitato a raccontare gli avvenimenti con precisione, esattamente per come si sono svolti» replic? Giuda. «Questo ? quello che crede lei! Avanti lo rilegga con attenzione» gli propose l’altro con indulgenza, dopo una breve pausa. «Probabilmente, adesso che ? trascorso del tempo da quando l’ha scritto, converr? con me che si tratta davvero di un articolo un po’ pesante» aggiunse mettendogli agli occhi davanti quella sfilza di parole che conosceva fin troppo bene. L’aveva scritto settimane prima durante la degenza in ospedale, era pi? che sicuro di aver fatto un preciso resoconto di cronaca, senza fronzoli. «Non pensa di aver messo troppo in rilievo i sentimenti di quello che in fondo era soltanto un folle assassino, oltre alle sue impressioni personali? La sua esposizione dei fatti ? troppo violenta, nessun cittadino ? abituato a venire a contatto con fatti di una tale intensit? emotiva. La gente adesso ? terrorizzata, molti chiedono l’intervento dei Signori dell’Ordine non appena assistono a un fatto apparentemente fuori della norma o appena vedono qualcuno comportarsi in modo un po’ strano. Sembra che improvvisamente abbiamo fatto un salto all’indietro di oltre mille anni, sembra che siamo tornati al tempo delle streghe e degli untori» concluse gravemente l’Anziano scuotendo la testa. Giuda non sapeva dove l’altro volesse arrivare, ma era convinto che la sua fosse una visita confidenziale e cos? si sent? libero di dirgli quello che pensava. In fondo, si disse, la colpa dell’accaduto non era sua ma delle forze dell’ordine che non avevano svolto a dovere il loro compito. «La verit? pura e semplice ? che io, e nessun altro, ero rinchiuso in una stanza con uno squilibrato che mi puntava una pistola alla tempia. Uno psicopatico che oltre a uccidere due agenti ha fatto del male a me e soprattutto a mia moglie. Non ho travisato proprio niente, ho soltanto reso la cronaca di quello che ? accaduto, senza aggiungere nulla di pi? n? di diverso. Quelli che adesso vivono nel terrore siamo io e mia moglie, siamo noi quelli che si svegliano gridando nel bel mezzo della notte.» «A proposito di Nicole, ho saputo che rischia di perdere il bambino e questo mi addolora molto. Penso proprio lei non avrebbe dovuto lasciarla entrare in quella casa» osserv? l’Anziano senza neanche curarsi di guardarlo in faccia, quelle parole dette con noncuranza furono per Giuda come un pugno in pieno stomaco. Ebbe l’impressione che le avesse pronunciate quasi con cattiveria, tanto per provocarlo, lui prov? l’impulso di cacciarlo via a calci. «Immagino che in questo momento lei sia molto turbato,» continu? Sir Jonathan, «percepisco in lei anche un certo astio. Posso persino arrivare a comprenderla, sotto un certo punto di vista, ma non posso certo permettermi di condividerla. Quindi, la invito a non commettere gesti di cui in futuro potrebbe pentirsi. In ogni caso, le prometto che la sua famiglia sar? assistita nel miglior modo possibile. Le garantisco che di tutta questa storia, col tempo, le rester? soltanto un brutto ricordo che sbiadir? lentamente fino a scomparire del tutto» disse, poi fece una pausa per andare a regolare l’oscurit? della vetrata. Smorz? la luce intensa del Sole, che adesso entrava prepotente a creare fastidiosi riflessi sulle pareti metalliche, e quando la penombra riemp? la stanza Giuda lo guard? incredulo. La figura di spalle, immersa nella semioscurit?, era terribilmente simile a quella dell’uomo che quella sera aveva aggredito Nicole sul retro di quella casa. «Capisco che per certi versi lei ha ragione, avete davvero vissuto una vicenda terribile e la vostra situazione non ? facile» riprese mostrandosi lievemente indulgente, quasi come se nel fare quell’ammissione gli stesse facendo un favore, «ma ha comunque raccontato tutta la storia in modo troppo... appassionato, ecco la parola giusta. E tirando fuori la storia degli espianti agli ibernati ha fatto quasi apparire quell’uomo come una vittima, quando in realt? ha rischiato di essere il suo carnefice. Ed ? pericoloso rimuovere certezze dalla mente della gente per sostituirle con dei dubbi, peraltro totalmente infondati. E’ pericoloso mettere a rischio l’ordine pubblico per narrare in chiave di pathos la storia di uno psicopatico, non dimentichi che senza l’intervento dei Tiratori Scelti avrebbe ucciso anche con lei e sua moglie.» Giuda scorse ancora una volta i fogli che aveva tra le mani, poi li butt? sulla scrivania con uno scatto stizzito. «Se il dubbio non fosse nato con l’Uomo, se questo avesse continuato ad accontentarsi delle sue piccole certezze, vivremmo ancora oggi nelle caverne!» consider?. «Su questo ha perfettamente ragione. Ma il Mondo adesso ha raggiunto l’equilibrio, ? arrivato a un punto in cui va perfettamente bene cos? com’?» tagli? corto l’Anziano usando un tono che non concedeva diritto di replica, poi lo scrut? serio in attesa delle sue scuse. «Aldil? di tutto, sono davvero spiacente. Non pensavo che il mio articolo avrebbe generato cos? tanti problemi» ammise allora Giuda mostrandosi pentito, dopo una breve riflessione aveva concluso che l’unico modo per liberarsi di quell’uomo era dargli ragione. «Sappiamo che lei ha agito in buona fede, per questo il Consiglio ha deciso di concederle un’altra opportunit?. Ma veda di non sprecarla, altrimenti saremo costretti a farle lasciare questo lavoro, che ama in modo particolare, per un altro che le risulterebbe sicuramente meno gradevole» lo avvis? l’Anziano. Senza attendere la sua risposta usc? sul terrazzo, salt? in sella al suo monojet e sfrecci? via veloce, fino a scomparire tra le nubi basse. Il tempo passava veloce e la situazione non migliorava affatto, anche Jodie, malgrado gli sforzi dei suoi genitori, era costretta a subire ogni giorno di pi? la pesantezza del clima domestico. Inoltre aveva cominciato a fare domande alle quali loro non sapevano cosa rispondere, era entrata nel momento della sua vita in cui non sei pi? un bambino ma neanche un adulto, di conseguenza loro non sapevano pi? come trattarla e come comportarsi con lei. Per interrompere quell’assurda routine, fatta di paure e angoscia, Giuda e Nicole decisero di trascorrere un fine settimana in montagna. Quella sera, le ombre create dalle fiamme giocavano coi loro volti immobili, la brace scoppiettava diffondendo l’aroma dolciastro della resina a creare un’atmosfera quasi natalizia. Nicole si era seduta in poltrona e non riusciva a smettere di fissare il caminetto, quasi ipnotizzata dal fuoco. Sentiva di avere le guance e il collo caldi e coloriti, grazie anche agli effetti del distillato di linfa di abete che stavano sorseggiando. Giuda era seduto accanto a lei e continuava ad ammirare la perfezione dei suoi lineamenti, stupendosi una volta di pi? di come, in ogni momento e in ogni situazione, riuscisse suo malgrado ad apparire meravigliosamente bella. I capelli avevano preso i riflessi del mogano e incorniciavano l’ovale bronzeo, sul quale risaltava la bocca dalle labbra piene. Sul suo volto spiccavano gli occhi scuri tagliati in modo vagamente orientale, che gli ispiravano la voglia di perdersi per sempre in quelle profondit? fino a dimenticarsi di esistere. Un canarino festoso usc? dall’orologio a cuc?, li inform? che era la giunta mezzanotte. «Che cosa accadr?...» mormor? Nicole, quasi lo stesse domandando al fuoco pi? che a se stessa o a lui. Aldil? del vetro appannato, gi? per il costone della montagna, stavano scendendo le torce di una fiaccolata di paese. «Non lo so, so soltanto che non voglio perdervi... e invece, nonostante tutti gli sforzi che stiamo facendo per evitare di affrontare la situazione e di cercare una via d’uscita, ? proprio quello che sto rischiando. A volte mi sembra di impazzire, ed ? tutta colpa mia...» rispose Giuda. Nicole deglut? pi? volte per ricacciare indietro il groppo che sentiva in gola, poi and? ad accoccolarsi sulle sue ginocchia e si strinse tra le sue braccia. «Possiamo soltanto aspettare e vedere cosa accadr?, non abbiamo altra scelta. Io sono fiduciosa, in fondo siamo sempre riusciti ad uscire dalle situazioni difficili, anche se allora era diverso perch? dipendeva solo da noi.» «Che cosa vuoi dire?» le chiese perplesso lui. «Da chi altri dipende la soluzione dei nostri problemi?» insist?, le prese il viso tra le mani e lo gir? delicatamente verso di s? per guardarla negli occhi. Lei cambi? espressione e lo guard? come le fosse appena sfuggito qualcosa che non voleva o non poteva dire, ma subito dopo torn? a fissare le fiamme del camino. «Possiamo soltanto aspettare» ripet? rassegnata, senza spiegarsi. «Sono sicura che tutto si risolver? per il meglio, ma anche se qualcosa andasse storto e dovessi davvero perdere la vita per far nascere il nostro bambino, gli anni che ho trascorso con te e Jodie mi avranno ripagata di tutto questo tormento» aggiunse poi sottovoce, come per cominciare ad abituarsi all’idea. Era la prima volta che affrontavano questo discorso, l’eventualit? di trascorrere il resto dei suoi giorni senza di lei pass? fugace nella testa di Giuda, che si sent? sprofondare in una voragine senza fine. «Una soluzione ci sarebbe» sussurr? evitando di incontrare i suoi occhi, lei lo guard? turbata perch? aveva paura di quello che lui le avrebbe detto. Gli occhi di Ann erano di uno splendido colore verde mare ma tagliati in un’espressione lievemente arcigna, i corti capelli neri mettevano in evidenza i suoi lineamenti fini e regolari. Pur non essendo canonicamente bella aveva un certo magnetismo nello sguardo, quando sorrideva mostrando i denti candidi non era facile staccare gli occhi dal suo volto vagamente mascolino. Continuava a guardarsi le mani, che si muovevano nervose tamburellando sulla scrivania mentre cercava le parole pi? adatte. Non temeva in alcun modo l’uomo che aveva davanti, ma era molto orgogliosa e dover ammettere quella piccola macchia professionale la seccava. «Qualcuno si ? introdotto nell’Archivio Storico» annunci? infine semplicemente, quasi con rassegnazione. «Ma com’? possibile? Il sistema informatico ? protetto da un labirinto di miliardi di combinazioni, analizzarle tutte per arrivare alla password definitiva ? praticamente impossibile» replic? l’Anziano, incredulo. «Hanno installato un programma che si auto evolve. In base alle varianti degli errori commessi nei diversi tentativi di trovare la soluzione, arriva gradualmente a pensare come la persona che ha installato la password. Gli ? bastato girare indisturbato all’interno del sistema per pochi giorni, attraverso un terminale satellite collegato alla rete.» «Come lo avete scoperto?» «Una volta passato lo sbarramento, il Server Centrale rivela automaticamente la violazione e cambia immediatamente la password. Ma stavolta non ? stato abbastanza veloce, perch? il programma intruso ragionava molto pi? rapidamente.» «Siete almeno riusciti a individuare il terminale spia?» «Per ora sappiamo solo che ? situato nel Nono Quadrante, ma ci stiamo lavorando sopra e spero che potremo essere pi? precisi in capo a qualche giorno. Dobbiamo ancora analizzare i tempi impiegati per la trasmissione dei dati e le distanze percorse dai files, si lavora su miliardesimi di secondo perch? esistono terminali vicinissimi tra loro.» Sir Jonathan prov? un fastidioso senso di oppressione al petto. Ancora una volta, e soprattutto in un momento delicato come quello, qualcuno stava cercando ostacolarlo. Sper? che l’autore dell’intrusione non avesse trovato le informazioni sul “Giorno della Rivelazione”, o che al limite non fosse stato abbastanza intelligente da decifrarle. Si lasci? andare a un moro di stizza e sbatt? con forza un piede a terra, aveva appena avuto la conferma che il suo cammino verso la Gloria era ancora lungo e impervio, a dispetto dei risultati grandiosi che aveva ottenuto fino a quel momento. Di questo era consapevole da sempre, ma era convinto che pur di arrivare alla m?ta valeva la pena di rischiare tutto ci? che aveva. Per la prima volta in vita sua, per?, si trov? a domandarsi se avrebbe avuto la forza e la determinazione necessarie per portare a compimento quella sfida. Nell’Archivio Storico erano celati segreti troppo importanti, per potersi permettere che divenissero di dominio pubblico. Eppure, nonostante tutte le precauzioni prese e tutte le barriere costruite, qualcuno era riuscito a penetrarvi. «Lei ? la migliore del Reparto Antisommosse, Ann, non ? un caso che ne sia il comandante assoluto. Si dia da fare, faccia quello che meglio crede e usi i mezzi che ritiene pi? opportuni, ma trovi l’intruso. E lo trovi alla svelta! Se anche una soltanto, tra tutte quelle informazioni riservate, cadessero in mano a qualche cittadino, sarebbe un vero disastro. Un evento del genere produrrebbe un danno irreparabile ai nostri equilibri sociali» disse, poi se ne and? senza neanche attendere la risposta della donna. «Sempre Sia Lodato!» gli grid? polemicamente lei alle spalle per rinfacciargli la sua maleducazione, poi si rimise al lavoro sul terminale. «Hai spiato all’interno dell’Archivio Storico?» chiese Nicole quasi gridando, era sconcertata. «Devi essere impazzito! Se ti avessero scoperto, a quest’ora saresti rinchiuso in prigione. Ti avrebbero accusato di appartenere alla Setta e ti avrebbero somministrato ogni tipo di trattamento psicologico, pur di estorcerti informazioni.» «Ma quale Setta, sai bene che la Setta non esiste! E comunque non l’ho fatto di proposito, stavo navigando in rete quando ho notato che qualcosa non andava per il verso giusto. Mi sono ritrovato l? dentro d’improvviso, probabilmente ho sfruttato involontariamente il varco creato da qualcun altro... una volta che ho capito dove mi trovavo, ho pensato che forse l? avrei potuto trovare una soluzione ai nostri problemi» le spieg? Giuda allargando le braccia, ma lei continu? a scrutarlo seria, incapace di decidere se credergli o meno. «Io non ce la faccio pi? a vivere in questo modo, non ce la faccio pi? a vedere che ti allontani da me ogni giorno di pi? senza che io possa fare niente... non posso limitarmi ad aspettare che si compia la tragedia» cerc? di giustificarsi lui dopo un attimo di silenzio lungo come un’eternit?. Nicole lo guard? preoccupata, sapeva che non si sarebbe arreso tanto facilmente. Scese dalle sue ginocchia e torn? a sedere sulla poltrona di fronte, poi sospir? amareggiata e lo fiss? dritto negli occhi, preparandosi ad ascoltare quello che era certa che non avrebbe mai voluto sentirsi dire. Lui le spieg? in poche parole che cos’era l’aborto terapeutico, praticato decenni rima, lei scatt? in piedi. «Ma ti rendi conto di cosa sei arrivato a pensare?» gli chiese sgomenta, era incredula e profondamente adirata. «Lo so che ? contro natura, che ? una cosa orribile... ma io non so pi? dove sbattere la testa, non so pi? cosa fare! Quando sono da solo e mi lascio andare, penso a come potrebbe andare a finire e mi sento annientato. Mi prende un’agitazione che non riesco a contenere, il livello dell’adrenalina cresce in me con la disperazione, con la voglia di gridare e distruggere tutto ci? che ho intorno, con la voglia di fuggire in un posto che non c’?. E cos? mi ritrovo disteso a terra, paralizzato dal chip come quella maledetta notte, in preda a dolori tremendi e prigioniero di me stesso. Non te l’ho mai detto prima perch? non volevo che ti preoccupassi per me, ma mi ? gi? accaduto molte volte.» Nicole mise a fuoco la sua immagine come uscendo da uno stato di torpore, gli dedic? un lungo sguardo confuso, quasi quell’uomo fosse uno sconosciuto che vedeva per la prima volta in vita sua. «Hai pensato di uccidere nostro figlio, il frutto del nostro amore. Hai pensato di uccidere colui per il quale abbiamo gi? scelto un nome, per il quale abbiamo gi? pensato un futuro... siamo soltanto poveri esseri umani, non abbiamo il potere di decidere la vita e la morte dei nostri simili. Come sei arrivato a pensare di poter fare una cosa del genere?» Si volt? verso il fuoco come per scaldarsi, cingendosi le spalle con le sue stesse mani, lui riemp? per l’ennesima volta il bicchiere. Quando se lo port? alla bocca vide nel vetro il riflesso deformato del proprio volto, allora lo pos? e and? ad abbracciarla. «Non volevo farti soffrire. Non vorrei mai farvi del male, n? a te, n? a lui» sussurr? carezzandole delicatamente la pancia. «Ma la vostra vita ? in grave pericolo e io vorrei poter fare qualcosa di pi?, che starmene qui a piangere e rimuginare. E invece tutto ci? che riesco a fare ? continuare a sognare quel pazzo, che mi guarda col coltello in mano e ride. “Capirai, presto capirai” mi bisbiglia all’orecchio con la sua voce stridula, digrignando i denti gialli, e quello scricchiolio mi fa rabbrividire. Vorrei gridare e fuggire, oppure ucciderlo premendo quel dannato pulsante di sparo, ma non riesco a fare niente di tutto questo. La mia mano trema e non riesco a fare fuoco, ogni volta che lo perdo di vista mi ricompare alle spalle e ricomincia da capo, e io posso soltanto piangere, paralizzato a terra, mentre lui infierisce su di te. E allora mi sveglio di soprassalto pensando che sono un miserabile, che se mi fossi comportato da uomo tutto questo non sarebbe successo.» Mentre ascoltava le sue parole, Nicole si era come trasformata, aveva giunto le mani sulle ginocchia e le sue spalle si erano curvate in avanti come quelle di una vecchia. Pian piano aveva assunto l’espressione sconfitta di chi viene bruscamente svegliato da un sogno bellissimo, che pur desiderandolo con tutto s? stesso non riesce a riaddormentarsi per riprenderlo da dove l’aveva lasciato. «Io penso che se restiamo uniti ce la possiamo ancora fare» mormor? con un filo di voce, ma a Giuda sembr? che le sue parole avessero tutta l’aria di una preghiera, pi? che di un’affermazione. «Smettila di illuderti, smettila dannazione!» url?, esasperato dai suoi modi rassegnati, si alz? di scatto e ribalt? il tavolino con un calcio. Lei sussult? per lo spavento e si rannicchi? in s? stessa, intimorita dalla sua reazione, lui l’afferr? per le spalle. «Devi guardare in faccia la realt?!» continu? a gridarle, scuotendola. «Probabilmente il bambino verr? alla luce gi? morto, e tu stessa rischi di morire! Di morire, capisci cosa voglio dire? Di abbandonare me e Jodie, di lasciarci soli per sempre!» «Lasciami, mi stai facendo male!» strill? a sua volta Nicole spingendolo via, sconvolta. Lui aveva preso a camminare avanti e indietro per la stanza, imprecando e dando pugni alle pareti come un matto. «E se il bambino non morir?» continu?, «nascer? con dei problemi gravissimi, e sar? l’unico o quasi, in un mondo popolato da esseri perfetti. Un mondo popolato da persone che non prendono mai un raffreddore, che vivono felici. Conoscer? l’emarginazione e i soprusi perch? sar? debole, e l’ipocrisia, perch? chi ha una bella vita non vuole vedere il dolore altrui neanche da lontano, non vuole nemmeno sfiorarlo. Che razza di vita sar? la sua? Avanti, rispondi! Che vita sar??» le grid? in faccia con tutto il fiato che aveva. «Ora basta» mormor? lei. «Non puoi pensare davvero queste cose, non puoi essere cos? egoista. Non sei pi? l’uomo che ho sposato. La Legge parla chiaro, Dio d? la vita e Dio la toglie. Nessuno, se non lui, pu? decidere dei nostri destini. Nessuno, se non lui, pu? sapere cosa ? giusto per noi e cosa no!» «Ma se Dio ci ama cos? tanto, perch? allora ci sottopone a queste prove? Perch? la vita di mia moglie e di mio figlio sono appese all’esile filo di una preghiera?» replic? lui a denti stretti. Appena fin? la frase, la mano di Nicole part? veloce e lo colp? con tanta violenza da fargli girare la faccia dall’altra parte. «Stai bestemmiando! Come pretendi di poter giudicare Dio se non puoi neanche lontanamente arrivare a immaginarlo? Come puoi pretendere di spezzare questa vita dentro me che cresce attimo dopo attimo? Se qualcuno ti sentisse anche soltanto parlare cos? finiresti nella Prigione Psicologica, ti ci lascerebbero marcire fino alla fine dei tuoi giorni» grid?, poi ricominci? a piangere e sal? le scale di corsa, per andare a chiudersi in camera. Quella discussione rappresent? il colpo di grazia per il rapporto tra Giuda e Nicole, che da quella sera si trovarono completamente distaccati. L’ultima decisione che presero di comune accordo fu quella di mandare lontano Jodie per qualche tempo, prendendo a pretesto una vacanza studio. Nicole si chiuse definitivamente in s? stessa mentre lui, incapace di dedicarsi a qualsiasi cosa, cominci? ad assentarsi sempre pi? spesso dal lavoro. Andava a trascorrere il tempo sulla cima di un piccolo promontorio che scendeva a picco sul mare, si sedeva su di un masso e fissava per ore la linea curva dell’orizzonte. Guardava in lontananza i delfini che saltavano e si rituffavano nell’acqua, felici e giocosi, vedeva scintillare al sole le loro pinne argentee e quasi li invidiava. Shasa si aggirava eccitata nei locali semibui dai soffitti bassi, silenziosa come un fantasma. Rovistava freneticamente in ogni angolo e in ogni cassetto, in ogni mobile. Quel rituale la emozionava cos? tanto che o ogni volta era come se fosse la prima volta. Aveva l’abitudine di arrivare l? un poco prima degli altri per potersi permettere quel lusso, era rischioso e lei lo sapeva, ma quello era il suo piccolo grande segreto e non vi avrebbe rinunciato per niente al mondo. Sebbene conoscesse ormai alla perfezione quel luogo e tutto ci? che vi si trovava dentro, ogni volta era pi? forte di lei: ricominciava daccapo alla ricerca di un particolare che poteva esserle sfuggito, nella speranza che, come per magia, prima o poi avrebbe trovato qualcosa di nuovo e interessante. Fece un piccolo balzo per buttare uno sguardo sul davanzale polveroso della finestrella posta in alto, nel farlo urt? la lampadina sospesa a mezz’aria che prese ad oscillare in modo irregolare. Un riflesso a terra attir? la sua attenzione, era lo scintillio di una chiave. Si chiese come potesse non averla mai notata prima. Eppure era l? ben visibile, e continuava a rimandarle ritmicamente il bagliore riflesso della luce artificiale come se la stesse chiamando. Non osava sperare che fosse proprio quella che apriva la pesante porta dell’armadio in ferro, l’unico luogo del covo che non era mai riuscita ad esplorare. Il cuore prese a batterle impazzito, lei raccolse la chiave con mani tremanti e raschi? via alla meglio un po’ di ruggine, poi ci sput? sopra per lubrificarla. Soffi? pi? volte nella toppa per eliminare la polvere e infil? la chiave, quando finalmente riusc? ad aprire la porta rimase allibita: l’armadio era quasi completamente pieno di sigarette. Non circolavano pi? da oltre quarant’anni, da quando nel 2137 erano state definitivamente proibite, e lei non ne aveva mai vista una dal vivo. Spinta dalla curiosit? apr? convulsamente un pacchetto, ne prese una e la mise tra le labbra, impreziosite da un piccolo neo posto appena sopra quello superiore. Dopo essersi atteggiata per un po’ a donna fatta, ammirando il proprio riflesso sulla lastra di vetro che ricopriva il piano di un tavolo, decise di provare ad accenderla. Appoggi? la sigaretta sulla superficie incandescente della lampadina e cominci? ad aspirare forte. «Shasa!» tuon? d’improvviso una voce autoritaria. «Accidenti, ti ho detto almeno mille volte che non devi venire qua da sola. Sei troppo testarda, se continui a trasgredire le regole prima o poi dovr? cacciarti dal gruppo! Non possiamo rischiare di farci scoprire soltanto perch? tu devi assecondare la tua assurda mania, possibile che tu non arrivi a capirlo?» Il fumo le era andato di traverso e le usciva dal naso mentre tossiva, i grandi occhi color nocciola si erano fatti scintillanti a causa delle lacrime represse. «Ma come fai a saperlo? Per caso mi hai spiata?» replic? lei sorpresa. «Che cos’hai hai tra le dita?» le chiese Freddy senza rispondere alla sua domanda. «Lascia perdere,» rispose lei con la voce strozzata, «dove sono gli altri piuttosto? Ogni volta arrivano sempre pi? tardi, forse non hanno compreso appieno l’importanza del nostro compito.» «Sono solo» rispose l’imponente figura dai capelli mossi continuando a scrutarla severamente da dietro il massiccio tavolo di legno, sul quale erano poggiati un computer e vari dispositivi ad alta tecnologia. «E poi, dove diavolo sei stata in tutti questi giorni? Ti ho cercata in tutti i posti convenzionali per avvisarti di non venire qua, sai bene che dobbiamo fare in modo di essere sempre reperibili.» «Ma perch?, che ? successo?» domand? lei abbandonando per un attimo abbandon? i suoi modi spavaldi. Quando assumeva quell’espressione, se non fosse stato per le striature rossastre sui capelli lisci e scuri, e per una lieve asimmetria di un dente incisivo che le donava un aspetto dolce, avrebbe dimostrato ben pi? dei suoi ventidue anni. «Dobbiamo andarcene subito da qui, presto verr? Andy a portare via tutto il materiale.» «Va bene, ma vuoi deciderti a dirmi che cosa ? accaduto?» chiese di nuovo Shasa. «Ero finalmente riuscito a penetrare nell’Archivio Storico usando un Cavallo di Troia, ma mentre stavo leggendo alcune informazioni riservate sul “Giorno della Rivelazione” e sulle Antenne, qualcun altro si ? connesso a sua volta facendo scoprire la violazione. La protezione ? stata immediatamente restaurata, se prima lo sospettavano soltanto adesso sanno con certezza che esistiamo. Ci faranno una caccia spietata per tutta la citt?, per un po’ dovremo stare molto attenti e non potremo vederci n? sentirci. Dovremo portare avanti ognuno i propri compiti senza avere alcun contatto con gli altri, sarebbe troppo pericoloso. E adesso dobbiamo filarcela alla svelta, questo sar? sicuramente uno dei primi posti che verranno a controllare.» «Accidenti,» fece lei storcendo la bocca delusa, «proprio adesso che avevo trovato qualcosa di interessante.» Fred la rimprover? con lo sguardo, lei si strinse nelle spalle. «Sappi bene che questo ? un ordine, e stavolta cerca di non fare di testa tua o trascinerai tutti quanti nei guai. Pensa a cosa stiamo rischiando, se scoprissero l’identit? anche di uno solo di noi avremmo buttato via anni di lavoro... la Setta verrebbe spazzata via come un misero castello di carte.» «E il Piano?» chiese Shasa guardandolo perplessa. «Il Piano lo attueremo, ma non adesso. Ci serve ancora un po’ di tempo, ma non appena saremo pronti troveremo il modo di far saltare le Antenne. Quella ? la cosa pi? importante, poi, se avremo lavorato bene, il resto verr? da s?.» «Come faremo per incontrarci?» «Quando verr? il momento, Tony attiver? la solita catena. Per ora non possiamo fare diversamente, dobbiamo aspettare.» «Ma se non possiamo venire pi? qui, allora il nostro centro operativo cambier??» «Lo scopriremo soltanto pi? avanti, quando sar? il momento di rivederci.» Shasa si guard? intorno dispiaciuta, dover abbandonare quella vecchia fabbrica in disuso la rattrist?. «Avanti, ora dobbiamo proprio andarcene. Stare qui diventa pi? pericoloso ad ogni minuto che passa» la esort? Fred cingendole un braccio intorno alle spalle, per spingerla verso la porta. «Vedi di portare a termine i tuoi esperimenti sugli esplosivi» aggiunse, «ma fai in modo che mai, per nessuna ragione, qualcuno possa sospettare qualcosa.» «Aspetta un attimo!» esclam? la ragazza puntando i piedi. Corse all’armadio, prese alcuni pacchetti di sigarette e se li infil? nella maglietta, poi chiuse la porta e si mise la chiave in tasca. Dette un’ultima malinconica occhiata in giro, dopodich? spense la luce e si avvi? all’uscita. Nicole non riusciva a stare ferma, il pancione le impediva di trovare una posizione comoda. Era seduta per met? sulla poltrona regolabile della sala d’aspetto vuota, con le gambe distese in avanti, per tentare di distrarsi continuava a sfogliare nervosamente una rivista senza leggerla. Avrebbe voluto potersi finalmente sfogare, mettere da parte paranoie e sentimenti per lasciarsi andare a un lungo pianto liberatorio, senza pi? pensare a niente. Ma sapeva che da un momento all’altro sarebbero arrivati loro, e lei non intendeva farsi sorprendere con le guance rigate dalle lacrime. Non voleva conceder loro questa ulteriore soddisfazione, voleva scacciare rimorsi e paure per poter guardare dritto in faccia quegli uomini malvagi, per mostrar loro tutto il suo disprezzo. Aveva dovuto accettare di prestarsi al loro folle progetto per proteggere le persone che amava, ma non era sicura che ci? che stava facendo fosse la cosa giusta. I suoi cari non avrebbero neanche saputo che si era sacrificata per loro, gli avrebbe lasciato in eredit? soltanto delle vuote menzogne. Aveva dovuto continuare ad alimentare in loro la speranza che tutto sarebbe andato bene, che sarebbero tornati e essere la famiglia felice e perfetta di sempre, quando in realt? sapeva benissimo che non era vero. E ci? che pi? di tutto le faceva male era non aver potuto salutarli come avrebbe voluto, sebbene fosse consapevole che non li avrebbe mai pi? rivisti. «Lieto di rivederla» esord? il dottor Lorentz affacciandosi alla porta. Le sue labbra, dischiuse in un sorriso compiaciuto, lasciavano scoperti i denti gialli e affilati. E’ davvero viscido come un ratto, pens? lei guardando disgustata i suoi capelli unti, che cominciavano a ingrigirsi sulle tempie. «Avanti, mi segua!» si affrett? a ordinarle brusco lui, era risentito per il biasimo che aveva letto in quello sguardo. Lei si alz? con fare indolente, lasci? cadere a terra la rivista tanto per fargli un dispetto e lo segu? a testa alta. Entrarono nell’ambulatorio e oltrepassarono la porta nascosta per passare nella stanza segreta, l? Sir Jonathan e il dottor Lorentz avevano approntato la sala parto, convinti che avrebbero potuto agire indisturbati. Sir Jonathan li stava aspettando seduto in un angolo, ansioso ed emozionato, cerc? il suo sguardo ma lei lo ignor?. Tir? dritta fin dietro il separ?, indoss? faticosamente il camice e and? a distendersi nel lettino, cercando con tutte le sue forze di non pensare a niente. Il dottore colleg? vari sensori al corpo di Nicole ed effettu? un ultimo controllo. «Deve pazientare ancora un po’, signora » la inform? in tono confidenziale, per renderla partecipe di quell’assurda atrocit?. Al termine del check-up le infil? un ago nell’avambraccio e apr? la valvola della flebo, il blando anestetico prese a scivolarle nelle vene goccia dopo goccia. Nicole cominci? a sentirsi intontita, in quel preciso istante cap? il significato della parola “odiare”. «Non ha niente da temere, vedr? che tutto andr? per il meglio» la rassicur? il dottore vedendo che la donna stava per cedere al panico. L’Anziano osservava estasiato quanto stava accadendo, era intento a registrare mentalmente ogni pi? piccolo particolare con un’avidit? maniacale. Per lui si trattava di un momento unico, uno dei tanti che avrebbe contribuito a incidere per sempre il suo nome nel Grande Libro della Storia dell’Umanit?. «Deve sentirsi orgogliosa di essere stata scelta per il Progetto Cielo, non pu? avere la pi? pallida idea di quante fossero le candidate. E deve ritenersi fortunata, tra poco potr? incontrare Dio in persona» disse a Nicole. Lei chiuse gli occhi e non rispose, le contrazioni si stavano facendo sempre pi? frequenti e il dolore non lasciava pi? spazio neanche ai pensieri, adesso doveva semplicemente fare il proprio dovere nei confronti della Natura. Non le concessero di tenere in braccio suo figlio neanche per un attimo, la caricarono in fretta su di un’ambulanza per trasportarla in ospedale. Pur non condividendo la scelta di Nicole di andare fino in fondo, Giuda si era costretto ad accettarla e si era inutilmente sforzato di starle il pi? vicino possibile. I suoi nervi erano ormai completamente logori, anche quella mattina aveva lasciato l’ufficio con una scusa perch? l? dentro si sentiva soffocare. Anche se col tempo aveva quasi imparato a controllarsi, talvolta era ancora colpito da saltuarie paralisi a causa dell’instabilit? emotiva. Ma ogni volta che il chip interpretava l’eccesso di adrenalina nel suo sangue come una minaccia per s? stesso o per gli altri, interveniva spietatamente per metterlo in stand-by. Qualche tempo prima era stato colto da una crisi mentre era alla guida dell’auto, rendendosi conto che aveva rischiato di fare una strage era corso a far installare il Computer Direzionale, una sorta di pilota automatico. Percorrendo i viali lungo la costa, ornata dai prati ben curati e da snelli palmizi lievemente ondeggianti, si rese improvvisamente conto che era arrivata l’estate. Desider? con tutto s? stesso trovarsi all’interno di uno di quei corpi rilassati,che si godevano il tepore del Sole attraverso il Filtro Deviante. Si tuffavano nell’acqua cristallina e dopo qualche istante riemergevano per nuotare in mezzo a un mosaico di vele colorate, palloni da sub e tavole da surf. Il suo cercapersone vibr? d’improvviso, lui punt? l’auto e acceler? prontamente in direzione dell’ospedale. Giuda era ancora aggrappato all’esile speranza che tutto potesse andare bene, ma era pi? per amore di Nicole che non perch? ci credesse davvero. Stava aspettando il verdetto davanti alla porta del reparto, inspirando profondamente per cercare di controllare i crampi alle gambe, che lo facevano barcollare. La porta si apr? e l’ostetrica gli venne incontro con passo lento, scuotendo la testa e senza guardarlo negli occhi. Lui si rese conto di non aver udito alcun vagito e sent? il mondo crollargli definitivamente addosso. «Nicole!» disse dopo qualche istante, scuotendosi dallo choc che lo aveva come imbalsamato. «Devo vedere la mia Nicole.» «Per adesso non ? possibile, deve riposare perch? ? molto provata» gli spieg? l’ostetrica porgendogli il bicchiere d’acqua che aveva preso dal distributore automatico. «Ora si sieda l? e cerchi di restare calmo» gli sugger? prendendolo per un braccio, voleva accompagnarlo verso una fila di poltroncine. «Non posso stare qui... devo vederla, devo andare a confortarla» insist? lui con le lacrime agli occhi. Si svincol? dall’infermiera e cerc? di dirigersi verso l’ingresso del reparto, la donna fece un cenno ai due Signori dell’Ordine di guardia e questi gli sbarrarono il passo. Giuda cerc? di passare con la forza e loro finsero di lasciarlo andare, poi lo immobilizzarono da dietro e lui sent? un ago penetrargli nel braccio. Grid? e cerc? di divincolarsi ancora per un secondo appena, quando riapr? gli occhi si trovava disteso su una lettiga. Si sentiva ancora intontito dal sedativo e tutte le sue percezioni erano distorte, i Signori dell’Ordine lo accompagnarono da sua moglie sorreggendolo per i gomiti perch? non riusciva a stare in piedi. Appena la porta si apr?, gli occhi gonfi e cerchiati di viola di Nicole si illuminarono, tutto sommato si sentiva sollevata perch? era tutto quanto finito. Quello che accadde dopo, Giuda lo visse come in un sogno, con i contorni delle cose sfuocati e i suoni che gli echeggiavano nella testa. Si inginocchi? a fianco del letto e prese tra le sue la mano di sua moglie, che pendeva di lato. «Lasciateci soli» mormor?. L’infermiera e i Signori dell’Ordine uscirono, lui si sporse su di lei sforzandosi di trattenere le lacrime. Le carezz? il viso e le scost? i capelli ancora bagnati dal sudore, che le stavano disordinatamente appiccicati sulla fronte e sul collo. Le vene erano ancora dilatate per lo sforzo e qualche capillare si affacciava ora sulle guance vellutate, a striarle di blu, un macchinario emetteva periodicamente un lugubre “bip”. «Come ti senti?» le chiese, lei sorrise lievemente per fargli coraggio. «E’ andata male, ma non potevamo farci niente. Sono felice di averci provato e di essere rimasta nel giusto... anche cos?, con gli occhi chiusi, il nostro bambino era bellissimo... ma adesso sento freddo, tanto freddo.» «Non parlare, non devi sforzarti... appena uscirai di qui ti porter? al mare» disse lui sfregando forte la sua mano gelida, poi le tir? su il lenzuolo fino al collo. «Vedessi com’era bello, stamani, cos? azzurro e calmo. E poi ce ne andremo anche in montagna, davanti al nostro caminetto, a bere l’Abetello. Ci scalderemo a vicenda e staremo stretti stretti. Porteremo con noi anche Jodie, in queste ultime settimane non le siamo stati molto vicini...» «Non mentire, lo sai che tutto questo non accadr? » lo rimprover? lei. «Ma cosa stai dicendo?» replic? lui stringendo ancora pi? forte la sua mano, che si stava facendo sempre pi? fredda. «Spero solo che un giorno mi perdonerai per avervi abbandonato. Sai, poco fa ho visto un prato bellissimo, c’era una porta aperta a spiraglio dalla quale usciva una luce intensa. In lontananza c’era lui, e poi ho visto anche i miei genitori e molte altre anime. Erano vestite di tuniche candide, che odorano di profumi cos? meravigliosi che prima non avevo mai sentito niente di simile.» Il “bip” acceler? e lei ebbe un sussulto, ma continu? a sorridere guardando un punto invisibile. «Non dire sciocchezze, vedrai che tra un po’ starai meglio» avrebbe voluto dirle Giuda, ma le parole gli morirono in gola. Si gir? e fece un cenno all’infermiera, che li guardava attraverso il vetro senza avere il coraggio di entrare, Nicole apr? bocca come se volesse dirgli qualcosa, ma tacque. «Ti prego, non lasciarmi solo!» la implor? lui. Lei raccolse le poche forze che ancora le restavano, ormai respirava a fatica. «Non sei solo, hai Jodie. Promettimi che la proteggerai sempre e che rispetterai la Legge. Promettimi che farai di lei una persona giusta, una persona onesta... io e il bambino veglieremo su di voi da lass?, vi aspetteremo insieme. Promettimelo ripet?.» «Te lo prometto, te lo prometto, ma tu non lasciarmi. Non lasciarmi, ti prego... infermiera... infermieraaa!» Di colpo, Giuda si accorse di non avere pi? voglia di niente. Un dolore sordo lo aveva precipitato in un baratro fatto di ricordi confusi e sensi di colpa, fino ad annientarlo completamente. Jodie aveva smesso di mangiare e di parlare, tutto ci? che faceva era continuare a fissarlo in silenzio, con quella sua espressione perennemente triste, e lui non si sentiva forte abbastanza per riuscire a consolarla. Era pienamente consapevole che il Sistema non gli avrebbe lasciato crescere sua figlia da solo, se non avesse trovato in fretta una nuova compagna avrebbero ibernato lui e affidato Jodie a un’altra famiglia. Quindi, pur sapendo che non sarebbe mai riuscito a dimenticare Nicole, tent? comunque di ricominciare, per impedire che il destino gli portasse via anche sua figlia. Si sarebbe accontentato di trovare una brava donna che lo aiutasse a far sentire mia figlia meno sola, ma ogni volta che ne conosceva una tornava a rendersi conto che nessuna, mai, sarebbe riuscita a colmare il vuoto lasciato da sua moglie. Quindi ogni volta si ripeteva il solito assurdo rituale: Giuda si allontanava con una scusa e tornava a casa, dove trascorreva il resto della notte a guardare vecchie fotografie in compagnia di Jodie, piangendo. PARTE III L’ALIENO A causa della precipitosa discesa attraverso l’atmosfera terrestre, il grande disco metallico dorato si era arroventato fino a diventare di un colore rosso incandescente. L’umanoide si affacci? all’obl? e osserv? scioccato l’immensa distesa di terra arida e inospitale, sormontata a malapena da qualche protuberanza di roccia di colore chiaro. Sono finito nel bel mezzo di un deserto si disse sconfortato, subito dopo torn? alla console di comando e prese a digitare freneticamente su qualcosa di simile a una scacchiera. “Motori di spinta primaria fuori uso causa mancanza di energia. Tempo di carica delle batterie con una sola stella, quantificato in trentaquattro anni terrestri. Temperatura delle strutture in fase di assestamento”, significavano i segni cuneiformi che comparvero sullo schermo giallo. Deluso, l’Alieno si disinteress? al computer e torn? a guardare oltre l’obl? nella speranza che gli venisse un’idea, ma si arrese subito. Sul suo pianeta, l’energia luminosa fornita dalle tre stelle avrebbe ricaricato le batterie in pochissimo tempo. Ma sulla Terra c’era un Sole soltanto, lui non aveva modo di amplificare l’effetto dei suoi raggi sui ricettori della navicella spaziale, non disponeva del materiale n? degli strumenti necessari. Si rese conto che il problema era palesemente irrisolvibile e sui si rassegn? all’idea di aspettare passivamente trentaquattro lunghi e noiosi anni terrestri. Ebbe un moto di stizza e torn? a interrogare il computer, per avere i dati dell’Analisi Ambientale. “Temperatura esterna 40 gradi terrestri. Quantit? di luce nettamente insufficiente al fabbisogno energetico. Atmosfera costituita di Azoto, Ossigeno, Carbonio, umidit? percentuale tendente a zero. Probabilit? di sopravvivenza in questa zona del pianeta inferiore al tre per cento, causata dalla scarsit? di acqua e della concentrazione minima di Anidride Carbonica sovrastata dall’alta percentuale di Ossigeno libero. Tempo limite di permanenza nell’ambiente esterno stimato in dieci giorni terrestri. Fasi successive conseguenti a un’esposizione eccessiva all’ambiente esterno: deficit energetico, immobilizzazione, stato prolungato di subcoscienza, perdita totale di coscienza, decesso dovuto a progressivo avvelenamento. Soluzione consigliata: Trasferimento Corporale. Fine rapporto” sentenzi? il cervellone, impietoso. L’Alieno si lasci? scivolare con la schiena lungo la parete, lentamente, finch? si ritrov? seduto con le braccia giunte intorno alle gambe esili. Ripens? al documentario inerente al Pianeta Terra, uno dei tanti che aveva visto durante la lunga traversata spaziale, e chin? la testa depresso. Con tutti i mondi abitati che esistono, sono finito proprio sul pianeta popolato dalla pi? stupida tra le razze in via di evoluzione! Non dispongono di una tecnologia in grado di aiutarmi, per di pi? sono estremamente superstiziosi e privi di qualsiasi apertura mentale. Se mi vedessero in queste sembianze mi considererebbero un mostro, non esiterebbero a uccidermi all’istante. Non ho modo di cercare un luogo pi? vivibile, ma se anche lo trovassi non riuscirei a stare nascosto per tutto quel tempo. Non ho altra scelta che effettuare il Trasferimento Corporale. Dovr? trasformarmi in uno di loro e per molti anni sar? vulnerabile, almeno fin quando la coscienza di me non riprender? il sopravvento. Per riuscire a sopravvivere per tutto quel tempo in un mondo cos? incivile avr? bisogno di una buona dose di fortuna, ma per allora le batterie saranno cariche e potr? ripartire alla volta di Igos. No, non ho altra scelta... allora tanto vale che lo faccia subito! L’essere si rec? nel piccolo laboratorio e apr? un cassetto refrigerato contenente alcune provette trasparenti, tir? gi? una piccola sonda da una nicchia ricavata nel soffitto e allung? il tubo flessibile fluorescente al quale era collegata. La cal? nel settore recante la scritta “Razza Umana Esemplare Maschile”, pochi istanti dopo la sonda determin? qual’era il sottogruppo di spermatozoi pi? adatto ai suoi scopi. L’Alieno pens? per un attimo all’essere dal quale erano stati estratti, l’ultima volta che l’aveva visto giaceva privo di vita nel giardino del suo palazzo, ormai ridotto in macerie annerite dalla furia distruttiva della guerra. Non riusc? a provare pena per lui neanche quando gli tornarono alla mente i suoi occhi tristi, che lo fissavano increduli da dentro la gabbia del suo zoo personale. Per lui, quello era soltanto un essere inferiore che una sera era stato portato via dal suo piccolo e insignificante mondo, senza capire il come n? il perch?. Il pensiero di doversi trasformare in un simile stupido animale suscit? in lui una profonda rabbia, continu? a fissare il vasetto selezionato dalla sonda senza riuscire a decidersi, quasi tentato di distruggerla. Sospir? ripetutamente finch? riusc? a calmarsi, allora and? a deporre con gesti cauti la provetta su di un piano metallico. Toccandola in un punto particolare, stimol? una ghiandola che aveva al centro del petto, per provocare l’apertura dei petali posti a protezione dell’infiorescenza. Usando uno strumento a forma di cucchiaio prelev? un campione del proprio seme e lo sistem? il seme in un contenitore che pos? accanto al primo, poi copr? entrambi con due piccole semisfere collegate tra loro attraverso un macchinario. Questo svolse rapidamente il proprio compito, emettendo una luce violacea. “Procedura correzione cromosomica e potenziamento patrimonio genetico terminata” annunci? il computer dopo qualche istante. L’Alieno annu? e and? a sedere su una poltrona circondata da cavi e circuiti, indoss? un casco su cui era impiantata una moltitudine di elettrodi e digit? un codice sulla piccola tastiera che aveva indossato all’avambraccio. Dopo pochi istante cadde in uno stato di trance, una serie infinita di immagini e avvenimenti gli attravers? la mente per un tempo che gli parve non finire mai, provocandogli gioie e sofferenze in successione confusa, poi la folle corsa dei ricordi arriv? al capolinea e lui si sent? svuotato. “Procedura di trasferimento memoria su clone effettuata con successo”, conferm? il computer con voce impersonale dopo un breve ronzio. Quando si riprese, l’Alieno si sfil? il casco e torn? ancora una volta a guardare fuori, improvvisamente malinconico. Prov? lungamente a convincersi che quell’ulteriore supplizio impostogli dal destino avrebbe potuto in qualche modo trasformarsi in un’esperienza positiva, ma non ci riusc?. Si rese conto che continuare a rimuginare sarebbe servito soltanto ad alimentare la confusione che aveva dentro, lo avrebbe portato a disperdere stupidamente energie e a commettere errori irreparabili, con il conseguente rischio di finire la sua esistenza in quella misera landa desolata. Adesso devo soltanto trovare chi mi far? rinascere, consider? imponendosi di tornare alla realt?. Dopo essersi nutrito abbondantemente, recise la maggior parte dei peli piatti e larghi di colore verde di cui il suo corpo era ricco, per ridurre pi? che poteva la traspirazione. Terminate le operazioni necessarie ad aumentare le sue probabilit? di sopravvivenza, fece un resoconto mentale per verificare di non aver tralasciato niente. L’Anziano era al colmo dell’esaltazione, come sempre si fiond? nell’ufficio di Ann senza curarsi di bussare alla porta, n? di rivolgerle il saluto formale. «A che punto siete con le indagini? Avete identificato la talpa che si ? introdotta nell’Archivio Informatico?» le domand? in tono euforico, interrompendo il suo lavoro. «Non ancora Eccellenza» rispose lei abbassando gli occhi, temeva la sua reazione. Odiava dover subire delle paternali, anche se motivate, ma cercare l’autore dell’intrusione era come cercare un ago in un pagliaio. «Ci stiamo provando, ma a questo punto dubito seriamente che ci riusciremo perch? il responsabile sapeva di certo il fatto suo. Ha usato un terminale pubblico al quale hanno libero accesso molte persone, in modo da non poter essere facilmente rintracciato. Inoltre, a un certo punto il traffico dati si ? sdoppiato su due linee separate, come se a violare l’Archivio fossero stati due computer e non uno soltanto.» «Questo non ? affatto confortante,» comment? lui accigliandosi, «spero che lei sia almeno in grado di garantirmi che una cosa del genere non si ripeter? mai pi?.» «Di questo potete essere pi? che certo, Eccellenza. I nostri migliori esperti hanno lavorato duramente per realizzare una nuova barriera contro il rischio di eventuali intromissioni... purtroppo per? c’? dell’altro!» aggiunse poi dopo aver deglutito, l’Anziano la guard? preoccupato. «I Servizi di Vigilanza hanno notato i movimenti sospetti di una serie di persone, sembrerebbe che esista una specie di organizzazione che si riunisce in segreto. Non sappiamo ancora quali siano i loro scopi, ma tutto ci lascia supporre che di certo non si incontrano per giocare a Bridge. Li stavano studiando, ma dopo la violazione dell’Archivio Storico sono entrati in stand-by e sono come scomparsi. Questo ci induce a sospettare che i responsabili di quell’atto ignobile siano proprio loro» raccont?. Tralasci? di dirgli del materiale tecnologico che avevano trovato in un covo vuoto, quelle apparecchiature non le avevano fornito alcuna indicazione utile alle indagini e lei non aveva intenzione di subire un’altra ramanzina da parte dell’Anziano. Sir Jonathan si fece pensieroso, quella che Ann gli aveva appena dato era davvero una pessima notizia. Ma per quel giorno aveva deciso non lasciarsi turbare, voleva godersi la gioia per aver appreso che tutte le diverse fasi del suo progetto stavano avanzando nella maniera migliore. Si disse che a disfarsi di un eventuale gruppetto di dissidenti ci avrebbero pensato i Servizi di Vigilanza, lui aveva cose ben pi? importanti a cui pensare. «Non mollate la presa, teneteli d’occhio e riferitemi tutto al riguardo» rispose per concedere comunque un po’ di soddisfazione alla ragazza, ma il motivo per cui era andato a trovarla era di ben altra portata. «Tra pochi giorni si terr? la riunione semestrale del Nucleo Ibernazione. C’? una persona che deve essere assolutamente sottoposta al Trattamento affinch? non intralci il Progetto Cielo, scelga un nominativo qualsiasi dalla lista che le verr? fornita e lo sostituisca con questo» ordin? porgendole un foglio con su scritto un nome. Lei lo lesse, poi interrog? Sir Jonathan con lo sguardo. «Si ricordi il giuramento: ”Mai domandare”» l’ammon? lui in risposta. «Faccia il suo dovere come si deve e sar? adeguatamente ricompensata» concluse, poi usc? frettolosamente com’era entrato perch? doveva recarsi a dare disposizioni al dottor Lorentz. Giuda continuava a trascorrere le sue giornate in compagnia di Jodie. Quel giorno erano stati a fare una gita in campagna ma l’avevano vissuta alla stregua di un incubo, come tutte le precedenti. Non avevano fatto nient’altro che camminare per ore guardando nel vuoto, immersi in un silenzio abissale interrotto soltanto dal raro verso di qualche uccello. Durante tutto il viaggio di ritorno lui continu? a chiedersi cosa avrebbe preparato per cena, giunti a casa trovarono due Signori dell’Ordine ad attenderli in giardino. «Il signor Giuda 1091?» gli domand? uno dei due, leggendo il suo nome da un fascicolo. «Sono io,» conferm? lui in tono apatico, «c’? qualcosa che non va?» «Niente di grave, siamo stati incaricati di prelevare la bambina» lo inform? il soldato senza usare un minimo di tatto, mostrandogli un foglio pieno di timbri. «… prelevare la bambina?» gli fece eco Giuda, incredulo. Si volt? verso la strada e vide un’anziana coppia uscire da un’automobile posteggiata poco distante dalla sua, lei aveva in mano un grosso pacco colorato e continuava ad ammiccare verso Jodie, sorridendo. «E’ stata decisa la ricollocazione di sua figlia in una famiglia regolare. Come sapr?, soltanto una piccola percentuale delle famiglie incomplete viene lasciata nello stato di fatto» spieg? con professionalit? uno dei due Signori dell’Ordine. Jodie scapp? immediatamente in strada per sottrarsi a quella specie di sequestro, uno dei militari la insegu? e la riacciuff? un attimo prima che finisse sotto un’auto, poi scortarono entrambi in casa affinch? lei potesse prendere le sue cose. «Non voglio essere portata via!» cominci? d’un tratto a gridare Jodie, scalciando e tirando strattoni al Signore dell’Ordine che cercava di immobilizzarla. «Voglio stare con mio padre... voglio stare con pap?!» Esasperato dal suo pianto, Giuda si scagli? contro i Signori dell’Ordine e lott? con tutte le sue forze, affinch? non gli venisse portata via anche lei. Quando riprese conoscenza, scopr? di trovarsi in una camera d’ospedale. Non appena fu certo che era in grado di capirlo, un tizio in camice bianco gli lesse i referti: «Asociale e depresso, frequenti stati di disordine mentale, cenni di schizofrenia e manie persecutorie... direi che non c’? male! Ma stia tranquillo, la guariremo!»gli disse sorridendo, poi controll? che le cinghie che gli immobilizzavano braccia e gambe fossero ben salde. Le pareti dell’antico magazzino puzzavano di muffa, alcuni ventilatori appesi al soffitto continuavano a cospargere di polvere le teste delle sei persone riunite attorno al tavolo. Il materiale tecnologico era stato disposto al centro del ripiano tarlato e stonava con il resto dell’arredamento, fatto di vecchi mobili ricoperti di lenzuola e ragnatele. «Per quanto tempo ancora dovremo continuare a vivere in questo modo, a nasconderci come topi?» sbott? Tony rompendo subito il silenzio. Era alto e magro, abbronzato, i suoi occhi piccoli, tagliati come mezzelune, si accendevano ogni volta che sorrideva o che osservava qualcosa con attenzione. Due fini baffetti neri addolcivano la sporgenza eccessiva del suo naso, lievemente appuntito. Era nervoso nel corpo come nel carattere e meticoloso per natura, ogni volta che c’erano quelle riunioni sbraitava di continuo per ogni nonnulla. Gli altri stavano distrattamente cercando di trovare la posizione pi? comoda per affrontare l’attesa, che presumibilmente sarebbe stata lunga. «Per quanto tempo ancora dovremo sopportare che i nostri familiari e i nostri amici vengano deportati?» continu? lui. «L’Ibernazione Transitoria non ? altro che una schifosa truffa, per quanto tempo ancora dovremo continuare a fornire i nostri cuori e i nostri polmoni agli anziani del Consiglio?» «Adesso basta,» lo interruppe Shasa, «tutte le volte ? sempre la stessa storia. Tutte le volte ci sommergi con le tue paranoie, come quando t’impunti che qualcuno di noi ti ha guardato in modo strano e allora vuoi sapere a ogni costo perch?. Lo sai che questi discorsi non mi piacciono, niente di quello che dici ? stato dimostrato. Personalmente, finch? non l’avr? vista coi miei stessi occhi, mi rifiuto di credere a una simile crudelt?» concluse, poi aspir? dalla sigaretta infossando le guance e spinse fuori dalle narici due getti di fumo. Si ricongiunsero senza fretta per salire verso il soffitto, avvolgendosi in fantasiose spirali, la luce trasversale che entrava dalla finestra posta in alto le tagli? a fette creando affascinanti arabeschi. «E tu invece smettila di fumare, in questo buco l’aria ? gi? abbastanza pesante!» le disse in tono risoluto Jack, il cui carattere era in netto contrasto con l’aspetto fisico. Aveva le spalle strette e la pancia pronunciata, i fini capelli lisci e radi, di un colore biondo sbiadito, facevano poca ombra sul suo viso perennemente pallido. Sotto pelle chiarissima del volto si intravedevano a tratti le sue vene, mentre i piccolissimi occhi celesti, distanti tra loro, non si mostravano affatto. La bocca era atteggiata in una piega neutra, a dare l’impressione di una persona alla quale va sempre bene qualsiasi decisione. «Sono felice che abbiamo dovuto lasciare l’altro covo, cos? quando avrai finito quelle dannate sigarette non potrai procurartene altre!» aggiunse. «Gi?, vorrei proprio sapere come ci sono arrivati, a scoprire l’altro nascondiglio. Forse tu ne sai qualcosa!» replic? malignamente lei guardandolo dritto negli occhi, poi sbuff? di proposito il fumo nella sua direzione. «Allora non mi sono spiegato bene...» fece lui, alzandosi a torreggiare minacciosamente su di lei. «Smettetela!» intervenne Andy, afferr? per un braccio Jack e lo tir? gi? a sedere. «Siamo arrivati a un buon punto, cos? come i nostri fratelli delle altre comunit?. Finalmente tra un po’ arriver? il momento di entrare in azione, questo non certo ? il momento di perdersi in questi giochetti!» «Voi credete davvero che ce la faremo? A volte penso a come potrebbe essere il mondo tra qualche mese e mi sembra di sognare, ho paura di illudermi inutilmente...» «Te l’ho gi? detto mille volte. Se non te la senti farai meglio a tirarti subito indietro» la punzecchi? Jack. Gli occhi di Shasa si accesero d’ira, apr? bocca per replicare ma Tony la zitt? con un gesto della mano. «Sta arrivando qualcuno» sussurr? andando ad acquattarsi dietro la porta. Questa si apr? lentamente e lui ne segu? il movimento, quando l’uomo entr? si ritrov? immobilizzato da una perfetta presa di Judo. «Quando la finirai di arrivare in ritardo?» gli ringhi? all’orecchio. «Ci hai fatto prendere una fifa del diavolo!» «Ma la riunione non era alle quattro?» balbett? incerto il nuovo arrivato, Tony non rispose. Lo spinse verso il suo posto e and? a serrare la porta, poi vi poggi? contro una spessa lastra di polistirolo per attutire i rumori verso l’esterno. Êîíåö îçíàêîìèòåëüíîãî ôðàãìåíòà. Òåêñò ïðåäîñòàâëåí ÎÎÎ «ËèòÐåñ». Ïðî÷èòàéòå ýòó êíèãó öåëèêîì, êóïèâ ïîëíóþ ëåãàëüíóþ âåðñèþ (https://www.litres.ru/pages/biblio_book/?art=40209271&lfrom=688855901) íà ËèòÐåñ. Áåçîïàñíî îïëàòèòü êíèãó ìîæíî áàíêîâñêîé êàðòîé Visa, MasterCard, Maestro, ñî ñ÷åòà ìîáèëüíîãî òåëåôîíà, ñ ïëàòåæíîãî òåðìèíàëà, â ñàëîíå ÌÒÑ èëè Ñâÿçíîé, ÷åðåç PayPal, WebMoney, ßíäåêñ.Äåíüãè, QIWI Êîøåëåê, áîíóñíûìè êàðòàìè èëè äðóãèì óäîáíûì Âàì ñïîñîáîì.
Íàø ëèòåðàòóðíûé æóðíàë Ëó÷øåå ìåñòî äëÿ ðàçìåùåíèÿ ñâîèõ ïðîèçâåäåíèé ìîëîäûìè àâòîðàìè, ïîýòàìè; äëÿ ðåàëèçàöèè ñâîèõ òâîð÷åñêèõ èäåé è äëÿ òîãî, ÷òîáû âàøè ïðîèçâåäåíèÿ ñòàëè ïîïóëÿðíûìè è ÷èòàåìûìè. Åñëè âû, íåèçâåñòíûé ñîâðåìåííûé ïîýò èëè çàèíòåðåñîâàííûé ÷èòàòåëü - Âàñ æä¸ò íàø ëèòåðàòóðíûé æóðíàë.