×òî æå åñòü ó ìåíÿ? Äûðû â äðàíûõ êàðìàíàõ, Òðè ìîðùèíû íà ëáó, Äà èñò¸ðòûé ïÿòàê... Íî íå æàëêî íè äíÿ- Ìíå ñóäüáîþ ïðèäàííûõ, Õîòü ïîðîé ÿ æèâó Ïîïîäàÿ â ïðîñàê. Âñ¸ ÷òî åñòü ó ìåíÿ: Ñîâåñòü, ÷åñòü è óìåíüå. ß îòäàì íå ñêóïÿñü- Ïðîñòî òàê çà ïóñòÿê. Çà ïîñòåëü ó îãíÿ, Äîáðîòó áåç ñòåñíåíüÿ. È çà òî, ÷òî ïðîñòÿñü, Íå çàáûòü ìíå íè êàê... Âñ¸ ÷

Non resta che uccidere

Non resta che uccidere Blake Pierce Un thriller di Adele Sharp #4 “Quando pensi che la vita non potrebbe andare meglio di cos?, Blake Pierce arriva con un altro capolavoro del thriller e del mistero! Questo libro ? pieno di svolte e il finale porta una sorprendente rivelazione. Lo raccomando fortemente per la biblioteca permanente di ogni lettore che ami i thriller davvero ben scritti.”. –Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (riguardo a Quasi Scomparsa) . NON RESTA CHE UCCIDERE ? il libro #4 di una nuova serie thriller sull’FBI realizzata dall’autore statunitense campione d’incassi Blake Pierce, il cui bestseller numero #1 Il Killer della Rosa (Libro #1) (scaricabile gratuitamente) ha ricevuto oltre 1.000 recensioni da cinque stelle. . Una giovane donna viene trovata a girovagare in stato confusionale in una stradina rurale in Germania, dopo essere sfuggita a un’aggressione. Se riuscir? a parlare – e a ricordare – magari potr? condurre la autorit? al covo del malvivente, salvando le altre donne l? rinchiuse prima che sia troppo tardi… Mentre il caso internazionale si diffonde sempre pi?, coinvolgendo dozzine di vittime provenienti da molti Paesi, le autorit? si rendono presto conto che c’? solo un modo per risolvere la faccenda: chiamare l’agente speciale dell’FBI Adele Sharp, con la sua tripla cittadinanza statunitense, francese e tedesca… Ma anche con la brillante mente di Adele, questo caso – che riporta in superficie ricordi troppo vicini a casa sua – potrebbe rivelarsi sfuggente… Riuscir? Adele a salvare le altre donne prima che sia troppo tardi?. Riuscir? a salvare se stessa?. Un thriller pieno zeppo di azione con intrighi internazionali e suspense che tiene incollati alle pagine, NON RESTA CHE UCCIDERE vi costringer? a leggere fino a notte inoltrata. . Il quinto #5 libro della serie – NON RESTA CHE L’ASSASSINO – ? ora disponibile.. Blake Pierce NON RESTA CHE UCCIDERE N O N   R E S T A C H E U C C I D E R E (Un thriller di Adele Sharp—Libro Quattro) B L A K E   P I E R C E EDIZIONE ITALIANA A CURA DI ANNALISA LOVAT Blake Pierce Blake Pierce ? l’autore statunitense oggi campione d’incassi della serie thriller RILEY PAGE, che include diciassette. Blake Pierce ? anche l’autore della serie mistery MACKENZIE WHITE che comprende quattordici libri; della serie mistery AVERY BLACK che comprende sei libri;  della serie mistery KERI LOCKE che comprende cinque libri; della serie mistery GLI INIZI DI RILEY PAIGE che comprende cinque libri; della serie mistery KATE WISE che comprende sette libri; dell’emozionante mistery psicologico CHLOE FINE che comprende sei libri; dell’emozionante serie thriller psicologico JESSIE HUNT che comprende sette libri (e altri in arrivo); della seria thriller psicologico RAGAZZA ALLA PARI, che comprende tre libri (e altri in arrivo); della serie mistery ZOE PRIME, che comprende tre libri (e altri in arrivo); della nuova seria thriller ADELE SHARP e della nuova serio di gialli VIAGGIO IN EUROPA. Un avido lettore e da sempre amante dei generi mistery e thriller, Blake ama avere vostre notizie, quindi sentitevi liberi di visitare il suo sito www.blakepierceauthor.com (http://www.blakepierceauthor.com/) per saperne di pi? e restare informati. Copyright © 2020 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. A eccezione di quanto consentito dall’U.S. Copyright Act del 1976, nessuna parte di questa pubblicazione pu? essere riprodotta, distribuitao trasmessa in alcuna forma o in alcun modo, o archiviata in un database o in un sistema di raccolta, senza previa autorizzazione dell’autore. Questo ebook ? concesso in licenza esclusivamente ad uso ludico personale. Questo ebook non pu? essere rivenduto n? ceduto ad altre persone. Se desidera condividere questo libro con un'altra persona, la preghiamo di acquistare una copia aggiuntiva per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo libro e non l’ha acquistato, o non ? stato acquistato esclusivamente per il suo personale uso, la preghiamo di restituirlo e di acquistare la sua copia personale. La ringraziamo per il suo rispetto verso il duro lavoro svolto da questo autore. Questa ? un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, imprese, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono il prodotto della fantasia dell’autore o sono usati romanzescamente. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, ? del tutto casuale. Immagine di copertina Copyright CloudyStock, utilizzata sotto licenza da Shutterstock.com. LIBRI DI BLAKE PIERCE LA SERIE THRILLER DI ADELE SHARP NON RESTA CHE MORIRE (Libro #1) NON RESTA CHE SCAPPARE (Libro #2) NON RESTA CHE NASCONDERSI (Libro #3) NON RESTA CHE UCCIDERE (Libro #4) THRILLER DI ZOE PRIME IL VOLTO DELLA MORTE (Libro #1) IL VOLTO DELL’OMICIDIO (Libro #2) IL VOLTO DELLA PAURA (Libro #3) IL VOLTO DELLA FOLLIA (Libro #4) LA RAGAZZA ALLA PARI QUASI SCOMPARSA (Libro #1) QUASI PERDUTA (Libro #2) QUASI MORTA (Libro #3) I THRILLER PSICOLOGICI DI JESSIE HUNT LA MOGLIE PERFETTA (Libro #1) IL QUARTIERE PERFETTO (Libro #2) LA CASA PERFETTA (Libro #3) IL SORRISO PERFETTO (Libro #4) LA BUGIA PERFETTA (Libro #5) IL LOOK PERFETTO (Libro #6) LA TRESCA PERFETTA (Libro #7) L’ALIBI PERFETTO (Libro #8) LA VICINA PERFETTA (Libro #9) I GIALLI PSICOLOGICI DI CHLOE FINE LA PORTA ACCANTO (Libro #1) LA BUGIA DI UN VICINO (Libro #2) VICOLO CIECO (Libro #3) UN VICINO SILENZIOSO (Libro #4) RITORNA A CASA (Libro #5) FINESTRE OSCURATE (Libro #6) I GIALLI DI KATE WISE SE LEI SAPESSE (Libro #1) SE LEI VEDESSE (Libro #2) SE LEI SCAPPASSE (Libro #3) SE LEI SI NASCONDESSE (Libro #4) SE FOSSE FUGGITA (Libro #5) SE LEI TEMESSE (Libro #6) SE LEI UDISSE (Libro #7) GLI INIZI DI RILEY PAIGE LA PRIMA CACCIA (Libro #1) IL KILLER PAGLIACCIO (Libro #2) ADESCAMENTO (Libro #3) CATTURA (Libro #4) PERSECUZIONE (Libro #5) FOLGORAZIONE (Libro #6) I MISTERI DI RILEY PAIGE IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1) IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2) OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3) IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4) KILLER PER CASO (Libro #5) CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6) MORTE AL COLLEGE (Libro #7) UN CASO IRRISOLTO (Libro #8) UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9) IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10) LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11) MORTE SUI BINARI (Libro #12) MARITI NEL MIRINO (Libro #13) IL RISVEGLIO DEL KILLER (Libro #14) IL TESTIMONE SILENZIOSO (Libro #15) OMICIDI CASUALI (Libro #16) IL KILLER DI HALLOWEEN (Libro #17) UN RACCONTO BREVE DI RILEY PAIGE UNA LEZIONE TORMENTATA I MISTERI DI MACKENZIE WHITE PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1) UNA NUOVA CHANCE (Libro #2) PRIMA CHE BRAMI (Libro #3) PRIMA CHE PRENDA (Libro #4) PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5) PRIMA CHE SENTA (Libro #6) PRIMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7) PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8) PRIMA CHE AFFERRI LA PREDA (Libro #9) PRIMA CHE ANELI (Libro #10) PRIMA CHE FUGGA (Libro #11) PRIMA CHE INVIDI (Libro #12) PRIMA CHE INSEGUA (Libro #13) PRIMA CHE FACCIA DEL MALE (Libro #14) I MISTERI DI AVERY BLACK UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1) UNA RAGIONE PER SCAPPARE (Libro #2) UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3) UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4) UNA RAGIONE PER SALVARSI (Libro #5) UNA RAGIONE PER MORIRE (Libro #6) I MISTERI DI KERI LOCKE TRACCE DI MORTE (Libro #1) TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2) TRACCE DI PECCATO (Libro #3) TRACCE DI CRIMINE (Libro #4) TRACCE DI SPERANZA (Libro #5) CAPITOLO UNO L’oscurit? si imponeva sulla timida luce delle stelle. Da quando la tempesta di due settimane fa aveva imperversato, la statale che attraversava il cuore meridionale della Foresta Nera nella regione del Baden-W?rttemberg in Germania era diventata insidiosa. I lampioni spenti erano quasi pi? di quelli accesi lungo la 317. Tra quelli che Herman vedeva dall’interno dell’abitacolo del suo autoarticolato, tre su sette non funzionavano. Uno di essi emetteva un lieve baluginio intermittente blu e giallo. Benone. Due su sette. Per? gli addetti alla manutenzione avrebbero dovuto passare. Sfrecci? accanto al lampione morente e si inoltr? in una sezione pi? buia della strada. Herman afferr? il volante, mormorando una bestemmia tra i denti mentre guidava il suo grosso veicolo sull’asfalto umido. La neve si era per lo pi? sciolta, ma il gelo aveva danneggiato i lampioni della statale. Intere porzioni di strada sembravano quasi abbandonate. Herman aveva degli amici – altri autisti – che di questi tempi evitavano quella parte della statale. Ma lui non poteva permettersi di perdere tempo. No, non ora. Guidava quindi lungo la strada solitaria e scarsamente illuminata, sfrecciando in mezzo alla foresta che prendeva la forma di un vortice di marroni e verdi fuori dai suoi finestrini. Stava mettendo il camion alla prova sulla sua capacit? di affrontare le urgenze. Aveva gi? passato Rotmeer e poteva vedere il Feldberg in lontananza. Non poteva fare tardi. Non stasera. Doveva fare il viaggio di ritorno in tempo per poter dormire un po’ prima dell’udienza per la custodia dell’indomani. Herman si accigli? al pensiero di ci? che la mattina seguente gli avrebbe portato, e per un brevissimo istante abbass? lo sguardo sulla foto della ragazzina dagli occhi castani attaccata con lo scotch sul cruscotto. Parte della sua frustrazione si dissolse mentre osservava la figlia, cos? sospesa nel tempo. Solo un breve momento di disattenzione. Risollev? lo sguardo. E grid?. C’era qualcuno in mezzo alla strada. Herman si sent? gelare il sangue, sbatt? il piede sul freno e ruot? lo sterzo per evitare la persona. Le ruote fischiarono, protestando per l’improvviso cambio di direzione e velocit?. Herman sent? che la cabina del camion rischiava di ribaltarsi. Il cuore gli era gi? saltato fuori dal petto e sembrava contorcersi da qualche parte in prossimit? della gola. Il suo grido si perse nel fragoroso stridio dei freni. Il camion vir? fuori strada, andando a sbattere contro uno dei lampioni. Il palo si pieg? e la luce della lampadina si infranse, facendo piovere frammenti di vetro sul parabrezza. Tre luci su sette. Herman rimase seduto immobile, tremante, il sangue che gli gocciolava dal naso. Gli ci volle qualche secondo per capire che l’airbag era esploso. Le sue mani erano ancora strette sul volante. Per un istante ebbe quasi l’impressione di non poterlo lasciare. Fiss? le sue nocche. Aveva la vista offuscata e si sentiva pulsare per l’adrenalina. Le mani erano bianche. Delle gocce rosse cadevano ritmicamente sul dorso. Si port? una mano al viso e sent? un liquido caldo che usciva dal naso. Scosse la testa e sbatt? le palpebre un paio di volte. Aveva colpito la persona? Guard? ancora attraverso il parabrezza e fu nuovamente sconvolto da quanto quelle parti della foresta fossero solitarie e desolate. Nessuno nei paraggi. Guard? da una parte all’altra della strada, allungando lo sguardo in lontananza rispetto a dove si era schiantato, e not? che non c’erano auto parcheggiate a bordo strada. Un lento brivido di paura gli attravers? la schiena. Herman avrebbe voluto chiudersi a chiave nella cabina del camion e chiamare la polizia. Ma un piccolo e fastidioso senso di preoccupazione gli fece riabbassare lo sguardo sulla foto attaccata al cruscotto. La persona in mezzo alla strada gli era sembrata una ragazzina. Uno slancio di coraggio lo spinse sul bordo del suo sedile. Si sganci? la cintura, spinse da parte l’airbag e apr? la portiera. Normalmente, anche se era un uomo di mezz’et?, era abbastanza atletico da venire gi? dal camion con un salto. Ma adesso, con le gambe tremanti, scelse di usare il gradino metallico e smont? lentamente dall’abitacolo. Il freddo lo avvolse come una coperta. A quanto pareva, un vento gelido aveva iniziato a soffiare. Sopra a lui, il lampione che aveva colpito era morto. Quello dall’altra parte della strada, qualche centinaio di metri pi? indietro, lampeggiava ancora nel suo bagliore blu. Fu in quella foschia di luce pulsante che scorse di nuovo la persona. Una donna. Una ragazza. Forse una via di mezzo tra le due. Giovane, certo non pi? di vent’anni. Stava in mezzo alla strada e sembrava non essersi spostata di un centimetro da dove l’aveva vista la prima volta. In piedi. Che stesse in piedi era un segno positivo. Significava che era ancora viva. “Salve! Fr?ulein!” la chiam?. “Si sente bene?” Sollev? una mano, facendosi vedere in mezzo alla statale. La donna non si volt?. Continuava a fissare davanti a s?, rivolta verso la strada aperta. Herman guard? da una parte e poi dall’altra, seguendo con gli occhi la strada che serpeggiava in mezzo alla foresta, seguendo una pendenza regolare. C’erano rami scuri con foglie mosse dal vento che si estendevano oltre i bordi della strada. Altri alberi erano stati tagliati, eliminati per fare spazio ai pali del telefono o per non generare pericolo lungo la statale. Da dove era saltata fuori la ragazza? Non c’era nessun veicolo in vista. Herman sussult?, sentendo un livido che si stava formando sulle sue costole, dove l’airbag l’aveva colpito. Il naso gocciolava ancora sangue, che si stava lentamente rapprendendo nell’incavo sopra al suo labbro superiore. Sent? un sapore amarognolo e salato mentre parte del sangue gli si infiltrava dall’angolo della bocca. Se lo asciug? con una mano, sempre avvicinandosi cautamente alla ragazza in mezzo alla strada. Il suo camion era ancora piegato attorno al lampione, che era conciato molto peggio del veicolo. Il suo autoarticolato avrebbe potuto tornare in strada. L’autista continu? ad avanzare, una mano tesa a indicare calma. La ragazza ancora non si girava verso di lui. A quel punto scorse il sangue. Rivoli color cremisi scorrevano lungo le sue braccia e cadevano dalle punte delle dita finendo a terra. I suoi piedi erano callosi e screpolati, ricoperti di graffi e tagli. Non indossava scarpe, e dalla condizione in cui versavano i piedi, doveva aver corso scalza in mezzo alla foresta. C’erano degli squarci nella sottile maglietta grigia che indossava. Le braccia presentavano dei tagli. Indossava solo biancheria intima, niente pantaloni. Herman sent? un altro brivido e fiss? la ragazza, guardandola negli occhi. Alla fine lei parve notarlo, come se si fosse destata da un torpore. Lo guard? e inizi? a gridare. Il suono riecheggi? tra colline e foreste, passando in mezzo agli alberi e allargandosi sulla statale come una cortina di ghiaccio. Con esso sopraggiunse un’orribile sensazione di gelo. Herman scosse la testa, rifiutando di permettere e se stesso di dare ascolto al proprio stomaco. Il suo istinto gli diceva di fuggire, di correre al suo camion, di entrare nella cabina e scappare via, lasciandosi alle spalle questo problema. Not? che anche le mani della ragazza erano insanguinate e con esitazione le chiese: “Geht’s dir gut? Stai bene?” Lei stava scuotendo la testa, tremando, il mento spinto in avanti. I suoi occhi non si erano posati su di lui fino a pochi secondi prima, ma ora sembravano non voler guardare altro. La giovane continuava a fissarlo, disperata, un’espressione implorante. Alla fine parl?. Se la morsa del gelo poteva avere un tono di voce, sarebbe stato come quello con cui la ragazza pronunci? le sue parole. La sua voce era gracchiante e andava a intermittenza. “Per favore,” disse, disperata. Il suo tedesco rivelava un accento americano. Herman sussult?, cercando di capire. “Per favore, non permettergli di riprendermi. Per favore, non permettergli di riprendermi!” Ora Herman era vicino a lei. Tese una mano e la tenne sospesa sopra alla spalla della ragazza. Non era sicuro se toccarla o no. Voleva confortarla, farle sapere che sarebbe andato tutto bene. Ma allo stesso tempo non voleva spaventarla. Quindi abbass? la mano e cerc? invece di comunicare calore e gentilezza attraverso gli occhi. Sentiva che il naso gli sanguinava ancora, ma lo ignor?. “Da dove sei saltata fuori, piccola?” La ragazza tir? il bordo della sua maglietta, come se si fosse improvvisamente resa conto che era mezza nuda in mezzo alla statale. Si guard? attorno, fissando in direzione degli alberi. “Ce ne sono altri,” disse disperata. “Lui ci tiene rinchiusi, nascosti, nessuno pu? trovarci. Sono riuscita a scappare a malapena. Per favore. Sono stata l?… non so per quanto tempo. Per favore, lui li uccider?!” La terribile sensazione che prima lo aveva fatto fremere ora si ripresent? pi? potente. Herman la fiss? e deglut?. “Chi?” La ragazza lo guard? e rispose: “Per favore, per favore, non permettergli di riprendermi.” Herman cerc? di placarla, mentre con la mano rovistava in tasca e si rendeva conto che il telefono era rimasto nel camion. Le fece segno e aggiunse velocemente: “Andiamo, veloce. Devo portarti in ospedale. Per favore, sarai al sicuro. Andiamo via dalla strada.” Ci mise un po’ a convincerla, gli ci volle pazienza, aiutandosi con i gesti della mano. Ma alla fine la ragazza lo segu? zoppicante, lasciando impronte insanguinate dietro di s?. Si allontan? dal centro della strada e si diresse verso l’autoarticolato. Le gocce di sangue macchiarono l’asfalto bagnato. La luce blu che lampeggiava a scatti all’improvviso si spense del tutto mentre Herman la guardava. Ogni passo era un salto nel buio. Gli alberi incombevano su di loro tutt’attorno, la foresta e la solitudine erano opprimenti. “Vieni, veloce,” le disse Herman. La aiut? a montare sul camion, delicatamente, facendo del proprio meglio per non toccarla. Ogni volta che per sbaglio la sfiorava, lei sembrava sussultare. Poi fece di corsa il giro del camion, sal? in cabina e, senza aspettare, fece retromarcia staccandosi dal lampione piegato. Avrebbe dato un’occhiata pi? approfondita al mezzo la mattina dopo. Per ora, voleva andarsene da quella statale maledetta, da quelle luci lampeggianti, da quella foresta desolata. “Dove mi stai portando?” chiese lei sottovoce, gli occhi sgranati. “All’ospedale,” le disse. “La polizia pu? venirci incontro l?. Andr? tutto bene. Te lo prometto. Chiunque ti abbia fatto del male, non ? qui adesso, sei al sicuro.” La ragazza si lasci? andare a un singhiozzo tremante, il petto che sobbalzava, gli occhi fissi sulla strada, poi chiusi, le palpebre che si muovevano a scatti. Quando la stanchezza ebbe la meglio e lei si appoggi? allo schienale, macchiando il sedile del passeggero, mormor?: “Gli altri non sono al sicuro. Lui far? loro del male. Lui li uccider? per quello che ho fatto.” CAPITOLO DUE Niente ascensore nel suo nuovo appartamento, ma ad Adele le scale non davano fastidio. La sua mano scivolava sul corrimano in legno lucido, mentre con la mente rivangava vecchi ricordi. Ricordava di quando scendeva saltellando questi gradini di marmo. Ricordava di quando si fermava a guardare la porta dall’altra parte delle cassette della posta. L’appartamento 1A. Le lettere argentate si erano scrostate ed erano state sostituite. In effetti l’intero appartamento era stato ristrutturato. Anche le luci sopra la sua testa non erano pi? lampeggianti e soffuse, ma fornivano una solida illuminazione ad atrio e scale. Adele fece l’ultimo gradino fermandosi in fondo alle scale e ricomponendosi. Di nuovo in Francia. Non l’avrebbe mai detto. Si pass? una mano tra i capelli biondi che le arrivavano alle spalle e sorrise. Era passato meno di un mese dall’ultima volta che aveva visto suo padre. Quella faccenda al resort sciistico si era conclusa in modo strano. Adele avrebbe voluto andare a trovare suo padre per Natale, ora che si era trasferita in Europa. Ma il suo appartamentino in Francia era lontano dalla casa in Germania dove lui abitava, e la tempesta di neve di due settimane fa le aveva impedito il viaggio. Quindi aveva passato quella settimana con Robert, festeggiando il Natale alla sua villa. Si port? una mano all’orecchio e tocc? gli orecchini di diamante a goccia che le aveva comprato. Adele normalmente non era tipa da gioielli, ma un regalo di Robert era sempre qualcosa di speciale. Si accigli?, abbassando la mano e fissando la porta dell’appartamento di fronte. Robert sembrava non stare bene. Ogni volta che glielo chiedeva, lui negava, ma poi si metteva a tossire e a volte addirittura si scusava e usciva dalla stanza. Scosse la testa, pensando che sarebbe stato meglio affrontare l’argomento in maniera pi? decisa l’ultima volta che l’aveva visto. Ma i festeggiamenti di Natale non le erano sembrati il momento adatto. E ora, non solo era tornata in Francia, ma si era trasferita addirittura nell’appartamento dove un tempo viveva con sua madre. Il destino aveva fatto il suo gioco: l’unit? si era resa disponibile solo una settimana dopo che Adele aveva iniziato la sua caccia a Parigi. Forse non si trattava solo di destino: forse era qualcosa di pi? vicino all’inevitabilit?. Adele tir? fuori dalla tasca un piccolo taccuino in pelle marrone e ne sfogli? le pagine, il suo umore che si incupiva. Si appoggi? al corrimano, rivolta verso l’1A mentre studiava il bloc notes. Ogni indizio, ogni possibile pista, e alcune di quei dettagli – lo sapeva – la polizia non li aveva neanche mai conosciuti. Suo padre aveva cercato per anni l’assassino di Elise. E ora le aveva ceduto il taccuino, passandole effettivamente il testimone. Erano tre settimane che Adele passava al setaccio il quadernetto, tra i vari spostamenti e i festeggiamenti di Natale. Tre settimane di tempo a scorrere gli appunti di suo padre, a catalogarli, a memorizzarli. Aveva nel suo computer diversi file che usava per smistare gli appunti. Alla fine avrebbe trovato qualcosa. Tornare a questo appartamento? Non la stessa unit?, ma lo stesso edificio che un tempo aveva condiviso con sua madre. Non si trattava di nostalgia: c’era uno scopo. Adele non si considerava una persona particolarmente nostalgica. Lei era un segugio con una traccia da seguire. Pagina trentasette. Ci torn? e rilesse le righe ora impresse nella sua mente. “Qualcuno si sta scambiando biglietti… scritti a mano. Buffo?” Adele scosse la testa. Aveva gi? chiesto a suo padre cosa significasse, ma neanche lui non era stato in grado di darle una spiegazione. Era semplicemente il ricordo di una conversazione che aveva avuto con la sua ex moglie. La prima volta che aveva sospettato che in Francia ci fosse qualcosa che non andava. La sua ex moglie lo aveva chiamato e gli era sembrata agitata. Gli aveva detto che qualcuno stava scambiando qualcosa. Adele strinse i denti. Suo padre non era mai stato un grande ascoltatore. Almeno l’aveva scritto prima di dimenticarsene completamente. Qualcuno stava scambiando biglietti, scritti a mano, buffo… Quindi qualcuno stava scambiando biglietti. Cosa significava esattamente? Adele tamburell? con il blocchetto contro la mano e fiss? le cassette della posta. Aveva gi? parlato con il postino. Un tipo giovane, non pi? di trent’anni. Certo non poteva darle un aiuto in merito. Aveva cercato di avere da lui delle informazioni su chi portasse la posta in quell’edificio quasi dieci anni fa. Non aveva saputo risponderle. Non glielo poteva dire. Informazioni confidenziali. Se qualcuno stava scambiando la posta di sua madre lasciando dei biglietti, forse si trattava di uno stalker. Qualcuno che aveva un interesse per lei. Forse l’assassino stesso? Ma le cassette erano chiuse. Non le mandava biglietti… li scambiava. Cos? diceva il messaggio. Cos? ricordava suo padre. Era stato irremovibile su quel punto. Al telefono, quella volta, sua madre si era mostrata agitata perch? qualcuno scambiava biglietti. Ma perch? succedesse, qualcuno doveva avere bisogno della chiave della posta. Neanche il locatore ne aveva una. Adele aveva gi? tentato di chiamare l’ufficio postale un po’ di volte, ma si erano rifiutati di fornirle l’informazione al telefono. Aveva pensato di usare le sue credenziali, ma senza una cassetta attiva, sarebbe stata un’infrazione del protocollo e motivo di terminazione del contratto. Questa era solo la seconda settimana che lavorava da corrispondente per il DGSI, fra i casi gestiti dall’Interpol. Usare delle credenziali senza permesso probabilmente non era la tattica migliore. Ma ora Adele aveva una nuova idea. Percorse il corridoio e si avvicin? alla porta dell’1A, sollev? la mano e buss? con delicatezza. Un rumore dall’interno, poi il silenzio. Adele buss? un po’ pi? forte. Altri fruscii, poi dei passi. Poi il rumore della catena che tintinnava e la porta si apr?. All’interno, l’appartamento era piuttosto ordinato. Una credenza piena di piatti e tazze era collocata dall’altra parte di un tavolo, attorno al quale erano ordinatamente disposte quattro sedie imbottite. La donna che stava di fronte ad Adele era anziana, con rughe sulla fronte e attorno agli occhi. Aveva al collo un medaglione appeso a una catenina e indossava un cardigan rosa. La donna inarc? un sopracciglio quando il suo sguardo si pos? su Adele. “Ancora tu?” disse nel suo roco francese. “S?,” rispose Adele, parlando francese e annuendo educatamente. Pochissimi parigini potevano sentire che la prima lingua di Adele non era la loro. Parlava con un leggero accento, secondo alcuni, ma per altri era difficile coglierlo. “Mi chiedevo se avesse un momento per parlare.” “Non di nuovo riguardo agli affittuari, vero?” disse la proprietaria. “Te l’ho gi? detto prima: non posso dire niente.” Adele, il sorriso fisso stampato in faccia, annu? educatamente. “Ricordo. No, niente affittuari. Il postino.” Le sopracciglia della locatrice sembravano permanentemente inarcate. “Come ti ho detto, non ricordo. Sono passati anni.” “S?” disse Adele, “ma i locatori in Francia devono tenere dei registri, no? Per motivi fiscali.”  Ecco il rischio. Ma Adele doveva seguire il suo istinto. Si volt? a guardare nell’appartamento, gli occhi che scrutavano l’arredamento ben disposto, i muri dipinti di fresco. Tutto nell’edificio, e nella sua ristrutturazione, suggeriva ordine. “Lei non usa il computer per i suoi registri, vero?” chiese Adele. La donna si accigli?. Si sistem? gli occhiali e scosse la testa coronata da capelli d’argento. “E anche se non lo facessi?” Adele deglut?. “Ed ? proprietaria di questo edificio da quanto? Dieci anni?” “Faccio parte della famiglia da cinquanta. S?, ne sono la proprietaria. Il mio ultimo marito dava una mano, ma faccio io la maggior parte del lavoro. E quindi?” “Mi chiedevo se ci fossero delle dispute. Pacchi spariti, reclami. Oggetti fragili che sono andati rotti. In un edificio cos? grande, dev’esserci ogni tanto qualcuno con un problema.” Adele deglut? ancora. “Nello specifico, qualsiasi cosa sia successa una decina di anni fa o prima.” La donna sbatt? le palpebre dietro alle lenti dei suoi occhiali. “Ho una cartella per i reclami. Non so a quando risalgano. Ma quindi? Senza un mandato, non posso certo mostrarteli.” Adele annu?, sentendo un brivido lungo la schiena. “Perch? non vuole tradire i suoi affittuari, capisco. Ma cosa mi dice di affittuari che non abitano pi? qui? Gente che se n’? andata? Di sicuro non sarebbe un’invasione della privacy. Nello specifico… che mi dice di mia madre?” Ora tocc? ad Adele scrutare la padrona di casa, aspettando con pazienza. La donna arricci? il naso. “Non vuoi proprio mollare l’osso, eh?” La sua voce era roca per l’et?, ma nei suoi occhi c’era un luccichio che spinse Adele a dire: “Se potessi, lo farei. Per favore, non mi interessano i locatari. Solo il postino. Che comunque sarebbe un’informazione pubblica, no?” La donna si schiar? la gola. “Hai provato a chiamare la societ??” Adele sussult?. “S?.” “E?” “Mi hanno detto che sono informazioni confidenziali,” aggiunse rapidamente. “Ma questo e dalla loro parte. Devono salvaguardare i registri dei dipendenti. Ma una disputa pubblica, un pacco andato perso… oppure,” si lecc? le labbra, “posta manomessa… sarebbe scritto nel registro, no? Per favore, non glielo chiederei se non fosse importante. Elise Romei. Se la ricorda? Mia madre. Abitavamo qui una quindicina d’anni fa.” Con sorpresa di Adele, la donna parve reagire al nome. Sgran? gli occhi e sbatt? le palpebre dietro ai suoi occhiali. “Elisa Romei?” disse. “Certo che me la ricordo. Ricordo ancora la polizia, quando sono venuti a fare domande. Che tragedia. Hai detto che ? tua madre?” Adele annu?. “Non so se si ricorda. Ma in effetti vivevo qui anche io. Con mia madre. Avrei dovuto dirglielo quando ho firmato il contratto d’affitto, ma ho pensato che non fosse importante.” “S?? Per? adesso lo ??” Adele annu?, in silenzio, paziente. Guard? l’anziana donna. In qualche modo poteva notare qualcosa di familiare in quegli occhi intelligenti che la scrutavano da un volto raggrinzito. La donna guardava Adele a sua volta, studiandola, valutandola. Poi disse: “Non posso farti promesse. Ma dar? un’occhiata. Lasciami qualche ora. Se trovo dei nomi su un modulo di reclamo per un postino, dove ci sia coinvolta tua madre, te lo faccio sapere. Ma di altri tenutari non posso. Ti va bene?” Adele sorrise, pervasa da un’ondata di sollievo. “Sarebbe meraviglioso, grazie.” La donna sorrise, le rughe attorno agli occhi che si facevano pi? evidenti, e annu?. Poi, lentamente, fece per chiudere la porta. Adele fece un altro sospiro di sollievo e fiss? la porta chiusa e dipinta da poco. Ora avrebbe solo dovuto aspettare. La locatrice aveva il suo numero. Sperava solo che quella pista portasse i suoi frutti. Qualcuno scambiava biglietti. Scritti a mano. Buffo? Quell’ultima parte ancora non aveva senso, ma Adele sperava di poter capire tutto parlando con il postino. E se l’assassino era lui? Una persona che anni fa consegnava pacchi e posta avrebbe avuto l’alibi perfetto per intrufolarsi negli edifici e spiare le sue ignare vittime. Adele non ne era certa, ma si sentiva pi? vicina di prima alla soluzione. Trattenne comunque l’emozione, non volendo sperare troppo, ed usc? dalla porta sul davanti, passando in strada. Si ferm? un momento, rivolta verso la fermata dell’autobus di fronte a un bar. Sopra not? un cartello del limite di velocit?. Chilometri, non miglia. Piccole differenze, ma piccole differenze importanti. Adele sospir?. Doveva solo aspettare la risposta della padrona di casa. CAPITOLO TRE Entrare nel quartier generale del DGSI le parve diverso questa volta. Non pi? in qualit? di corrispondente per l’Interpol, ma di nuovo come dipendente. Non una vera agente, ma comunque una risorsa. Investigatrice freelance. Almeno cos? l’aveva inquadrata il direttore Foucault. Ma quando entr? dalle porte laterali, passando oltre la sicurezza, non si diresse verso l’ufficio del direttore. And? invece dritta verso le scale e poi le scese. Era passata solo mezz’ora da quando aveva parlato con la padrona di casa. Aveva controllato il telefono mentre guidava l’auto fornitale dall’agenzia. Ma dopo essere quasi passata con il rosso, suscitando un coro di claxon infervorati tra le strade di Parigi, Adele aveva deciso che forse era meglio parcheggiare da qualche parte. Imbocc? le scale, godendosi la sensazione di movimento fisico. Uno dei motivi per cui Adele amava correre era che adorava il movimento in s?. Il modo in cui braccia e gambe si allungavano come pistoni. Le scale le donavano la stessa piacevole sensazione di vitalit?, di controllo. In fondo, un lungo corridoio conduceva a vecchie stanze vuote e aperte. Lo scantinato del DGSI era stato abbandonato anni prima. Eppure lei sapeva che una persona ne faceva uso. Per un momento le parve di sentire nell’aria il soffuso odore della fermentazione. Buss? con le nocche alla seconda porta a sinistra, poi si guard? il polso. Erano quasi le nove di sera. Il che significava che la maggior parte dei dipendenti dell’agenzia se n’erano tornati a casa. E che lui sicuramente era ancora qui. “Che c’??” chiese una voce scontrosa dall’interno. “John, sono io,” rispose Adele. “Io chi,” chiese la voce con tono un po’ meno burbero. Adele ruot? gli occhi e senza aspettare gir? la maniglia e apr? la porta. John era seduto sul suo divano, senza la maglietta, la testa appoggiata indietro e un bicchiere con ghiaccio e un liquido chiaro nella mano sinistra. Aveva un occhio chiuso, come se l’avesse beccato nel mezzo di un pisolino, ma l’altro era aperto e la fissava. Aveva l’aspetto pigro e sornione di un gatto. La maglietta era appallottolata dietro alla testa. Adele sent? l’angolo della bocca curvarsi in un sorrisino mentre lo guardava. Erano andati a nuotare insieme una volta, alla villa di Robert. Ma era buio allora. Adesso, nel caldo della stanza dello scantinato, il petto di John era scoperto e in bella vista. Aveva sempre saputo che c’erano dei segni di bruciatura sotto al collo, ma non aveva intuito fino dove scendessero. L’intero lato sinistro del suo torso era decorato da un intricato groviglio di cicatrici, che passavano sotto al braccio e scendevano fino alla vita. Il segno della scottatura sembrava muoversi a ritmo con il respiro di John, ruotando come la pelle squamosa di un serpente. Sotto alla bruciatura e attorno ad essa, appariva evidente che John aveva fatto esercizio: i muscoli erano lucidi di sudore alla luce della lampadina che penzolava dal soffitto. “Ti piace quello che vedi?” le disse con tono suadente. Adele si schiar? la gola e sbatt? le palpebre. Distolse lo sguardo dalle ferite e lo guard? in volto. Gli occhi del bell’agente erano socchiusi adesso e i suoi capelli scuri erano pettinati indietro, lasciandogli il viso scoperto. Era l’immagine della comodit?, nonostante i segni delle scottature. La guard? anche lui. “Fa… fa male?” gli chiese con tono gentile, sempre guardandolo negli occhi. “Ogni singolo giorno,” disse lui scrollando le spalle. “Sei qui per ammirare la veduta o per un assaggio della cucina locale?” Fece oscillare il bicchiere verso di lei e accenn? con il capo al distillatore casalingo appoggiato al muro, dall’altra parte del divano. Adele era gi? stata qui, e not? che John aveva recentemente allargato la sua collezione di bicchieri, bottigliette e caraffe. Non sapeva molto di liquori prodotti in casa, ma da quello che aveva assaggiato, certamente approvava. Lo sguardo di Adele and? verso il bordo del divano e i suoi occhi si posarono su una piccola cornice di vetro. Invece di un disegno o di una foto, per?, il quadretto mostrava un emblema di metallo attaccato a un nastro. Adele sbatt? le palpebre. “? un L?gion d’Honneur?” chiese direttamente. John not? la sua attenzione e subito allung? un braccio e spinse la cornice, facendola cadere indietro e mandandola a infilarsi tra il divano e il muro. Stupita per il modo in cui trattava la pi? elevata medaglia d’onore dell’ordine militare francese, Adele incuriosita chiese: “? tua?” John sbuff?, gli occhi ancora socchiusi. “Non ? mia,” disse. “Me l’hanno data, ma non ? mia.” Gli unici altri ornamenti che John teneva nella stanza erano le due foto di un gruppo di uomini. Tutti con addosso la stanchezza data dal deserto, tutti membri del Commandos Marine, i Navy Seal francesi. Le foto erano consumate e sbiadite dal sole, eppure messe in posizione d’onore sopra al divano, dove John poteva vederle quando ci si sdraiava. “Come ti sei procurato quella ferita?” gli chiese Adele sottovoce. John ruot? le spalle e prese un lungo sorso dal suo bicchiere. “Di che ferita stai parlando?” Adele rispose mormorando: “Non serve che me lo dici, se non vuoi.” John rise e scosse la testa. “Non sono imbarazzato, principessa americana. Vieni, non ? una bella storia. Hai bisogno di bere qualcosa.” Si alz? in piedi e si avvicin? al distillatore, premette un rubinetto e vers? il liquido chiaro in una tazza rossa che era capovolta sul ripiano di legno. Torn? poi da Adele e gliela porse. Quando le fu vicino, Adele ricord? quanto fosse alto. Si trov? a guardarlo dal basso all’alto, seguendo con gli occhi il contorno del suo mento, lungo la cicatrice, per poi risalire ai suoi occhi meditabondi. “Uno schianto con l’elicottero,” disse lui con semplicit?. “Il mio stupido cervello non riusciva a disegnare una linea dritta a pagarla oro. Sono stato colpito da ingiunzione nemica.” Scroll? le spalle. “Un sacco di ottimi soldati sono morti sotto i miei occhi.” “Generalmente non tendono a consegnare una L?gion d’Honneur a chi si dimostra un pessimo pilota,” disse Adele. John rimase in silenzio e si irrigid?. Prese un altro lungo sorso dal suo bicchiere e disse: “Non posso fare finta di sapere perch? facciano quello che fanno. Ma quella L?gion d’Honneur se l’? guadagnata qualcun altro. Io gliela sto solo conservando.” Adele avrebbe voluto insistere di pi?, per curiosit?, ma pens? che sarebbe stata un’insolita crudelt?, quindi cambi? tattica. Prese un sorso dal bicchiere e sussult?. “Pi? forte dell’altro.” L’alcool le bruciava sulle labbra, ma la sensazione si trasform? presto in qualcosa di dolce e succoso mentre le scendeva in gola. “Ingredienti segreti,” disse John, ammiccando con le sopracciglia. Adele inclin? la sua tazza rossa, guardando il liquido che ondeggiava avanti e indietro tra i bordi del contenitore. “Inviti spesso le ragazze nel tuo regno da scapolo mentre te ne stai mezzo nudo a bere alcool?” Velocissimo, John ribatt?: “Non ti ho invitata. Sei tu che sei entrata, e senza il mio permesso.” “Eppure sei ancora mezzo svestito. Non ? molto professionale nel quartier generale del DGSI.” “Oppure,” disse John, gli occhi di nuovo socchiusi e un sorriso malizioso sulle labbra, “dovresti essere tu a imitarmi. Ho sempre trovato che il liquore ? pi? buono se non si ? vestiti del tutto. Dovresti provare.” Gli sorrise. “Ti piacerebbe, eh?” John mand? gi? il resto del suo bicchiere, si alz? dal divano, le pass? nuovamente accanto e se ne vers? un altro. Aveva un leggero odore di sudore e colonia. Si spostava con movenze sicure e aveva un passo da spaccone, anche nello spazio circoscritto della stanza. John era un tipo strano. In egual misura irritante e affidabile. Sicuro e schivo. Era il miglior tiratore che mai avesse visto con la pistola, e uno dei pochi agenti – sia all’FBI, al DGSI o al BKA – di cui si fidasse del tutto. Eppure era pieno di spine, come un cactus. Ogni tentativo di avvicinarsi a qualcuno come John finiva con il farti male. A volte sembrava fare apposta a mostrarsi odioso, anche solo per levarsi la gente di torno. A volte diceva cose crudeli soltanto per suscitare una reazione. Ora per?, mentre la guardava attraverso i suoi occhi socchiusi, le sue labbra si piegarono in un sorriso. Di nuovo Adele ebbe l’idea di un gatto di strada. Una creatura cresciuta per essere libera, il re del suo vicolo, ma non oltre. “? davvero saporito,” disse, prendendo un altro lungo sorso. John le rispose con un semplice mormorio. Per un momento Adele permise ai propri occhi di guardare il resto del suo corpo, oltre le cicatrici e i segni di scottatura. Osserv? la muscolatura della sua figura, la costituzione agile e le spalle ampie. I suoi occhi si soffermarono sul suo corpo, e se lui lo not?, non fece commenti. In quella, il telefono di Adele inizi? a vibrare. Come ridestata dalle sue fantasticherie, fece uno scatto e prese il telefono dalla tasca. Fece un cenno di scusa in direzione di John e gli volt? le spalle, portandosi il telefono all’orecchio. “Signora Glaude,” disse. Era la padrona di casa. “S?, parlo con Adele Sharp dell’appartamento 3C?” “S?, signora, ha avuto modo di controllare quello che le ho chiesto?” “S?, cara. Temo di avere brutte notizie.” Adele si sent? attorcigliare lo stomaco. La donna si schiar? la gola e prosegu?: “Tua madre non ha sporto alcun genere di reclamo qui.” Adele sbatt? le palpebre. Come poteva essere? Se qualcuno stava manomettendo la sua posta, di sicuro sua madre l’avrebbe reso noto all’amministrazione condominiale. “Intende dire che i suoi registri non arrivano tanto indietro?” “No,” disse la voce all’altro capo del telefono. “I miei registri vanno indietro fino a quarant’anni fa. Ma tua madre non ha mai sporto alcun reclamo.” Adele si accigli?, scuotendo la testa. “Non ha senso.” “Un’altra cosa, cara. Senti, ricordo la situazione di tua madre. Ricordo le cose terribili che sono successe. Mi spiace davvero tanto, sul serio. Non sapevo come fosse…” Adele aspett?, chiedendosi dove intendesse andare a parare. “Potrei finire nei guai per questo, ma suppongo di non lavorare per l’ufficio postale. E non sto neanche compromettendo nessuno dei miei affittuari. E date le circostanze, ecco… Il postino che lavorava all’edificio quando vivevi qui con tua madre,” disse la donna con una leggera sfumatura nella voce. Adele si irrigid?, aspettando, gli occhi sgranati. “S??” disse velocemente. “Chi?” “Si chiamava Antoni Bordeaux.” “Antoni Bordeaux?” chiese Adele. Inizi? a rovistare nelle tasche, cercando di tirare fuori il taccuino di suo padre per appuntarsi il nome. “Purtroppo, cara, temo ci siano altre brutte notizie,” disse la donna. Le dita di Adele rimasero immobili, premute contro la gamba. “Oh?” disse. “Cio??” “Antoni Bordeaux ? morto cinque anni fa. Mi spiace. Ma ? il meglio che posso fare… Pronto? Mademoiselle? Sei ancora l??” Adele si schiar? la gola. “S?, signora Glaude. Sono ancora qui. Scusi. No, grazie. Ha fatto pi? di quanto avrei potuto chiedere. Grazie.” Adele salut?, chiuse il telefono e se lo infil? nuovamente in tasca. “? morto qualcuno?” chiese John con indifferenza. Adele non si rese conto di quanto la sua fronte fosse corrucciata, fino a che non si volt? a guardare il collega. Sbatt? le palpebre, cercando di rilassare il volto. “S?, in realt?.” John si irrigid?. “Oh, mi spiace.” “Non ? uno che conoscevo.” Frustrazione e delusione le annodavano lo stomaco. “? morto cinque anni fa. Un sospettato, a dire il vero.” John inarc? un sopracciglio. “Stai lavorando a un caso?” “Forse. Se vuoi essere criptico sul tuo passato, allora permettimi almeno di fare lo stesso riguardo al mio.” John alz? la mano libera in segno di umoristica resa, poi mand? gi? il resto del suo bicchiere. Da parte sua, Adele rimase ferma a pensare. Una strada senza uscita. Il postino era morto cinque anni fa. Eppure l’assassino di sua madre era ancora vivo, secondo quello che le aveva detto il primo killer che aveva catturato in Francia. Scosse la testa furiosamente. Allora cosa diamine significava quel dannato messaggio da parte di sua madre? Scambiando biglietti. Buffo? Non aveva senso. Si infil? le mani in tasca, posandole sul telefono da una parte e sul taccuino di suo padre dall’altra. Si avvicin? al divano di John e si sedette sul bordo, alzando i piedi verso di lui e incuneandosi nell’angolo, con le braccia incrociate. “Brutta giornata in ufficio?” le chiese. “La peggiore,” gli rispose. “Mi viene in mente una cosa che potrebbe distrarti e non fartici pensare,” le disse, con il suo solito sorrisino malizioso. Adele esit?, improvvisamente consapevole di quanto vicini fossero seduti. “John, non sono sicura che…” Lui inarc? le sopracciglia di scatto. “No, no. Intendevo un altro bicchiere. Non farti ingannare dal mio bellissimo aspetto e dal mio fascino, principessa americana. Non sono un totale deficiente.” “Solo un parziale deficiente, quindi?” John picchiett? un dito sul proprio naso e poi la indic?. Infine si alz? in piedi, le prese la tazza dalle mani e la riemp? di nuovo dal distillatore. Adele lo osserv?, godendosi la scena. Prima che potesse crogiolarsi troppo nella visione, il suo telefono inizi? a vibrare di nuovo. Ancora la padrona di casa? Prima che quel pensiero prendesse del tutto forma, un altro telefono inizi? a suonare. John si accigli?, prendendo il suo cellulare da dove l’aveva appoggiato, accanto al distillatore. All’unisono, i due portarono i rispettivi telefoni all’orecchio e in tandem risposero. “S??” La stanza rimase silenziosa per un secondo, mentre loro ascoltavano. Dalla sua parte, Adele sent?: “Agente Sharp, deve fare rapporto nell’ufficio del direttore Foucault.” “Adesso?” “Sappiamo che ? tardi,” disse la voce. “Ma ? urgente. Il direttore sta arrivando. La aggiorner? lui sui dettagli.” Adele riagganci?, e pochi secondi dopo anche John fece lo stesso. “Sono stata convocata,” disse. “Tu?” “L’assistente di Foucault,” le rispose. Adele si accigli?. Devi andare di sopra da lui anche tu?” John sospir?, and? a prendere la maglietta e se la infil?, quasi con aria riluttante. Poi, senza aggiungere una parola di pi?, pass? accanto ad Adele e sottovoce mormor?: “La prossima volta tocca a te fornire il panorama.” Usc? dalla porta del suo appartamentino e imbocc? il corridoio. Confusa per pi? di un motivo, Adele lo segu? rapidamente. CAPITOLO QUATTRO Il direttore Foucault stava accanto alla finestra del suo ufficio all’ultimo piano quando John e Adele entrarono. La porta di vetro opaco si richiuse alle loro spalle, frusciando sulla moquette, e Adele si schiar? la gola, guardando il direttore del DGSI. Foucault si volt?. Aveva un volto da falco con folte sopracciglia scure e zigomi solidi. Normalmente teneva i capelli leccati indietro con l’olio, ma ora erano spettinati, con dei ricci che gli scendevano sulla fronte e quasi arrivavano a toccargli le sopracciglia. Si pass? una mano tra i capelli, domando i ciuffi ribelli, la sua figura contornata dalla luce della luna che filtrava attraverso il vetro. Indossava un paio di scarpe da ginnastica e una maglietta con pantaloncini da corsa. Adele non aveva mai visto il direttore senza un completo di giacca e pantaloni, e in qualche modo ora le sembrava un pap? che aspettava di andare a prendere i figli all’allenamento di calcio. “Signore,” disse Adele. “Voleva vederci?” Foucault aveva una foto in mano e la stava osservando, le rughe sulla sua fronte profonde come solchi sulla creta. Agit? la foto in direzione di Adele, usandola quasi come a volersi fare aria. John si mosse per primo avvicinandosi a lunghi passi alla scrivania. “? morta?” chiese, prendendo l’immagine. Il direttore scosse la testa. “No,” rispose. Aveva una voce profonda e roca, segnata dall’effetto di qualche sigaretta di troppo. L’ufficio stesso sapeva di nicotina e fumo. Per fortuna una delle finestre nell’angolo era sempre aperta. Forse un’infrazione al protocollo di sicurezza, ma Adele stessa avrebbe corso il rischio, pur di preservare i propri polmoni. Foucault agit? un dito in direzione della foto. “Americana,” disse. “Trovata ieri notte. Da un camionista.” Adele si avvicin? a John, sentendosi in qualche modo pi? strana del solito a stargli cos? vicina. Non era realmente disagio, ma pi? che altro le dava un effetto di distrazione. Toss? leggermente e riport? l’attenzione sulla foto. L’immagine lucida mostrava un volto sorridente, guance con le fossette e vibranti occhi azzurri. La donna nella foto non poteva avere pi? di vent’anni. “Viva ha detto?” chiese John. In risposta, Foucault porse loro una seconda foto. La stessa donna, anche se Adele ci mise un po’ a capirlo. Era a malapena riconoscibile. La seconda immagine mostrava una ragazza dal volto pallido e scavato. Le guance erano scarne, malnutrite; i capelli sporchi e unti. Teneva gli occhi chiusi, e se Foucault non avesse appena affermato il contrario, Adele avrebbe dato per scontato che fosse morta. La giovane vittima aveva lividi sulle guance e piccoli tagli visibili sulle braccia, proprio alla base dell’inquadratura. “Cos’? successo?” chiese Adele. “? quello che hanno bisogno di scoprire.” “Lei non sa cosa sia successo?” gli domand?. Il direttore Foucault sospir?. “Tutto quello che so, ? ci? che ? stata in grado di raccontare ai tedeschi. Le guardie forestali della Foresta Nera l’hanno portata dentro solo poche ore fa.” “I tedeschi?” chiese John, ora accigliato. Foucault serr? le labbra. “Sono qui per assicurarmi che non venga creato ulteriore danno.” Annu? guardando John. “Tu andrai con lei. Ma dopo gli intrallazzi che hai organizzato la volta scorsa in Germania, ti metto in guardia: un piede fuori posto, solo uno,” lo ammon? alzando un dito e agitandolo sotto al naso di John, “e metto fine alla tua carriera pi? veloce di quanto sei capace di fare centro in un bersaglio.” John spost? il peso da un piede all’altro. Adele intanto pregava che il collega non dicesse niente di aggressivo. Se non altro per evitarlo, prese lei rapidamente la parola. “Aspetti. Germania? Non ? stata trovata qui?” Foucault scosse la testa. “No. Se ne sta occupando l’Interpol, ma vogliono te sul caso. Non li posso biasimare: sei l’unica agente che ho con tre cittadinanze. Dato che ora tecnicamente sei una mia dipendente, ho avuto l’ultima voce in capitolo. John verr? con te come rinforzo. Per quello che mi riguarda, siamo a posto cos?.” Gli occhi scuri del direttore si abbassarono. “Meno lo tengo sotto al mio tetto, e meno guai combina in Francia.” John sorrise come se avesse ricevuto un complimento. “E la signora Jayne?” insistette Adele. “? al corrente di questa storia?” Foucault abbass? la testa. “? stata lei a suggerirlo. ? impegnata con altro e ha voluto che fossi io a comunicarti i dettagli. Ad ogni modo, non ne ho molti. Dettagli, intendo. I fondi sono gi? stati versati per il viaggio. Abbiamo gi? organizzato un appuntamento. Volate stanotte.” “E la ragazza,” disse Adele. “Ha detto che ? viva.” Parte della frustrazione e dell’arroganza scomparvero dall’espressione di Foucault, sostituite da autentica e tacita tristezza. Adele non era abituata a questo lato del direttore, ma rest? in attesa, guardandolo. “La povera malcapitata ? stata trovata in mezzo alla statale, mezza nuda, i piedi sanguinanti. Era ricoperta di graffi e tagli, che i dottori hanno immaginato si sia procurata correndo in quello stato in mezzo alla foresta ghiacciata. Le temperature erano davvero basse e i suoi polmoni ne hanno pagato le conseguenze.” “? priva di conoscenza?” chiese John. “Ipotermia?” Adele si volt? a guardare il suo collega, stupita. Ma la sorpresa fu ancora maggiore quando il direttore Foucault rispose. “S?. L’autista cha l’ha trovata pensava di fare del bene, ma il suo camion era troppo caldo per lei. Il freddo, combinato con il rapido riscaldamento, ha creato i suoi danni. Ora si trova in ospedale, priva di conoscenza, attaccata all’ossigeno. Sperano di recuperarla, ma la situazione non ? delle migliori.” “? stata trovata mezza nuda e ricoperta di piccoli tagli, il che significa che si trovava nella foresta e che scappava da qualcosa. Da che cosa?” chiese Adele. Il direttore Foucault scosse la testa e picchiett? con un dito sulla foto che mostrava la ragazza americana sorridente. “Tutto quello che abbiamo ? la storia che ci ha raccontato il camionista. Dice che continuava a parlare di un lui. Una qualche persona, un qualche uomo, che la stava inseguendo. Qualcuno le aveva messo addosso la paura di Dio Onnipotente stesso.” “Non sapevo che lei fosse un uomo religioso,” disse John, inarcando un sopracciglio. Adele sussult? dinnanzi a quel commento poco delicato. Foucault, che aveva pi? esperienza di Adele nel gestire John, lo ignor? del tutto. “Continuava a dire che ce n’erano degli altri,” continu? il direttore. “Questa ? la parte che ci preoccupa. Ed ? uno dei motivi per cui ? stato richiesto l’intervento dell’Interpol.” I suoi occhi si spostarono su Adele. “Continuava a dire che li avrebbe uccisi tutti. Questo almeno in base a ci? che ci ha detto il camionista.” Per un breve momento, Adele ricord? il taccuino di suo padre. Scritte, appunti, registrazioni di seconda mano di ci? che sua madre aveva detto. E ora, di nuovo, il camionista che faceva da portavoce per il fatto che una ragazza priva di conoscenza non poteva raccontare la cosa in prima persona. La voce di una vittima. I suoi indizi si sarebbero rivelati inutili come erano stati fino a questo punto quelli di suo padre? “Altri. Quanti altri?” chiese John. Foucault scroll? le spalle. “Non lo sapeva. Non l’ha detto. Speriamo che lei si svegli e possiate chiederglielo direttamente. Ma per ora non farei affidamento su una sua possibile ripresa.” La sua voce si fece nuovamente cupa. “? messa male.” Adele si spost?, passando dall’altro lato di John e guardando fuori dalla finestra verso le strade sottostanti. Molti edifici erano ancora punteggiati di luci accese, dato che Parigi non era il genere di citt? in cui si andava a letto presto. “La ragazza: cosa sappiamo di lei?” “Amanda Johnson,” disse Foucault. “Ventuno anni. Una studentessa universitaria americana che era andata a passare le vacanze estive in Germania con alcuni amici. Si ? divisa dal gruppo dopo un mese di viaggio per proseguire da sola. ? scomparsa. ? sparita dal radar e nessuno l’ha pi? vista.” Adele sent? un lento brivido risalirle la schiena. “Amanda,” disse sottovoce. “? qui dall’estate? da mesi?” “Cinque mesi,” disse il direttore Foucault. “Era scomparsa da cinque mesi.” John restitu? la foto a Foucault. “Cosa ci ha fatto con loro? Con lei? Per cinque mesi? Segni di aggressione sessuale?” Il direttore sembrava ancora preoccupato, ma a questa domanda la sua espressione si allegger?, anche se solo di poco. “Non evidenti. Non sembrano esserci segni di alcun genere.” Ora Adele stava scuotendo la testa. “Nessuna aggressione sessuale? Ma lei non ? riuscita a dire nient’altro? ? sparita mesi fa, e a quanto pare ne sono scomparsi anche degli altri? Amici? Quelli che viaggiavano con lei?” Foucault scosse la testa. “No. Gli amici sono stati tutti rintracciati. Ma la Foresta Nera in Germania, le senti anche tu le storie,” disse scrollando le spalle. “Quali storie?” chiese John. Questa volta fu Adele a rispondere. “Sparizioni. Alcuni parlano di rapimenti, altri di incidenti. Qualsiasi sia il caso, ci sono un sacco di denunce di persone scomparse in quella zona. Ho seguito un caso l? in passato: alla fine l’abbiamo trovato morto. Comunque, le varie voci e storie ti restano addosso.” Foucault fece schioccare la lingua. “Almeno ? quello che dice la gente del posto. Non lo so. ? tutto quello che sappiamo. John, sono serio: comportati bene. Non posso coprirti un’altra volta.” John alz? le mani in segno di resa. “La sento forte e chiaro.” Adele tent? di non sospirare troppo forte. L’ultima volta che erano stati in Germania insieme, John aveva lanciato l’attrezzatura di una troupe televisiva in un burrone. Gli era quasi costato il suo lavoro. Dopo una serie di revisioni dei fatti, era stato reinserito la scorsa settimana, ma stava camminando sul filo del rasoio. Un altro incidente si sarebbe potuto rivelare fatale per la sua carriera, se non addirittura per la sua libert?. “Partiamo stanotte?” chiese Adele. “Subito,” disse Foucault. “I biglietti sono prenotati. Gli autisti vi stanno aspettando. Buona fortuna a tutti e due. Questa ? proprio brutta.” Si interruppe e il suo contegno si incup?. “Me lo sento. C’? qualcosa che non va in questa faccenda.” “C’? qualcosa che non va in tutti i casi che ci capitano,” disse John. Il direttore annu? e agit? una mano, sospirando. “Forse. Buona fortuna.” E con queste parole, li invit? ad andare verso la porta. *** Un altro aereo, un altro viaggio. Adele aveva preso un libriccino dalla libreria dell’aeroporto per il volo, ma ora si trovava a ignorarlo e l’aveva infilato nella tasca elastica sullo schienale del sedile davanti a s?. John, accanto a lei, stava russando. Era abilissimo ad addormentarsi ovunque andassero. Si volt? a guardarlo, percorrendo con lo sguardo il suo petto muscoloso e passando poi al finestrino, scrutando infine il buio della notte. Spostarsi, spostarsi. Da un posto all’altro. Il cielo in s? non cambiava mai molto. Le nuvole sopra alla Francia erano le stesse che c’erano sopra alla Germania. Anche gli assassini erano gli stessi. Francesi o tedeschi: la devastazione che causavano era identica. Adele incroci? le braccia, ma rimase voltata verso John, fissando la notte al di l? del suo petto, sistemata per le poche ore di volo che la separavano dalla Germania. CAPITOLO CINQUE Adele si svegli? sentendo bussare delicatamente alla porta della sua stanza di motel. Sbuff?, stiracchiandosi e sentendo la scomodit? della notte che le aveva rattrappito il corpo. La comodit? del piccolo motel dove erano stati scaricati, vicino all’aeroporto di Zurigo, era perfettamente rispecchiata dai rumori che vi si sentivano. Tutta la notte era stata scossa dal rombo dei motori degli aerei in partenza e in arrivo. E se non erano quelli, ci pensava il termosifone rotto, che sputava nella stanza un flusso d’aria appena tiepido e che aveva fatto rumore per tutta la notte. Adele dava sempre importanza alle sue ore di sonno, ma era anche una che si vantava spesso di svegliarsi prima che la sveglia suonasse. Con frustrazione, si rese conto di non aver sentito il timer del telefono. Un altro delicato colpo alla porta. “Arrivo,” disse. Le ci volle un po’, ma si vest? velocemente, si lav? i denti sul lavandino e prese il resto delle sue cose, infilandole rapidamente nella valigia che si era portata dietro. Spinse il bagaglio sotto al letto e poi usc? dalla porta. Sorrise quando riconobbe la persona che la aspettava sui gradini del motel. “Agente Marshall,” disse Adele salutando la donna con un cenno della testa. “Sono contenta di rivederti.” La giovane agente del BKA – che doveva avere poco pi? di vent’anni – rispose a sua volta con un cenno del capo. Era piuttosto carina e aveva addosso un’energia che a volte faceva sentire vecchia Adele. Beatrice Marshall tendeva a fare le cose secondo le regole, ma aveva dato prova pi? di una volta di essere un’agente affidabile. Aveva rinunciato al suo solito modo di fare per coprire Adele al resort sciistico, e aveva addirittura scansato una o due regole a suo vantaggio. Adele era felice che la loro accompagnatrice fosse un volto familiare. Guard? oltre la Marshall e i suoi occhi si posarono su John, che stava appoggiato al palo arrugginito e scheggiato che faceva da supporto alla balaustra del motel. “Ti sei svegliato presto,” gli disse accigliandosi. John le fece l’occhiolino. “Dormivi come una bambina. Russi, sai.” Adele lo fulmin? con lo sguardo. “Non ? vero.” John le rispose con un sorriso. Adele guard? l’agente Marshall esitante, alla ricerca di una conferma al commento di John. La giovane agente per? non disse nulla. “Siete pronti?” chiese loro alla fine. “Vi devo accompagnare alla centrale della Foresta Nera. Il camionista che ha trovato la vittima ci aspetta l?.” “Pronti a tutto,” disse John. Adele lo guard? socchiudendo gli occhi. “Non ti ho mai visto tanto mattiniero,” gli disse. John spost? lo sguardo sull’agente Marshall e ammicc? con le sopracciglia da dietro di lei, in modo che solo Adele lo potesse vedere. “A volte il mattiniero ha solo bisogno del giusto incentivo,” le disse. “E poi questo posto,” disse indicando vagamente il motel, “non ? cos? imprevisto. Sono venuto preparato con due cuscini in pi?. Il direttore Foucault ? famoso per andare a ficcare gli agenti nelle peggio fogne, dopo che lo hanno fatto arrabbiare.” “Ah s??” chiese Adele lanciandogli un’occhiataccia. “Avresti potuto dirmelo.” “Mi ? sfuggito di mente.” Adele sospir? alzando lo sguardo al cielo. “Tu butti una cinepresa dalla montagna, e io finisco a dormire in una scatola di molle. Ti pare giusto?” John allung? una mano e le diede una carezza sulla guancia. “Ammiro il tuo modo di soffrire in silenzio. Comunque, che ne dici se lasciamo che questa bella e giovane agente ci porti a parlare con il camionista?” Tese un braccio, che l’agente Marshall accett? con una sommessa risata. Con lei che lo teneva sottobraccio, scesero le scale di metallo dal secondo piano del motel, accompagnati dal rombo del motore di un aereo sopra alle loro teste. “Bella e giovane agente un cazzo,” mormor? Adele sottovoce. Controll? la fondina, si sistem? la cintura e poi, mogia e ancora con il corpo dolorante dopo la notte appena passata, li segu? verso l’auto che li stava aspettando. *** La stazione di polizia della Foresta Nera era pi? piccola di quanto Adele ricordasse dall’ultima volta che ci era stata. C’erano solo un paio di agenti nell’atrio d’ingresso, e un sergente di segreteria doveva essere chiamato ogni volta dal retro quando c’era da occuparsi di nuovi arrivi. L’agente Marshall, Adele e John aspettarono con pazienza di essere accompagnati sul retro dell’edificio. Il camionista li aspettava in una delle sale per gli interrogatori. L’uomo indossava una camicia in velluto a coste e aveva dei baffi grigi perfettamente tagliati che si abbinavano con la barba brizzolata che gli copriva il mento. Quando Adele lo vide, decise che aveva degli occhi gentili. Erano contornati da leggere rughe d’espressione, e anche se teneva le mani strette e intrecciate, non se le stava torturando nervosamente. Quando lei e John presero posto di fronte a lui su delle sedie di metallo con la seduta imbottita, pens? che quest’uomo doveva essere un tipo tutto d’un pezzo per essersi fermato ad aiutare qualcuno in mezzo alla statale nel cuore della notte. “Lei ? Herman Carmichael?” chiese con voce gentile. L’autista annu?, la guard? negli occhi e poi spost? lo sguardo su John. L’agente Marshall rimase in piedi, permettendo che fossero i due agenti pi? esperti a condurre l’interrogatorio. “Posso portarle qualcosa da bere? Da mangiare?” chiese Adele. “Danke. Un caff? sarebbe perfetto,” disse l’uomo. John inarc? un sopracciglio guardando Adele. In francese lei tradusse: “Potresti andargli a prendere un caff??” John tir? su col naso. “Merde. Perch? io?” “Perch? tanto non puoi capire una parola di quello che dice. Cerca di essere utile.” John brontol? tra s? e s? e poi si alz? dal tavolo, uscendo dalla sala degli interrogatori a grandi passi. Adele riport? la propria attenzione sul signor Carmichael. “? stato lei a trovare la ragazza?” L’uomo si pass? stancamente una mano sul volto, che si era intanto rabbuiato. “S?. Purtroppo era presa davvero male. Mi hanno detto che avendola fatta scaldare troppo velocemente, potrei averle causato dei danni. Le ho fatto del male?” Adele scosse la testa. “Da quello che mi hanno raccontato, era messa male gi? prima che lei la trovasse. Lasciarla l? a se stessa sarebbe stata una condanna a morte. Aspettare un’ambulanza avrebbe portato alla stessa conclusione. Lei ha fatto quello che poteva, non si preoccupi.” Il signor Carmichael fece un altro respiro, questa volta un po’ pi? rilassato. Parte della stanchezza che gli segnava il viso sotto forma di rughe accanto agli occhi e sulla fronte parve dissiparsi un poco dopo le parole di Adele. Adele si schiar? la gola. “C’? nient’altro che pu? dirmi? Qualsiasi cosa che le sia venuta in mente da quel momento?” L’uomo si accarezz? la barba con la mano e scosse la testa. “Mi spiace,” disse. “Ho gi? detto…” Prima che potesse finire, due persone entrarono nella stanza. Adele tenne a bada l’irritazione e si guard? alle spalle. John era tornato. Accanto a lui era entrata anche una donna in tailleur, con una tazza di caff? macchiato all’interno di un bicchierino termico che sosteneva con la mano sinistra. Non indossava la solita camicetta da agente di polizia, ma dal portamento era evidente che lo era. Una detective, ipotizz? Adele. Molto probabilmente della squadra omicidi. “Salve,” disse la donna in tedesco. Porse la tazza all’uomo e, prima che John potesse farlo, si sedette sulla sedia accanto ad Adele. “Sono la detective Klopp,” disse. “Addetta alle normative del distretto di polizia, ma mi hanno chiesto di essere presente per questo colloquio.” L’agente Marshall restava in silenzio in fondo alla stanza, il suo bloc notes aperto, gli occhi che si spostavano veloci tra i presenti. Adele si mosse un poco sulla sua sedia, le mani premute contro la superficie fredda del tavolo di metallo. Aspett? che il signor Carmichael bevesse un sorso del suo caff? fumante. L’uomo schiocc? le labbra e sussult? un poco per la temperatura bollente della bevanda. “L’ha gi? interrogato?” chiese Adele rivolgendosi alla detective Klopp. “Ja. Sono qui solo per verificare ed eventualmente aiutare in ogni modo possibile.” Adele si ricompose e indic? il camionista. “Bene, gli stavo giusto chiedendo se gli veniva in mente qualsiasi altro particolare riguardo a ieri notte.” “E come stavo dicendo,” rispose il signor Carmichael sommessamente, “non mi viene in mente nulla. Niente macchine, nessun altro. Solo la ragazza, con le sue impronte insanguinate.” “Come ci ha gi? detto,” disse la detective Klopp annuendo. “E ci ha gi? riportato anche le folli e tirate affermazioni che ha fatto la giovane.” L’autista esit? davanti a quelle parole. “Ha detto che ce n’erano degli altri,” disse, deglutendo e poi sollevando la mano per dare enfasi al suo discorso. “Ha detto che qualcuno li aveva catturati e che li avrebbe uccisi tutti.” Adele per? stava guardando la detective tedesca. “Non crede che il commento della ragazza vada preso sul serio?” La detective Klopp stava scuotendo la testa. I suoi capelli erano raccolti in un ordinato chignon e il suo volto presentava minime tracce di make-up. Aveva gli zigomi alti e i suoi occhi erano indagatori mentre osservava Adele. “La ragazza era malnutrita, congelata e in mezzo alla foresta,” disse. “Prendere seriamente tutto ci? che pu? avere detto,” disse schiarendo la gola e spostandosi un poco, “soprattutto se riferito da un portavoce, potrebbe essere poco consigliabile a questo punto.” Adele si volt? verso l’agente Marshall, poi torn? a guardare la donna. “Questa ? la posizione ufficiale di questo dipartimento?” La detective Klopp sorrise con calore al signor Carmichael, poi si rivolse ad Adele, ma sempre con gli occhi fissi sul camionista. “S?. Herman,” disse, “le racconti come si ? comportata la ragazza quando l’ha vista all’inizio.” Il camionista si spost? sulla sua sedia, a disagio. “Beh, come stavo dicendo, ha detto che ce n’erano degli altri. Ma quando mi sono avvicinato a lei, non ha detto proprio niente. In effetti, era quasi come se non mi vedesse. Sono uscito di strada con il mio camion per evitarla. Era in piedi in mezzo alla statale. Senza nessun vestito addosso.” Arross? un poco, schiarendosi la gola e scuotendo la testa. “Brutto affare. Brutto affare. Ad ogni modo la fr?ulein era l? in piedi, e sembrava che non mi vedesse, fino a che non le sono stato proprio vicino. Stavo anche parlando, ma lei fissava dritto davanti a s?.” La detective Klopp agit? una mano come a voler mostrare qualcosa di sospeso nell’aria. “Come ho detto,” riprese, “potrebbe non essere la strategia migliore quella di prendere la ragazza alla lettera.” Adele abbass? la testa per dimostrare che aveva sentito. Insistette con la stessa linea di interrogatorio per altri pochi minuti, ma il camionista non le forn? nessuna informazione che il direttore Foucault non avesse gi? dato loro: qualcuno, secondo la ragazza, teneva in prigionia altre persone. La ragazza era sembrata scossa, per ovvie ragioni. Era ricoperta di lividi e piccoli tagli per aver corso nella foresta. A parte questo, l’uomo non aveva altro da aggiungere. Adele lo ringrazi? e si alz? dal tavolo. John la tempest? di domande in francese, ma lei lo ignor? e disse alla Marshall, mentre uscivano dalla sala interrogatori: “Dov’? questo ospedale?” L’agente la guard?. “Vuoi parlarle di persona?” “Da come sembra, non pare possibile.” La Marshall scosse la testa. “? in coma. Ma posso portarti all’ospedale se vuoi.” Adele annu?. “Magari i dottori hanno trovato qualcosa che all’inizio era loro sfuggito. Il camionista comunque non sar? molto di aiuto.” Adele aveva addosso una sensazione sbagliata. La premonizione del direttore Foucault si rivers? anche su di lei. Questa era una brutta faccenda. Qualcosa riguardo a questo caso le sembrava ai limiti, inquietante. Adele stava iniziando a provare una sensazione simile. Non era sicura del perch?. Ma in qualche modo non era certa di voler assistere alla conclusione di questa indagine. Il suo stomaco era un groviglio quando usc? dalla centrale di polizia. Si diresse verso l’auto, preparandosi ad andare in ospedale. CAPITOLO SEI “Questa volta il caff? non lo vado a prendere,” disse John austero. Adele scosse la testa mentre avanzava in direzione dell’ingresso dell’ospedale. L’agente Marshall era gi? vicina alle porte di vetro rotanti. Sorrise educatamente e fece segno a lei e John di seguirla. I tre agenti entrarono nella lobby dell’ospedale e vennero accolti dall’odore dolce e nauseante di detergenti e disinfettanti. Adele sent? subito un prurito dietro al collo. Scosse la testa. C’era qualcosa negli ospedali che le dava sempre i brividi. Segretamente sperava che se mai si dovesse ammalare gravemente, la gente la lasciasse morire in pace nel suo letto, piuttosto che trascinarla in un posto orribile come quello. E neanche i dottori le piacevano particolarmente. John and? dritto al bancone dell’accoglienza e parl? in francese: “Mademoiselle. Ha dei medici che parlano francese che si occupano di Amanda Johnson?” La donna dietro al banco lo fiss? esitante. Guard? uno dei suoi colleghi, ma il giovane uomo scroll? le spalle. L’agente Marshall si avvicin?, toccando delicatamente il gomito di John. Parl? sommessamente e con rapidit? agli infermieri e alla fine vennero tutti accompagnati a un ascensore in fondo all’ampio atrio. Passarono accanto a un paio di piante in vaso finte. Di nuovo Adele pens? a quanto odiava gli ospedali. “Va tutto bene?” le chiese John, mentre le porte dell’ascensore si aprivano con un ding e loro entravano. “Tutto ok,” rispose lei senza tanti giri di parole. “Stai sudando,” le disse. “Fa freddo. Perch? stai sudando?” “Non sto sudando, taci.” Adele si gir?, ma quando John riport? la sua attenzione sulla Marshall, mettendosi a chiacchierare con la giovane agente mentre l’ascensore arrivava al piano, si pass? una mano sulla fronte. Umida. Stava sudando. Dannazione. Doveva sforzarsi di tenere a bada le proprie emozioni, anche in un posto come questo. Uscirono dall’ascensore e si trovarono davanti un altro lungo corridoio con finestre di vetro da entrambi i lati. In lontananza si udivano suoni di macchinari: un altro rumore che le dava lo stesso effetto di unghie su una lavagna. “Sei sicura di stare bene?” le mormor? John in un orecchio. “Sto bene. Andiamo a vedere se riusciamo a trovare questo dottore.” La Marshall, sentendo la conversazione, disse educatamente: “Il capo reparto che si occupa del caso di Amanda sa parlare inglese. Ho richiesto che ci aspettasse fuori dalla sua stanza. Da questa parte.” La Marshall fece strada attraverso tre porte chiuse. Due avevano tende, ma una era aperta, con tre infermiere all’interno che indossavano i loro camici verdi e stavano tentando di sollevare un uomo debole e anziano per metterlo su un lettino con ruote. La scena, gli odori, i bip bip dei macchinari. Tutto l’insieme provoc? in Adele un altro spasmo di timore esistenziale. Per qualche motivo, pens? a Robert. Pens? alla sua tosse, alla sua et?. Forse avrebbe fatto bene a correre un altro paio di ore domani. S?, questo le avrebbe schiarito le idee. Alla fine si fermarono davanti a una porta a vetri aperta. C’era un uomo che li stava aspettando. Aveva uno stetoscopio infilato malamente nel taschino del suo camice blu e una targhetta con il nome appuntata al petto. “Dottor Samuel,” disse l’agente Marshall. “Abbiamo parlato al telefono poco fa.” Il medico era di mezz’et?, con la barba bianca candida e gli occhi contornati di rughe. Ma laddove le rughe del camionista erano d’espressione, generate pi? che altro dal sorriso, quelle del dottor Samuel erano rughe di preoccupazione. “Non ho molto tempo,” disse senza tanti convenevoli. “Come posso aiutarvi?” L’uomo parlava un inglese perfetto. L’espressione di John si illumin? e gli rispose con il suo pesante accento. “? lei che si occupa del caso di Amanda Johnson?” Il dottore annu?. Non offr? nessun’altro particolare e aspett?, un piede nella stanza e uno fuori. All’interno Adele scorse la figura della vittima distesa su un letto. La camera era buia, le luci spente. Tre diversi scherni mostravano i segni vitali della ragazza, con numeri che lampeggiavano e pulsavano. La giovane giaceva immobile sotto a due coperte. Il respiratore sembrava un macchinario estraneo, un dispositivo di invasione. I tubi, il metallo, le luci intermittenti: il tutto contribu? ad aumentare l’ansia di Adele. La ragazza sembrava cos? piccola, come una bambina rinchiusa in una trappola per orsi, o avvolta in una bara di tubi, metallo e vetro delle dimensioni di un ospedale. Adele rabbrivid? e distolse lo sguardo, rifiutandosi di continuare a guardare. “C’? niente che possa dirci?” chiese a labbra strette. “Si riprender??” Il medico parl? con tono rapido e secco. Sembrava irritato dalla loro presenza, ma Adele sospett? che fosse irritato da tutto. “La poverina ? scappata,” disse. “Ha passato ore nella foresta. Ecco,” disse. “Guardate voi stessi.” Tir? fuori una cartella da una fessura accanto alla porta e la porse ad Adele. Lei abbass? lo sguardo, sfogliando le grandi foto, gli occhi che si socchiudevano su ciascuna. Prima di tutto vide i piedi della ragazza. Tagli profondi su tutta la pianta, la pelle sbucciata, la terra sotto alle unghie e all’interno delle ferite. Due unghie mancavano del tutto e un paio di dita erano di colore bluastro. “Congelati?” chiese Adele. “Quasi,” disse il dottor Samuel. “Quei tagli, li vede? Per aver corso a piedi scalzi nella foresta. Terreno duro. Qualsiasi cosa l’abbia spaventata, l’ha fatta andare avanti nonostante il dolore.” Adele annu?. “E il resto del corpo?” Il dottore tir? fuori la prima immagine, girandola sopra alla cartella. Indic? quella accanto. “Altri lividi e piccoli tagli in tutto il corpo. Qui e qui.” Adele scorse dei graffi sopra all’ombelico e altri lividi sopra al petto della ragazza. “Ma qui,” disse l’uomo, “queste sono ferite pi? vecchie. Vecchie cicatrici.” “Quanto vecchie?” chiese Adele rapidamente. Il medico scosse la testa. “Nella sua condizione ? difficile dirlo. Stiamo ancora cercando di capirlo. Ma non pensiamo che sia rilevante per la sua condizione attuale.” “Cinque mesi?” chiese Adele. Ma il medico scosse la testa. “Di pi?. Anche se questa,” disse sommessamente, “potrebbe rientrare in quel lasco di tempo.” Pass? all’ultima foto, che mostrava la sommit? della testa della ragazza, con parte dei capelli rasati. “Che cos’??” chiese John. Adele guard? soltanto. C’era una piccolissima cicatrice sopra a un lembo di carne sollevato. Era guarita, ma malamente. “Questa ha cinque mesi?” chiese Adele. “Cinque mesi senza cure od ospedale. Cinque mesi se qualcuno continua a stuzzicarla. S?. Pu? vedere come si ? allargata la cicatrice e come la ferita non si sia mai del tutto rimarginata.” Adele si volt? lentamente verso John e l’agente Marshall, inarcando le sopracciglia. “Cinque mesi fa. Pensate che sia stato in questo modo che l’aggressore l’ha sottomessa?” Il dottor Samuel si schiar? la gola. “? stato un colpo alla nuca. Potrebbe benissimo averle fatto perdere conoscenza, se ? questo che vi state chiedendo.” Adele premette le labbra tra loro, pensando. Guard? il contegno preoccupato del medico, il suo volto segnato dalle rughe. “Nient’altro?” “Ho trovato qualche altra ferita. Segni di abusi. Un braccio rotto e risistemato in malo modo. Segni che potrebbero corrispondere a lividi causati da pugni. Ho anche visto dei graffi sulla schiena della ragazza che potrebbero derivare da un animale o da unghie lunghe.” “Magari uno degli altri rapiti dallo psicopatico?” comment? John sottovoce. “Ha detto che ce n’erano degli altri.” Adele esit?, considerando tutti quei dati preoccupanti, poi si rivolse nuovamente al dottore. “Quante possibilit? ci sono che sia in grado di parlare con noi?” Il medico stava ancora con un piede sulla soglia e uno fuori. Scosse la testa. “Non molte. Le possibilit? di un recupero totale sono scarse. Come ho detto, ? rimasta in quella foresta per ore, a correre tra gli alberi. I tagli non sono l’unica cosa di cui dobbiamo preoccuparci. Il freddo ha avuto il suo effetto sui suoi polmoni. Era in ipotermia quando ? arrivata qui.” “? sedata?” “Per il dolore. Ma non molto. ? in coma. Attaccata al respiratore.” Adele guard? ancora nella stanza e le ci volle un momento, ma poi scorse il macchinario di compressione dell’aria: una cosa in plastica bianca e beige con un sacco di pulsanti. “La ragazza ? rimasta sui suoi piedi cos? a lungo solo perch? ? di tempra tosta,” disse il medico. “Molte persone potrebbero non avercela fatta per cos? tanto tempo in mezzo alla foresta. Soprattutto non avrebbero percorso tanta strada. L’adrenalina l’ha spinta avanti. ? stata fortunata a trovare la statale in quel momento. Altrimenti sarebbe morta in qualche buca in mezzo al bosco.” Adele si accigli?. “? un pensiero macabro.” “Eppure vero. Senta, ho altri pazienti. Se non c’? altro,” disse il dottor Samuel interrompendosi. Adele guard? i suoi colleghi, ma loro rimasero in silenzio. Gli investigatori salutarono il medico e lo guardarono allontanarsi, percorrendo il corridoio con passi lunghi che stridevano con il suo aspetto anziano. Adele si gir? verso la Marshall. “Hai il numero di telefono dei genitori della ragazza?” La Marshall non perse un secondo. “Negli Stati Uniti? Con il fuso orario, ? giorno inoltrato e dovresti riuscire a trovarli al telefono.” Adele annu? riconoscente e aspett? che la Marshall sfogliasse il suo bloc notes alla ricerca dei giusti dettagli. La porta vicino alla quale il dottore si era trovato fino a poco fa si stava ancora chiudendo, rallentata da un meccanismo a molla sopra alla cornice. Quando si fu chiusa, li escluse dalla vista della stanza, con il respiratore e Amanda Johnson. “Troviamo una sala del personale, cos? posso fare questa chiamata,” disse Adele, la bocca nuovamente tesa in una linea severa. *** Adele ascoltava il sommesso trillo del telefono. Aveva su di lei un effetto stranamente calmante: il metallo fresco premuto contro la guancia, il tut tut che assomigliava al cinguettio di una ninna-nanna. Era seduta con un ginocchio premuto contro la lunga gamba di John. Lui era accasciato sulla sua sedia, le braccia incrociate e gli occhi fissi su di lei. L’agente Marshall ancora una volta stava in piedi. Adele si chiedeva se la giovane agente fosse mai stanca. La Marshall aveva chiuso la porta della sala del personale alle loro spalle e aveva anche tirato le tende per ottenere maggiore privacy. Adele ascoltava il trillo. Abbass? lo sguardo sul numero sotto al suo braccio piegato, scritto a mano su un pezzo di carta che la Marshall le aveva dato. Il numero era giusto. Forse aveva sbagliato con il fuso orario. Un altro trillo. Adele stava per mettere gi? il telefono, quando si sent? un’interruzione, un fruscio e poi una voce dall’altro capo della linea parl?. “Pronto? Chi ??” La voce era allerta, ansiosa. “Salve, sono l’agente Sharp. Sono dell’Interpol. Parlo con il signor Johnson?” La voce le arriv? ora pi? lontana, come se il telefono fosse stato abbassato un momento. “Tesoro, ? l’Interpol. Sono in linea. S?, adesso, sbrigati.” Poi la voce divenne di nuovo forte e chiara. “Scusi il ritardo. Eravamo fuori con il cane. Qualche aggiornamento? Ecco…” Una pausa e l’uomo si schiar? la gola. “Immagino stia chiamando per nostra figlia.” Adele si trattenne prima di annuire e disse con tono risoluto: “S?. Mi scuso se ci sono stati dei ritardi da parte nostra. Sua figlia ? viva. Detto questo, volevo…” Prima che potesse continuare, ud? un lieve sussulto dall’altra parte. La seconda voce, pi? lontana e quasi impossibile da distinguere disse: “Grazie, oddio. Grazie, Signore santo.” La prima voce, quella del signor Johnson, prosegu?: “Sono belle notizie da sentire. L’ultima volta che ci hanno contattati non erano sicuri che ce l’avrebbe fatta.” Adele arricci? il naso. Non si era resa conto di essere stata designata a unica comunicatrice di notizie alla famiglia Johnson. Immagin? che, essendo americana, aveva senso che i tedeschi le lasciassero quel compito. Cambi? rapidamente tattica, cercando di gestire al meglio quel suo nuovo incarico. “? ancora presto,” si affrett? a dire. “Non ? in buone condizioni. Non ho intenzione di mentirvi. Non sono ancora certi se si potr? riprendere del tutto.” Mentre parlava, sent? che la sua voce vacillava. Una leggera frammentazione del suono, ma che bast? a prenderla alla sprovvista. Continuando a tenere il telefono sollevato, la sua fronte si aggrott?. Uno strano miscuglio di emozioni gli stava crescendo nel petto. Chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi, ma sebbene il signor Johnson le stesse rispondendo dall’altro capo della linea, lei aveva difficolt? a seguire le sue parole. Sanguinante… Sanguinante… Sempre sanguinante… Il lampo di un’immagine – un sogno, il fotogramma di una vecchia foto – Adele lo ricordava a malapena. Le si presentava di notte, di solito. Sua madre, mutilata, distesa in un giardino francese. Morta. Ricordava di essere volata in Germania subito dopo per stare con suo padre. Ricordava le telefonate… molto simili a questa. Telefonate da lontano. Telefonate che criticavano l’esperienza pi? straziante delle loro vite, facendo domande, chiedendo risposte. E alla fine di tutto? Niente. Sua madre sempre morta. L’assassino sparito. Questa volta, la storia non poteva finire con un niente. Questa volta le telefonate da nazioni lontane non potevano essere semplicemente delle interferenze, un rumore bianco stagliato sullo sfondo della calamit?. Questa volta doveva essere diverso. Adele ricacci? gi? la bile che le saliva alla gola. Chiuse gli occhi davanti alle improvvise immagini che riempivano la sua vista sotto alle palpebre chiuse. E poi, espirando, fece del proprio meglio per ascoltare. Il signor Johnson stava ancora parlando: “… proprio niente? Non c’? nulla che possiamo fare per aiutare?” Adele deglut? ancora. La sua voce le suonava roca nelle orecchie e per un momento si sent? gli occhi della Marshall addosso. Alla fine parl?: “Abbiamo qui alcuni dei migliori dottori del mondo. Stanno facendo il possibile. E… e anche io…” Si interruppe sull’ultima frase. L’urgenza, il bisogno di promettere. Di tenere a bada le paure, il terrore che serpeggiava nella famiglia di Amanda. Adele conosceva quella paura, ma per lei era stata carica di dolore. Per ora ai Johnson era stato risparmiato quel risvolto particolarmente amaro. Ma alla fine, se i medici non avessero trovato una soluzione… l’avrebbero vissuto anche loro. “Tesoro,” disse la seconda voce, pi? delicata, pi? liscia. “Tesoro, andr? tutto bene. Abbi fede. Andr? tutto bene.” Adele ud? una pausa, poi un’altra conversazione sussurrata tra le due voci. Gentile, non contenziosa. Prov? un leggero sollievo. Nella sua esperienza c’erano due tipi di reazioni a notizie del genere. Potevano servire a tenere la famiglia ancora pi? unita, o strapparla del tutto, lasciandone solo dei brandelli. Almeno per ora, i Johnson sembravano seguire la prima strada. Avrebbero avuto bisogno l’uno dell’altra nei giorni a venire. Adele riprese la parola. “Sono sicura che riusciremo ad aggiornarvi non appena avremo qualcosa di nuovo. In un senso o nell’altro.” Il signor Johnson rispose. “La nostra Amanda ? una ragazza forte. Si riprender?. Ne sono sicuro. Si fidi di me.” Adele fece un piccolo e triste sorriso. Ma svan? subito, mentre le stesse emozioni di prima si contendevano la sua attenzione. Sanguinante… Sempre sanguinante… “Lo spero proprio. ? forte. Avete detto bene.” Adele pens? ai commenti del medico. Aveva corso per ore nella foresta, al freddo, i piedi sanguinanti, feriti. Un gomito slogato e rimesso a posto. Lividi in tutto il corpo. La ragazza aveva sofferto qualcosa di orribile. Nello stesso modo in cui anche Elise aveva sofferto. Almeno Amanda ne era venuta fuori viva. “Se c’? qualcuno su cui scommetterei, ? proprio lei. Ma mi ascolti un attimo.” Adele di nuovo mantenne un tono professionale nonostante l’improvvisa imboscata da parte dei suoi pensieri. Un’abilit? pi? volte esercitata, ma non facile da mettere in atto. “Ho bisogno di sapere se era normale per sua figlia viaggiare con amici.” Questa volta fu la voce femminile a rispondere al telefono. “Ispettore, signore,” disse la voce, suggerendole che Adele non era stata messa in vivavoce. “S?, signora Johnson?” le rispose. “Oh, s?, scusi, signorina.” Adele mantenne un tono gentile, completamente privo di ripicca. “Sono l’agente Sharp.” “Agente Sharp. Nostra figlia faceva sempre di questi viaggi con i suoi amici. A volte si dividevano e proseguivano le loro esplorazioni per un po’ da soli, per poi ritrovarsi.” “Ed ? stato a questo punto che ? scomparsa? Quando si sono divisi?” “S?,” disse la voce della donna, incrinandosi un secondo, per poi presentarsi pi? squillante e continuare. “Per quello che possiamo immaginare.” “C’? stato niente di strano al tempo? Nessuna telefonata? Nessuno che le desse fastidio? Magari anche uno dei suoi amici?” “Niente. Niente del genere. Amanda era felicissima per quel viaggio. Tutte le sue chiamate erano piene di risate e gioia quando ci raccontava le cose che aveva visto. Amava viaggiare. Niente fuori dall’ordinario.” “Signor Johnson?” chiese Adele. “Non ho detto niente,” disse la voce della signora Johnson. Si sent? qualche fruscio e la voce del signor Johnson torn? in linea. “Sono sicuro che non intendesse niente di offensivo, cara. Vuole solo sapere tutti i fatti.” Poi con tono pi? forte aggiunse: “Niente. Proprio come dice mia moglie. Amanda era felice. Entusiasta. Chi le avrebbe mai fatto una cosa del genere. ?… ? stata lei da sola? Quando ci hanno contattato la prima volta, la polizia tedesca ha detto che l’avevano trovata.  Qualcuno le ha parlato? Avete dei sospetti?” Adele odiava quella parte. Il necessario ma doloroso velo tra i cari e l’indagine. Fece del proprio meglio per gestirlo dicendo: “Alla fine speriamo di capire tutto. Perch? questo accada, avr? per? bisogno di un po’ di tempo. Spero che me lo concederete. Da quello che ho visto e sentito, vostra figlia ? una ragazza molto forte. Concentrerei i miei pensieri su questo. Il resto lasciatelo a me, ok?” Qualche respiro pesante, ma poi: “Va bene. Grazie, agente Sharp.” “Un’altra cosa,” disse Adele. “Se potete farmi un piacere, e so che ? una grossa richiesta, ma sarebbe di aiuto: potreste scrivere, per quello che ne sapete, l’itinerario di vostra figlia? Da quando ha lasciato gli Stati Uniti a quando ? sparita. Qualsiasi cosa vi venga in mente. Dove possa essere andata con i suoi amici, qualsiasi email possa avervi mandato dai diversi posti che ha visitato. Alberghi, motel, B&B. Come ho detto, so che ? tanta roba, ma sarebbe di aiuto. Vi far? dare la mia email dall’agente che vi ha contattati prima di me. Potete inviare il tutto direttamente l?.” “Sicuramente,” disse il signor Johnson con la voce leggermente affaticata. Per un momento regn? il silenzio. Poi Adele si morse il labbro e prima di potersi trattenere, uno sfogo di ci? che stava provando dentro di s? si pales? esternamente. “Scoprir? chi ? il colpevole. Ve lo prometto,” disse, la voce tutt’a un tratto tirata. “Trover? il colpevole. Vostra figlia se lo merita… Alla fine, lo scoprir?. Va bene? So che fa paura, essere lontani. Avere la sensazione di non poter aiutare. Ma giusto perch? lo sappiate… ci sono passata. E trover? il colpevole. Ve lo prometto.” L’improvvisa fuga di emozioni parve scatenare una reazione simile dall’altra parte della linea. Adele sent? qualcuno che piangeva sommessamente di sottofondo, poi il signor Johnson parl? con voce brusca. “Una promessa coraggiosa, agente Sharp. Credo che lei stia parlando sinceramente.” “? cos?.” “Buona sera, agente. Buona fortuna.” Si salutarono e Adele abbass? il telefono, permettendo alla coppia di mettere gi? per primi e interrompere la chiamata. “Niente?” chiese John. Aveva preso un sacchetto di patatine dal distributore automatico, ma grazie al cielo aveva aspettato ad aprirlo durante la chiamata. Ora per?, prima che Adele potesse rispondergli, lo apr?. “Niente,” gli disse lei mentre lui masticava rumorosamente. Respir? dal naso, calmandosi pi? che poteva. Poi si concentr?. Prima di tutto veniva il caso. Le promesse non significavano niente senza i fatti. “Niente di nuovo, almeno. Per loro era normale dividersi. Non lo so. Forse dovremmo parlare con alcuni dei suoi amici. Vedremo.” “Era normale per lei anche sparire per cinque mesi?” chiese John. “? successo qualcosa, qualcosa di fuori dall’ordinario. Ma cosa?” Adele annu?. “? qui che entriamo in ballo noi.” Si mise in tasca il telefono, si sistem? le maniche e poi and? verso la porta. CAPITOLO SETTE Adele sedeva al piccolo tavolino nella sua stanza del motel. John era di fronte a lei, gli occhi fissi sullo schermo del portatile, intento a sfogliare i file aperti sul suo computer. Si era levato il maglione e indossava solo una stretta maglietta nera che metteva bene in risalto la sua forma muscolosa. Adele avrebbe preferito di gran lunga guardare lui che il contenuto dello schermo. “Niente?” gli chiese, sempre guardandolo. John sollev? la testa e lei distolse rapidamente lo sguardo, deglutendo e facendo finta di essere concentrata sul cucinino. Riport? poi l’attenzione sul proprio schermo e i suoi occhi luccicarono mentre scorreva i vari file a cui l’agente Marshall aveva dato loro accesso. Per ora la giovane agente stava dando una mano a organizzare una caccia all’uomo nella Foresta Nera. Ma prima Adele aveva voluto dare un’occhiata alle persone scomparse. “Sono davvero tante,” disse John. “Qui c’? un tizio che si chiama Henry Walker. ? sparito due anni fa. Un’altra, Cynthia Davis, che manca dall’anno scorso. Entrambi americani.” Inarc? le sopracciglia. Poi continu?: “Un altro ancora, di nome Pierre Costa. Questo ? francese. ? sparito tre anni fa. E poi due ragazze, scomparse insieme. Entrambe l’anno scorso.” “Quanti di loro sono stati ritrovati?” chiese Adele, guardandolo oltre il bordo del portatile. Questa volta non si fiss? sulla maglietta stretta o sulla sua figura lunga e proporzionata. Lo sguardo di John incroci? il suo e lo sostenne. Le parole che seguirono fecero sparire ogni altro pensiero dalla mente di Adele. “Tre sono stati trovati. Due con dei proiettili nella nuca. Uno in fondo a un crepaccio: a quanto pare un incidente durante un’escursione.” Adele si morsic? l’angolo del labbro. “Non stiamo cercando nessuno che sia gi? stato trovato. Concentrati solo su quelli che sono tuttora scomparsi. Dimmi quanti ne vedi.” John tir? su con il naso e inizi? a digitare e cliccare rapidamente sulla tastiera. Continu? a scorrere i vari documenti. Da parte sua, Adele prest? maggiore attenzione ai dettagli dei pochi nomi che aveva gi? trovato nel database. Tutti scomparsi nella Foresta Nera. Sei in totale, fino ad ora. Tutti sulla ventina. Tutti apparentemente stranieri. Tamburell? con le dita sulla base del computer, godendosi la sensazione del ritmo. Si appoggi? allo schienale, sentendo che il duro metallo non cedeva neanche di un millimetro sotto al suo peso. Parte di lei avrebbe voluto andare a fare la sua solita corsa. Erano passati un po’ di giorni da quando era riuscita ad allenarsi l’ultima volta. Si stava stancando di starsene seduta tutto il tempo. Se non altro per cambiare la postura, si alz? in piedi e inizi? a camminare attorno al tavolo. In parte, mentre tamburellava con le dita contro la gamba, sapeva di essere nervosa dopo la loro visita all’ospedale. Odiava gli ospedali. Ma in parte poteva sentire anche il senso di cattivo presagio che le aleggiava attorno. I presentimenti del direttore Foucault la angustiavano. Per quale motivo in particolare Foucault pensava che questo caso fosse nefasto? Sembrava calcolato, pens? Adele tra s? e s?. C’era in esso qualcosa di astuto e preciso. Qualcosa che suggeriva che chiunque ci fosse dietro alla scomparsa della signorina Johnson, e alle successive violenze, l’avesse fatto ben conoscendo il bersaglio scelto. Una straniera. Ventenne. Indifesa, senza nessun legame nella zona, il che significava nessuno che sentisse la sua mancanza. I suoi genitori erano dall’altra parte dell’oceano. L’assassino aveva scelto bene la sua vittima. Non era stato un atto casuale. “Niente?” chiese. John sollev? lo sguardo su di lei accigliandosi leggermente. “Sedici nomi, solo negli ultimi tre anni. Tutti ancora mancanti. Tutti, eccetto uno, sono sui vent’anni.” “Et? da universit?,” disse Adele. Poi chiese: “E quanti di loro sono stranieri?” John scrut? la lista e poi risollev? lo sguardo. “Pi? della met?,” disse. Ruot? il suo computer per mostrare ad Adele i file che aveva selezionato e separato. Adele lesse i nomi, soffermandosi su ciascuno di loro. Come John aveva detto, le scomparse risalivano fino a tre anni prima. “Hai guardato anche pi? indietro?” gli chiese. John scosse la testa. “I registri sono stati spostati pi? di cinque anni fa. Posso trovarne qualcuno, ma i dettagli non sono cos? concisi. Ci vorr? di pi?.” Adele sospir?. “Beh, ? un inizio. Potenzialmente sedici vittime…” Sussult?. “Cosa pensi che faccia con loro?” I suoi occhi si piantarono sul lato della testa di John. Lui scroll? le spalle. “Mi piacerebbe saperlo.” Fece una pausa e arricci? il naso. “A dire il vero, non penso di volerlo sapere.” “Pensi che rapisca sia ragazzi che ragazze?” chiese Adele. “La met? dei nomi sulla mia lista sono maschi. Ma anche in et? da college. E stranieri.” “La Foresta Nera ? una destinazione turistica popolare, soprattutto per chi ama le escursioni,” disse John. “Ne parlavo con l’agente Marshall.” “Penso che sia il modus operandi del nostro assassino,” disse Adele. “Prende di mira i giovani che non sono della zona. Sa che mancano di riferimenti. Sa che sono bersagli facili.” John si irrigid?. “Quindi in qualche modo deve avere accesso a queste informazioni.” “Non ? cos? facile procurarsele. La loro et? ? ovvia, e nel momento in cui ci parli insieme, o anche solo che li guardi, capisci che vengono da un altro Paese.” John chiuse lentamente il portatile e poi incroci? le braccia. “Quindi cosa ci dice questo?” “Ci dice,” rispose Adele con tranquillit?, “che questo tizio ? intelligente. Pianifica tutto. Sa quello che fa. Ha tenuto in prigionia Amanda per cinque mesi dopo averla rapita. Alcuni di questi nomi risalgono a tre anni fa. Sono secoli che la gente scompare nella Foresta Nera. E se per tutto questo tempo lui fosse sempre stato all’opera?” Uno strano silenzio cal? sulla cucina. I due agenti si guardarono, e Adele rabbrivid?. L’espressione preoccupata di John parve farsi ancora pi? scura. Fu lui a cambiare per primo argomento. Con un leggero scatto, scosse la testa e disse: “Le autorit? tedesche stanno organizzando una caccia all’uomo per perlustrare la foresta. Ci prendiamo parte anche noi?” “Abbiamo bisogno di esaminare la scena,” disse Adele. John si gratt? il lato del mento. “Adele, questa cosa non mi piace.” “Neanche a me,” gli disse lei. “Ma se intendiamo trovare qualcosa, la caccia all’uomo ci pu? aiutare. Da quello che diceva la Marshall, stanno mettendo insieme pi? di cento persone.” John borbott?. “Cento persone stupide che calpestano la scena del crimine e rovinano le prove. Cose come questa pi? che altro attireranno l’assassino stesso.” “Non l’assassino.” John inarc? un sopracciglio. “L’aggressore di Amanda, il rapitore. Non ha ancora ucciso nessuno. Non che noi sappiamo. C’? qualcos’altro in ballo qui.” Adele fece una pausa, considerando i propri spiacevoli pensieri. Percep? vagamente un brivido freddo lungo le braccia. Un rapitore, con vittime che potenzialmente andavano indietro di anni. Pens? ad Amanda, a quello che la povera ragazza aveva sofferto. Cosa stavano subendo gli altri in quello stesso momento? Pass? un secondo. Poi un altro. Ogni istante era un promemoria della pena sofferta dalle vittime del rapitore. Sempre che fossero ancora vive… Ogni istante era un promemoria del tempo sprecato che come un bisturi incideva un minuto dopo l’altro. “Va bene. Se non ? un assassino, significa che abbiamo una possibilit? di recuperare vive queste persone di cui Amanda ha parlato.” Adele stava ancora camminando avanti e indietro nella piccola cucina. Sent? il rombo di un aereo sopra alle loro teste, per la terza volta nell’ultima mezz’ora. Incroci? le braccia e fiss? John, adottando una postura simile alla sua. “Pensi che ci possiamo fidare della parola di Amanda? La detective alla centrale sembrava pensare che stesse vaneggiando.” John si gratt? un orecchio e premette una mano sul portatile chiuso. Sembrava contento di aver distolto l’attenzione dai file. “Non ne sono sicuro,” disse. “Capisco dove la detective voglia andare a parare. La ragazza non ? esattamente una testimone affidabile. Magari era davvero allucinata.” “E pensi che abbia avuto le allucinazioni per cinque mesi?” John scosse la testa. Respir? piano, le narici che si dilatavano per la pressione dell’aria. “Ovviamente no. Era scomparsa. Ma per quanto riguarda gli altri, non sappiamo se un assassino li tenga prigionieri. In genere, quando veniamo chiamati per un caso come questo, tendono ad esserci cadaveri e pi? vittime. Al momento ci stiamo affidando alla testimonianza di una testimone inaffidabile, che ? ancora viva.” “Viva a malapena.” John scosse la testa. “Lo stesso. ? un caso strano. Ma come hai detto tu, penso che dovremmo dare un’occhiata alla scena dove ? stata trovata.” Adele era contenta di poter uscire da quella piccola e soffocante stanza del motel. Ed era anche contenta di potersi rimettere in movimento, di non dover stare pi? seduta. Basta ospedali, basta claustrofobiche stanze di motel. Era strano sentirsi grati che la scena di un crimine si trovasse in una foresta, ma era cos? che lei si sentiva. “Lasciami prendere la giacca. Torno subito,” disse, mentre John si alzava dal tavolo e andava verso la porta. CAPITOLO OTTO Lo sconosciuto teneva stretto il volante del suo furgone, muovendosi ad andatura tranquilla lungo la statale fuori dalla Foresta Nera. Aveva un sorriso piacevole stampato in viso e stava canticchiando sommessamente a tempo con la gradevole melodia classica che usciva dalle casse del suo furgoncino. Ma dentro di s?, la mente dello sconosciuto era in completa rivolta. A guardarlo, sarebbe stato quasi impossibile riconoscere l’emozione. Eppure, di tanto in tanti la sua mano destra afferrava il volante e ruotava. Quella sinistra stava salda e ferma. Ferma, immobile, vuota. “Hai voluto scappare, eh,” mormor? sommessamente. Parlava tra s? e s?, le labbra sempre piegate in un sorriso. L’uomo era un vero camaleonte. Sapeva come recitare la sua parte, forse meglio di chiunque altro. Un paio di autisti gli passarono accanto. Quelle strade erano generalmente vuote cos? a notte fonda, dato che la gente preferiva evitare i tratti di statale che erano rimasti privi di illuminazione a causa della tempesta di neve di due settimane prima. Ma durante il giorno il traffico era piuttosto sostenuto in mezzo alla foresta. L’uomo ovviamente usava questa strada tutti i giorni. Questa era casa sua. E una casa andava rispettata. Una casa non rispettava diventava un semplice edificio. E un edificio diventava un peso. Un peso diventava qualcosa che andava abbandonato. La mano destra dell’uomo strinse di nuovo il volante e le nocche sbiancarono mentre le dita si chiudevano sulla superficie di cuoio. Disobbedienza. Che cosa stupida. Tutti i bambini andavano puniti. Se non venivano puniti, si comportavano male. E non c’era niente di pi? dannoso per una casa che dei bambini irrispettosi. Lui l’aveva imparato crescendo. Si schiar? la gola al pensiero e si sistem? le maniche. Subito sopra alla mano sinistra, poteva vedere la parte deformata e ustionata della pelle malamente guarita. Le bruciature di sigarette salivano lungo tutto il braccio, espandendosi al petto e alla schiena. Lui aveva conosciuto le punizioni. Ed era diventato ci? che era. Uno che si comportava bene. Il sorriso sempre stampato in viso. La gente si era spesso sentita attratta da lui, solo sulla base della sua personalit?. Êîíåö îçíàêîìèòåëüíîãî ôðàãìåíòà. Òåêñò ïðåäîñòàâëåí ÎÎÎ «ËèòÐåñ». Ïðî÷èòàéòå ýòó êíèãó öåëèêîì, êóïèâ ïîëíóþ ëåãàëüíóþ âåðñèþ (https://www.litres.ru/pages/biblio_book/?art=63590846&lfrom=688855901) íà ËèòÐåñ. Áåçîïàñíî îïëàòèòü êíèãó ìîæíî áàíêîâñêîé êàðòîé Visa, MasterCard, Maestro, ñî ñ÷åòà ìîáèëüíîãî òåëåôîíà, ñ ïëàòåæíîãî òåðìèíàëà, â ñàëîíå ÌÒÑ èëè Ñâÿçíîé, ÷åðåç PayPal, WebMoney, ßíäåêñ.Äåíüãè, QIWI Êîøåëåê, áîíóñíûìè êàðòàìè èëè äðóãèì óäîáíûì Âàì ñïîñîáîì.
Íàø ëèòåðàòóðíûé æóðíàë Ëó÷øåå ìåñòî äëÿ ðàçìåùåíèÿ ñâîèõ ïðîèçâåäåíèé ìîëîäûìè àâòîðàìè, ïîýòàìè; äëÿ ðåàëèçàöèè ñâîèõ òâîð÷åñêèõ èäåé è äëÿ òîãî, ÷òîáû âàøè ïðîèçâåäåíèÿ ñòàëè ïîïóëÿðíûìè è ÷èòàåìûìè. Åñëè âû, íåèçâåñòíûé ñîâðåìåííûé ïîýò èëè çàèíòåðåñîâàííûé ÷èòàòåëü - Âàñ æä¸ò íàø ëèòåðàòóðíûé æóðíàë.