Âîò êàê-òî íåâçíà÷àé ìåëüêíóëà ôðàçà: Ëþáâè äëÿ ãîðäîñòè íåâåäîìû ïóòè. Ëèøü Ôëèðò óìååò, óâëåêàÿ ðàç îò ðàçà, Òî ïðèòÿíóòü ê ñåáå, òî òîò÷àñ îòïóñòèòü. Ôëèðòóÿ, ìû èãðàåì íà ëþáîâíûõ ñòðóíàõ, Ìû ÷óâñòâà ïðîâåðÿåì âíîâü è âíîâü. À â ýòî âðåìÿ êòî-òî, ñòîÿ íà êîëåíÿõ, Ïûòàåòñÿ ëèøü äîêàçàòü ñâîþ ëþáîâü. È, íå êè÷àñü íèñêîëüêî ïîëîæåíüåì, Îí ïûëê

Terre spettrali

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Terre spettrali Sophie Love Un Casper a quattro zampe #1 “Il romanzo – o lettura da spiaggia – perfetto, ma con una differenza: il suo entusiasmo e le bellissime descrizioni offrono un’attenzione inaspettata alla complessit? non solo dell’amore che evolve, ma allo sviluppo delle menti stesse. ? un piacevole consiglio per gli amanti del genere romantico che cercano il tocco di una maggiore complessit? nelle loro letture.”. –Midwest Book Review (Ora e per sempre). TERRE SPETTRALI: OMICIDIO E COLAZIONE ? il romanzo di debutto della nuova affascinante serie di gialli dell’autrice bestseller Sophie Love, scrittrice della serie La locanda di Sunset Harbor, un bestseller numero uno #1 con oltre 200 recensioni a cinque stelle… Marie Fortune, 39 anni, una toelettatrice per cani di grande successo a Boston, ne ha avuto abbastanza di prestare servizio ai ricconi e ai loro cani. Rendendosi conto che ? ora di dare una svolta alla propria vita, lascia tutto e si reca in una piccola cittadina sulla costa del Maine, dove ricorda le spensierate estati passate da bambina. Marie si aspetta di fare una piccola pausa, e invece resta scioccata quando viene a sapere che la sua prozia le ha lasciato un’eredit?: una decrepita casa storica in cima alla collina che si affaccia sul porto. . Marie prova un immediato collegamento. Anche se le persone del luogo le dicono che sarebbe una follia, Marie decide di ristrutturare la casa e darle una seconda vita in qualit? di B&B… Ma c’? una cosa di cui mai avrebbe potuto tenere conto: la casa ? stregata… Due cose, a dire il vero: la sua prozia le ha lasciato anche un cane, e non ? per niente un cane normale… Quando poco dopo si verifica una morte inaspettata, risolvere il delitto sar? pi? di una mera questione di curiosit? per Marie: ne va del suo stesso futuro… Un giallo leggero e accattivante, pieno zeppo di mistero, amore, fantasmi, viaggi, animali e cibo che ruota attorno a una piccola cittadina e a un B&B bisognoso di ristrutturazione. Ti catturer? il cuore: TERRE SPETTRALI ? un giallo che sar? impossibile smettere di leggere e che ti costringer? a sfogliare le sue pagine (e a ridere a crepapelle) fino a notte fonda… “Il romanticismo ? l?, ma non in maniera eccessiva. Onore all’autrice per questo stupefacente inizio di una serie che promette di rivelarsi molto interessante.”. –Books and Movies Reviews (Ora e per sempre). I libri #2 e #3 della serie —MORTE E BRUNCH e RANCORE E PRANZO—sono ora disponibili! Sophie Love TERRE SPETTRALI: OMICIDIO E COLAZIONE T E R R E   S P E T T R A L I: O M I C I D I O E C O L A Z I O N E (UN CASPER A QUATTRO ZAMPE – LIBRO 1) S O P H I E   L O V E Sophie Love Sophie Love ? l'autrice di bestseller come la serie romantica LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR, composta da otto libri, e la commedia romantica LE CRONACHE DELL'AMORE, che comprende cinque libri. La sua nuova serie TERRE SPETTRALI, comprendente (al momento) tre libri, ? un cozy mystery: un giallo soft, di piacevole lettura. Non esitate a visitare il sito Web di Sophie www.sophieloveauthor.com (http://www.sophieloveauthor.com/) e scriverle un'e-mail, o iscrivetevi alla mailing list per ricevere e-book omaggio, per ricevere aggiornati, e restare in contatto! Copyright © 2020 di Sophie Love. Tutti i diritti riservati. Salvo per quanto permesso dalla legge degli Stati Uniti U.S. Copyright Act del 1976, ? vietato riprodurre, distribuire, diffondere e archiviare in qualsiasi database o sistema di reperimento dati questa pubblicazione in alcuna forma o con qualsiasi mezzo, senza il permesso dell’autore. Questo e-book ? disponibile solo per fruizione personale. Questo e-book non pu? essere rivenduto n? donato ad altri. Se vuole condividerlo con altre persone, ? pregato di aggiungerne un’ulteriore copia per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo e-book senza aver provveduto all’acquisto, o se l’acquisto non ? stato effettuato per suo uso personale, ? pregato di restituirlo e acquistare la sua copia. La ringraziamo del rispetto che dimostra nei confronti del duro lavoro dell’autore. Questa storia ? opera di finzione. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in modo romanzesco. Ogni riferimento a persone reali, in vita o meno, ? una coincidenza. Immagine di copertina Copyright Alejo Miranda, utilizzata con il permesso di Shutterstock.com. I LIBRI DI SOPHIE LOVE UN CASPER A QUATTRO ZAMPE TERRE SPETTRALI: OMICIDIO E COLAZIONE (Libro #1) TERRE SPETTRALI: MORTE E BRUNCH (Libro #2) TERRE SPETTRALI: RANCORE E PRANZO (Libro #3) LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR ORA E PER SEMPRE (Libro #1) SEMPRE E PER SEMPRE (Libro #2) SEMPRE CON TE (Libro #3) SE SOLO PER SEMPRE (Libro #4) PER SEMPRE E OLTRE (Libro #5) PER SEMPRE, PI? UNO (Libro #6) PER TE, PER SEMPRE (Libro #7) NATALE PER SEMPRE (Libro #8) LE CRONACHE DELL’AMORE UN AMORE COME IL NOSTRO (Libro #1) UN AMORE COME QUELLO (Libro #2) UNA AMORE COME IL LORO (Libro #3) UNA AMORE COSI’ GRANDE (Libro #4) UN AMORE COME IL VOSTRO (Libro #5) CAPITOLO UNO Non sapeva bene perch?, ma a Marie Fortune sembrava che l'uomo con lo sguardo truce che in quel momento le stava col fiato sul collo assomigliasse al suo preside delle superiori. Proprio come il suo ex preside, perfino i baffi tagliati a regola d'arte sembravano corrucciarsi quando aggrottava la fronte. Ma a essere uguale era soprattutto il modo in cui la scrutava da dietro gli occhiali, come se fosse un insetto che avrebbe potuto schiacciare da un momento all'all'altro. “Non capisco,” disse l'uomo che non era il preside Davis. “? un articolo cos? semplice. Com'? possibile che non lo abbiate?” “Beh, si tratta di un tipo molto specifico di balsamo, signore,” rispose Marie. “Se lo tenessimo a portata di mano, rimarrebbe sugli scaffali a prendere la polvere. Dopo tutto, il suo ? un cane molto speciale.” E, pens?, senza azzardarsi a dirlo, non tutti ritengono che il loro cane possa usare solo un tipo preciso di balsamo per il suo pelo. Lo sguardo dell'uomo si fece ancora pi? torvo. Per un momento, Marie torn? quindicenne, al cospetto di un torvo preside Davis. Certo, era sempre stato facile spiegare al preside Davis per quale motivo si trovasse ancora una volta nel suo ufficio. Ma non era altrettanto facile spiegare a quel riccone pedante per quale motivo da Pampered Paws non avessero in stock il tipo preciso di balsamo che lui cercava. Non era il tipo d'uomo da capire che il mondo non ruotava attorno a lui. Era inaudito che Pampered Paws non potesse provvedere alle esigenze del suo cane, una snella levriera persiana che sembrava consapevole di quanto fosse costosa. Persino il cane sembrava guardare Marie con cipiglio. Quando incrociava i suoi occhi, distoglieva lo sguardo, come se ritenesse che non valeva la pena scomodarsi per un umano cos? insignificante. “Mi spiace, signore,” si scus? Marie, “ma non ci sono in commercio balsami specifici per il pelo dei levrieri persiani. L'unico prodotto adatto al suo cane ? molto difficile da trovare, ed ? piuttosto costoso.” “Che assurdit?!” A Marie sembrava assurdo invece che un uomo adulto potesse volere un balsamo per un cane. Ma ovviamente non lo disse, anzi, sfoggi? l'espressione corrucciata e solidale che la direzione di Pampered Paws le aveva fatto ripetere cos? tante volte durante il suo periodo di formazione. “Beh, come sa, siamo una spa per animali, non un negozio,” spieg? Marie. “Per questo non abbiamo la marca specifica che cerca. Ma se lo desidera, possiamo ordinarla per…” “Posso benissimo ordinarla da solo da casa!” Ma non lo farai, pens? Marie. Ordinare online ? una cosa cos? plebea. “Capisco, signore. Ma se lei…” “Daisy Mae ha un appuntamento luned? prossimo. Mi aspetto che avrete il balsamo che ho specificamente richiesto per la sua toeletta, altrimenti avrete perso un cliente!” “Garantisco che lo avremo, signore.” “Buona giornata,” disse lui. Sibil? la parola buona come se avesse morso qualcosa di amaro. Daisy Mae e il suo alto e baffuto proprietario si fiondarono verso la porta. Mentre se ne andavano, Daisy Mae alz? lo sguardo verso il suo padrone e abbai? come a voler ribadire il punto. Eccome, se lo avevano ribadito. Il punto, per come la vedeva Marie, era che a volte dimenticava quanto odiasse il suo lavoro. Ancora leggermente scossa dall'incontro con il sosia del suo vecchio preside, Marie si spost? sul retro del salone di toelettatura Pampered Paws, dove si trovava un'enorme finestra dalla quale i clienti potevano vedere le loro amate palle di pelo farsi spazzolare. Al momento, in negozio c'era un solo cane a godersi la toelettatura: un labradoodle di cui si stava occupando l'amica di Marie, Kara. Kara la vide attraverso la finestra e la salut? con i pollici all'ins?. Poi aggrott? la fronte, sollev? la coda del cane e inizi? a spuntare l'area che nessuno davvero amava dover spuntare. Proprio un attimo prima di voltarsi per andare a vedere come potesse tenersi occupata, Marie s'intravide riflessa nel vetro. Era soddisfatta del suo aspetto: il trucco non era eccessivo, i suoi capelli castani ricadevano all'altezza delle spalle in modo scompigliato e grazioso, e aveva l'aria ben riposata. Eppure, per quanto potesse sembrare in forma, non c'era modo di nascondere il fatto che era una donna di trentanove anni che lavorava in un salone di bellezza per cani che attirava solo clienti ricchi e narcisisti. Era lontana anni luce dal suo vecchio sogno di aprire, un giorno, un bed-and-breakfast da qualche parte sulla costa del Maine. A influenzare quel sogno era stata la sua prozia June, uno dei membri pi? eccentrici della famiglia. Anzi, per essere pi? precisi, a ispirarlo era stata la strana e fastosa casa al mare della zia June. Qualunque fosse l'ispirazione, ad ogni modo, era un sogno che con l'andare degli anni sembrava sempre pi? ridicolo. Non che importasse: ormai la vita l'aveva portata qui. Aveva provato a rimanere sui binari e seguire la strada di una carriera che non desiderava poi davvero, ma da quella strada, Marie era deragliata qui, a Pampered Paws. Era stato durante l'universit? che aveva preso quella deviazione accidentale, quando mancavano tre semestri alla laurea: c'entravano una relazione terribile e la morte improvvisa di suo padre. Prima ancora che se ne potesse rendere conto, sia la scuola di veterinaria sia il sogno, sempre pi? debole, di aprire quel bed-and-breakfast erano diventati nient'altro che chimere. “Marie!” Il suono della voce del suo capo la impietr?. Marie si volt?, sfoggiando il suo miglior sorriso per affrontare Deandra Lewinston. Era una bella donna, ma somigliava anche alla matrigna cattiva di un film Disney. Era rifatta, ma si trattava di chirurgia estetica fatta bene, quindi era quasi impossibile accorgersene. Deandra aveva cinque figli, ma aveva i seni ancora belli sodi e proprio al posto giusto, quindi Marie era piuttosto sicura che anche l? ci fosse un bel ritocco fatto a regola d'arte. “S?, Deandra?” “Riesci a trovare qualcos'altro da fare che non sia guardare Kara mentre lavora?” “S?, io…” “Abbiamo nove appuntamenti in programma tra mezzogiorno e le tre. Prima che arrivino i clienti, ho bisogno che ti assicuri che chi ? stato lasciato qui dal suo padrone mangi per tempo la sua pappa. E, per favore, questa volta fai attenzione a separare i men? vegetariani da quelli normali. La signora Thornton mi sta ancora facendo una testa cos?, perch? il suo cocker spaniel ha puzzato di pesce per una settimana.” “Certo.” “E hai finito con i fiocchi per Precious? La signora Hight sar? qui a momenti per recuperarla.” “S?, ? tutta pronta e aspetta.” “Bene,” la liquid? Deandra, prima di dirigersi altrove. Marie si sforz? di restare sorridente mentre lasciava l'area toeletta e si spostava nelle camere spa. Pass? tutta l'ora successiva a preparare le postazioni che avrebbe usato. Mentre lucidava gli specchi avvert? dentro s? una strana sensazione di sconfitta. Sto lucidando degli specchi per far s? che dei cani pi? costosi della mia auto si possano ammirare mentre taglio loro le unghie e liscio loro il pelo. Come sono arrivata a questo punto, esattamente? Conosceva le risposte, ma erano tutte piuttosto deprimenti. E lei era gi? abbastanza triste, ad assicurarsi che non ci fossero segni sugli specchi. Dopo essersi occupata delle pulizie, prepar? i tappetini e le ciotole per la sala d'attesa degli animali. Divise il cibo in porzioni, come se stesse preparando uno smoothie per un campione sportivo e non la pappa di una creatura a quattro zampe che si annusava e leccava il didietro. Finita l'operazione, ritorn? all'ingresso del negozio. Immediatamente not? una donna dall'aria angosciata camminare a passi nervosi avanti e indietro per tutta la sala d'attesa, come se volesse essere sicura di essere vista. “Buongiorno, mi scusi?” disse la donna nel momento stesso in cui vide Marie. Appena Marie le si avvicin?, si accorse che si trattava di Gloria Hight. Portava un abito rosa attillato, messo in risalto da occhiali da sole scuri che indossava nonostante fosse una giornata nuvolosa. Era una cliente abituale di Pampered Paws, cio?, lo erano lei e il suo piccolo incrocio yorkshire-Pomerania, una minuscola palla d'energia immotivata di nome Precious. La signora Hight aveva trent'anni ed era un'esponente dell'alta societ?, nata con la camicia, si potrebbe dire, anzi, con tutto il corredo completo. “Salve, signora Hight,” rispose Marie. “Cosa posso fare per lei?” “? da ben cinque minuti che aspetto che qualcuno venga ad aiutarmi,” attacc? la signora Hight in tono spocchioso. “La mia Precious ? pronta?” “Certo che lo ?,” esclam? Marie, con tono esageratamente allegro. “? pronta da un'ora e si sta godendo una delle nostre Camere Deluxe.” Era una cosa che odiava dover dire: le cosiddette Camere Deluxe altro non erano che piccole cucce decorate in modo da sembrare camerette di lusso per cani. Una volta, un cliente si era lamentato che la Camera Deluxe non fosse dotata di televisione. Il suo bullmastiff, a quanto pareva, era un grande fan dei programmi di Animal Planet e il cliente era furioso che al suo amato molosso fosse stato negato questo lusso. Certo, quello era stato un reclamo fuori di zucca, ma la signora Hight e la sua Precious non erano meno bizzose. Di tutti i cani di cui Marie si era occupata, ed erano davvero tanti, Precious era assolutamente la peggiore. La cosa triste era che Precious era una cagnolina davvero molto bella. Ma la signora Hight insisteva che venisse acconciata in modo tale che a chiunque la incrociasse veniva voglia di prenderla a calci. Marie accompagn? la signora Hight alla Camera Deluxe occupata in quel momento da Precious. L'intera testolina della cagnetta era coperta da fiocchetti e nastrini. Sembrava una specie di pergamena arrotolata. Il pelo era stato spazzolato con forza all'indietro per poter consentire ai fiocchi rosa di stare dritti sulla testa come delle strane antenne. I fiocchetti erano pi? piccoli di quelli per i capelli di una bambina, ma costavano cinque volte tanto. Erano stati attaccati cos? stretti, su precise istruzioni della signora Hight, che gli occhi della povera creatura sembravano voler schizzare fuori dalle orbite. Inoltre, era chiaro che la povera cagnolina li odiava. E, a quanto pareva, li odiava anche la signora Hight. “Cos'? questa cosa disgustosa?” Uhm, il tuo cane? pens? Marie. “Cosa intende?” domand? invece. “Questo non ? affatto ci? che avevo chiesto, ? palese.” La signora Hight si chin? per raccogliere Precious. Il cane le salt? tra le braccia e immediatamente inizi? a strofinarsi addosso alla padrona, cercando di sbarazzarsi dei ridicoli fiocchetti. “Mi spiace, signora Hight, ma questo ? esattamente ci? che aveva chiesto. Se vuole, le posso far vedere l'ordine e…” “Pensi forse che sono un'idiota? Ho indicato esplicitamente l'ordine dei fiocchi: rosa, magenta, foglia di t?, bianco e infine lavanda. E invece li hai messi in un ordine diverso: rosa, foglia di t?, magenta, bianco e poi lavanda. Sei forse daltonica?” Marie si era accorta in effetti dell'errore, ma trovava difficile affliggersi sulla questione cos? come stava facendo la signora Hight. “S?, signora. Posso rimediare se mi concede una ventina di minuti.” “Non ho venti minuti! Sono una donna impegnata!” La signora Hight stava praticamente urlando adesso. Per non essere da meno, si aggiunse anche Precious, che si era messa ad abbaiare. La cagnetta sembrava essersi accorta di aver attirato l'attenzione degli altri quattro clienti seduti nella sala d'attesa. Questo le scald? ancora di pi?, tanto il cane quanto la padrona. “Ho speso incalcolabili somme di danaro in questo posto! Se non siete nemmeno capaci di rispettare una semplicissima combinazione di colori…” Precious continuava a guaire e ad abbaiare con tanto impeto che uno dei fiocchi si stacc?, volando attraverso la stanza per atterrare ai piedi di un cucciolo di husky appena entrato. In mezzo a tutto il trambusto, fece anche pip? sul pavimento. A peggiorare la situazione, era anche accorsa Deandra in fretta e furia dall'altro capo del negozio. “Signora Hight,” disse Deandra, “cosa possiamo fare per porre rimedio a questa situazione?” “Beh, suggerirei di assumere qualcuno di competente. Qualcuno che sappia riconoscere i colori!” “Le assicuro,” esclam? Marie, “che so riconoscere benissimo i colori.” “Ah s?? Ah s??” Precious e la sua padrona abbaiarono all'unisono, come in uno strano coro. La cagnolina per?, a dire il vero, non stava abbaiando contro Marie, ma si stava solo unendo al baccano. Marie non pot? fare a meno di chiedersi se la signora Hight l'avesse specificamente addestrata a comportarsi cos?. “Signora Hight, si ? trattato solo di un piccolo errore,” si difese Marie. La signora Hight e Deandra la squadrarono entrambe come se fosse uscita di senno. Poi Deandra rivolse lo sguardo verso la signora Hight, gli occhi colmi di comprensione. “Le prometto che sistemeremo la questione. L'intero costo del servizio verr? detratto dallo stipendio di Marie.” La signora Hight annu?, soddisfatta dalla soluzione. “Mi sembra molto ragionevole. La prossima volta dovrebbe controllarla da vicino, per assicurarsi che non sbagli i colori.” In quel momento scatt? qualcosa in Marie. In genere era molto educata ed evitava ogni conflitto. Raramente perdeva le staffe e, quando capitava, era sempre in un modo un po' infantile. Le era successo soltanto una volta di recente, un increscioso incidente a una partita dei Patriots con il suo ragazzo. Le era venuto in mente adesso, ma ormai era tardi per tenere a freno la lingua. “Glielo dico per l'ennesima volta,” sbott?, “so riconoscere perfettamente i colori. E ho anche lavorato con molti cani, alcuni anche pi? viziati e pi? stupidi del suo, e quindi anche loro, li conosco bene. E chiunque si accorgerebbe che il suo cane detesta tutti questi fiocchetti e nastrini.” “Come osi parlarmi cos…” “Ma la guardi, poveretta,” disse Marie. “Li odia. E non la biasimo. Sono orrendi.” “Conosco il mio cane! Non venirmi a dire…” Marie era perfettamente consapevole delle parole uscite dalla sua bocca. Era perfettamente consapevole del volume con cui le aveva pronunciate. Tutti nel negozio l'avevano sentita. Non poteva arginare ci? che aveva da dire. L'unico altro rumore che si sentiva in quel momento era un lamento sottile proveniente dal muso di Precious. “Marie…” la riprese Deandra. “Oh, e tu… beh, ti rendo le cose facili, Deandra.” Una parte del cervello le intimava di chiudere il becco. Ma continuava a pensare ai sogni dei tempi dell'universit?, e anche a quelli di quando era pi? piccola. Diventare veterinaria, aprire un bed-and-breakfast. Quel lavoro da Pampered Paws era cos? lontano da tutto ci?, che la frase che stava per dire non era solo facile, ma anche liberatoria. “Mi licenzio.” “Ottimo!” url? Deandra. “Finalmente!” “Davvero?” disse Marie. “Ah, Deandra. Con una persona in meno, forse ti toccher? passare davvero del tempo qui con tutta questa gentaglia.” Era un po' spaventata, perch? non poteva permettersi di non avere un lavoro. Ma era pi? di un anno che sopportava tutte quelle idiozie. Ne aveva abbastanza. Non pot? reprimere il sorriso che le affiorava alle labbra. Infine, come se fosse il peggiore oltraggio, si avvicin? a Precious e le diede una grattatina sotto il mento. Il cane si mise a scodinzolare. La signora Hight inorrid?. Marie avanz? dritto verso la porta, rivolgendo un gesto di saluto a tutti coloro che la stavano fissando. Prima di uscire, and? di proposito a raccogliere il fiocco caduto dalla testolina di Precious. Sapeva che era una cosa immatura da fare, ma comunque se lo leg? ai capelli. Qualcuno trasal? rumorosamente alle sue spalle. Sper? che fosse la signora Hight. Marie rimase sorridente per tutto il percorso fino alla propria auto. Poi, quando mise in moto, il sorriso svan?. Mi sono appena licenziata, pens?. Cosa mi ? saltato in mente? Non aveva un lavoro di riserva su cui contare, e il suo curriculum era a dir poco scialbo. Non aveva mai terminato l'universit? e non aveva nessuna vera competenza, se non prendersi cura dei cani e fare di tanto in tanto una buona battuta. Prov? a recuperare quel senso di sollievo e di libert? che aveva provato dentro il negozio licenziandosi, ma sembrava aver fatto la stessa fine del fiocco di Precious. Appoggi? la testa allo sterzo. Almeno aveva un fidanzato da cui andare, qualcuno che avrebbe ascoltato le sue pene. Qualcuno che l'avrebbe incoraggiata e le avrebbe detto che tutto si sarebbe risolto per il meglio. Fu allora che si accorse di avere il fiocco di Precious ancora tra i capelli. Se lo tolse e lo scaravent? sul sedile posteriore. Era un po' come gettar via quel lavoro ridicolo e, con lui, ogni stabilit? finanziaria. Il mondo le croll? addosso in quell'istante, lasciandola con una sola domanda. Cosa avrebbe fatto adesso? CAPITOLO DUE Marie rientr? a casa alle 17:15. Subito prese la bottiglia di cabernet dal piano cucina e la stapp?. Si riemp? un calice e si sedette sul divano. Dopo averne bevuto una prima lunga sorsata, invi? un messaggio a Chris e gli chiese se fosse libero per passare da lei. In realt?, non si aspettava che avrebbe accettato: ultimamente Chris era sommerso dal lavoro. Ma, poich? amava il suo lavoro, non gli importava di essere cos? carico. Cavoli, quanto deve essere bello amare il proprio lavoro, pens? Marie. Era piuttosto sicura che Chris sapesse quanto profondamente tenesse a lui. La cosa la spaventava, perch? solo un'altra volta era stata innamorata, ed era finita male. Quindi, avere adesso una relazione con un uomo che riteneva potesse davvero essere “quello giusto” (e accidenti se detestava quell'espressione) era alquanto terrificante. Per? non sempre era spaventata, tutt'altro: a volte, quando stavano insieme, si sentiva come una scolaretta alla prima cotta. Si chiedeva se il motivo principale fosse che Chris, anche se andava verso i quarant’anni e li dimostrava tutti, aveva un che di tremendamente immaturo. Giocava a Fortnite tutto il tempo e non si perdeva una fiera del fumetto. Lei supponeva che questi hobby lo rendessero pi? bravo anche nel suo lavoro: concepire e programmare videogiochi per diverse societ? produttrici di app per il cellulare. Era sempre stato il sostegno imprescindibile della sua vita in questi ultimi anni, oltre al lavoro. Prima di essere assunta a Pampered Paws, aveva fatto per diversi anni l'assistente veterinaria e Chris era stato al suo fianco quando tutto era crollato e lei aveva disperatamente bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi. Era anche sempre disponibile per farsi due risate, baciava divinamente, e sembrava provare un piacere genuino nel cercare di renderla felice. Chris rispose al suo messaggio con un'inusuale rapidit? che la stup?. Aveva persino usato un paio di emoji e diversi punti esclamativi, cosa rarissima. A quanto pareva, era di buon umore: doveva aver avuto una giornata particolarmente positiva al lavoro. In attesa che Chris arrivasse, Marie rest? sul divano con il suo bicchiere di vino, e prov? a non pensare ossessivamente all'unica cosa che le mancava del suo lavoro. I soldi, chiaro e semplice. In tutta onest?, non si poteva certo dire che Deandra la pagasse molto: poco pi? del minimo sindacale. Ma le mance spesso erano da capogiro. Certo, gli spilorci erano parecchi, ma in tanti amavano invece dilapidare il proprio denaro, come se volessero ricordare al resto del mondo quanto fossero superiori. Persino dopo la trattenuta del venti per cento su ogni mancia da parte di Deandra, a Marie restava un discreto gruzzolo di contanti da portare a casa ogni settimana. Ma ora tutto questo era sparito. Prov? a non sentirsi spaventata a morte, ma minuto dopo minuto l'inquietudine pareva crescere. And? in cucina e prov? a imbastire una cena con ci? che aveva in dispensa, qualcosa che potesse preparare rapidamente. Chris aveva uno strano orario di lavoro e, di conseguenza, anche strani orari per i pasti, quindi Marie non sapeva mai se avesse fame. Decise di andare sul sicuro: mise a bollire dell'acqua per la pasta e vers? del sugo in una padella. Tenne tutto sotto controllo mentre aspettava che arrivasse Chris, rimanendo accanto ai fornelli mentre scorreva il feed di Facebook. Una mescolata alla pasta, un sorso di vino, uno scroll su Facebook. Mescolata, sorso, scroll, ripeti. Stava prestando solo superficialmente attenzione agli aggiornamenti degli stati e ai meme che scorrevano sul suo telefono. La sua mente era ancora occupata da quanto era successo poco prima. Era contenta di essersi sbarazzata del lavoro: sapere che non avrebbe mai pi? rivisto Deandra era una vera soddisfazione. Un'altra cosa che non le sarebbe mancata era dover ascoltare i clienti che le spiegavano quanto lungo, al centimetro, doveva essere il pelo del loro cane. Inoltre, il futuro incerto e un po' preoccupante a cui stava andando incontro le permetteva di ripensare a quei sogni che aveva deciso di accantonare. Aveva desiderato possedere e gestire un bed-and-breakfast sin da quando aveva sette anni, quando aveva aperto nella sua cameretta il Big Bright Bed-and-Breakfast di Marie Fortune. Invitava i genitori e la sorella a soggiornare da lei, offrendo loro cibo giocattolo e finte tazze di t?, prima di proporre un'esaustiva visita guidata dei quattro angoli della stanza e dell'armadio. E quando i suoi "clienti" partivano, lasciava loro dei piccoli biglietti scritti a mano invitandoli a condividere i loro consigli e una recensione. Crescendo, per?, si era resa conto di quanto tempo e denaro fossero necessari per esaudire un sogno del genere, e i suoi genitori l'avevano spinta a cercare qualcosa di pi? promettente. Avevano osservato che ci aveva sempre saputo fare con gli animali e le avevano suggerito di fare una scuola di veterinaria. Non che l'idea la facesse impazzire, ma comunque aveva pensato che potesse essere una strada che l'avrebbe resa felice. Aveva quindi iniziato l'universit?, ma persino allora il sogno iniziale del bed-and-breakfast le era rimasto nel cuore. Era passato del tempo, e la cosa che pi? si avvicinava alla realizzazione di quel sogno era stata seguire programmi TV in cui degli esperti ristrutturano case. Cosa mi ? successo? Prima che si perdesse nei meandri di quei pensieri deprimenti, qualcuno buss? alla porta. Marie rispose subito e appena Chris varc? la porta lo abbracci?. Si baciarono languidamente per un bel po'. Quando lei stacc? le labbra, Chris la guard? con un'espressione alquanto sorpresa. “E buonasera anche a te,” disse. “Scusa. ? solo che… oh cavoli, ho avuto una giornataccia.” “Non scusarti mai per essermi saltata addosso appena entrato,” comment? lui. “Anzi, se vuoi continuare…” Fece un cenno oltre il soggiorno e la cucina, verso la camera da letto. Era difficile dirgli di no. Quel giorno era incredibilmente attraente. Marie pens? che dovesse aver avuto un appuntamento con un investitore, perch? i capelli non erano il solito disastro e indossava anche una camicia e dei pantaloni eleganti color cachi, anzich? i suoi soliti jeans laceri e la maglietta a maniche lunghe. “Non c'? tempo,” rispose lei. “Ho preparato una cena davvero sofisticata.” Chris sbirci? in cucina e vide che erano pronti gli spaghetti. “Nessuno dovrebbe mai rifiutare gli spaghetti,” comment?. La baci? sulla fronte e aggiunse: “Proprio una brutta giornata, vero?” All'improvviso, non sapeva pi? se dovesse raccontargli cosa aveva fatto. Cosa avrebbe pensato? Era stata avventata? Forse un po' immatura? “Piuttosto pesante, gi?.” “Uhm. Gi?, che rottura.” Non era una reazione profonda o particolarmente significativa per un uomo di trentasei anni, ma Chris sembrava eternamente stanco. Non dormiva quasi mai e le sporadiche volte in cui aveva passato la notte da Marie, le uniche cose che aveva scoperto di lui erano che russava incredibilmente forte e che al mattino, quando finiva di mangiare i cereali, abbandonava la ciotola con ancora il latte dentro sul lavandino, come una specie di barbaro. “Davvero una rottura, s?,” concord? lei. “Mangiamo e mi racconti tutto?” “Certo.” Riempirono i piatti e mangiarono al tavolino nell'angolo pranzo tra il soggiorno e la cucina. “Prima che ti racconti le mie personali pene dell'inferno, dimmi un po', com'? stata la tua giornata?” chiese Marie. “Tutto a posto,” rispose Chris. “Sono tre settimane che lavoro da casa, davvero niente male.” Ancora una volta, non era esattamente il tipo di linguaggio che ci si sarebbe aspettati da un uomo della sua et?. Concepire e programmare giochi per cellulare in cui la gente doveva far saltare in aria auto o dare la caccia a monete d'oro fino allo sfinimento lo aveva probabilmente fatto regredire in ogni aspetto della sua vita. “Su che gioco stai lavorando in questo periodo?” gli domand? Marie. Come al solito, spieg? cosa stava facendo scendendo nei minimi dettagli. Adorava il suo lavoro; la passione con cui ne parlava era una delle cose che Marie amava di lui. Quando fin?, le chiese della sua giornata. Ma sembrava quasi aver messo il pilota automatico. “Oggi per me ? stata una giornata strana,” cominci? a raccontare. “Dal nulla, mi sono messa a pensare a quando ero bambina, e a tutte le cose che volevo, sai? Ti ho mai parlato del Big Bright Bed-and-Breakfast di Marie? Era il mio sogno.” “Pensavo volessi fare la veterinaria.” “Quello era il sogno da adulta. Il sogno verso cui mi hanno spinta i miei genitori, in qualche modo. Il mio grande desiderio da bambina era questa cosa del bed-and-breakfast… Oh, Dio, Chris… Mi sono licenziata, oggi.” Era fatta. Gettata l?, senza giri di parole, quasi dal nulla. “Sul serio?” “Gi?.” Si aspettava una ramanzina di qualche tipo, sul fatto che aveva quarant'anni ed era senza lavoro. “Bene cos?,” comment? lui. “Quel posto fa schifo.” Certo, a volte avrebbe voluto che non parlasse sempre come un ragazzino. Intuendo che non avrebbe aggiunto altro, continu?. “Lo so che dovrei essere spaventata. E lo sono… solo, non cos? tanto.” “Gi?, certo,” disse Chris. Aspir? rumorosamente gli spaghetti e si avvicin? il cellulare. “Come ti stavo dicendo, mi ha fatto pensare ai miei vecchi sogni. E questo mi ha portato a pensare a mio pap?, a come l'ho perso… ed ? l?, mi sa, che ho iniziato ad abbandonare i miei sogni. Ma non posso biasimare la mia famiglia, sai? E perch? mai? Mio pap? ? morto e mia mamma era gi? scomparsa misteriosamente da qualche anno. Ho dovuto lasciare l'universit? e rilevare l'attivit? semi-disastrata di mio padre. Insomma, inutile piangersi addosso, no?” Chris annu?, continuando a sbafarsi gli spaghetti. Sembrava molto distratto e, peggio ancora, persino a disagio, come se non volesse trovarsi l? in quel momento. “Chris!” “Cosa?” “Ma mi stai almeno ascoltando?” “Certo. Io…” Il telefono vibr?: gli era arrivato un messaggio. Fece scivolare verso di s? il cellulare e inizi? a digitare una risposta. Doveva trattarsi di un affare di lavoro, immagin? Marie. Solo una volta lo aveva visto cos? distratto. Non le era piaciuto allora, e non prometteva affatto bene per il resto della loro serata. Fu attraversata da un lieve fremito di rabbia, come se avesse iniziato a circolarle dentro del veleno. Ma si trattava di un veleno buono, come tracannare una Red Bull o essere tutti eccitati prima dell'uscita di un nuovo film della Marvel. La rabbia, come una specie di mostro furioso dai mille tentacoli, si irradi? in ogni suo singolo nervo. Non stava domandando a Chris di fare una conversazione profonda; voleva solo che le prestasse ascolto, aveva bisogno dell'attenzione dell'uomo che amava. “Allora oggi,” continu?, “c'era questo golden retriever che mi ha mostrato un video in cui ha battuto Ninja a Fortnite.” Chris finalmente alz? lo sguardo. Le sopracciglia aggrottate, aveva un'espressione piuttosto confusa. “Cos'? che hai detto?” “Proprio cos?.” Marie port? il suo piatto al lavandino e si vers? nuovamente del vino. “Cosa c'? che non va, Marie?” “Sono tre minuti che ti parlo e non ti sei nemmeno degnato di guardarmi fino a che non ho accennato a Fortnite.” “Gi?… perch? tu non parli mai di Fortnite.” “Lo so. Sono una donna di trentanove anni. Perch? mai dovrei?” Lui sospir?, le diede un'occhiataccia e si alz? in piedi. “Devo andare in bagno.” Devo scappare, questa conversazione ? un campo minato, a Marie sembr? che volesse dire in realt?. “Sai cosa?” gli url? lei mentre lui percorreva il corridoio diretto verso il bagno. “Non ti avrei fatto nemmeno entrare nel Big Bright Bed-and-Breakfast di Marie!” “Il… il cosa?” rispose. “Il toast era un po' raffermo, ma il t? sapeva sempre di fiori!” “Marie, va tutto bene? Se hai bisogno…” “Ah, vai in bagno e basta!” La porta del bagno si chiuse silenziosamente pochi secondi dopo: era davvero andato in bagno e basta. Marie si lasci? scappare una singola lacrima che subito asciug?. Prima che avesse il tempo di riflettere sul suo bizzarro comportamento, il telefono di Chris vibr? di nuovo. Non esit? a prenderlo. Sullo schermo vide l'inizio del messaggio. Non proveniva da nessuno dei contatti salvati, ma il prefisso era quello locale. Questo fu ci? che Marie riusc? a leggere: Non star? sveglia tutta la notte, ma lascer? la porta aperta se tu… Era tutto ci? che l'anteprima sullo schermo bloccato le consentiva di vedere. Ed era sufficiente. Il dolore immediatamente la travolse. Incapace di resistere, Marie sblocc? il cellulare di Chris. Lo aveva visto digitare la password diverse volte e non ebbe problemi a ricordarsela. And? direttamente al messaggio e vide che era solo l'ultimo di un lungo scambio. I messaggi erano brevi, ma raccontavano una storia ben dettagliata e molto esplicita. Li stava ancora scorrendo quando Chris torn? al tavolo. Vide ci? che stava facendo Marie, e rimase in piedi anzich? tornare a sedersi. Marie alz? lo sguardo verso di lui e dovette ricorrere a tutta la propria forza di volont? per non piangere. Invece di scoppiare in lacrime, lanci? il telefono verso di lui facendolo atterrare rumorosamente sul suo lato del tavolo. “Cos'? questa roba?” sbott? Marie. “Perch? stai leggendo i miei messaggi?” “Perch? una donna con un prefisso di qui dovrebbe lasciare la porta aperta per te stasera?” controbatt? lei. “E, oltretutto, non solo stasera, ma per diverse volte nelle ultime settimane.” Sapeva di essere stato smascherato. Glielo si poteva leggere in faccia, nel modo in cui i suoi occhi sembravano scandagliare l'appartamento alla ricerca di una via d'uscita. “Marie… ? solo… non ? niente di serio.” “Oh, a me sembra qualcosa di molto serio. Forse emotivamente no, ma fisicamente decisamente s?. Di chi si tratta?” “Una tipa della compagnia di giochi che abbiamo rilevato il mese scorso.” “E avevi intenzione di dirmelo, prima o poi, o me lo avresti tenuto nascosto?” Chris port? il suo piatto al lavandino, poi la squadr?. Prese una postura rigida e un tono autoritario. “Non vedo questo gran problema.” “Cosa? Mi prendi in giro?” “Marie… i tempi cambiano. Abbiamo quasi quarant'anni. Le relazioni al giorno d'oggi sono diverse, sai? Non vedo il problema. Che male c'? ad avere due ragazze?” “Questa ? la cosa pi? stupida che abbia sentito oggi. E, credimi, ne sento di cose stupide al lavoro.” “Ma lei…” “Vai via, Chris.” “Marie, ascoltami.” “Oh, l'ho fatto. E ho sentito abbastanza. Ora vattene!” Avrebbe voluto dire un milione di cose, ma le lasci? tutte da parte. Chris aveva gi? raggiunto la porta prima che Marie potesse anche solo pensare di dire qualcosa su quanto stava accadendo. Sembrava proprio che lui volesse andare via. Fu in gran silenzio che chiuse la porta, ma per Marie fu come se l'avesse sbattuta. Rimase per un momento a fissare la porta, combattendo contro le lacrime, domandandosi se quella pessima giornata potesse addirittura peggiorare. Non appena elabor? quel pensiero, squill? il telefono. Era un numero sconosciuto, e il prefisso non era nemmeno quello locale. Rispose, aspettandosi che avessero semplicemente sbagliato. “Pronto?” “Buonasera. Parlo con Marie Fortune?” Era una voce maschile, austera, dal tono ufficiale. “Sono io.” “Signorina Fortune, sono il vicesceriffo Miles della polizia della contea di Winscott.” Il suo tono era secco ma anche un po' esitante. Era strano, perch? le sembrava di riconoscere che tipo di chiamata fosse, ma non aveva familiari in quella zona. A meno che… Il cuore le si ferm? un istante, in attesa della conferma. “Mi spiace comunicarle che sua zia June ? venuta a mancare.” CAPITOLO TRE Marie avrebbe voluto prendersi a schiaffi. Meno di trenta secondi prima, aveva osato chiedersi se la sua giornata potesse peggiorare in qualche modo. Ed ecco la risposta. Apr? la bocca, ma non usc? nessuna parola. “Signorina Fortune, ? ancora l??” “Ehm…” Fu tutto ci? che riusc? ad articolare, la mente invasa dai ricordi della sua prozia June. Zia June era stata una donna molto eccentrica. Era stata lei a pronunciare la prima battuta sconcia che Marie avesse mai sentito, ed era stato sempre da zia June che aveva bevuto alcol per la prima volta (un sorso di whiskey). Era sempre stata innamorata della casa di sua zia. Anzi, era stata proprio quella casa a instillare nella mente di Marie il sogno di aprire, un giorno, un bed-and-breakfast. June aveva novant'anni, ma non rimaneva mai a lungo nello stesso posto. Aveva vissuto sulla costa del Maine nell'ultima trentina d'anni ma viaggiava spesso in Florida, a Porto Rico e, chiss? mai perch?, anche in Wyoming. Era sempre stata una dei parenti preferiti di Marie ed erano state parecchio vicine negli anni della scuola media. E quando sua madre era uscita di scena che Marie era ancora adolescente, la prozia June ne aveva fatto in qualche modo le veci, per un po'. Ciononostante, Marie non la vedeva da quasi due anni, quando June era stata per l'ultima volta di passaggio a Providence. All'improvviso questi due anni le sembrarono un periodo davvero lungo. Ma, stranamente, i giorni e le settimane che aveva passato da bambina a casa di June le sembravano invece incredibilmente vicini, quasi li potesse toccare. Le passavano davanti come un bizzarro caleidoscopio: la quantit? folle di libri, l'enorme salotto, le candele, l'odore del lucido per legno e dell'oceano, la sabbia che le scottava le dita. Poteva facilmente richiamare alla memoria i castelli di sabbia che costruiva sulla spiaggia dietro la casa, cercando di imitare le guglie e le colonne della villa alle sue spalle. E poteva ancora facilmente rivivere l'attesa di percorrere quel tortuoso viale che portava alla casa, che la faceva letteralmente sobbalzare dal sedile per l'eccitazione. Mentre se ne stava l? immobile con il telefono in mano, all'improvviso le sembr? di sentire l'odore del t? oolong e degli scones bruciacchiati che June preparava ogni volta che lei andava a visitare quella vecchia casa sulla costa del Maine, subito dopo Ogunquit. I ricordi si interruppero quando si rese conto che, di tutti i familiari, la polizia aveva chiamato proprio lei. Non aveva senso. “Signorina Fortune? Tutto bene?” La voce del vicesceriffo la ricondusse alla realt?, strappandola al vago reame dei ricordi. “Ci sono. Sto solo… elaborando.” “Posso immaginare.” “Com'? successo?” chiese Marie, combattendo le lacrime per la seconda volta quella sera. “Crediamo che si sia spenta in pace nel sonno. Un pisolino pomeridiano, forse. La sua vicina ci ha chiamati e ci ha detto che June non rispondeva al telefono da due giorni e che non aveva risposto nemmeno alla porta quando lei ? andata a bussare. L'abbiamo trovata adagiata sulla sua sedia.” “Chi altri avete chiamato?” “A parte la vicina di casa, lei ? l'unica.” “E gli altri familiari? Voglio dire… siamo state vicine, ma non di recente.” Nel momento stesso in cui menzion? altri potenziali membri della famiglia, per?, cap? perfettamente. Per come era messa la sua famiglia, aveva senso che fosse lei l'unica a essere stata contattata. “C'erano il suo numero di telefono e l'indirizzo e-mail sul frigorifero,” spieg? il vicesceriffo Miles. “La vicina ci ha detto che le parlava sempre molto bene di lei. E dal momento che non abbiamo ritrovato n? una rubrica, n? un telefono, n? nulla che contenesse altri contatti, lei ? l'unica persona che potevamo chiamare.” “Gi?, immagino che non avesse una rubrica,” comment? Marie. “N? un cellulare.” Il pensiero di zia June che provava a usare un iPhone le fece affiorare alle labbra un tremolante sorriso. June aveva coniato tanti motti, e uno di questi era: “Quando l’angelo Lucifero ? stato cacciato dal paradiso, ? caduto nella tecnologia.” “Beh, la vicina ci ha detto di non essere a conoscenza di altri familiari,” continu? Miles. “Le viene in mente qualcuno che potrebbe occuparsi delle disposizioni? Sembrerebbe che la povera donna fosse tutta sola.” “Lo era. Ma preferiva cos?. Era una bisbetica fatta e finita.” “E non c’? nessuno che le venga in mente a cui dovremmo comunicare la notizia?” Tristemente, no, non c'era. A dire la verit?, Marie sembrava essersi completamente paralizzata in un ricordo molto preciso della sua prozia, che le era tornato in mente. Marie si ricordava un giorno d'estate perfetto. Era seduta nella veranda sul retro e guardava le bianche creste delle onde. June era venuta da lei e le aveva detto che sua madre avrebbe potuto non tornare mai pi?, che era scomparsa e che nessuno sapeva dove fosse. In un primo momento, Marie aveva pensato che si trattasse di uno dei soliti scherzi di June, come quella volta che l'aveva convinta che il grosso scoiattolo con cui aveva giocato una volta in giardino fosse in realt? un gatto mutante. Aveva insistito con cos? tanta determinazione e sicurezza che Marie aveva finito davvero per credere, durante tutta l'estate, che quello stupido scoiattolo fosse un gatto. Ma quella volta l'espressione tetra sul volto di June nel riportare la notizia alla nipotina quattordicenne era stata molto diversa. Dalla linea sottile delle sue labbra, Marie aveva capito che la zia stava dicendo la verit?. La polizia non era mai riuscita nemmeno a ritrovare l'auto di sua madre. Nessun indizio. “Mi spiace… Signorina Fortune?” “Mi scusi. L'ho fatto di nuovo, vero?” “S?. Va bene cos?.” Marie spazz? via il ricordo della scomparsa di sua madre. Stavolta non era di sua madre che si trattava. Aveva sprecato gi? abbastanza la sua vita a rimuginarci sopra. Questa volta si trattava di zia June, che era stata trovata morta nella sua casa da sogno. “Mi occuper? io di tutto ci? che ? necessario per il funerale,” assicur? Marie. “Un momento… verr? sepolta, vero?” “Non lo sappiamo ancora. Dobbiamo trovare il suo testamento prima di occuparci di questo genere di cose. Per caso lei sa qualcosa delle sue ultime volont??” “Non vorrei mai dover tirare a indovinare. Zia June era… beh, era una persona insolita. A un certo punto diceva di voler donare il suo corpo alla scienza, per servire da modello ai truccatori delle pompe funebri. Un'altra volta voleva che mettessimo le sue ceneri in un fuoco d'artificio e che lo lanciassimo nel mare. Un'altra volta ancora parlava di farsi trasformare in compost per fertilizzare non so quante piante di lill? chiss? dove in Virginia.” Il vicesceriffo Miles ridacchi?. “Doveva essere proprio un bel tipo.” “Lo era eccome.” “Allora annoto che posso contattarla in caso di necessit?. Lei sta bene, signorina Fortune?” “Mi riprender?,” lo rassicur? Marie, e terminarono la telefonata. Ma, in realt?, non era sicura di quanto fosse vero. Le venne un groppo in gola e sent? le lacrime colmarle gli occhi. Si sforz? di non esplodere in quel pianto disperato che stava per dirompere. Pens? alla vecchia casa di June, a come i bambini, a quei tempi, dicessero che fosse infestata. Pens? a quel giorno in cui aveva parlato a June di questa diceria, e si erano messe a canticchiare la sigla di Scooby Doo. Quel motivetto le rimase in testa e le provoc? brevi scoppi di risa che arginarono le lacrime. And? in camera e si gett? sul letto, sopraffatta da tutti gli eventi di quella giornata. Niente pi? lavoro. Niente pi? Chris. E adesso niente pi? zia June. C'era un solo pensiero che scongiurava il rischio che quella nottata diventasse un vero e proprio festival del pianto: pensare alla villa di zia June e a quel bellissimo litorale. Stava per tornarci, per motivi molto tristi, certo… Ma stava per tornarci. CAPITOLO QUATTRO Sulla strada per Port Bliss, a venticinque chilometri dalla cittadina, Marie vide l'oceano. Le apparve la prima volta superando un incrocio, quando intravide alla sua destra, in lontananza, uno scintillio blu e bianco. Dopo che lo ebbe visto, l'oceano le serv? da bussola. Sapeva dove andare e cosa attendersi. Condusse la sua vecchia ma affidabile Saab pi? vicino a Port Bliss, avvicinandosi lentamente alla costa. E quando l'autostrada inizi? a costeggiare l'acqua, separata solo da brevi tratti di boscaglia, casette e lingue dorate di sabbia, le affior? alle labbra un indelebile sorriso. Cominci? a vedere, sparsi per il paesaggio, piccoli segni che le ricordavano dov'era diretta. Le banchine per la pesca, i cartelli stradali che segnalavano le attrazioni balneari, le barche trainate a rimorchio da modesti pick-up. Quando le sue ruote toccarono il primo dei due grandi ponti che attraversavano i bacini idrici e le distese di acquitrini, fu difficile non soccombere alla nostalgia. Il suo passato tornava in forze, come se qualcuno stesse sfogliando, proprio davanti a lei, le pagine di un libro molto familiare. Poteva gi? vedere con gli occhi della mente la grande vecchia villa di June, con le sue guglie e le sue grandi finestre. Rivide il mare, che le sembrava cos? vasto e tremendamente profondo quando era bambina. Poteva raffigurarsi cos? bene quella casa perch? era stata, dopo tutto, l'ispirazione del suo sogno ad occhi aperti di aprire un bed-and-breakfast. Erano due anni che non vedeva June ma, cavoli, le sarebbe proprio mancata. Eppure, era onestamente un po' seccata dal fatto che l'immagine della vecchia villa prevalesse, nella sua memoria, persino sul ricordo di June. S?, c'erano gli scones e il t? oolong, e le battute e gli incessanti scherzi che potevano continuare per settimane, ma era stata la casa il cuore di tutto. Marie rimaneva per ore nella biblioteca del salotto della zia mentre June e sua madre chiacchieravano bevendo un bicchiere di vino o di brandy. Poi si metteva a correre nei corridoi e sgattaiolava in terrazza. Ridacchi? nuovamente, meravigliandosi di come la mente potesse reagire in modo strano alla morte di una persona cara. Per lo meno il funerale si tiene a Port Bliss, pens?. Conoscendo June, avr? sicuramente avuto in mente un mucchio di ambientazioni bislacche per quest'evento. Ovviamente, il pensiero del funerale era triste. Specialmente il funerale di zia June. Quella vecchia pellaccia aveva vissuto come se fosse immortale. Oltre a scherzare su razzi da lanciare e sul fare da modella per i truccatori delle pompe funebri, June aveva anche accennato a farsi ibernare criogenicamente. Parlava sempre di come Walt Disney e qualche giocatore di baseball fossero ibernati da qualche parte. Man mano che si avvicinava a Port Bliss, Marie si rese conto che quella che sentiva non era nostalgia, o almeno, non esattamente. Non sapeva se esistesse una parola precisa per descrivere quella sensazione di tornare a casa in un posto che per? non ? mai stato esattamente casa tua. Eppure, era proprio quello che stava provando. Si immagin? che esistesse una parola giapponese per dirlo, perch? i giapponesi hanno una parola per qualsiasi cosa. Mentre i ricordi di zia June continuavano ad attraversarle la mente, un'altra cosa le accadde. Pens? che in qualche modo il tempismo dell'evento avesse un che di cosmico: forse zia June, ovunque si trovasse in quel momento, se la stava ridendo, sapendo che la sua morte aveva attutito il duro colpo del collasso di una relazione. June sarebbe stata proprio capace di fare una cosa del genere. Anzi, non faceva fatica a immaginare che la zia potesse mettersi a infestare l'appartamento di Chris per ripicca. Quel pensiero la fece sorridere. Nel flusso di tutti quei ricordi, in qualche modo era arrivata al secondo ponte e lo aveva attraversato. Sulla sua destra si estendeva Port Bliss. Era quasi del tutto fuori dalla sua visuale, ma la configurazione era proprio come se la ricordava. A sinistra, molto in lontananza e perlopi? coperto dagli alberi, c'era il faro Boggie. I fari la avevano affascinata per un bel pezzo quando era piccola e aveva sempre pensato al faro Boggie come a una sorta di pietra miliare, quando veniva in visita con sua madre. La sua apparizione indicava che erano arrivate. Marie ingoi? l'emozione quando raggiunse la fine del ponte. Percorse ancora 800 metri poi arriv? a un incrocio a T. E l?, ecco finalmente Port Bliss. Non ci veniva da almeno vent'anni, ma sembrava cos? familiare. L'unico grande cambiamento sembrava essere l'abbondanza di caffetterie e di negozi di prodotti alimentari biologici. Tuttavia, alcune cose non erano affatto cambiate. La gelateria di Bruce era ancora al suo posto, all'angolo tra Main e Pine street. Le lettere sbiadite sulla vetrina le scaldarono il cuore e, in tutta onest?, le fecero venire voglia di un bel gelato al gusto Cappuccino Crunch. Anche la libreria Little Things era ancora attiva; un volantino affisso sulla vetrina promuoveva un firmacopie con un autore locale. Si chiese se il posto avesse anche lo stesso odore di un tempo, quello di vecchia carta immersa nel caramello. Mentre superava queste viste familiari, Marie abbass? i finestrini e respir? profondamente. L'aria salmastra era un po' forte, ma piacevole. Quel sorriso indelebile le si allarg? sulle guance, come da molto tempo nessun sorriso riusciva a fare. Cerc? altri punti di riferimento e luoghi simbolo di Port Bliss trovandoli ovunque: la vecchia ancora, collocata come statua all'ingresso dell'unico parco della cittadina; la concessionaria auto Ottoman, con la sua ridicola automobile mascotte disegnata sull'insegna al neon del parcheggio; il ristorante Lamplighter; e il Coastal Treasures, un pittoresco e un po' pacchiano negozio di souvenir. Proprio come sapeva dove trovare queste attrazioni locali, sapeva anche dove fossero situati gli hotel. Ma non voleva ancora metterci piede. Prima di tutto doveva vedere la casa di zia June. Si sentiva attirata dalla villa come da una calamita, sin da quando aveva ricevuto la telefonata del vicesceriffo Miles. Fu contenta di constatare che le sue mani e il suo cuore sapevano guidarla perfettamente, conducendo la sua piccola Saab verso il limitare della citt?. Si ritrov? su Crabapple Road, una strada non contrassegnata che continuava per circa 3 chilometri gi? lungo la costa. A circa quattrocento metri, iniziava uno stretto e tortuoso vialetto, in parte asfaltato e in parte sterrato. In fondo al vialetto, Marie poteva vedere la vecchia villa. Il graduale dislivello della strada faceva s? che la casa si stagliasse sul fondo, come se la sovrastasse. Aveva una bellezza maestosa e un po' gotica: ora, da adulta, le fu facile capire perch? fosse cos? scontato per i bambini del posto pensare che la villa fosse infestata dai fantasmi. L'oceano non era visibile, ma il tenue sbaffo pastello dell'orizzonte e il blu acceso del cielo sembravano prometterne la presenza sul retro della propriet?. Con le braccia leggermente tremanti, Marie svolt? nel vialetto d'accesso. Mentre dall'altro lato del parabrezza la casa si faceva sempre pi? grande, le affiorarono in mente altri ricordi. Si ricord? che dormiva nella stanza per gli ospiti al piano superiore, con la zia June che le rimboccava le coperte dopo averle letto una delle sue strambe favole della buonanotte. Si ricordava persino delle tende della camera, sottili e viola, che proiettavano su ogni oggetto della stanza una strana sfumatura vinaccia, quando filtrava la luce del sole. Si ricord? dell'enorme conchiglia nella toilette, collocata proprio sopra il gabinetto, e di come si mettesse ad ascoltare il ruggito del mare quando andava a fare le sue cose. Non riusciva a sentirlo molto bene, ma si ricordava che zia June le aveva detto che quando le conchiglie rimanevano troppo tempo lontane dall'oceano perdevano il loro legame con l'acqua e, per questo, non riuscivano pi? a ricordarsi il suono. Questa conchiglia in particolare, secondo sua zia, ogni tanto suonava “Blue Suede Shoes” di Elvis Presley, se si ascoltava attentamente. Parcheggi? davanti alla casa e rest? a fissarla. Eccola l?, l'ispirazione per il suo bed-and-breakfast immaginario, e il fulcro di tutti i suoi pi? bei ricordi d'infanzia. Fu sul punto di uscire e camminare fino al portico, ma pens? che forse era spingere le cose un po' troppo oltre. Ignorava quali fossero le regole da seguire in questi casi, quando si trattava di propriet?, banche e anziane eccentriche signore da poco defunte. Rimase seduta, ancorata in un sentimento tra gioia e tristezza. Tutto era come se lo ricordava. Era come se il tempo si fosse fermato da quando era stata l? l'ultima volta, una ventina d'anni prima. Aveva pensato di venire in visita quando aveva saputo che June era caduta e si era slogata una caviglia ma, giusto il tempo di organizzarsi, e quella era gi? guarita ed era partita per un viaggio a Stoccolma. Dopo questa visita mancata, l'unica volta che aveva visto la zia era stata due anni prima, quando June era venuta a trovarla a Providence, di passaggio durante un altro dei suoi viaggi. A parte queste occasioni, avevano soltanto parlato per telefono. C'erano state anche due goffe chiamate Skype in cui June aveva passato met? del tempo a frignare su quanto odiasse la tecnologia. Tutto era rimasto cos? uguale che si sorprese a esaminare il cortile alla ricerca di gatti mutanti somiglianti a scoiattoli. Non sapeva da quanto tempo fosse seduta l?. Fiss? la casa, sentendo la sua influenza avvolgerla come un'ombra. Aveva qualcosa di vittoriano, con minuscole guglie e tetti conici. La facciata esterna era composta perlopi? di mattoni sbiaditi dal tempo, tra i quali crescevano ciuffi di muschio qua e l?. Da cos? vicino, quell'effetto spettrale che impressionava cos? tanto i bambini del circondario svaniva. Da cos? vicino, anzi, la casa sembrava calda e invitante. Fu solo quando riavvi? l'auto e fece retromarcia che si rese conto di quanto quella casa le fosse mancata. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poterci entrare di nuovo. Ma probabilmente, a meno di un miracolo, non sarebbe mai pi? successo. L'ultima volta che aveva parlato a June, le aveva accennato a come stesse cercando un'organizzazione di buona reputazione a cui donare la casa: forse un centro di riabilitazione, o magari una specie di pensione per animali dove le persone potevano portare i loro amici a quattro zampe quando avevano bisogno di partire per un lungo periodo. Fossero venute da chiunque altro, Marie avrebbe dubitato di quelle idee. Ma, trattandosi di zia June, entrambe le possibilit? sembravano essere assolutamente verosimili. Durante quella conversazione, l'ultima approfondita che avevano avuto, June sembrava alquanto ossessionata dall'idea di lasciare la casa in buone mani. Quindi, a meno che i futuri proprietari, o, immaginava, il sovrintendente del patrimonio di zia June, le permettessero di entrare e dare una rapida sbirciatina di cinque minuti, era pi? che probabile che non avrebbe mai pi? messo piede in quella casa. Dopo aver raggiunto Crabapple Road, uscendo dal vialetto d'accesso Marie gett? un ultimo sguardo alla casa dietro di s?. La luce del sole si riflesse su una delle finestre della facciata anteriore del vecchio maniero e, per un attimo, sembr? che la casa le stesse facendo l'occhiolino, come se avesse un segreto che si rifiutava di svelare. Si chiedeva se la zia June si fosse lasciata alle spalle qualche segreto. Riservata com'era stata, la prospettiva era scoraggiante. Ma, con il funerale imminente, Marie non poteva fare a meno di pensare che magari avrebbe sentito uno di questi segreti dalle labbra di qualche sconosciuto… e questo avrebbe potuto alterare il suo ricordo di June. *** “Che diavolo avete da guardare?” Era cos? che iniziava l'ultimo messaggio di June Fortune al mondo. Fulmin? con lo sguardo le circa quaranta persone che si erano riunite attorno alla televisione a schermo piatto nell'aula multifunzionale della chiesa della comunit? locale. Lentamente, sul viso di June si disegn? un sorriso, che si irradi? verso tutti coloro che erano venuti a rendere omaggio alla sua vita. Ci furono diverse risatine soffocate. Poi le risate si fecero pi? nitide a mano a mano che June, nei venti minuti successivi, si prodigava a spiegare a tutti per quale motivo non dovessero piangere la sua dipartita ma, al contrario, celebrare la sua lunga vita. Disse che stava andando in un posto migliore (scherzando sul fatto che si sarebbe trovata benissimo a Montego Bay per trascorrerci l'eternit?), e pass? la maggior parte del tempo a fare battute su quanto lunga fosse stata la sua vita. Quando il video fin?, ci furono lacrime e risa a riempire la stanza. Era davvero quello il modo migliore per commemorare la prozia June. La donna aveva lasciato il mondo alle sue condizioni, nella sua casa, e aveva pronunciato un addio degno di uno spettacolo comico. Marie non era estranea ai lutti. Suo padre era morto quando lei aveva vent'anni. Prima ancora, quando Marie era appena quattordicenne, sua madre era letteralmente svanita nel nulla. Marie aveva anche partecipato al funerale della nonna della sua migliore amica ai tempi delle superiori. Ma qualcosa del funerale della zia June e della veglia funebre sembrava surreale. Le persone come June sembravano non dover morire mai. Il ricevimento fu organizzato nel centro ricreativo della comunit? locale, in una piccola sala che affacciava sull'oceano. Si radunarono tutti sul patio posteriore. Ci fu molto vino e moltissimi dolci. L'impianto stereo suonava musica swing degli anni '40 e '50. Marie prov? a passare un momento gradevole, ma le improvvise interruzioni da parte di persone di cui si ricordava a malapena o che non conosceva affatto resero il tutto difficile. Non partecip? alle conversazioni, ma sorrideva e annuiva quando le sembrava appropriato. “Che pazza, June,” le disse un anziano signore con gli occhi lucidi. “Ma pazza in senso buono, capisci cosa intendo?” “Sinceramente, pensavo che non sarebbe mai morta,” aggiunse una robusta signora sulla cinquantina. “Era proprio una donna scoppiettante!” “A proposito di far scoppiare cose, sa che ha seriamente accarezzato l'idea di farsi cremare e di far esplodere le proprie ceneri con dei fuochi d'artificio?” “Vorrei dire che non ci credo, ma sembra proprio una delle cose che avrebbe fatto!” Marie fu felice di sentire le persone condividere storie su sua zia. Era chiaro invece che quasi nessuno sapeva chi fosse lei. Alcune persone, infatti, le si avvicinarono e le chiesero come conoscesse June. A quanto pareva, “era la mia prozia” non era una risposta cos? interessante, dato che non faceva avanzare granch? la conversazione. Marie vag? verso l'estremit? del patio, dove c'era meno traffico di persone e una vista spettacolare sull'oceano. Continu? ad ascoltare ancora altri racconti e storie su June. Che fossero storie vere o meno non le importava molto. Era comunque bello sapere che la zia June aveva lasciato un retaggio di questo tipo in una piccola citt? come Port Bliss. “Ho sentito dire che una volta ha infilato un biglietto da cinque dollari dentro tutti i libri di Sue Grafton in stock alla libreria Little Things, sia quelli nuovi sia quelli usati.” “Lo sa che ogni volta che un venditore porta a porta bussava alla sua porta lei si comportava come se fosse posseduta da un fantasma o un demone?” “Ah! Con quella casa, ? facile da credere. Sa che si dice in giro che ? infestata, vero?” “Fantasmi di naufraghi, ho sentito dire.” E gi? altre risate. Marie guardava l'oceano e trovava piacevole sentire quelle risa. La casa si trovava a due chilometri e mezzo di distanza, proprio in fondo alla costa. Pens? che avrebbe dovuto socializzare un po' di pi? se voleva trovare il modo di entrarci di nuovo. Pens? che sarebbe stato un bel modo di recuperare energie prima di tornare nel mondo reale e affrontare il fatto che era rimasta senza lavoro e senza un ragazzo. Ma le era difficile distogliere lo sguardo dall'oceano. Per un momento le sembr? che la stesse chiamando, che le stesse chiedendo di rimanere ancora un po'. Mentre lo fissava si chiese, e non era la prima volta, come sarebbe stato crescere l?. Dopo la morte di suo padre, zia June l'aveva invitata a rimanere con lei fino a che non si fosse rimessa in sesto. Marie non poteva fare a meno di chiedersi come sarebbe cambiata la sua vita se avesse accettato. A quei tempi, aveva pensato che fosse solo una proposta educata e gentile, ma dopo aver ascoltato il videomessaggio che June aveva lasciato si rese conto che aveva ignorato quanto davvero sua zia fosse spontanea e intrepida. S?, avrebbe assolutamente potuto vivere a Port Bliss. Sarebbe stato un po' come chiudere un cerchio. Certo, era disoccupata e aveva poco meno di undicimila dollari di risparmi. Non voleva nemmeno provare a indovinare quanto costasse l? l'affitto. Ma la parte pi? coraggiosa di lei pensava che avrebbe potuto trovare un lavoro e magari ricominciare tutto daccapo qui. L'ombra del maniero di zia June sempre sopra di lei l'avrebbe certamente aiutata a trovare la motivazione. Non doveva essere poi cos? difficile trovare un lavoro decente in un posto come Port Bliss, giusto? Era un pensiero allettante, cos? allettante che la spinse a muoversi, nella speranza che qualcuno le potesse indicare dove trovare il rappresentante legale di June. Guarda caso, non dovette cercare troppo a lungo. Mentre stava tornando all'interno del centro ricreativo, una voce la ferm?. “Mi scusi, signora?” Sulle prime pens? che si trattasse dell'ennesima persona che voleva chiederle come avesse conosciuto June. Si volt? e alle sue spalle vide un uomo che si teneva a rispettosa distanza. Indossava un completo dall'aria costosa, ma niente di troppo appariscente, date le circostanze. I suoi capelli, che iniziavano a ingrigire all'altezza delle tempie, erano pettinati all'indietro. Portava con s? una valigetta. “S??” chiese Marie. “Lei ? Marie, giusto? Marie Fortune?” “In persona,” conferm? lei. Pens? si trattasse di uno degli amici di June che si ricordavano di lei dalle sue visite di quand'era bambina. “E lei ??” “Mi chiamo Malcolm Carey. Sono il legale di sua zia June.” “Oh. C'? qualcosa che non va?” “No, niente affatto. Detesto doverla fermare qui e adesso, data la situazione. Ad alcuni potrebbe sembrare non professionale. Ma non ero sicuro di quanto a lungo si trattenesse a Port Bliss ed ? importante che le parli. ? un buon momento adesso?” “Uno vale l'altro, direi.” “Forse ? meglio andare nel parcheggio qui fuori,” sugger? Carey. “Preferirei non dover trattare la questione alla presenza di tutti.” Uscirono nel parcheggio e si sedettero su una panchina giusto accanto alle scale d'ingresso. Carey apr? la valigetta e ne estrasse diversi moduli e una massiccia pila di documenti. “Sono sicuro che lei sappia,” inizi? Carey, “che June non aveva familiari qui nei dintorni. Da quello che capisco, l'unico contatto che la polizia ha potuto trovare sulla scena ? stato il suo numero di telefono sul frigorifero.” “Beh, s?, il resto della mia famiglia ? eccentrico tanto quanto la zia June.” “Considerata quest'informazione, suppongo che abbia senso che il suo nome appaia diverse volte nel testamento.” “Davvero?” Non ci aveva mai neppure pensato. “S?, proprio cos?,” disse Carey. Sorrise di proposito e lanci? uno sguardo ai documenti. “Difatti, le ha lasciato qualcosa di molto speciale.” CAPITOLO CINQUE “Speciale?” ripet? Marie. Carey sorrise e annu?, poi le pass? un plico di documenti. Lei lo esamin?, ma era tutto scritto in un linguaggio astruso; avrebbe potuto essere scritto in greco antico, ci avrebbe capito uguale. “Di cosa si tratta?” chiese. “? un capitolo ben preciso del suo testamento.” Scorse rapidamente tre paragrafi poi indic? con un dito una riga in particolare. Lesse ad alta voce, mentre Marie lo ascoltava. “E a mia nipote, lascio anche in eredit? la mia casa situata al 101 di Crabapple Road. Ci? comprende i quattro ettari di terra circostanti e il tratto di lungomare.” Marie si sent? sempre pi? frastornata. Sicuramente aveva frainteso. O forse era una burla. Forse la zia June voleva farle un ultimo scherzetto, qualcosa per? di molto pi? serio di un gatto potenzialmente radioattivo. Eppure, si ritrov? a doversi aggrappare stretta al bordo della panchina per rimanere ancorata alla realt?. “? sicuro?” chiese. “L'ultima volta che le ho parlato, si era convinta a donarla a qualche organizzazione.” “Oh s?, lo so. All'inizio la casa doveva andare a un'organizzazione marittima. Aveva dei piani grandiosi per affidarla a un gruppo locale di preservazione marittima e trasformarla in un museo sui naufragi.” “Sembra proprio un'idea da June,” comment? Marie. “Beh, s?, era cos? fino a due settimane fa. June mi ha chiamato in ufficio e mi ha chiesto di fare alcune modifiche al testamento. Una sola riga, a dire il vero. Quella in cui lascia a lei la propriet? della casa.” “Lei ?… lei ? sicuro?” Carey sorrise. “S?. ? tutto qui nel testamento, nero su bianco. June le ha lasciato il suo maniero in eredit?, Marie.” Marie inizi? a ridacchiare, ma rapidamente la risata si tramut? in un pianto silenzioso. Le implicazioni infinite di questa cosa iniziarono ad affollarle la testa, eppure non riusciva a trovare un senso a nessuna di esse. Era come un grosso cumulo di foglie secche appena rastrellate, che aspettava solo che lei ci saltasse dentro. “Dov'? l'inghippo?” chiese. “Beh, la casa ? infestata. Non lo sa?” Marie lo fiss? con la bocca spalancata. Carey rise della sua battuta, scuotendo la testa. “Sto solo scherzando. Ma sono sicuro che lei ? al corrente delle dicerie.” “Le ho sentite tutte, mi sa.” “Ad ogni modo, no… non c'? nessun inghippo. ? sua. Ci sono un po' di carte da firmare e depositare, ma ? solo la prassi.” Si ferm? un momento e aggiunse: “Tutto bene?” “S?,” disse Marie, fissando i documenti. Voleva piangere. Voleva urlare. Voleva esplodere in una danza di gioia l? stesso, nel parcheggio. Ma probabilmente non sarebbe stato un comportamento appropriato a una veglia funebre. Non pu? essere vero, non mi sta capitando davvero, pens?. “Sarebbe strano se le chiedessi di darmi un pizzicotto?” chiese Marie. “Un po', suppongo. Ma posso farlo se vuole.” “Non fa niente. Quindi… posso andare alla casa e… dare un'occhiata?” “Certo. Ma, prima di tutto, c'? anche questa…” Carey frug? nuovamente nella valigetta e tir? fuori una busta. C'era scritto il nome di Marie, chiaro e tondo, proprio al centro. Marie la apr? lentamente, le mani tremanti. La busta conteneva un solo foglio di carta, piegato in tre. Quando Marie lo apr?, scopr? che si trattava di una breve lettera manoscritta. Nel vedere la grafia che pendeva nettamente verso sinistra, si immagin? facilmente June mentre la scriveva. La lettera riportava: Marie, Se stai leggendo, vuol dire che sono morta. Mi dispiace. Mi spiace anche di doverti mollare la baracca. Ma ho pensato che starebbe meglio tra le tue mani che in quelle di un mucchio di politicanti e presuntuosi appassionati di storia. Abbi cura del posto, e stai attenta a quei gatti mutanti radioattivi! Ce ne sono molti in primavera. Oh, dimenticavo, come se gi? la casa non fosse in s? e per s? una sorpresa… c'? anche un'altra sorpresa che ti aspetta e che apprezzerai! Con tanto amore,     June Un'altra sorpresa? Marie non sapeva se il suo cuore poteva reggere altre sorprese. Gi? faceva fatica ad accettare che la casa per la quale aveva avuto un tempo una piccola ossessione ora era sua. Se le sorprese continuavano ad accumularsi, il suo cuore avrebbe potuto esplodere, pens?. Ah, forse ? a questo che somiglia, essere felici da adulti. “Quindi, posso andare a dare un'occhiata?” chiese. Ancora una volta, si aspettava uno scherzetto dell'ultimo minuto. Sarebbe stato appropriato, in qualche modo, data la personalit? di June. “Certo,” la rassicur? Carey. Infil? nuovamente la mano nella valigetta e ne trasse un'altra busta, questa volta molto pi? piccola della prima, e la consegn? a Marie. Quando Marie la apr?, vi trov? due chiavi. Marie se le fece scivolare in mano. Tintinnarono insieme melodiosamente. Le fiss? per un attimo, iniziando a realizzare cosa stava davvero succedendo. “? tutto okay,” disse Carey, forse comprendendo finalmente la sua confusione. “Pu? andare. Vada pure a visitare la sua nuova propriet?.” CAPITOLO SEI Quando venti minuti dopo guid? l'auto sul tortuoso vialetto di Crabapple Road, Marie fu sopraffatta dalla sensazione di entrare in una propriet? privata. Stava guidando verso la casa con intenzione, adesso, e non solo con desiderio ed eccitazione. Ora s? che pensi come una ragazza grande. Quasi scoppi? a ridere quando le venne in mente quella frase. Gliela diceva suo padre ogni volta che lei iniziava a interrogarlo su qualcosa, o metteva in dubbio qualcosa che aveva imparato a scuola. Marie era stata il tipo di scolaretta che, in prima elementare, aveva osservato che forse Cristoforo Colombo non era poi quel grande eroe che si diceva, ma solo un bullo che era andato a prendersi roba che non era sua. Era un tratto di personalit? che l'aveva accompagnata per il resto della vita, ma erano molti anni che non pensava pi? a quella frase. Quando parcheggi? davanti alla casa, rimase in piedi accanto all'auto per un momento, a osservarla. Le persiane grigie davano un'impressione di calma e relax. Il vecchio dondolo nel portico, che avrebbe dovuto essere spedito in pensione gi? da tempo, sembrava pi? solido che mai. Piccole aiuole bordeggiavano il portico, piene di lill?, bouganville e belle di giorno appassite. Stranamente, i fiori non sembravano affatto vivacizzare la facciata della casa, ma contribuivano a quella calma calorosa e accogliente che emanavano i toni grigi delle persiane e del portone. Marie sorrise. Era appropriato che zia June possedesse una casa che generava opinioni contrastanti. Per alcuni poteva essere invitante e calorosa, per altri invece inquietante e un po' sinistra. Marie fece un respiro profondo e inizi? ad avanzare. Non aveva paura; nonostante le dicerie, non avrebbe mai potuto provare nulla di anche solo somigliante alla paura, quando veniva in questa casa. La zia June aveva vissuto qui ed era qui che erano racchiusi cos? tanti cari ricordi d'infanzia. Quindi non aveva paura, si sentiva solo un po' tesa. Sorrise, assaporando il groviglio di emozioni e la gita lungo il viale dei ricordi che stava ormai per riportarla al punto di partenza, chiudendo cos? il cerchio. Fece un passo sul portico e, adoperando una delle chiavi che Carey le aveva dato, apr? la porta. Si apr? facilmente, come se la stesse aspettando da sempre. Nel guardare l'interno della casa per la prima volta in vent'anni, Marie si chiese se avesse sempre avuto un'aria cos? sinistra. Inquietante era una parola un po' troppo forte, ma non ci andava troppo lontano. Le fece pensare pi? a Ghostbusters che a Scooby Doo. June aveva davvero calcato la mano sull'aspetto dark. I pavimenti in parquet erano piuttosto scuri, coperti in larga parte da splendidi tappeti dai motivi grigi e neri. Il lampadario che Marie si ricordava dall'infanzia pendeva dall'alto soffitto dell'ingresso. Anche quello era bellissimo ma aveva un fascino un po' spettrale. Era il tipo di luogo in cui immaginava che Edgar Allan Poe potesse essersi rintanato a scrivere di cuori murati ancora pulsanti e corvi che tormentavano persone. Ma solo se Poe fosse stato, in fondo, un buontempone. Se mai ci fossero stati spettri a infestare questo posto, di certo non erano del tipo da far tintinnare spaventosamente catene, ma pi? probabilmente sarebbero stati dei giocolieri oppure avrebbero soffiato costantemente in una di quelle trombette con l'estremit? fatta di carta che si allunga. Marie avanz? verso il fondo dell'ingresso e guard? alla sua sinistra. Sapeva cosa la aspettava l?: il salotto in cui June e sua madre avevano passato cos? tempo sedute insieme. Marie stessa aveva passato un sacco di tempo l?, a riempire album da colorare e a fingere di leggere vecchi libri di Nancy Drew mentre ascoltava June e sua madre scambiarsi pettegolezzi sui vicini. Entr? in salotto. Era ordinato e buio. L'unica luce che illuminava la stanza filtrava dallo spazio lasciato da una grossa tenda aperta al centro della finestra. Gli scaffali erano gli stessi, pieni zeppi di vecchi tascabili che spaziavano dalla poesia di William Blake ai romanzi di Danielle Steel. La maggior parte della mobilia per? era nuova. C'era una poltrona grandiosa che sembrava quasi un trono in miniatura, con accanto un piccolo tavolino da lettura. C'erano delle piccole macchie concentriche di umido sul tavolo, alcune perfettamente corrispondenti alla base di un calice di vino. Marie assorb? l'atmosfera della stanza e sent? un'ondata di emozione che stentava ad arginare. Devo uscire da qui, pens?. Il funerale e la veglia sono stati gi? abbastanza duri: non ha senso stare impalata a farmi aggredire dalle emozioni anche qui. Usc? dal salotto attraversando l'ampio passaggio ad arco sul retro della stanza. Da l? arriv? in sala da pranzo, dove troneggiava un grande tavolo che poteva ospitare dodici persone. All'altro capo della sala spiccava una grande vetrinetta contenente un insieme di piatti, tazze e bicchieri non proprio ben assortiti. Marie fece il giro del resto della casa nello stesso stile. C'erano due bagni, uno dei quali, accanto alla camera da letto padronale, era grande la met? del suo appartamento di Providence. Sal? al piano di sopra, facendo scivolare la mano sulla ringhiera che aveva toccato innumerevoli volte da ragazza. C'erano altre tre camere da letto al piano superiore, una delle quali era stata trasformata in una specie di ufficio di cui Marie stentava a trovare il senso. C'era una vecchia macchina da scrivere su una splendida scrivania, con un foglio di carta dentro e una piccola risma giusto accanto. Tutti i fogli erano bianchi, e Marie si chiese se June avesse accarezzato l'idea di scrivere un libro. Di certo l'entusiasmo e lo spirito per intraprendere un'impresa del genere non le mancavano. Beh, era meglio dire non le erano mancati. Ora lei non c'era pi?. E stare l? in piedi in quella casa vasta e vuota rendeva quel dato di fatto ancora pi? evidente. Povera casa. Come June, era unica nel suo genere. E ora sarebbe stata costretta a venderla, un colpo che avrebbe potuto essere davvero enorme per lei. Si chiese quanto avrebbe potuto ricavarci; era piuttosto vecchia ma aveva il suo fascino particolare. Inoltre, era proprio sulla spiaggia. Poteva valere una somma di denaro tale da cambiarle la vita. Allo stesso tempo, Marie detestava l'idea che la casa passasse nelle mani di una famiglia qualsiasi. La sua storia e le sue storie sarebbero state seppellite insieme a June. Se solo… e se…? “Oh, non ci provare,” disse a s? stessa. Un pensiero prendeva forma in fondo alla sua mente, un'idea che aveva paura di affrontare a viso aperto. Ora s? che pensi come una ragazza grande… “Non sai nemmeno quanto, pap?.” Marie si trovava al secondo piano, nel corridoio che conduceva nuovamente alle scale. Sulla parete proprio davanti alle scale c'era una finestra semi-panoramica. Guard? fuori e vide l'oceano che scintillava nel sole pomeridiano. La lingua dorata di spiaggia le sembrava proprio un lungo tappeto di benvenuto. Immagin? che alcuni avrebbero potuto trovarlo in contrasto con la struttura e il design della casa, ma… beh, c'era qualcosa di incantevole nella composizione di quel tutto, no? Forse era proprio ci? che avrebbe potuto rendere davvero unico un bed-and-breakfast. Eccolo l?: il pensiero che le ticchettava nella testa ora era stato pienamente formulato. Continu? a esplorare la casa, arrivando alla stanza degli ospiti in cui aveva passato molte notti da bambina. La disposizione della camera non era cambiata, anche se le frivole lenzuola rosa erano state sostituite da altre pi? semplici, beige. Anche il comodino era lo stesso, e cos? la piccola libreria e la foto di tre bambine che costruivano un castello di sabbia su un tratto burrascoso di spiaggia. Cammin? verso il letto e si sedette. Con un sorrisetto in viso, apr? il cassetto del comodino. Le si ferm? il cuore per un attimo quando vide che cosa conteneva. Per un momento, aveva di nuovo dieci anni. Infil? la mano nel cassetto e tir? fuori l'unico oggetto che vi era riposto. Era una piccola bambola con cui giocava quando veniva in visita. Ce n'erano state molte, ma questa era la sua preferita. Era un'imitazione di una Barbie, ma bambina. Dato che Barbie aveva Skipper, l'aveva nominata Dipper. Tenne Dipper tra le mani, sentendo gli occhi colmarsi di lacrime. Indossava la gonnellina pacchiana che Marie le aveva messo addosso trent'anni prima. Il tempo e l'abbandono l'avevano fatta un po' sbiadire, cos? come i capelli castani di Dipper, ma aveva lo stesso aspetto di un tempo. Che strana cosa. Che possibilit? c'erano che June avesse conservato qui questa bambola per tutto questo tempo? Forse era quella la sorpresa a cui June aveva accennato nella lettera. Se era cos?, era una sorpresa un po' stramba, ma del resto la zia era sempre stata una signora stramba, quindi… Marie non era sicura, per?. Non le sembrava che June fosse mai stata un tipo sentimentale. Eppure, Dipper era proprio l?, come se avesse aspettato che la sua proprietaria un giorno ritornasse. Era quasi come se Dipper stesse cercando di comunicarle qualcosa. Guard? la bambola dritto negli occhi e stavolta disse ad alta voce. “Un posto del genere sarebbe davvero un bel bed-and-breakfast, vero?” Quel pensiero le fece battere pi? forte il cuore. Ma a incombere c'era la realt?. Ci sarebbe voluto denaro, e tempo. Di certo sarebbe stato necessario pi? di quanto aveva al momento nel conto corrente. D'altro canto, quanti lavori doveva davvero fare? Certo, alcuni punti erano pi? dark che vittoriani o gotici nel senso tradizionale, ma era davvero un male? I mobili erano affascinanti, c'era un sacco di spazio e il salotto al piano terra gi? da solo aveva un fascino incredibile. S?, era un'idea seducente. Il suo sogno, servitole su un piatto d'argento dalla prozia defunta, era l? davanti ai suoi occhi. Ora s? che pensi come una ragazza grande, la voce di suo padre risuon? ancora una volta nella sua testa. “Eccome,” disse, dando un'occhiata alla stanza. All'improvviso, il peso di quell'idea le sembr? troppo grande. Si alz? in fretta, sempre tenendo Dipper stretta tra le mani, e si diresse verso il piano di sotto. Non si rese nemmeno conto di quanto rapidamente stesse camminando fino a che non raggiunse la fine delle scale e si ritrov? di fronte alla porta d'ingresso. Usc? sul portico e avanz? lungo le scale. Si ferm? in giardino, davanti alla casa, sentendo l'oceano frusciare alle sue spalle. Assapor? il sole in faccia, annus? l'aria del mare, e inizi? a calmarsi. Ma dur? poco. Mentre tornava sui suoi passi attraverso il portico, qualcosa balz? da terra. Di qualsiasi cosa si trattasse, stava puntando proprio lei. Url? mentre la cosa le sbatteva addosso, mandandola al tappeto. CAPITOLO SETTE Marie non si vergogn? davvero per quell'urlo; l'unica cosa che la preoccupava era che il cuore potesse balzarle via dal petto, raggiungere l'auto e scappare lasciando il resto del corpo alle spalle, sgommando via sul vialetto. Per la frazione di secondo in cui pens? di stare per morire, fu contenta che almeno sarebbe successo proprio l?, davanti alla casa di June. Sembrava stranamente appropriato. Accett? in quel secondo la piega che avevano preso gli eventi. Qualcosa sembrava essere uscito da sottoterra per ghermirle la vita. Ma che cos'era? Un enorme pipistrello? Un gigantesco serpente bestiale? Uno strano mostro che aveva abitato il vecchio maniero spettrale insieme a zia June per anni e anni? Quando fu chiaro che nessuno le avrebbe tagliato la gola e che la bestia che le si era buttata addosso non pesava poi un granch?, Marie apr? gli occhi e fu salutata da un naso umido e da una lingua ancora pi? umida proprio sulla fronte. Era un cane. Aveva la testa inclinata, e la guardava con sguardo d'attesa. Fu allora, vedendo quanto fosse innocente quel musetto, che Marie inizi? a sentirsi imbarazzata. Il cane le si lev? di dosso, consentendole di mettersi seduta. Quando Marie si alz? in piedi, spazzandosi via la polvere e lo sporco dal sedere, il cane avanz? di un passo verso di lei. Mentre le si avvicinava teneva la lingua penzolante e fiutava l'aria. Questo cane non assomigliava affatto agli esemplari con cui aveva avuto a che fare da Pampered Paws. Molta gente lo avrebbe definito un meticcio. Poteva indovinare l'incrocio di razze alla prima occhiata: il pelo nero era da Labrador, cos? come le zampe grandi e grosse. Nel muso aveva qualcosa del beagle, anche se dovevano esserci altre razze mescolate. Ma la cosa pi? importante era che portava un collare, da cui ciondolava una targhetta. “Sei un bravo cagnolino?” chiese Marie, accovacciandosi e allungando una mano verso il cane. Quello si avvicin? e gliela lecc? rapidamente, come a volerle rispondere di s?, era proprio un bravo cagnolino. Sembrava quasi imbarazzato quanto lei per come era andato quel primo incontro. Era ormai abbastanza vicino perch? Marie potesse vedere che era un maschio, anche se era stato sterilizzato. Marie si chin? in avanti e gli diede una grattatina sulla testa. Controll? la targhetta e vide che vi era inciso il nome Boo. Appropriato, pens?. Gir? la targhetta. La risata che le sfugg? fu cos? inaspettata che quasi si spavent? da sola. Per Marie SORPRESA! “Me l'hai fatta,” disse Marie, guardando verso il cielo. “Bello scherzo, zia June.” Il cane si guard? intorno quando Marie pronunci? il nome, forse cercando di capire dove fosse finita la sua vera padrona. “Oh, mi spiace, amico. June non torner?.” Ovviamente, non pensava che il cane potesse capirla. Ma lui abbass? lievemente la coda e distolse lo sguardo. Marie rabbrivid?, chiedendosi se fosse in casa quando June era morta. Forse l'aveva vista sulla sua sedia, immobile per un giorno o due? “Proprio un bravo cagnolino,” fece lei, accarezzandogli la testa. “Sei stato lasciato insieme alla casa?” In tutta risposta, Boo ansim?. Iniziava a sembrare un po' sovreccitato, con la coda che non smetteva di sventolare e le zampette che andavano avanti e indietro. “E cos? ti chiami Boo?” Continuava a scodinzolare. Ora sembrava quasi danzare, saltellando davanti a lei. Non era scattante come un cucciolo ma non era nemmeno letargico come un cane pi? anziano. Doveva avere tra i cinque e i sette anni, pens? Marie. Boo si volt? a guardare la casa, poi rivolse lo sguardo di nuovo a Marie. “Sei un cane da appartamento?” gli chiese Marie. Scrut? i gradini del portico, chiedendosi se per caso ci fosse una ciotola che non aveva visto. Ma prima che potesse raggiungere i gradini, sent? il rumore di un'auto che accostava nel vialetto. Guard? in fondo al viale e vide una Cadillac Escalade che si fermava. Boo si mosse alle sue spalle e guard? il veicolo, in trepidante attesa. L'Escalade parcheggi? accanto all'auto di Marie, e immediatamente una donna ne usc?. Doveva avere grosso modo l'et? di Marie. La prima parola che a Marie venne in mente fu parrocchetto. Odiava giudicare male qualcuno alla prima impressione ma c'era qualcosa nel volto di quella donna che le ricordava un pappagallo. Forse era per via del naso un po' lungo e appuntito, o del modo in cui i suoi capelli corti si arricciavano bruscamente nella parte posteriore della testa. Marie dovette soffocare una risatina quando la donna le si present?. “Buongiorno,” disse avvicinandosi. “Mi chiamo Stacy Hamlett. Detesto essere cos? diretta, ma ho appena parlato con il legale di sua zia e mi ha detto che l'avrei trovata qui.” “Okay. A cosa devo il piacere?” “Sono agente immobiliare, lavoro per la Coastal Gems. E so che ha appena partecipato alla veglia e che potrebbe sembrare un po' rude rivolgermi a lei cos? presto, ma le devo dire… questa casa ? merce preziosa. Pi? presto agisce, pi? ne pu? guadagnare.” “S?, pu? sembrare rude,” concord? Marie seccamente. “Posso tornare pi? tardi se desidera,” continu? Stacy, anche se era chiaro che l'idea non era di suo gradimento. “Posso capire che voglia farsi un'idea del posto. Lo ha mai frequentato?” “Da ragazza, s?. ? stato una specie di punto fermo per me, negli anni.” “Ah, capisco,” disse Stacy in un tono che suggeriva che non capiva affatto. Frug? nella tasca interna della giacca e pass? a Marie un biglietto da visita. “Se per qualche motivo non dovessimo pi? rivederci oggi, mi chiami pure quando ? pronta a vendere.” Marie prese il biglietto lentamente, ma le ultime parole che erano uscite dalla bocca dell'agente le fecero sussultare il cuore. Quando ? pronta a vendere… “E se decidessi di non vendere?” La domanda le usc? dalle labbra prima che il cervello avesse il tempo di elaborarla. Ma il fatto che quell'idea era stata ormai formulata forte e chiara, per giunta davanti a un testimone, le caus? un moto di eccitazione. Era evidente che Stacy Hamlett non se lo aspettava. Cerc? le parole per un attimo, poi decise di dire: “Ah, quindi vorrebbe trasferirsi a Port Bliss?” “Forse.” Per qualche motivo, Stacy iniziava a ricordarle Deandra. C'era qualcosa nel modo in cui aveva provato a presentarsi, come se la sapesse pi? lunga di chiunque altro. “Okay. Beh… ha considerato quanto costa mettere a posto una casa come questa? Gi? solo dal vialetto ho visto parecchi alberi morti nel cortile laterale e delle tegole allentate sul tetto. E so di certo che June aveva problemi con le tubature.” “Se ? cos? in cattivo stato, mi sembra strano che ci teniate cos? tanto ad acquistarla.” Stacy sospir? e scroll? le spalle. A Marie venne in mente un parrocchetto che arruffa le piume. “Guardi, sar? onesta con lei. La casa ha un certo fascino, un'atmosfera un po' alla Stephen King. Sono sicura che lo sa gi?. Quindi, s?… come agente immobiliare, vedo questo posto e vedo un bel po' di guadagno. Non solo per la Coastal Gems, ma anche per lei. Se agisce immediatamente e lo mette sul mercato, parliamo di un guadagno sui…” “Gradirei davvero che non mi si parlasse di soldi a cos? poco tempo dalla veglia di mia zia. E inoltre… sto pensando di tenermi la casa e magari convertirla in un bed-and-breakfast.” Stacy sbarr? gli occhi e, quando riapr? la bocca, fu con lo stesso entusiasmo simulato di una nonna quando parla a una bambina prima di far apparire magicamente una moneta da dietro il suo orecchio. “? una bella impresa,” esclam? Stacy. Il sorriso che sfoggiava fece pensare a Marie che in realt? trovasse l'idea ridicola; la risata che sembrava pronta a esplodere dietro quel sorriso, le fece pensare che Stacy la considerasse una perfetta idiota. “Certo, ? un approccio molto comune per le vecchie tenute e case al mare di questa zona. Ma in genere si fa sotto lo sguardo attento di persone che hanno riconvertito e acquistato case per anni.” “Grazie per gli avvertimenti,” tagli? corto Marie. “La chiamer? se avr? bisogno di lei.” “S?, certo, okay. Solo si ricordi di chi ? venuto a cercarla per prima.” Ora era il turno di Marie di sfoggiare una finta espressione allegra. “Oh, lo far? certamente. Grazie per essere passata, signorina Hamlett.” Dopodich? volt? le spalle a Stacy e si diresse verso il portico. Boo la segu?, borbottando silenziosamente con brevi guaiti. Rimase l? sul portico per un momento, a guardare Stacy Hamlett entrare nella sua Escalade. Non era orgogliosa di quanto bene la facesse sentire l'espressione sconfitta che le si era dipinta sul volto. Aggrott? le sopracciglia e si abbass? verso Boo. “Che str…ega, vero, amico?” Boo scodinzol? e inizi? a zampettare verso il portone. Marie lo segu?, accorgendosi che aveva tenuto la sua Dipper stretta nella mano sinistra per tutto il tempo in cui aveva parlato con Stacy. Entr? in casa appena dietro Boo e si guard? attorno con estrema lentezza. Attravers? la casa zigzagando fino a che raggiunse la porta del patio in cucina. Quando usc?, l'aria dell'oceano le fece venire la pelle d'oca. Chiuse gli occhi, inspir?, e quasi si mise a piangere. Avanz? verso la ringhiera di legno e vi si appoggi?. Il patio si trovava a quasi tre metri da terra, ma per un momento le sembr? di volare. Guard? in direzione dell'oceano e vide che le onde non erano troppo forti. Il pomeriggio stava per arrivare e sapeva che la marea si sarebbe alzata, e l'acqua sarebbe quasi arrivata a lambire le piccole dune e l'erba sottile. Rientr? in casa e trov? Boo che la aspettava. Sembrava eccitato per qualche motivo, forse un po' nervoso. Gli sfugg? un gemito sommesso, simile a quello che in genere i cani emettono quando devono uscire per fare i loro bisogni. “Tutto bene, amico?” gli chiese. “Per caso devi uscire o…” Fu interrotta da un sottile scricchiolio… e poi un altro. Il suono veniva dal piano di sopra e assomigliava spaventosamente a un rumore di passi. “Lo hai sentito anche tu?” domand? a Boo. Sperava che il cane l'avrebbe guardata con indifferenza, cos? avrebbe potuto mettersi l'animo in pace e dirsi che stava soltanto immaginando cose. Invece Boo aveva inclinato la testa e drizzato l'orecchio. C'era qualcosa che continuava ad agitarlo. S?, anche lui aveva sentito. Marie non riusciva a decidere se questo la facesse sentire meglio o peggio. “Pensi che dovremmo andare a dare una controllata?” Boo era gi? diretto verso il salotto, per raggiungere le scale. Sembrava eccitato per via di ci? che aveva sentito. “Va bene, d'accordo, fai strada tu,” disse Marie. Marie e Boo salirono lentamente al piano di sopra, ma non trovarono nulla. N? spettri n? fantasmi, nemmeno zone fredde o spifferi. Al contrario, esplorando le stanze non c'era nulla che li mettesse a disagio. Si chiese se non avessero reagito in modo sproporzionato a ci? che avevano sentito. La casa era vecchia, dopo tutto; probabilmente, doveva produrre ogni genere di scricchiolii e rumori di assestamento. Marie si ricord? che June una volta le aveva detto che, se anche la casa fosse stata infestata, erano sicuramente fantasmi benevoli. “Mi sveglio felice e raggiante ogni mattina,” le aveva spiegato June. “Se i responsabili sono i fantasmi, allora sono lieta che vivano qui.” Êîíåö îçíàêîìèòåëüíîãî ôðàãìåíòà. Òåêñò ïðåäîñòàâëåí ÎÎÎ «ËèòÐåñ». Ïðî÷èòàéòå ýòó êíèãó öåëèêîì, êóïèâ ïîëíóþ ëåãàëüíóþ âåðñèþ (https://www.litres.ru/pages/biblio_book/?art=63590766&lfrom=688855901) íà ËèòÐåñ. Áåçîïàñíî îïëàòèòü êíèãó ìîæíî áàíêîâñêîé êàðòîé Visa, MasterCard, Maestro, ñî ñ÷åòà ìîáèëüíîãî òåëåôîíà, ñ ïëàòåæíîãî òåðìèíàëà, â ñàëîíå ÌÒÑ èëè Ñâÿçíîé, ÷åðåç PayPal, WebMoney, ßíäåêñ.Äåíüãè, QIWI Êîøåëåê, áîíóñíûìè êàðòàìè èëè äðóãèì óäîáíûì Âàì ñïîñîáîì.
Íàø ëèòåðàòóðíûé æóðíàë Ëó÷øåå ìåñòî äëÿ ðàçìåùåíèÿ ñâîèõ ïðîèçâåäåíèé ìîëîäûìè àâòîðàìè, ïîýòàìè; äëÿ ðåàëèçàöèè ñâîèõ òâîð÷åñêèõ èäåé è äëÿ òîãî, ÷òîáû âàøè ïðîèçâåäåíèÿ ñòàëè ïîïóëÿðíûìè è ÷èòàåìûìè. Åñëè âû, íåèçâåñòíûé ñîâðåìåííûé ïîýò èëè çàèíòåðåñîâàííûé ÷èòàòåëü - Âàñ æä¸ò íàø ëèòåðàòóðíûé æóðíàë.