Çâåçäû ñûïàëèñü ìíå â ëàäîíè. Âñïëåñêîì âîëí êàïëè ñëåç ïîëíû. Íå âñòðåâîæèò òåáÿ, íå çàòðîíåò Òèõèé ñòîí äðîæàùåé âîëíû, Êðèê íàäðûâíûé óøåäøåãî ëåòà, Áîëü òóïàÿ ïðîøåäøèõ äíåé. Ãäå òû? Ãäå òû? Íó, Áîã òû ìîé, ãäå òû? Áëåäíûé ñâåò íå çâåçäû ìîåé! Ýòî ïîøëî, ñìåøíî è ãëóïî, È ÿ æèòü ñ ýòèì íå ìîãó! Áüåò â âèñêè íåâîîáðàçèìî òóïî. ß áåãó îò ñåáÿ,

Un Trono per due Sorelle

Un Trono per due Sorelle Morgan Rice Un Trono per due Sorelle #1 Morgan Rice ? tornata con quella che promette essere un’altra brillante serie, immergendoci in un fantasy di valore, onore, coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan ? risuscita un’altra volta a creare un forte gruppo di personaggi che ci fanno tifare per loro pagina dopo pagina… Consigliato per la collezione di tutti i lettori che amano i fantasy ben scritti. Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (approposito di L’Ascesa dei Draghi) Dall’autrice di best-seller numero #1 Morgan Rice arriva un’indimenticabile nuova serie fantasy. In UN TRONO PER DUE SORELLE (Libro uno), Sofia, 17 anni, e la sua sorella pi? giovane Kate, 15 anni, vogliono scappare dal loro orrendo orfanotrofio. Orfane, indesiderate e non amate, sognano comunque di crescere altrove, di trovare una vita migliore, anche se questo significa vivere nelle strade della brutale citt? di Ashton. Sofia e Kate, che sono anche migliori amiche, si coprono le spalle a vicenda, ma vogliono cose diverse dalla vita. Sofia, romantica e pi? elegante, sogna di entrare a corte e trovare un nobile di cui innamorarsi. Kate, la combattente, sogna di imparare a usare la spada, di combattere contro i draghi e diventare una guerriera. Sono entrambe unite, per?, dal loro segreto: il potere paranormale di leggere nella mente degli altri, l’ultima grazia in un mondo che sembra pronto a distruggerle. Imbarcandosi entrambe in un’impresa e avventura diversa, lottano per sopravvivere. Sono poste di fronte a scelte che neanche possono immaginare: le loro decisioni potrebbero lanciarle verso il pi? alto potere o farle scendere nelle profondit? pi? infime. UN TRONO PER DUE SORELLE ? il primo libro di una stupefacente nuova serie fantasy, dilagante di amore, cuori spezzati, tragedia, azione, magia, stregoneria, destino e suspense da far battere il cuore. Un libro di cui ? impossibile non girare le pagine, ? pieno di personaggi che vi faranno innamorare, e di un mondo che non dimenticherete mai. Il Libro #2 – UNA CORTE DI LADRI – ? di prossima pubblicazione. Un fantasy pieno zeppo d’azione che di sicuro i precedenti fan di Morgan Rice apprezzeranno, insieme agli amanti di opere come Il Ciclo dell’Eredit? di Christopher Paolini… Coloro che adorano leggere romanzi fantasy per ragazzi divoreranno quest’ultima opera di Morgan Rice e ne chiederanno ancora. The Wanderer, A Literary Journal (riguardo a L’Ascesa dei Draghi) UN TRONO PER DUE SORELLE (LIBRO 1) MORGAN RICE TRADUZIONE ITALIANA A CURA DI ANNALISA LOVAT Morgan Rice Morgan Rice ? l’autrice numero uno e campionessa d’incassi della serie epic fantasy L’ANELLO DELLO STREGONE che comprende diciassette libri; della serie campione d’incassi APPUNTI DI UN VAMPIRO che comprende dodici libri; della serie campione d’incassi LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA, un thriller post-apocalittico che comprende tre libri; della serie epic fantasy RE E STREGONI che comprende sei libri; della nuova serie epic fantasy DI CORONE E DI GLORIA che comprende 8 libri; e della nuova serie epic fantasy UN TRONO PER DUE SORELLE.I libri di Morgan sono disponibili in formato audio o cartaceo e ci sono traduzioni in 25 lingue. Morgan ama ricevere i vostri messaggi e commenti, quindi sentitevi liberi di visitare il suo sito www.morganricebooks.com (http://www.morganricebooks.com/) per iscrivervi alla sua mailing list, ricevere un libro in omaggio, gadget gratuiti, scaricare l’app gratuita e vedere in esclusiva le ultime notizie. Connettetevi a Facebook e Twitter e tenetevi sintonizzati! Cosa dicono di Morgan Rice “Se pensavate che non ci fosse pi? alcuna ragione di vita dopo la fine della serie L’ANELLO DELLO STREGONE, vi sbagliavate. In L’ASCESA DEI DRAGHI Morgan Rice ? arrivata a ci? che promette di essere un’altra brillante saga, immergendoci in un mondo fantastico fatto di troll e draghi, di valore, onore e coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan ? riuscita di nuovo a creare un forte insieme di personaggi che ci faranno tifare per loro pagina dopo pagina… Consigliato per la biblioteca permanente di tutti i lettori amanti dei fantasy ben scritti.” --Books and Movie Reviews Roberto Mattos “Un fantasy pieno zeppo di azione che sicuramente verr? apprezzato dai fan dei precedenti romanzi di Morgan Rice insieme ai sostenitori di opere come il CICLO DELL’EREDIT? di Christopher Paolini... Amanti del fantasy per ragazzi divoreranno quest'ultima opera della Rice e imploreranno di averne ancora.” --The Wanderer, A Literary Journal (Parlando de L'Ascesa dei Draghi) “Un meraviglioso fantasy nel quale si intrecciano elementi di mistero e intrigo. Un’impresa da eroi parla della presa di coraggio e della realizzazione di uno scopo di vita che porta alla crescita, alla maturit? e all’eccellenza… Per quelli che cercano corpose avventure fantasy: qui i protagonisti, gli stratagemmi e l’azione forniscono un vigoroso insieme di incontri che ben si concentrano sull’evoluzione di Thor da ragazzino sognatore e giovane che affronta l’impossibile pur di sopravvivere… Solo l’inizio di ci? che promette di essere una serie epica per ragazzi.” --Midwest Book Review (D. Donovan, eBook Reviewer) “L’ANELLO DELLO STREGONE ha tutti gli ingredienti per un successo immediato: intrighi, complotti, mistero, cavalieri valorosi, storie d’amore che fioriscono e cuori spezzati, inganno e tradimento. Una storia che vi terr? incollati al libro per ore e sar? in grado di riscuotere l’interesse di persone di ogni et?. Non pu? mancare sugli scaffali dei lettori di fantasy.” --Books and Movie Reviews, Roberto Mattos “In questo primo libro pieno zeppo d’azione della serie epica fantasy L’Anello dello Stregone (che conta attualmente 14 libri), la Rice presenta ai lettori il quattordicenne Thorgrin “Thor” McLeod, il cui sogno ? quello di far parte della Legione d’Argento, i migliori cavalieri al servizio del re… Lo stile narrativo della Rice ? solido e le premesse sono intriganti.” --Publishers Weekly Libri di Morgan Rice COME FUNZIONA L’ACCIAIO SOLO CHI LO MERITA (Libro #1) UN TRONO PER DUE SORELLE UN TRONO PER DUE SORELLE (Libro #1) UNA CORTE DI LADRI (Libro #2) UNA CANZONE PER GLI ORFANI (Libro #3) DI CORONE E DI GLORIA SCHIAVA, GUERRIERA, REGINA (Libro #1) FURFANTE, PRIGIONIERA, PRINCIPESSA (Libro #2) CAVALIERE, EREDE, PRINCIPE (Libro #3) RIBELLE, PEDINA, RE (Libro #4) SOLDATO, FRATELLO, STREGONE (Libro #5) EROINA, TRADITRICE, FIGLIA (Libro #6) SOVRANA, RIVALE, ESILIATA (Libro #7) VINCITORE, VINTO, FIGLIO (Libro #8) RE E STREGONI L’ASCESA DEI DRAGHI (Libro #1) L’ASCESA DEL PRODE (Libro #2) IL PESO DELL’ONORE (Libro #3) LA FORGIA DEL VALORE (Libro #4) IL REGNO DELLE OMBRE (Libro #5) LA NOTTE DEI PRODI (Libro #6) L’ANELLO DELLO STREGONE UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1) LA MARCIA DEI RE (Libro #2) DESTINO DI DRAGHI (Libro #3) GRIDO D’ONORE (Libro #4) VOTO DI GLORIA (Libro #5) UN COMPITO DI VALORE (Libro #6) RITO DI SPADE (Libro #7) CONCESSIONE D’ARMI (Libro #8) UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9) UN MARE DI SCUDI (Libro #10) REGNO D’ACCIAIO (Libro #11) LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12) LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13) GIURAMENTO FRATERNO (Libro #14) SOGNO DA MORTALI (Libro #15) GIOSTRA DI CAVALIERI (Libro #16) IL DONO DELLA BATTAGLIA (Libro #17) LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA ARENA UNO: MERCANTI DI SCHIAVI (Libro #1) ARENA DUE (Libro #2) ARENA TRE (Libro #3) VAMPIRO, CADUTO PRIMA DELL’ALBA (Libro #1) APPUNTI DI UN VAMPIRO TRAMUTATA (Libro #1) AMATA (Libro #2) TRADITA (Libro #3) DESTINATA (Libro #4) DESIDERATA (Libro #5) PROMESSA (Libro #6) SPOSA (Libro #7) TROVATA (Libro #8) RISORTA (Libro #9) BRAMATA (Libro #10) PRESCELTA (Libro #11) OSSESSIONATA (Libro #12) Sapevate che ho scritto tantissime serie? Se non le avete lette tutte, cliccate sull’immagine qua sotto e scaricate il primo libro di una di esse! (http://www.morganricebooks.com/read-now/) Desideri libri gratuiti? Iscriviti alla mailing list di Morgan Rice e ricevi 4 libri gratuiti, 2 mappe, 1 app e gadget esclusivi! Per iscriverti visita: www.morganricebooks.com (http://www.morganricebooks.com/) Copyright © 2017 by Morgan Rice. All rights reserved. Except as permitted under the U.S. Copyright Act of 1976, no part of this publication may be reproduced, distributed or transmitted in any form or by any means, or stored in a database or retrieval system, without the prior permission of the author. This ebook is licensed for your personal enjoyment only. This ebook may not be re-sold or given away to other people. If you would like to share this book with another person, please purchase an additional copy for each recipient. If you’re reading this book and did not purchase it, or it was not purchased for your use only, then please return it and purchase your own copy. Thank you for respecting the hard work of this author. This is a work of fiction. Names, characters, businesses, organizations, places, events, and incidents either are the product of the author’s imagination or are used fictionally. Any resemblance to actual persons, living or dead, is entirely coincidental. INDICE CAPITOLO UNO (#uea13b667-0504-564a-b063-7ef4e0467013) CAPITOLO DUE (#u152796df-4d2e-5062-b075-6f7e5293376e) CAPITOLO TRE (#ubf8c0312-175c-5a62-8f7e-ba8cc39b3786) CAPITOLO QUATTRO (#ub985ff91-a448-5213-abbd-43e6cc59f571) CAPITOLO CINQUE (#u6615c72e-7aba-534d-bc48-bcd017995f5f) CAPITOLO SEI (#ubb33afad-bd75-54ef-9558-07726df518e4) CAPITOLO SETTE (#litres_trial_promo) CAPITOLO OTTO (#litres_trial_promo) CAPITOLO NOVE (#litres_trial_promo) CAPITOLO DIECI (#litres_trial_promo) CAPITOLO UNDICI (#litres_trial_promo) CAPITOLO DODICI (#litres_trial_promo) CAPITOLO TREDICI (#litres_trial_promo) CAPITOLO QUATTORDICI (#litres_trial_promo) CAPITOLO QUINDICI (#litres_trial_promo) CAPITOLO SEDICI (#litres_trial_promo) CAPITOLO DICIASSETTE (#litres_trial_promo) CAPITOLO DICIOTTO (#litres_trial_promo) CAPITOLO DICIANNOVE (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTI (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTUNO (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTIDUE (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTITR? (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTIQUATTRO (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTICINQUE (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTISEI (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTISETTE (#litres_trial_promo) CAPITOLO UNO Di tutte le cose da odiare nella Casa degli Indesiderati, la macina era quella che Sofia temeva di pi?. Sbuffava mentre spingeva contro un braccio connesso a un palo gigante che scompariva nel pavimento, mentre attorno a lei le altre orfane spingevano ciascuna contro il proprio. Era dolorante e sudava mentre premeva, i capelli rossi madidi e impiastricciati per il lavoro, il ruvido abito grigio ancora pi? macchiato per il sudore. Il suo vestito era pi? corto di quanto avrebbe voluto, adesso, e risaliva a ogni passo mostrando il tatuaggio a forma di maschera che aveva al polpaccio e che la marchiava per quello che era: un’orfana, una cosa di propriet?. Le altre ragazze l? presenti avevano addosso cose addirittura peggiori. A diciassette anni Sofia era almeno una delle pi? vecchie e grandi del gruppo. L’unica persona pi? vecchia nella stanza era Sorella O’Venn. La suora della Dea Mascherata indossava la divisa nera corvina dell’ordine, insieme a una maschera di pizzo che – ogni orfano lo imparava presto – le permetteva di vedere attraverso, fino al pi? piccolo particolare di ogni errore. La sorella aveva in mano la fascia di pelle che usava per infliggere le punizioni, piegandola tra le mani mentre mormorava di sottofondo, pronunciando le parole del Libro delle maschere, omelie sul bisogno di perfezionare anime abbandonate come loro. “In questo posto imparate ad essere utili,” inton?. “In questo posto imparate ad essere di valore, cosa che non siete stata per le donne che vi hanno messo al mondo. La Dea Mascherata ci dice che dobbiamo dare forma al nostro posto nel mondo con i nostri sforzi, e oggi i vostri sforzi fanno ruotare le macine del grano e… fai attenzione, Sofia!” Sofia rabbrivid? sentendo l’impatto e lo schicco della cintola. Strinse i denti. Quante volte era stata picchiata in vita sua dalle sorelle? Per aver fatto la cosa sbagliata, o per non aver fatto abbastanza velocemente quella giusta? Per essere tanto carina da costituire un peccato di per s?? Per avere i capelli rosso fuoco di una combina guai? Se solo avessero conosciuto il suo talento. Rabbrivid? al pensiero, perch? per esso l’avrebbero picchiata a morte. “Mi ignori, stupida ragazza?” chiese la suora. Colp? ancora, e poi ancora. “Inginocchiatevi di fronte al muro, tutte voi!” Quella era la cosa peggiore: non importava che si facesse tutto giusto. Le sorelle avrebbero picchiato tutte indistintamente per gli errori di una. “Bisogna ricordavi,” disse seccamente Sorella O’Venn, mentre Sofia sentiva il grido di una ragazza, “cosa siete. O dove siete.” Un’altra ragazza gemette mentre la fascia di cuoio le colpiva la carne. “Voi siete le figlie che nessuno ha voluto. Siete propriet? della Dea Mascherata, che con la sua grazia vi ha dato una casa.” Si diresse dall’altra parte della stanza, e Sofia sapeva che lei sarebbe stata l’ultima. L’idea era di farla sentire in colpa per il dolore delle altre, e dare loro il tempo di odiarla per aver causato questo, prima che venisse lei stessa picchiata. Picchiata mentre se ne stava l? inginocchiata ad aspettare. Quando avrebbe potuto semplicemente andarsene. Quel pensiero venne a Sofia cos? spontaneo che dovette controllare che non si trattasse di un qualche genere di messaggio da parte della sua sorella pi? giovane, o che non lo avesse colto da qualcuna delle altre. Era quello il problema con un talento come il suo: veniva quando voleva, non quando richiesto. Eppure pareva che il pensiero fosse veramente suo. E pi? ancora: era vero. Meglio rischiare la morte che stare qui ancora un giorno. Ovviamente, se osava andarsene, la punizione sarebbe stata peggiore. Trovavano sempre un modo di renderla peggiore. Sofia aveva visto ragazze che avevano rubato o si erano ribellate, patire la fame per giorni, costrette a stare in ginocchio, picchiate quando tentavano di dormire. Ma non le interessava pi?. Qualcosa dentro di lei aveva oltrepassato un confine. La paura non poteva toccarla, perch? era annacquata dal timore di cosa sarebbe comunque accaduto molto presto. Dopotutto compiva diciassette anni oggi. Ora era abbastanza grande da ripagare il suo debito di anni di “cure” sotto le mani delle suore, di trovarsi vincolata e venduta come bestiame. Sofia sapeva cosa accadeva agli orfani che crescevano. Al confronto nessun pestaggio contava. Erano settimane che si rigirava quel pensiero nella mente, in effetti. Temendo quel giorno, il suo compleanno. E ora era arrivato. Con suo stupore, Sofia ag?. Si alz? con noncuranza e si guard? attorno. L’attenzione della suora era su un’altra ragazza, mentre la frustava selvaggiamente, quindi fu questione di un secondo scivolare in silenzio oltre la porta. Probabilmente neanche le altre ragazze se ne accorsero, o se lo fecero erano troppo spaventate per dire qualsiasi cosa. Sofia si port? in uno dei bianchi corridoi dell’orfanotrofio, muovendosi silenziosamente e allontanandosi dal laboratorio. C’erano altre suore in giro, ma fintanto che si fosse mossa con proposito, questo sarebbe bastato a evitare che la fermassero. Cos’aveva appena fatto? Sofia continu? a camminare intontita attraverso la Casa degli Indesiderati, quasi incapace di credere a cosa stava veramente facendo. C’erano dei motivi per cui non si curavano di chiudere a chiave i cancelli principali. La citt? che si trovava al di l? era un luogo duro, e ancora pi? duro per coloro che avevano iniziato la vita da orfani. Ashton ospitava tutti i ladri e malviventi di ogni citt?, ma conteneva anche i cacciatori che ricatturavano i vincolati che scappavano o i liberi che le avrebbero sputato addosso semplicemente per ci? che era. Poi c’era sua sorella. Kate aveva solo quindici anni. Sofia non voleva trascinarla in qualcosa di peggiore. Kate era dura, addirittura pi? dura di lei, ma era pur sempre la sorellina pi? piccola di Sofia. Sofia and? verso il chiostro e il cortile dove si mescolavano con i maschi dell’orfanotrofio accanto, cercando di capire dove fosse sua sorella. Non poteva andarsene senza di lei. Era quasi arrivata quando sent? una ragazza gridare. Sofia si diresse verso il suono, in parte sospettando che la sorella si fosse ficcata in un’altra zuffa. Quando raggiunse il cortile, per?, non trov? Kate al centro di una rissa, ma un’altra ragazza. Questa era ancora pi? giovane, forse di tredici anni, e tre ragazzi, probabilmente dell’et? giusta da poter essere mandati a lavorare come apprendisti o nell’esercito come matricole, la stavano spingendo e colpendo. “Finitela!” grid? Sofia, sorprendendosi tanto quanto sembr? sorprendere i ragazzi. Normalmente la regola era che si passava oltre qualsiasi cosa stesse accadendo nell’orfanotrofio. Si restava in silenzio e si ricordava quale fosse il proprio posto. Ora per? lei si fece avanti. “Lasciatela stare.” I ragazzi si fermarono, ma solo per fissarla. Il pi? grande pos? gli occhi su di lei con un ghigno malizioso. “Bene, bene, ragazzi,” disse. “Pare che abbiamo un’altra che non se ne sta dove dovrebbe.” Aveva i tratti smussati e il genere di sguardo mortale che veniva solo da anni passati nella Casa degli Indesiderati. Fece un passo avanti, e prima che lei potesse reagire, la afferr? per un braccio. Sofia fece per dargli uno schiaffo, ma lui fu velocissimo e la spinse a terra. Era in momenti come quelli che Sofia desiderava avere le capacit? di combattimento di sua sorella, la sua abilit? di raccogliere un’istantanea brutalit? che Sofia, per quanto fosse astuta, non era capace di dimostrare. Tanto verr? venduta come una puttana… tanto vale che mi faccia un giro pure io. Sofia fu sorpresa nel sentire i suoi pensieri. Avevano un sentore quasi sporco, e fu subito certa che fossero del giovane. Il panico si fece pi? forte. Inizi? a lottare, ma lui le blocc? le braccia con facilit?. C’era solo una cosa che poteva fare. Si concentr? completamente, raccogliendo il suo talento, sperando che questa volta funzionasse a suo favore. Kate, pens?, il cortile! Aiutami! * “Pi? elegantemente, Kate!” grid? la suora. “Pi? elegantemente!” Kate non aveva molto tempo per l’eleganza, eppure si sforzava mentre versava dell’acqua nel calice tenuto in mano dalla sorella. Sorella Yvaine la guardava con sguardo critico da sotto la sua maschera. “No, ancora non lo fai bene. So che non sei sgraziata, ragazza. Ti ho visto girare le carriole nel cortile.” Non aveva punito Kate per questo, il che suggeriva che Sorella Yvaine non era una delle peggiori. Kate prov? di nuovo, con mano tremante. Lei e le altre ragazze l? presenti dovevano imparare a servire elegantemente a nobili tavolate, ma la verit? era che Kate non era fatta per questo. Era troppo bassa e muscolosa per il genere di aggraziata femminilit? che le suore avevano in mente. C’era un motivo per cui teneva i capelli rossi tagliati corti. Nel mondo ideale, dove era libera di scegliere, riusciva a diventare apprendista da un fabbro o forse entrava in uno dei gruppi di operai che lavoravano in citta, o forse otteneva addirittura la possibilit? di entrare nell’esercito come i ragazzi. Questo modo aggraziato di versare era il genere di lezione che avrebbe gradito la sua sorella maggiore, con i suoi sogni di aristocrazia, non certo lei. Quando il pensiero le arriv?, Kate immediatamente ebbe uno scatto udendo la voce di sua sorella nella propria mente. Ma rimase a pensare: il loro talento non era sempre cos? affidabile. Ma poi arriv? di nuovo, e anche l? sent? la stessa sensazione. Kate, il cortile! Aiutami! Kate poteva sentire la paura. Si ritrasse di scatto dalla suora, involontariamente, e cos? facendo vers? la sua caraffa d’acqua sulla pietra del pavimento. “Mi spiace,” disse. “Devo andare.” Sorella Yvaine stava ancora fissando l’acqua. “Kate, pulisci immediatamente!” Ma Kate stava gi? correndo. Si sarebbe probabilmente trovata picchiata per questo pi? tardi, ma era gi? stata picchiata altre volte. Non significava niente. Quello che contava era aiutare l’unica persona al mondo cui voleva bene. Attravers? l’orfanotrofio di corsa. Conosceva la strada, perch? aveva imparato ogni svolta e angolo del posto negli anni che erano passati da quella notte orribile in cui l’avevano lasciata l?. A notte fonda, quando poteva, sgattaiolava fuori dall’incessante ronfare e dal puzzo del dormitorio, e si godeva quel posto nel buio e da sola, quando il rintoccare delle campane della citt? era l’unico suono, e imparando a sentire ogni protuberanza o rientranza nelle pareti. Aveva la sensazione che un giorno le sarebbe servito. E ora era cos?. Kate poteva sentire la voce di sua sorella che lottava e chiamava aiuto. D’istinto si abbass? in una stanza, afferr? un attizzatoio dal caminetto e continu? lungo la sua strada. Cosa ci avrebbe fatto non lo sapeva. Irruppe nel cortile e le sprofond? il cuore in petto vedendo sua sorella bloccata a terra da due ragazzi mentre un altro rovistava nei suoi vestiti. Kate cap? esattamente cosa fare. Una rabbia primordiale la sopraffece, una rabbia che non avrebbe potuto controllare neanche se avesse potuto, e che la spinse a correre in avanti con un grido, brandendo l’attizzatoio per colpire la testa del primo ragazzo. Quello si gir? sentendola e lei quindi non lo colp? bene come avrebbe voluto, ma fu lo stesso sufficiente da mandarlo a terra con le mani strette sul punto ferito. Kate si scagli? contro un altro, colpendolo al ginocchio mentre si alzava e facendolo incespicare. Prese poi il terzo allo stomaco facendolo inginocchiare. Continu? a colpire, non volendo dare ai ragazzi il tempo di riprendersi. Si era trovata nel mezzo di tantissimi combattimenti negli anni passati all’orfanotrofio, e sapeva di non poter fare affidamento su stazza o forza. La furia era l’unica cosa che potesse portarla avanti. E fortunatamente Kate ne aveva un sacco. Colp? e colp? fino a che i ragazzi non si arresero. Potevano anche essere stati pronti a entrare nell’esercito, ma i Fratelli Mascherati dal loro canto non insegnavano loro a combattere. Questo li avrebbe resi troppo difficili da controllare. Kate colp? uno dei ragazzi al volto, poi si gir? per colpire il gomito di un altro con un schianto del ferro contro l’osso. “Alzati,” disse a sua sorella porgendola una mano. “Alzati!” Sua sorella si alz? intorpidita, prendendo la mano di Kate come se fosse lei per una volta la sorella pi? piccola. Kate part? di corsa e sua sorella la segu?. Sofia parve tornare in s? mentre correvano e una parte della vecchia sicurezza sembr? tornare mentre sfrecciavano tra i corridoi dell’orfanotrofio. Dietro di loro Kate poteva sentire delle grida, di ragazzi o di sorelle, o di entrambi. Non le interessava. Sapeva che non c’era altra via di fuga che uscire. “Non possiamo tornare indietro,” disse Sofia. “Dobbiamo andarcene dall’orfanotrofio.” Kate annu?. Qualcosa del genere non avrebbe guadagnato loro un semplice pestaggio come punizione. Ma poi Kate ricord?. “Allora andiamo,” rispose correndo. “Prima devo solo…” “No,” disse Sofia. “Non c’? tempo. Lascia tutto. Dobbiamo andare.” Kate scosse la testa. C’erano delle cose che non poteva lasciarsi alle spalle. Quindi and? invece nella direzione del suo dormitorio, tenendo il braccio di Sofia in modo che lei la seguisse. Il dormitorio era un luogo gramo, con letti che erano poco pi? che tavole di legno che sporgevano dalle pareti come degli scaffali. Kate non era stata cos? stupida da mettere tutto ci? che contava nel piccolo baule a piedi del suo letto, dove chiunque avrebbe potuto rubarlo. And? invece verso una fessura tra due tavole del pavimento, trafficando con le dita fino a che una delle due si alz?. “Kate,” disse Sofia ansimando e tirando il fiato, “non c’? tempo.” Kate scosse la testa. “Questo non lo lascio.” Sofia doveva sapere per cosa era venuta: l’unico ricordo che aveva di quella notte, della loro vecchia vita. Finalmente le dita di Kate si strinsero attorno al metallo e lei sollev? il pendaglio che luccic? alla tenue luce. Quando era bambina era stata sicura che si trattasse di oro vero: una fortuna che aspettava di essere spesa. Quando era cresciuta, aveva capito che era qualcosa di meno prezioso, ma nel tempo era diventato comunque qualcosa di ancora pi? importante per lei. La miniatura all’interno, di una donna che sorrideva mentre un uomo le teneva una mano sulla spalla, era la cosa pi? vicina a un ricordo dei suoi genitori che lei possedesse. Kate di solito non lo indossava per paura che uno degli altri orfani, o delle suore, glielo portassero via. Se lo infil? nel vestito. “Andiamo,” disse. Corsero verso la porta dell’orfanotrofio, di solito sempre aperta perch? la Dea Mascherata aveva trovato le porte chiuse per lei quando era venuta in visita al mondo, e aveva condannato coloro che ne facevano parte. Kate e Sofia percorsero i corridoi girando e svoltando, uscendo nell’ingresso e guardandosi attorno per controllare che non ci fossero inseguitori. Kate poteva sentirli, ma in quel momento c’era solo la solita sorella dietro alla porta: una donna grassa che si mosse per bloccare il passaggio mentre loro due si avvicinavano. Kate avvamp? ricordando immediatamente tutti gli anni di botte subite da lei. “Eccovi qua,” disse con tono serio. “Siete state tutte e due molto disobbedienti, e…” Kate non esit?: la colp? allo stomaco con l’attizzatoio, tanto forte da farla piegare a met?. In quel momento avrebbe voluto avere una delle eleganti spade che portavano al fianco i cortigiani, o magari un’ascia. Con quello che aveva realmente in mano dovette accontentarsi di sorprendere semplicemente la donna per permettere a lei e a Sofia di passare oltre. Ma poi, mentre Kate passava attraverso la porta, si ferm?. “Kate!” grid? Sofia con il panico nella voce. “Andiamo! Cosa stai facendo?!” Ma Kate non poteva farne a meno. Anche con le grida di quelli che la seguivano e si stavano ormai avvicinando. Anche sapendo che stavano entrambe rischiando la loro libert?. Fece due passi avanti, sollev? l’attizzatoio sopra la propria testa e colp? pi? volte la suora sulla schiena. La suora sbuff? e grid? a ogni colpo, e ogni suono fu come musica alle orecchie di Kate. “Kate!” implor? Sofia al limite delle lacrime. Kate fiss? la suora la lungo, molto a lungo, bisognosa di imprimere quell’immagine della sua vendetta e di giustizia nella propria mente. L’avrebbe sostenuta, lo sapeva, per tutti gli orribili pestaggi che sarebbero potuto seguire poi. Poi si gir? e scapp? fuori con sua sorella, uscendo dalla Casa degli Indesiderati, come due fuggitive da una nave che sta affondando. La puzza e il rumore e la confusione della citt? colpirono Kate, ma questa volta non rallent?. Tenne sua sorella per mano e corse. E corse. E corse. E nonostante tutto, fece un respiro profondo e sorrise. Per quanto breve potesse essere, avevano trovato la libert?. CAPITOLO DUE Sofia non aveva mai avuto cos? tanta paura, ma allo stesso tempo non si era mai sentita cos? viva. Mentre correva nella citt? con sua sorella, sentiva Kate gridare per l’eccitazione, e la cosa la metteva a suo agio ma allo stesso tempo la terrorizzava. Rendeva tutto cos? reale. La loro vita non sarebbe mai pi? stata la stessa. “Zitta,” insistette Sofia. “Li farai arrivare a noi.” “Ci stanno comunque seguendo,” rispose sua sorella. “Potremmo comunque goderci questo momento.” Come a voler enfatizzare la sua affermazione, schiv? di scatto un cavallo, afferr? una mela da un carro e continu? a correre sui ciottoli di Ashton. La citt? era animata dal mercato che veniva organizzato ogni sesto giorno, e Sofia si guardava attorno, sorpresa da ci? che vedeva, e sentiva, e odorava. Se non fosse stato per il mercato, non avrebbe avuto idea di che giorno fosse. Nella Casa degli Indesiderati quelle cose non avevano importanza: c’erano solo ininterrotti cicli di preghiera e lavoro, punizioni e apprendimento meccanico. Corri pi? veloce, le disse sua sorella con il pensiero. Il suono di fischi e grida da qualche parte dietro di loro la spinsero a nuova velocit?. Sofia fece strada lungo un vicolo, poi arranc? per seguire Kate mentre si arrampicava oltre un muro. Sua sorella, data tutta la sua impetuosit?, era troppo veloce, come un unico muscolo teso e pronto allo scatto. Sofia riusc? a malapena ad arrampicarsi mentre altri fischi risuonavano, e quando fu vicina alla cima del muro, la forte mano di Kate era l? ad aspettarla, come sempre. Anche in questo, pens?, erano cos? diverse: la mano di Kate era ruvida, callosa, muscolosa, mentre le dita di Sofia erano lunghe, lisce e delicate. Due facce della stessa medaglia, diceva sempre loro madre. “Hanno chiamato i guardiani,” grid? Kate incredula, come se in qualche modo non fosse corretto. “Cosa ti aspettavi?” rispose Sofia. “Stiamo scappando prima che ci vendano.” Kate fece strada lungo degli stretti gradini di sassi, poi verso uno spazio aperto pieno zeppo di gente. Sofia si sforz? di rallentare mentre si avvicinavano al mercato, tenendo il braccio di Kate per impedirle di correre. Ci mescoleremo meglio con loro se non corriamo, le disse Sofia con il pensiero, troppo ansimante per parlare. Kate non sembrava sicura, ma si mise comunque al passo con lei. Camminarono lentamente, passando in mezzo alla gente che si spostava perch? ovviamente non voleva rischiare di venire in contatto con nessuno di cos? basso ceto come loro. Magari pensavano che loro due fossero stata liberate per fare qualche commissione. Sofia si sforzava di apparire come se stesse semplicemente dando un’occhiata mentre usavano la folla come nascondiglio. Si guard? attorno, vedendo l’orologio in cima al tempio della Dea Mascherata, le varie bancarelle, i negozi con vetrina dietro ad esse. C’era un gruppo di suonatori in un angolo della piazza, che stavano rappresentando uno dei racconti tradizionali con elaborati costumi, mentre uno dei censori osservava dall’esterno della folla circostante. C’era un reclutatore per l’esercito a uno stallo, che tentava di arruolare soldati per la pi? recente guerra per poter difendere la citt? dall’incombente battaglia lungo il Canale Tagliacqua. Sofia vide sua sorella dare un’occhiata al reclutatore e la tir? indietro. No, le disse con il pensiero. Non fa per te. Kate stava per rispondere quando improvvisamente le grida iniziarono di nuovo dietro di loro. Partirono entrambe. Sofia sapeva che adesso nessuno le avrebbe aiutate. Questa era Ashton, il che significava che lei e Kate erano quelle ad avere torto. Nessuno avrebbe mai tentato di aiutare due fuggitive. Infatti, sollevando lo sguardo, Sofia vide qualcuno che iniziava a muoversi nella loro direzione per bloccarle. Nessuno avrebbe lasciato scappare due orfane dal posto cui appartenevano e dalla condizione che era loro. Delle mani si allungarono per afferrarle e loro dovettero lottare per farsi strada. Sofia spinse via una mano dalla spalla con un colpo, mentre Kate picchiava ferocemente con il suo attizzatoio rubato. Si apr? un varco davanti a loro e Sofia vide sua sorella correre verso una sezione di impalcature di legno abbandonate accanto a un muro di pietra dove dei muratori probabilmente avevano tentato di raddrizzare una facciata. Arrampicarsi ancora? chiese Sofia con il pensiero. Non ci seguiranno, rispose sua sorella. Il che era probabilmente vero, anche solo per il fatto che la folla di persone all’inseguimento non avrebbero mai rischiato la vita per questo. Sofia per? aveva paura. Eppure non le veniva in mente nessuna idea migliore. Le sue mani tremanti si strinsero attorno alle assicelle di legno dell’impalcatura, e inizi? ad arrampicarsi. Nel giro di pochi istanti le sue braccia iniziarono a farle male, ma ora si trattava di continuare a salire o cadere, e anche se sotto non ci fossero stati i ciottoli, Sofia non voleva precipitare dove la maggior parte della ressa la stava inseguendo. Kate stava gi? aspettando in cima, sempre sorridendo come se fosse tutto un gioco. La sua mano era di nuovo l?, pronta a tirare su Sofia. Poi furono di nuovo entrambe a correre, questa volta sui tetti. Kate fece strada verso un salto che portava a un altro tetto, balzando sulla copertura di paglia come se non le interessasse il rischio di cadere di sotto. Sofia la seguiva ricacciando indietro l’urgenza di gridare quando si sentiva scivolare, e poi saltando insieme a sua sorella su una sezione pi? bassa dove una dozzina di camini soffiavano fuori fumo da una fornace sottostante. Kate tent? di correre ancora, ma Sofia, percependo un’opportunit?, la afferr? e la tir? gi? nella paglia, nascosta tra le canne. Aspetta, le disse silenziosamente. Con suo stupore, Kate non oppose resistenza. Si guard? attorno mentre si accucciavano nella sezione piatta del tetto, ignorando il calore che veniva dai fuochi sottostanti, e dovette rendersi conto di quanto fossero ben nascoste. Il fumo offuscava per bene ci? che stava loro attorno, immergendole in una sorta di nebbia e nascondendole ancora meglio. Lass? era come una seconda citt?, con file di abiti, bandiere e pennacchi che fornivano tutta la copertura che si desiderava. Se restavano immobili nessuno sarebbe mai riuscito a vederle l?. N? nessuno sarebbe mai stato tanto sciocco da rischiare di farsi un giro sulla copertura di paglia. Sofia si guard? attorno. In un certo modo c’era una certa pace lass?. C’erano dei punti dove le case erano tanto attaccate che i vicini potevano allungare una mano per toccarsi, e pi? in l? Sofia vide un vaso da camera che veniva svuotato nella strada. Non aveva mai avuto la possibilit? di vedere la citt? da quel punto di vista, le torri del clericato e i fabbricanti di armi, i regolatori di orologi e i saggi che si ergevano sul resto della massa, il palazzo all’interno della sua cerchia di mura come un carbonchio incastonato in mezzo al tutto il resto. Se ne stava l? acquattata con sua sorella, le braccia strette attorno a Kate aspettando che i passi degli inseguitori svanissero sotto di loro. Forse avevano trovato una via di fuga. CAPITOLO TRE La mattina sfum? trasformandosi nel pomeriggio prima che Sofia e Kate osassero uscire di soppiatto dal loro nascondiglio. Come Sofia aveva pensato, nessuno aveva osato arrampicarsi sui tetti per cercarle, e anche se i rumori degli inseguitori si erano avvicinati, non l’avevano mai fatto cos? tanto. Ora sembravano essere svaniti del tutto. Kate scrut? all’esterno e diede un’occhiata alla citt? sotto di loro. Il caos della mattina era sparito, sostituito da un andamento e da una folla pi? rilassati. “Dobbiamo scendere da qui,” sussurr? Sofia alla sorella. Kate annu?. “Sto morendo di fame.” Sofia la capiva. La loro mela rubata era sparita da tempo e la fame stava iniziando a farsi sentire anche nel suo stomaco. Scesero portandosi a livello della strada e Sofia si trov? a guardarsi in giro. Anche se i rumori della gente che dava loro la caccia erano spariti, una parte di lei era convinta che qualcuno potesse saltare fuori in qualsiasi momento non appena avessero toccato terra. Imboccarono una strada, cercando di tenersi in disparte pi? che potevano. Era impossibile evitare la gente ad Ashton, perch? c’erano semplicemente troppe persone. Le suore non si erano preoccupate di insegnare loro molto sulla forma del mondo, ma Sofia aveva sentito che c’erano citt? pi? grandi oltre gli Stati dei Mercanti. In quel momento era difficile da credere. C’erano persone ovunque lei guardasse, anche se la maggior parte della popolazione della citt? doveva essere dentro, al lavoro, in quel momento. C’erano bambini che giocavano nelle strade, donne che camminavano verso e dai mercati e negozi, lavoratori che portavano attrezzi e scale. C’erano taverne e sale da gioco, negozi che vendevano caff? proveniente dalle terre appena scoperte oltre l’Oceano Specchio, locali dove la gente sembrava essere ugualmente interessata a parlare e a mangiare. Stentava a credere di vedere gente che rideva, felice e spensierata senza fare null’altro che oziare e divertirsi. Faceva fatica a credere che un mondo del genere potesse addirittura esistere. Era un contrasto scioccante al silenzio forzato e all’obbedienza dell’orfanotrofio. C’? cos? tanto, disse Sofia a sua sorella usando la mente, guardando le bancarelle di cibo ovunque e sentendo il dolore allo stomaco crescere a ogni odore che le passava sotto al naso. Kate si guardava attorno con occhio pratico. Scelse uno dei locali e si port? con cautela verso di esso mentre la gente seduta fuori rideva di un potenziale filosofo che tentava di discutere su quanto si potesse veramente conoscere del mondo. “Sarebbe pi? facile se non fossi ubriaco,” lo canzon? uno di loro. Un altro si gir? verso Sofia e Kate mentre si avvicinavano. L’ostilit? era palpabile. “Non vogliamo quelle come voi qui,” disse sogghignando. “Uscite!” La rabbia pura di quell’affronto era pi? di quanto Sofia si sarebbe aspettata. Lo stesso torn? verso la strada, tirando Kate con s? in modo che la sorella non facesse niente di cui si sarebbero potute pentire. Aveva anche lasciato cadere il suo attizzatoio da qualche parte mentre scappava dalla folla, ma di certo aveva lo sguardo di chi aveva voglia di colpire. Non avevano scelta: avrebbero dovuto rubare il loro cibo. Sofia aveva sperato che qualcuno mostrasse carit? per loro. Ma sapeva che non era cos? che il mondo funzionava. Si resero conto entrambe che era ora di usare i loro talenti, annuendo tutte e due silenziosamente e contemporaneamente. Si misero in piedi dai lati opposti di un vicolo e aspettarono guardando insieme una fornaia al lavoro. Sofia aspett? mentre la fornaia lavorava, fino a che pot? leggerle nel pensiero quello che voleva sentire da lei. Oh no, pens?. I filoncini. Come ho potuto dimenticarli dentro? La donna aveva appena formulato il pensiero che Sofia e Kate scattarono in azione, correndo in avanti nel momento in cui lei girava loro le spalle per entrare a prendere i filoncini. Si mossero rapidamente e afferrarono ciascuna una manciata di dolcetti, tanti da riempirsi la pancia fino a scoppiare. Si abbassarono entrambe dietro un vicolo e masticarono voracemente. Presto Sofia si sent? la pancia piena: una sensazione strana e piacevole, una sensazione mai provata. La Casa degli Indesiderati non credeva nel nutrire i propri ospiti pi? del puro minimo necessario. A questo punti rise mentre Kate tentava di spingersi in bocca un pasticcino intero. Cosa? chiese sua sorella. Semplicemente ? bello vederti felice, le rispose Sofia. Non era certa di quanto sarebbe durata quella felicit?. Teneva un occhio sempre allerta, in guardia per sentire ogni passo dei cacciatori che probabilmente erano sulle loro tracce. L’orfanotrofio non avrebbe impegnato nel cercarle pi? sforzo di quanto valessero i loro vincoli, ma cosa si poteva mai prevedere riguardo allo spirito di vendetta delle suore? Alla fine avrebbero dovuto stare alla larga dai guardiani, e non solo perch? erano scappate. I ladri del resto venivano impiccati ad Ashton. Dobbiamo smettere di sembrare delle orfane fuggitive, altrimenti non saremo mai capaci di camminare per la citt? senza che la gente ci fissi o cerchi di catturarci. Sofia guard? la sorella, sorpresa dal suo pensiero. Vuoi rubare dei vestiti? le chiese con il pensiero. Kate annu?. Quel pensiero port? un’ulteriore nota di paura, eppure Sofia sapeva che sua sorella, sempre pratica, aveva ragione. Si alzarono entrambe nello stesso istante, mettendo i dolcetti avanzati in tasca. Sofia si stava guardando in giro alla ricerca di vestiti, quando sent? Kate toccarle il braccio. Segu? il suo sguardo e lo vide: un filo stendibiancheria, in alto in cima a un tetto. Non era sorvegliato. Per forza, si rese conto con sollievo. Chi dopotutto avrebbe mai sorvegliato in filo stendibiancheria? Lo stesso Sofia poteva sentire il cuore che le batteva forte mentre si arrampicava su questo altro tetto. Si fermarono entrambe, si guardarono in giro, poi tirarono il filo nello stesso modo in cui un pescatore tira la lenza cui ha abboccato un pesce. Sofia rub? un abito da esterno di lana verde, insieme a una sottoveste color crema che era probabilmente della moglie di un contadino, ma costosa all’inverosimile per lei. Con sua sorpresa sua sorella prese una canotta, dei pantaloni e un gilet, che la fecero sembrare pi? un ragazzino dai capelli a spazzola che una ragazza. “Kate,” si lament? Sofia. “Non te ne puoi andare in giro in quelle condizioni!” Kate scroll? le spalle. “Nessuna di noi dovrebbe avere l’aspetto che ha. E poi io cos? sto a mio agio.” C’era una sorta di verit? in questo. Le leggi suntuarie erano chiare su cosa potesse e non potesse indossare ogni ceto della societ?, gli indesiderati e i vincolati. Ed eccole qui a infrangere pi? leggi, a spingere da parte i loro stracci – le uniche cose che era loro permesso indossare – e vestirsi meglio di quello che erano. “Va bene,” disse Sofia. “Non discuto. E a parte tutto magari depister? chiunque stia cercando due ragazze,” disse ridendo. “Io non sembro un maschio,” rispose seccamente Kate, ovviamente indignata. Sofia sorrise. Recuperarono i loro dolci, se li misero nelle nuove tasche e insieme partirono. La parte successiva era pi? difficile: restavano cos? tante cose che avevano bisogno di fare se volevano veramente sopravvivere. Dovevano trovare riparo, per prima cosa, e poi escogitare cosa fare e dove andare. Un passo alla volta, ricord? a se stessa. Ridiscesero tra le strade, e questa volta fu Sofia a fare da guida, cercando di trovare una via in mezzo ai quartieri pi? poveri della citt?, sempre troppo vicino all’orfanotrofio per i suoi gusti. Vide una fascia di case bruciate, ovviamente non ricostruite dopo uno degli incendi che a volte divampavano nella citt? quando il fiume era basso. Sarebbe stato un posto pericoloso dove restare. Lo stesso Sofia si diresse da quella parte. Kate la guard? pensierosa e scettica. Sofia scroll? le spalle. Pericoloso ? sempre meglio che niente, le disse. Si avvicinarono caute, e non appena Sofia sporse la testa dietro l’angolo, fu sorpresa nel vedere un paio di figure alzarsi dalle rovine. Sembravano cos? ricoperti di fuliggine pe essere rimasti tra quelle macerie bruciacchiate, che per un momento Sofia pens? che fossero stati in mezzo all’incendio. “Pussa via! Lasciate stare il nostro spazio!” Uno di loro corse verso Sofia e lei grid? facendo un involontario passo indietro. Kate parve sul punto di poter combattere, ma poi l’altra figura tir? fuori un pugnale che brill? molto pi? di qualsiasi altro oggetto l? presente. “? un ordine. Prendetevi il vostro rudere o vi sgozzo.” Le sorelle allora si misero a correre, mettendo quanta pi? distanza possibile tra loro e la casa. A ogni falcata Sofia era certa di poter sentire i passi dei malviventi armati di coltello, o dei guardiani, o delle suore, da qualche parte alle loro spalle. Camminarono fino ad avere male alle gambe e fino a che il pomeriggio divenne troppo tetro. Almeno ne trassero una certa gioia, dato che ogni passo significava una distanza in pi? tra loro e l’orfanotrofio. Alla fine si avvicinarono a una parte della citt? che sembrava un po’ meglio del resto. Per un qualche motivo, il volto di Kate si illumin? vedendola. “Cosa c’??” chiese Sofia. “La biblioteca a centesimo,” rispose sua sorella. “Possiamo infilarci l? dentro. A volte sgattaiolo via, quando le sorelle ci mandano a fare delle commissioni, e il bibliotecario mi lascia entrare anche se non ho il centesimo da pagare.” Sofia non nutriva molte speranza di trovare aiuto l?, ma la verit? era che non aveva alcuna migliore idea. Lasci? che Kate facesse strada, e si diressero verso un punto trafficato dove usurai si mescolavano ad avvocati, e c’erano addirittura alcune carrozze mescolate ai normali cavalli e pedoni. La biblioteca era uno degli edifici pi? grandi l? presenti. Sofia conosceva la storia: quella che i nobili della citt? avevano deciso di educare i poveri e avevano lasciato una parte della loro fortuna per costruire il genere di biblioteca che la maggior parte teneva chiusa a chiave nelle loro case di campagna. Ovviamente mettere come tariffa un centesimo a visita significava sempre che i poveri non potevano permetterselo. Sofia non aveva mai avuto un centesimo. Le suore non vedevano per quale ragione dovessero dare del denaro alle loro orfane. Lei e Kate si avvicinarono all’ingresso e lei vide un uomo di una certa et? l? seduto, dall’aspetto bonario e con gli abiti mezzo consumati, ovviamente tanto guardiano quanto bibliotecario. Con sorpresa di Sofia, l’uomo sorrise vedendole avvicinarsi. Sofia non aveva mai visto nessuno felice di vedere sua sorella. “Giovane Kate,” disse. “? passato un po’ di tempo da quando sei venuta qui l’ultima volta. E hai portato un’amica. Entrate, entrate. Non mi metto tra i piedi della conoscenza. Il figlio del conte Varrish avr? anche messo una tassa di un centesimo sulla conoscenza, ma il vecchio conte non ci ha mai creduto.” Sembrava sincero al riguardo, ma Kate stava gi? scuotendo la testa. “Non ? quello che ci serve, Geoffrey,” disse Kate. “Mi sorella e io… siamo scappate dall’orfanotrofio.” Sofia colse lo shock sul volto dell’anziano uomo. “No,” disse. “Non dovete fare una cosa cos? sciocca.” “? fatta,” disse Sofia. “Allora non potete stare qui,” insistette Geoffrey. “Se vengono i guardiani e vi trovano qui con me, potrebbero pensare che sono in qualche modo un complice.” Sofia allora se ne sarebbe andata, ma pareva che Kate volesse lo stesso provare. “Ti prego, Geoffrey,” disse. “Devo…” “Devi tornare indietro,” disse Geoffrey. “Chiedete perdono. Ho piet? per la vostra situazione, ma ? la situazione che il destino vi ha dato. Tornate indietro prima che i guardiani vi prendano. Non posso aiutarvi. Potrei essere frustato solo per non aver allertato le guardie di avervi viste. Questa ? tutta la cortesia che posso offrirvi.” Aveva un tono di voce duro, ma lo stesso Sofia poteva vedere la gentilezza nei suoi occhi, e anche il dolore per dover dire quelle parole. Come se fosse combattuto lui stesso, come se stesse facendo finta di essere duro solo per far capire quello che intendeva. Lo stesso Kate parve abbattuta. Sofia odiava vedere sua sorella cos?. La tir? indietro, lontano dalla biblioteca. Mentre camminavano, Kate, a testa bassa, finalmente parl?. “E adesso?” chiese. La verit? era che Sofia non aveva una risposta. Continuarono a camminare, ma ormai era esausta per tutta quella strada percorsa. Stava anche iniziando a piovere, in quel modo regolare che suggeriva che non avrebbe smesso presto. In pochi posti pioveva come ad Ashton. Sofia si trov? a scendere lungo le strade acciottolate in pendenza che conducevano verso il fiume che attraversava la citt?. Non era certa di cosa sperasse trovare l?, tra le chiatte e barchini arenati. Dubitava che la gente del pontile o le prostitute potessero essere di qualche aiuto per loro, e quelle parevano essere le cose principali da potersi trovare in quella parte della citt?. Ma almeno era una destinazione. Se non altro avrebbero potuto trovare un posto dove nascondersi presso la riva e guardare il pacifico navigare delle navi, sognando altri luoghi. Alla fine Sofia scorse uno spazio in secca vicino a uno dei tanti ponti della citt?. Si avvicin?. Barcoll? per la puzza, come anche Kate, e per l’infestazione di ratti. Ma la loro stanchezza rendeva anche il pi? misero stralcio di riparo simile a un palazzo. Dovevano sfuggire alla pioggia. Dovevano nascondersi. E in quel momento dove altro potevano farlo se non l?? dovevano trovare un punto dove nessun altro osasse andare, neanche i vagabondi. E questo era perfetto. “Qui?” chiese Kate con disgusto. “Non potremmo tornare al camino?” Sofia scosse la testa. Dubitava che sarebbe stata capace di ritrovarlo, e anche se l’avessero fatto, sarebbe stato da l? che i cacciatori avrebbero iniziato a cercare. Quello era il posto migliore che potessero trovare prima che la pioggia peggiorasse e prima che calasse la notte. Si sistem? e cerc? di nascondere le lacrime per il bene di sua sorella. Lentamente e con riluttanza Kate si sedette accanto a lei, stringendo le braccia attorno alle ginocchia e dondolandosi, come a voler isolare la crudelt?, la barbarie e la spietatezza del mondo. CAPITOLO QUATTRO Nei sogni di Kate, i suoi genitori erano ancora vivi e lei era felice. Ogni volta che sognava, sembrava che fossero l?, anche se i loro volti non erano ricordi ben definiti e c’era solo il medaglione a guidarle. Kate non era stata abbastanza grande quando tutto era cambiato. Era in una casa da qualche parte in campagna, dove la visuale dalle finestre colorate mostrava frutteti e prati. Kate sognava il calore del sole sulla pelle, la delicata brezza che faceva frusciare le foglie all’esterno. La parte successiva non sembrava mai avere senso. Non conosceva abbastanza i dettagli, o non se li ricordava bene. Tentava di spingere il suo sogno a darle la storia completa di ci? che era accaduto, ma le apparivano solo dei frammenti: una finestra aperta con le stelle fuori. La mano di sua sorella, la voce di Sofia nella sua testa che le diceva di nascondersi. Cercare i genitori nel labirinto della casa… Nascondersi in casa al buio. Sentire dei rumori di qualcuno che si muoveva l? intorno. C’era della luce al di l?, anche se fuori era notte. Si sentiva vicina, sul punto di poter scoprire cosa realmente fosse successo ai suoi genitori quella notte. La luce dalla finestra iniziava a farsi pi? brillante, e pi? brillante, e… “Svegliati,” le disse Sofia scuotendola. “Stai sognando, Kate.” Kate apr? gli occhi risentita. I sogni erano sempre molto meglio del mondo in cui viveva. Strizz? le palpebre alla luce. Anche se pareva impossibile, la mattina era arrivata. Il suo primo giorno passando un’intera notte fuori dal puzzo e dalle grida che c’erano tra le mura dell’orfanotrofio, la sua prima mattina svegliandosi da qualche parte, da qualsiasi parte, che non fosse l?. Anche in un posto cos? umido si sentiva felice. Not? non solo la differenza rispetto alla scarsa luce del pomeriggio: era anche il modo in cui il fiume davanti a loro si era animato di chiatte e barche che navigavano pi? rapidamente che potevano, risalendo la corrente. Alcune si spostavano con piccole vele, altre con pali che le spingevano o cavalli che le tiravano dai lati del fiume. Attorno a loro Kate poteva sentire il resto della citt? che si svegliava. Le campane del tempio stavano rintoccando l’ora, mentre nel frattempo si udiva il chiacchiericcio di un’intera citt? la cui gente si metteva al lavoro o partiva per altri viaggi. Oggi era il primo giorno, una buona giornata per iniziare le cose. Magari avrebbe significato buona fortuna anche per lei e Sofia. “Continuo a fare lo stesso sogno,” disse Kate. “Continuo a sognare di… di quella notte.” Sembravano sempre trattenersi dal chiamarla in modo diverso. Era strano, quando avrebbero potuto probabilmente comunicare pi? direttamente rispetto a chiunque altro in citt?, eppure lei e Sofia ancora esitavano sul parlare di quella cosa. L’espressione di Sofia si adombr?, e Kate si sent? immediatamente male al riguardo. “Anche io faccio quel sogno, a volte,” ammise Sofia tristemente. Kate si gir? verso di lei, concentrata. Sua sorella doveva sapere. Era stata pi? grande, doveva aver visto di pi?. “Tu sai cos’? successo, vero?” le chiese. “Tu sai cos’? successo ai nostri genitori.” Era pi? un’affermazione che una domanda. Kate osserv? il volto di sua sorella per trovarvi delle risposte, e vide un lieve fremito, il segno che stava nascondendo qualcosa. Sofia scosse la testa. “Ci sono cose cui ? meglio non pensare. Dobbiamo concentrarci su cosa succeder? adesso, non sul passato.” Non era proprio una risposta soddisfacente, ma era pi? di quanto Kate si fosse aspettata. Sofia non aveva intenzione di parlare di ci? che era successo nella notte che i suoi genitori se n’erano andati. Non voleva mai discuterne, e anche Kate doveva ammettere di provare sentimenti di disagio ogni volta che ci pensava. Inoltre nella Casa degli Indesiderati non era gradito quando gli orfani tentavano di parlare del loro passato. La chiamavano ingratitudine, ed era un’altra cosa che poteva causare punizioni. Kate calci? un ratto lontano dal proprio piede e si sedette pi? eretta guardandosi attorno. “Non possiamo restare dove siamo,” disse. Sofia annu?. “Moriremo se restiamo qui nelle strade.” Era un pensiero duro, ma probabilmente anche vero. C’erano cos? tanti modi di morire nelle strade di questa citt?. Freddo e fame erano solo i primi nella lista. Con le bande di strada, i guardiani, le malattie e tutti gli altri rischi l? fuori, anche l’orfanotrofio iniziava ad apparire pi? sicuro. Non che Kate volesse tornarci. Lo avrebbe raso al suolo prima di riattraversare quelle porte. Forse un giorno l’avrebbe comunque raso al suolo. Sorrise a quel pensiero. Sentendo la fame, Kate tir? fuori l’ultimo dei dolcetti e inizi? a mangiarselo. Poi si ricord? di sua sorella. Ne stacc? met? e gliela porse. Sofia la guard? speranzosa, ma con un senso di colpa. “Va bene,” ment? Kate. “Ne ho un altro nel mio vestito.” Sofia lo prese con riluttanza. Kate sent? che sua sorella sapeva che stava mentendo, ma aveva troppa fame per negarlo. Ma il loro collegamento era cos? stretto che Kate poteva sentire la fame di sua sorella, e non avrebbe mai potuto permettersi di essere felice se sua sorella non lo era. Alla fine strisciarono fuori dal loro nascondiglio. “Allora, sorellona,” chiese Kate, “qualche idea?” Sofia sospir? tristemente e scosse la testa. “Beh, sto morendo di fame,” disse Kate. “Sar? meglio pensare a pancia piena.” Sofia annu? d’accordo con lei ed entrambe si diressero verso le strade principali. Presto trovarono un bersaglio – un altro fornaio – e rubarono la colazione nel modo in cui avevano preso il loro ultimo pasto. Mentre si nascondevano in un vicolo e mangiavano, era una tentazione pensare di poter vivere il resto delle loro vite a quel modo, usando il talento che condividevano per prendere quello di cui avevano bisogno quando nessuno stava prestando attenzione. Ma Kate sapeva che non poteva funzionare cos?. Niente di buono durava per sempre. Kate guard? verso il trambusto della citt? davanti a lei. Era travolgente. E le sue strade sembravano allungarsi per sempre. “Se non possiamo stare nelle strade,” disse, “cosa facciamo? Dove andiamo?” Sofia esit? un momento, come insicura quanto Kate. “Non lo so,” ammise. “Bene, cosa possiamo fare?” chiese Kate. Non sembrava una lista lunga come avrebbe dovuto essere. La verit? era che gli orfani come loro non avevano tante opzioni nella vita. Erano preparati per vite dove erano vincolati come apprendisti o schiavi, soldati o peggio. Non c’era nessuna reale aspettativa di effettiva libert?, perch? anche quelli che cercavano sinceramente un apprendista non avrebbero pagato che una miseria, non abbastanza da estinguere i loro debiti. E la verit? era che Kate aveva poca pazienza per cucire e cucinare, per l’etichetta o la merceria. “Potremmo trovare un mercante e tentare di diventare suoi apprendisti,” sugger? Kate. Sofia scosse la testa. “Anche se ne trovassimo uno intenzionato ad assumerci, vorranno sentire le nostre famiglie prima. Se non troviamo un padre che garantisca per noi, capiranno cosa siamo.” Kate doveva ammettere che sua sorella aveva ragione. “Bene, allora potremmo firmare come manovali per le chiatte, e vedere il resto del paese.” Anche mentre lo diceva, sapeva che era probabilmente ridicola come la prima idea. Il capitano avrebbe comunque fatto delle domande, e probabilmente qualsiasi cacciatore di orfani fuggitivi avrebbe cercato nelle chiatte per trovare coloro che tentavano di scappare. Di certo non potevano fidarsi che qualcuno potesse aiutarli, non dopo quello che era successo nella biblioteca, con l’unico uomo in quella citt? che aveva considerato amico. Che sciocca infantile era stata. Anche Sofia parve cogliere l’enormit? della situazione in cui si erano cacciate. Distolse lo sguardo con espressione pensierosa. “Se potessi fare qualsiasi cosa,” chiese Sofia, “se potessi andare in qualsiasi posto, dove andresti?” Kate non ci aveva pensato in quei termini. “Non lo so,” disse. “Voglio dire, non ho mai pensato a pi? che sopravvivere alla giornata.” Sofia fece silenzio a lungo. Kate poteva sentirla pensare. Alla fine Sofia parl?. “Se tentiamo di fare qualcosa di normale, ci saranno tanto ostacoli come se sparassimo contro le cose pi? grandi del mondo. Forse ancora peggio, perch? la gente si aspetta che quelli come noi si accontentino di meno. Quindi cos’? che vuoi pi? di tutto?” Kate ci pens?. “Voglio trovare i nostri genitori,” disse Kate, rendendosene conto solo mentre lo diceva. Pot? percepire il lampo di dolore scorrere in Sofia a quella parole. “I nostri genitori sono morti,” disse Sofia. Suonava cos? sicura che Kate voleva chiederle ancora cosa fosse successo anni fa. “Mi spiace, Kate. Non era quello che intendevo.” Kate sospir? amaramente. “Non voglio pi? che qualcuno controlli quello che faccio,” disse Kate scegliendo una cosa che voleva tanto quanto il ritorno dei suoi genitori. “Voglio essere libera, veramente libera.” “Lo voglio anche io,” disse Sofia. “Ma ci sono pochissime persone veramente libere in questa citt?. Quelli che davvero lo sono…” Guard? verso la citt? e, seguendo il suo sguardo, Kate pot? vedere che stava guardando verso il palazzo, con il suo marmo scintillante e le decorazioni dorate. Kate poteva sentire quello che stava pensando. “Non penso che essere una servitrice al palazzo di renderebbe libera,” disse Kate. “Non stavo pensando di diventare una servitrice,” disse Sofia. “E se… potessimo entrare l? e semplicemente essere uno di loro? E se potessimo convincerli di quello che eravamo? E se potessimo sposare un qualche ricco uomo e avere dei collegamenti con la corte?” Kate non rise, ma solo perch? capiva quanto seria fosse sua sorella riguardo a quell’idea. Se avesse potuto avere qualsiasi cosa al mondo, l’ultima cosa che Kate avrebbe desiderato sarebbe stato entrare al palazzo e diventare una gran dama, sposando un qualche uomo che le dicesse cosa fare. “Non voglio dipendere da nessun altro per la mia libert?,” disse Kate. “Il mondo ci ha insegnato una cosa, e solo una cosa: dobbiamo contare su noi stesse. Solo su noi stesse. In questo modo possiamo controllare tutto ci? che ci capita. E non dobbiamo fidarci di nessuno. Dobbiamo imparare a prenderci cura di noi stesse. A sostenerci. A vivere della terra. A imparare a cacciare. A coltivare. Qualsiasi cosa dove non sia necessario fare affidamento sugli altri. E dobbiamo raccogliere armi e diventare grandi combattenti cos?, se qualcuno venisse a prendere ci? che ? nostro, potremmo ucciderli.” E improvvisamente Kate cap?. “Dobbiamo lasciare questa citt?,” disse con urgenza alla sorella. “? piena di pericoli per noi. Dobbiamo andare oltre la citt?, in campagna, dove vivono poche persone e dove nessuno sar? capace di farci del male.” Pi? ne parlava e pi? si rendeva conto che era la cosa giusta da fare. Era il suo sogno. In quel momento Kate non voleva altro che correre verso i cancelli della citt? e scappare negli spazi aperti che si trovavano oltre. “E quando avremo imparato a combattere,” aggiunse, “quando saremo diventate pi? grandi e pi? forti e avremo le migliori spade e archi e pugnali, torneremo qui e uccideremo tutti quelli che ci hanno fatto del male nell’orfanotrofio…” Sent? le mani di Sofia sulle sue spalle. “Non puoi parlare cos?, Kate. Non puoi parlare di uccidere gente come se niente fosse.” “Non ? vero che ? niente,” rispose seccamente Kate. “? quello che si meritano.” Sofia scosse la testa. “? una cosa primitiva,” le disse. “Ci sono modi migliori per sopravvivere. E modi migliori per vendicarsi. Inoltre, non voglio limitarmi a sopravvivere come una paesana nei boschi. Che senso ha una vita del genere? Io voglio vivere.” Kate non era convinta, ma non disse nulla. Camminarono in silenzio per un po’, e Kate immagin? che Sofia fosse presa dal suo sogno come lei dal proprio. Percorsero strade piene di persone che sembravano sapere quello che stavano facendo delle loro vite, che sembravano piene di intento, e per Kate non era giusto che per loro dovesse essere cos? facile. Ma forse lo era. Magari anche loro avevano poca scelta come lei o Sofia se fossero rimaste nell’orfanotrofio. Davanti a loro la citt? si distendeva oltre i cancelli che si trovavano l? probabilmente da centinaia di anni. Lo spazio esterno era pieno di case adesso, ammassate vicino alle mura in un modo che forse le rendeva inutili. Oltre c’era un ampio spazio aperto, per?, dove numerosi contadini stavano conducendo il loro bestiame verso il mattatoio: pecore e oche, anatre e addirittura alcune mucche. C’erano anche carri di cibo che aspettavano di entrare in citt?. E oltre ancora l’orizzonte era pieno di boschi. Boschi dove Kate desiderava scappare. Kate vide la carrozza prima di Sofia. Si stava facendo strada in mezzo ai veicoli in attesa, i suoi occupanti ovviamente convinti di avere il diritto di essere i primi. Forse era anche cos?. La carrozza era dorata e decorata, con uno stendardo di famiglia sul fianco, che probabilmente avrebbe avuto senso se le suore avessero ritenuto necessario insegnare cose del genere. Le tendine di seta erano chiuse, ma Kate vide aprirsi uno spiraglio, rivelando una donna all’interno che guardava da sotto un’elaborata maschera a forma di uccello. Kate si sent? pervadere da invidia e disgusto. Come potevano alcuni vivere cos? bene? “Guardali,” disse Kate. “Stanno probabilmente andando a un ballo o a una festa in maschera. Non hanno probabilmente mai dovuto preoccuparsi di avere fame in vita loro.” “No, ? vero,” conferm? Sofia. Ma la sua voce aveva un tono pensieroso, forse addirittura pieno di ammirazione. Allora Kate si rese conto di cosa sua sorella stava pensando. Si gir? verso di lei sorpresa. “Non possiamo seguirli,” le disse. “Perch? no?” rispose sua sorella. “Perch? non provare a prenderci quello che vogliamo?” Kate non aveva una risposta da darle. Non voleva dire a Sofia che non avrebbe funzionato. Che non poteva funzionare. Che non era il modo in cui il mondo andava avanti. Avrebbero dato loro un’occhiata e avrebbero capito che erano orfane, avrebbero capito che erano paesane. Come potevano mai sperare di fondersi con un mondo come quello? Sofia era la sorella pi? grande, avrebbe dovuto saperlo. Inoltre in quel momento gli occhi di Kate si posarono su qualcosa che era ugualmente attraente per lei. C’erano degli uomini che si stavano mettendo in formazione vicino al lato della piazza, indossando i colori di una delle compagnie di mercenari cui piaceva dilettarsi nelle guerre oltreoceano. Avevano armi disposte sui carri, e cavalli. Alcuni di loro stavano addirittura svolgendo un torneo improvvisato con delle spade dalle lame smussate. Kate guard? le armi e vide quello che le serviva: rastrelliere di acciaio. Pugnali, spade, balestre, trappole da caccia. Anche solo con poche di quelle cose, avrebbe potuto imparare a mettere trappole e vivere di ci? che la terra aveva da offrirle. “No,” disse Sofia vedendo il suo sguardo e mettendole una mano sul braccio. Kate si liber?, ma con delicatezza. “Vieni con me,” disse, determinata. Vide sua sorella scuotere la testa. “Sai che non posso. Non fa per me. Non sono fatta cos?. Non ? quello che voglio, Kate.” E cercare di mescolarsi con un mucchio di nobili non era quello che Kate voleva. Pot? sentire la certezza di sua sorella, pot? sentire la propria, ed ebbe un’improvvisa sensazione di come sarebbe andata. La consapevolezza le fece bruciare gli occhi per le lacrime. Gett? le braccia attorno a sua sorella, e anche lei la strinse a s?. “Non voglio lasciarti,” disse Kate. “Neanche io voglio lasciarti,” rispose Sofia, “ma forse dobbiamo tentare ciascuna la propria strada, almeno per un po’. Tu sei testarda quanto me, e dobbiamo entrambe vivere il nostro sogno. Io sono convinta di potercela fare, e che poi potr? aiutarti.” Kate sorrise. “E io sono convinta di potercela fare, e di poterti poi aiutare.” Kate pot? vedere le lacrime anche negli occhi di sua sorella, ma pi? di questo pot? sentire la tristezza nella connessione che avevano. “Hai ragione,” disse Sofia. “Non staresti bene in una corte, e io non starei bene in qualcosa di selvaggio o a imparare a combattere. Quindi probabilmente dobbiamo fare le cose separatamente. Forse le nostre migliori possibilit? di sopravvivenza sono nello stare separate. Se non altro, se una di noi viene presa, l’altra pu? venire a salvarla.” Kate avrebbe voluto dire a Sofia che si sbagliava, ma la verit? era che tutto ci? che stava dicendo aveva senso. “Ti trover? poi,” disse Kate. “Imparer? a combattere e a come vivere in campagna, e ti trover?. Poi vedrai e verrai con me.” “E io trover? te quando riuscir? ad entrare a corte,” ribatt? Sofia con un sorriso. “Verrai con me a palazzo e sposerai un principe, e governerai questa citt?.” Entrambe sorrisero con le lacrime che scorrevano lungo le guance. Ma non sarai mai sola, aggiunse Sofia, facendo risuonare le parole nella mente di Kate. Sar? sempre vicina come un pensiero. Kate non pot? pi? sopportare la tristezza, e cap? di dover agire prima di cambiare idea. Quindi abbracci? un’ultima volta la sorella e corse verso le armi. Era giunta l’ora di rischiare tutto. CAPITOLO CINQUE Sofia poteva sentire la determinazione che le ardeva dentro mentre attraversava Ashton, diretta al distretto murato dove si trovava il palazzo. Camminava velocemente lungo le strade, schivando cavalli e saltando di tanto in tanto su dei carri quando parevano diretti da quella parte. Lo stesso le ci volle tempo per attraversare la vastit? di quel posto, muovendosi attraverso le Eliche, il Quartiere dei Mercanti, il Colle Nodoso e uno per uno tutti gli altri quartieri. Le apparivano cos? strani e pieni di vita dopo il tempo passato nella Casa degli Indesiderati, che Sofia avrebbe voluto avere pi? tempo per esplorarli. Si trov? in piedi fuori da un grande teatro circolare, desiderosa di avere il tempo per entrarvi. Ma non ce n’era, perch? se si fosse persa il ballo in maschera quella sera, non era certa di come avrebbe potuto trovare il posto che voleva a corte. Un ballo mascherato, lo sapeva, non accadeva molto spesso, e le avrebbe offerto la migliore occasione per sgattaiolare all’interno. Era preoccupata per Kate mentre avanzava. Le pareva strano, dopo cos? tanto tempo, camminare nella direzione opposta. Ma la verit? era che volevano cose diverse dalle loro vite. Sofia l’avrebbe trovata una volta sistemato tutto. Una volta ottenuta una vita agiata tra i nobili di Ashton, avrebbe trovato Kate e tutto sarebbe andato per il verso giusto. I cancelli di accesso all’area recintata che conteneva il palazzo si trovavano davanti a lei. Come Sofia si era aspettata, erano spalancati per la serata, e dietro di essi poteva vedere i formali giardini preparati con ordinate file di siepi e rose. C’erano anche ampie aree erbose, prati ben rasati e curati molto meglio del campo di un qualsiasi contadino. Tutto dava l’impressione di lusso quando chiunque altro in citt? che possedesse un pezzo di terra dietro casa, doveva usarlo per coltivarci il cibo. C’erano lanterne disposte su pali a poca distanza l’uno dall’altro nei giardini. Non erano ancora accese, ma per la notte avrebbero trasformato l’intero posto in un’ondata di luce brillante, permettendo alla gente di danzare sui prati come se fossero i grandi saloni del palazzo. Sofia pot? vedere persone che, una dopo l’altra, si dirigevano all’interno. C’era un servitore in livrea dorata vicino al cancello, insieme a due guardie in azzurro chiarissimo, i moschetti messi in spalla in perfetta mostra da parata mentre i nobili e i loro servitori passeggiavano loro davanti. Sofia and? velocemente al cancello. Aveva sperato di potersi perdere nella folla di coloro che entravano, ma quando arriv? c’era solo lei. Ci? significava che il servitore pot? darle tutta la sua attenzione. Era un uomo di una certa et? con una parrucca imbellettata i cui riccioli scendevano fino alla base del collo. Guard? Sofia con un’espressione molto vicina al disprezzo. “E tu, cosa vuoi?” le chiese con un tono cos? altezzoso da sembrare quello di un attore che recitava la parte di un nobile, piuttosto che di un vero servitore. “Sono qui per il ballo,” disse Sofia. Sapeva di non poter passare per una nobile, ma c’erano sempre delle cose che poteva fare. “Sono la servitrice di…” “Non metterti in imbarazzo da sola,” rispose seccamente il servitore. “So perfettamente chi deve entrare, e nessuno di loro si preoccuperebbe di essere accompagnato da una servitrice come te. Non facciamo entrare le puttane del molo. Non ? quel genere di festa.” “Non so cosa lei intenda dire,” tent? di dire Sofia, ma l’espressione di cipiglio che le arriv? in risposta le disse che non stava per niente funzionando. “Allora permetti che ti spieghi,” disse il servitore alla porta. Sembrava divertirsi. “Il tuo vestito sembra ritagliato da quello di una pescivendola. Puzzi come se fossi appena venuta fuori da una fogna. E per quanto riguarda la tua voce, sembra che tu non riesca neanche a pronunciare la corretta dizione, figurarsi ad utilizzarla. Ora facciamola finita, prima che debba farti acciuffare e rinchiudere in uno sgabuzzino per la notte.” Sofia avrebbe voluto discutere, ma la crudelt? delle parole dell’uomo parve rubarle le proprie. Pi? di tutto le avevano rubato il suo sogno, tanto facilmente come se qualcuno avesse allungato una mano e l’avesse preso dall’aria. Si gir? e corse via, e la cosa peggiore fu sentire la risata che la segu? fino in fondo alla strada. Sofia si ferm? davanti a una porta poco avanti, profondamente umiliata. Non si era aspettata che potesse essere facile, ma aveva pensato che qualcuno nella citt? fosse gentile. Aveva creduto di poter passare per una servitrice, se non poteva per nobildonna. Ma forse quello era il suo errore. Se stava tentando di reinventarsi, non avrebbe dovuto farlo del tutto? Forse era troppo tardi. Non poteva passare per il genere di servitrice che accompagna la sua signora a un ballo, ma per cosa poteva passare? Poteva essere ci? che era quasi stata quando aveva lasciato l’orfanotrofio. Il genere di servitrice cui affidare i lavori pi? infimi. Quello poteva funzionare. L’area attorno al palazzo era un posto di nobili case di citt?, ma anche di tutte le cose che i loro proprietari avrebbero potuto volere dalla citt?: sartorie, gioiellerie, bagni e altro ancora. Tutte cose che Sofia non poteva permettersi, ma tutte cose che poteva comunque riuscire a ottenere. Inizi? da un sarto. Era la parte pi? grande, e forse una volta ottenuto il vestito, il resto sarebbe stato facile. Entr? nel negozio che pareva pi? pieno di gente, ansimante come se stesse per collassare, sperando il meglio. “Cosa ci fai qui?” le chiese una donna dai capelli argentati, sollevando la testa con la bocca piena di spilli. “Mi perdoni…” disse Sofia. “La mia signora… mi fruster? se il vestito arriver? in ritardo… ha detto… di venire qui di corsa.” Non poteva passare per una servitrice che accompagnava la sua signora, ma poteva essere quella serva vincolata di una nobile, inviata per le commissioni dell’ultimo minuto. “E il nome della tua signora?” chiese la sarta. ? proprio il genere di serva che manderebbe qui Milady D’Angelica? Forse perch? ha la sua corporatura e vuole prima vedere se le va bene? Il baluginio del talento di Sofia venne senza essere richiesto. E lei ebbe abbastanza senso da non porsi domande. “Milady D’Angelica,” disse. “Mi perdoni, ma mi ha detto di fare in fretta. Il ballo…” “Non inizier? a dire il vero prima di una o due ore, e dubito che la tua signora voglia essere l? fino al momento dell’entrata,” rispose la sarta. Il suo tono era un po’ meno duro adesso, anche se Sofia sospettava che il motivo fosse solo la persona che stava fingendo di servire. L’altra donna disse: “Aspetta qui.” Sofia aspett?, anche se era la parte pi? difficile da fare al mondo in quel momento. Le concesse un momento per ascoltare, almeno. Il servitore al palazzo aveva avuto ragione: la gente parlava diversamente rispetto alle parti pi? povere della citt?. Le vocali erano pi? arrotondate, i confini delle parole pi? raffinati. Una delle donne che lavoravano l? pareva provenire da uno degli Stati dei Mercanti e il suo accento le faceva arrotondare la ‘r’ mentre chiacchierava con le altre. Non ci volle molto perch? la prima sarta uscisse con un vestito, porgendolo a Sofia perch? lo guardasse. Era la cosa pi? bella che Sofia avesse mai visto. Brillava di argento e blu e sembrava luccicare quando si muoveva. Il corpetto era lavorato con filo argentato, e anche la sottoveste brillava in onde che sembravano uno spreco. Chi le avrebbe mai viste? “Tu e Milady D’Angelica avete la stessa misura, giusto?” chiese la sarta. “S? signora,” rispose Sofia. “? per questo che mi ha mandata.” “Allora avrebbe dovuto mandarti dall’inizio, invece di farmi avere solo una lista delle misure.” “Mi accerter? di riferirglielo,” rispose Sofia. Questo fece impallidire la sarta per l’orrore, come se il solo pensiero fosse sufficiente a farle venire un attacco di cuore. “Non ce n’? bisogno. ? molto simile, ma devo solo sistemare un paio di cose. Sei certa di essere della sua taglia?” Sofia annu?. “Al centimetro, signora. Mi fa mangiare esattamente quello che mangia lei in modo che siamo sempre uguali.” Era un dettaglio stupido e sconsiderato da inventare, ma la sarta parve berselo. Forse era il genere di stramberia a cui credeva una nobildonna si sarebbe potuta abbassare. Ad ogni modo fece gli aggiustamenti cos? rapidamente che Sofia quasi non pot? crederci, dandole alla fine un pacco avvolto con una carta decorata. “Metto sul conto di Milady?” chiese la sarta. C’era una nota di speranza nella sua voce, come se Sofia avesse potuto avere i soldi con s?, ma Sofia pot? solo annuire. “Certo, certo. Sono sicura che Milady D’Angelica ne sar? contenta.” “Ne sono certa,” disse Sofia. E praticamente corse fuori dalla porta. A dire il vero era certa che la nobile sarebbe stata furiosa, ma lei non aveva in programma di trovarsi da quelle parti quando fosse successo. Aveva altri posti dove andare e altri pacchi da “recuperare” a nome della sua “signora”. Nel negozio di un calzolaio prese degli stivaletti del migliore cuoio chiaro, decorati con incisioni che mostravano scene della vita della Dea Senza Nome. In un negozio di profumi prese una piccola fiala tanto odorosa che pareva che il suo creatore avesse in qualche modo distillato l’essenza di tutto ci? che c’? di bello in una fragrante combinazione. “? la mia pi? grandiosa creazione,” proclam? l’uomo. “Spero che a Lady Beaufort piaccia.” A ogni negozio Sofia sceglieva una nobildonna di cui fare la servitrice. Era semplice in pratica: non poteva garantire che Milady D’Angelica fosse stata in ogni negozio della citt?. Con alcuni dei negozi prese i nomi dai pensieri dei proprietari. Con altri, quando il suo talento non le veniva in aiuto, doveva tenere la conversazione sospesa fino a che non facevano delle ipotesi o, in un caso, fino a che non fosse capace di dare un’occhiata di sbieco al registro sul bancone del negozio. Pi? rubava e pi? pareva essere facile. Ogni pezzo rubato faceva da credenziale per il successivo, perch? ovviamente gli altri negozianti non avrebbero mai dato niente alla persona sbagliata. Quando arriv? al negozio dove vendevano le maschere, il negoziante le stava praticamente mettendo le cose in mano prima ancora che lei varcasse la porta. Era una mezza maschera di ebano intagliato, dove si trovavano diverse scene della Dea Mascherata che cercava ospitalit? e decorata con piume sul contorno e punte di gioielli attorno agli occhi. Era probabilmente disegnata in modo da far apparire gli occhi di chi la indossava come se brillassero di luce riflessa. Sofia prov? in leggero lampo di senso di colpa mentre la prendeva, aggiungendola alla considerevole pila di pacchi che aveva tra le braccia. Stava rubando a cos? tanta gente, prendendo cose che loro avevano lavorato per produrre, e per cui altri avevano pagato. E avrebbero pagato, o non avevano ancora pagato: Sofia non aveva ancora capito in che modo i nobili sembrassero comprare cose senza quasi pagarle. Ma era solo un piccolissimo senso di colpa, perch? avevano tutti cos? tanto confronto agli orfani della Casa degli Indesiderati. Solo i gioielli di quella maschera avrebbero potuto cambiare le loro vite. Per ora Sofia aveva bisogno di cambiare se stessa, e non poteva andare alla festa sporca per aver dormito accanto al fiume. And? verso i bagni, aspettando fino a quando ne trov? uno con delle carrozze che aspettavano alla porta, e che lasciavano intendere che c’erano dei bagni separati per le donne di un certo rango. Non aveva denaro per pagare, ma and? comunque alle porte, ignorando l’occhiata che le lanci? il grande e grosso proprietario. “La mia signora ? dentro,” disse. “Mi ha detto di portarle tutto per quando avesse finito il bagno, altrimenti sarebbero stati guai.” L’uomo la guard? dalla testa ai piedi. Di nuovo i pacchi che Sofia aveva in mano parvero funzionare da passaporto. “Allora faresti meglio ad entrare, no? Gli spogliatoi sono l? davanti a sinistra.” Sofia vi and?, mettendo i suoi trofei rubati nella stanza che era calda per il vapore che veniva dai bagni. Donne andavano e venivano con indosso gli asciugamani che servivano loro per asciugarsi. Nessuna di loro si gir? a guardarla. Sofia si svest?, si avvolse un telo attorno al corpo e si diresse verso i bagni. Erano sistemati in modo da facilitare la discesa in acqua, con diverse vasche di acqua calda, tiepida e fredda; massaggiatrici ai lati e servitori a disposizione. Sofia era ben consapevole del tatuaggio che aveva alla caviglia e che dichiarava ci? che lei era, ma c’erano serve vincolate con le loro signore, l? per massaggiarle con oli profumati o per pettinare loro i capelli. Se nessuno avesse notato il marchio, avrebbero sicuramente dato per scontato che Sofia fosse l? per quel motivo. Lo stesso non si prese il tempo per crogiolarsi nei bagni come avrebbe potuto. Voleva uscire di l? prima che qualcuno facesse delle domande. Si immerse nell’acqua, si strofin? col sapone e cerc? di togliersi di dosso il peggio della sporcizia. Quando usc? dal bagno, si assicur? che il telo le arrivasse alle caviglie. Tornata negli spogliatoi si mise addosso un pezzo alla volta i suoi nuovi abiti e accessori. Inizi? con le calze di seta e la sottoveste. Poi sal? al corsetto e alla gonna esterna, ai guanti e al resto. “La signora ha bisogno di aiuto con i capelli?” chiese una donna, e Sofia si gir? per vedere una servitrice che la guardava. “Se puoi,” disse Sofia, tentando di ricordare come parlavano i nobili. Le venne in mente che la cosa sarebbe stata pi? facile se nessuno avesse pensato che lei era del posto, quindi vi aggiunse un pizzico di accento degli Stati dei Mercanti che aveva sentito dalla sarta. Con sua sorpresa le venne facile e la sua voce si aggiust? rapidamente al resto. La ragazza le asciug? e acconci? i capelli in un elaborato intreccio che Sofia fece fatica a seguire. Quando ebbe finito, si mise la maschera e poi si diresse fuori, dirigendosi tra le carrozze fino a che ne scorse una che non era ancora stata occupata. “Ehi tu!” grid?, e la sua nuova voce le sembr? strana alle orecchie. “S?, tu! Portami subito al palazzo, e non fermarti strada facendo. Sono di fretta. E non iniziare a chiedere il pagamento. Puoi mandare il conto a Lord Dunham, e lui pu? essere riconoscente che questa sera gli costi solo questo.” Neanche sapeva se ci fosse un Lord Dunham, ma il nome le sembrava giusto. Si aspett? che il conduttore della carrozza le rispondesse, o almeno brontolasse per il pagamento. Invece si limit? a inchinarsi. “S?, mia signora.” Il viaggio in carrozza attraverso la citt? fu pi? comodo di quanto Sofia si sarebbe immaginata. Pi? comodo di certo che viaggiare dietro ai carri, e molto pi? breve. Nel giro di pochi minuti pot? vedere i cancelli che si avvicinavano. Sofia si sent? serrare il cuore, perch? l? c’era sempre lo stesso servitore di prima. Poteva farcela? L’avrebbe riconosciuta? La carrozza rallent? e Sofia si sforz? di sporgersi, sperando di avere l’aspetto che doveva. “? iniziato il ballo?” chiese con il suo nuovo accento. “Sono arrivata nel momento giusto per creare un ingresso d’impatto? E cosa pi? importante: come sono? I miei servitori dicono che questo sia adatto per la vostra corte, ma mi sembra di essere come una puttana da molo.” Non pot? resistere a quella piccola vendetta. Il servitore al cancello fece un profondo inchino. “Vossignoria non avrebbe potuto avere tempismo migliore,” la rassicur?, con quel genere di falsa sincerit? che Sofia immagin? piacesse ai nobili. “E ha un aspetto assolutamente amorevole, ovviamente. La prego, entri.” Sofia chiuse la tendina della carrozza mentre avanzava, ma solo perch? nascondesse il suo stupefatto sollievo. Stava funzionando. Stava funzionando davvero. Sperava solo che le cose stessero andando altrettanto bene per Kate. CAPITOLO SEI Kate si stava godendo la citt? pi? di quanto aveva pensato possibile da sola. Sentiva ancora fortemente la mancanza di sua sorella, e voleva ancora uscire in aperta campagna, ma per ora Ashton era il suo terreno di gioco. Si fece strada attraverso le strade cittadine, e c’era qualcosa di particolarmente attraente nel perdersi in mezzo alla folla. Nessuno guardava dalla sua parte, niente pi? di quanto guardassero gli altri apprendisti e scugnizzi, figli pi? giovani o futuri combattenti della citt?. Con i suoi abiti maschili e con i suoi capelli corti a spazzola, Kate poteva passare per uno qualsiasi di loro. C’era cos? tanto da vedere in citt?, e non solo i cavalli a cui Kate lanciava un’occhiata bramosa ogni volta che ne vedeva passare uno. Si ferm? davanti a un venditore che trattava armi per la caccia su un carro, balestre leggere e moschetti che sembravano incredibilmente grandi. Se Kate avesse potuto prenderne uno, l’avrebbe fatto, ma gli uomini tenevano d’occhio con molta attenzione chiunque si avvicinasse. Ma non tutti erano cos? attenti. Kate riusc? a rubare un pezzo di pane dal tavolo di un locale, un coltello da un punto dove qualcuno l’aveva usato per appuntare un foglietto religioso. Il suo talento non era perfetto, ma sapere dove si trovavano i pensieri e l’attenzione della gente era un grosso vantaggio quando si trattava della citt?. Prosegu?, cercando un’opportunit? di prendere altre cose che le sarebbero servite per la vita in campagna. Era primavera, ma questo significava solo pioggia al posto della neve per la maggior parte dei giorni. Cosa le sarebbe servito? Kate inizi? a controllare le cose contandole con le dita. Una borsa, spago per fare delle trappole per gli animali, una balestra se fosse riuscita ad accaparrarsene una, e una tela cerata per tenere a bada la pioggia. Un cavallo. Sicuramente un cavallo, nonostante tutti i rischi che un furto di cavallo portava con s?. Non che tutto il resto fosse tanto sicuro. C’erano dei patiboli in alcuni angoli che portavano le ossa di criminali morti da tempo, conservate in modo che la lezione potesse avere lunga durata. Su uno dei vecchi cancelli, distrutti dall’ultima guerra, c’erano tre teschi conficcati su delle picche: erano probabilmente quelli del cancelliere traditore e dei suoi cospiratori. Kate si chiese se qualcuno ne sapesse di pi?. Diede un’occhiata anche al palazzo in lontananza, ma solo perch? sperava che Sofia stesse bene. Quel genere di posto era per quelli come la benestante regina vedova e i suoi figli, i nobili e i servitori che cercavano di mettere a tacere i problemi del mondo reale con le loro feste e caccie. Non per gente reale. “Ehi, ragazzo, se hai soldi da spendere, ti mostro qualcosa di bello,” esclam? una donna dalla soglia di una casa il cui intento era ovvio anche senza insegna. Sulla porta stava di guardia un uomo che avrebbe potuto combattere con un orso, mentre Kate poteva sentire i rumori di gente che si divertiva fin troppo anche se ancora non era buio. “Non sono un ragazzo,” rispose seccamente. La donna scroll? le spalle. “Non sono delicata. Puoi sempre entrare e guadagnarti qualche soldo da te. Ai vecchi sporcaccioni piacciono quelle un po’ mascoline come te.” Kate and? oltre, non dandole la soddisfazione di una risposta. Non era la vita che aveva programmato per se stessa. E non era neanche rubare per ottenere quello che voleva. C’erano altre opportunit? che parevano pi? interessanti. Ovunque guardasse, sembrava che ci fossero reclutatori per una o l’altra delle compagnie libere, che dichiaravano la loro alta paga rispetto agli altri, o le migliori razioni, o la gloria di aver vinto in guerre oltre il Tagliacqua. Kate and? in realt? verso uno di essi, un uomo dall’aspetto cordiale, sulla cinquantina, che indossava un’uniforme che sarebbe stata meglio a un attore che impersonava un guerriero, piuttosto che a uno vero “Ehi, ragazzo! Cerchi avventura? Sei temerario? Non hai paura di morire sotto le spade dei tuoi nemici? Beh, sei venuto nel posto sbagliato!” “Il posto sbagliato?” chiese Kate, senza dare peso al fatto che l’avesse scambiata per un maschio. “Il nostro generale ? Massimo Caval, noto per essere il pi? cauto tra gli uomini che combattono. Non entra mai in battaglia a meno che non sia certo di poter vincere. Non spreca mai i suoi uomini in confronti inutili. Non…” “Quindi state dicendo che ? un codardo?” chiese Kate. “Un codardo ? la cosa migliore che ci possa essere in guerra, credimi,” disse il reclutatore. “Sei mesi a correre davanti alle forze nemiche mente quelle si annoiano, con solo qualche saccheggio a ravvivare la situazione. Pensaci, la vita, la… aspetta, tu non sei un ragazzo, giusto?” “No, ma lo stesso so combattere,” insistette Kate. Il reclutatore scosse la testa. “Non per noi, non puoi. Vattene!” Nonostante la sua difesa della codardia, il reclutatore sembrava poterle dare uno schiaffone alla testa se Kate fosse rimasta l?, quindi continu? a camminare. C’erano cos? tante cose nella citt? che non avevano senso. La Casa degli Indesiderati era stata un luogo crudele, ma almeno possedeva un certo ordine. Per met? del tempo nella citt? sembrava che la gente facesse quello che voleva, con poche istruzioni da parte dei governatori della citt? stessa. Di certo sembrava non esserci alcun piano. Kate attravers? un ponte che era stato costruito con banchi e palchi e anche piccole case, tanto che non era rimasto che un minimo spazio da usare per gli scopi desiderati. Kate si ritrov? a camminare lungo delle strade che si chiudevano a spirale su loro stesse, vicoli che in qualche modo diventavano i tetti di case disposte a un livello pi? basso e che poi passavano il posto a delle scale a pioli. Per quanto riguardava la gente nelle strade, l’intera citt? sembrava folle. Pareva esserci qualcuno che gridava a ogni angolo, dichiarando gli elementi della propria personale filosofia o denunciando il coinvolgimento del regno in guerre nelle acque. Kate si rintanava nelle soglie delle porte quando vedeva le figure mascherate dei sacerdoti e delle suore che seguivano gli imperscrutabili compiti della Dea Mascherata, ma dopo la terza o quarta volta decise di continuare a camminare. Vide una persona frustare una catena di prigionieri, e si trov? a chiedersi quale parte della grazia divina rappresentasse tutto ci?. C’erano cavalli ovunque nella citt?. Tiravano carrozze, portavano cavalieri, e alcuni dei pi? grossi trainavano carri pieni di qualsiasi cosa, dalla pietra alla birra. Vederli era una cosa, rubarne uno era decisamente diverso. Alla fine Kate scelse un punto fuori da una scuderia e si avvicin? aspettando il suo momento. Rubare qualcosa di grosso come un cavallo necessitava di pi? di un semplice momento di disattenzione, ma nel principio non era diverso dal rubare una torta. Poteva sentire i pensieri degli stallieri mentre girovagavano e riflettevano. Uno di loro stava portando fuori una bella giumenta, pensando alla nobildonna a cui doveva portarla. Dannazione, c’? bisogno di una sella da amazzone, non di questa. Il pensiero fu tutto l’invito di cui Kate aveva bisogno. Si port? avanti mentre lo stalliere tornava di corsa all’interno, probabilmente pensando che nessuno potesse prendere un cavallo nel breve lasso di tempo che sarebbe trascorso. Kate si fece strada tra i pedoni che imbrattavano la strada, immaginando il momento in cui le sue mani si sarebbe finalmente chiuse attorno alle redini. “Ti ho preso!” disse una voce mentre una mano le si stringeva sulla spalla. Per un momento Kate pens? che qualcuno avesse immaginato ci? che stava per fare, ma quando la figura che l’aveva afferrata la fece ruotare verso di s?, Kate riconobbe la verit?: era uno dei ragazzi dell’orfanotrofio. Si dimen? per liberarsi e lui la colp?, con forza, prendendola allo stomaco. Kate cadde in ginocchio e vide due altri ragazzi accorrere velocemente. “Ci hanno mandati a inseguirti quando te ne sei andata,” disse il pi? grande. “Hanno detto che le ragazze valgono pi? dei ragazzi e che potevano mandare dei cacciatori per tutti noi se necessario.” Sembrava amareggiato, e Kate non lo biasim?. La Casa degli Indesiderati era un luogo malvagio, ma era anche l’unica casa che gli orfani avevano. Lo biasim? invece per il pugno successivo, che le fece oscillare la testa all’indietro. Êîíåö îçíàêîìèòåëüíîãî ôðàãìåíòà. Òåêñò ïðåäîñòàâëåí ÎÎÎ «ËèòÐåñ». Ïðî÷èòàéòå ýòó êíèãó öåëèêîì, êóïèâ ïîëíóþ ëåãàëüíóþ âåðñèþ (https://www.litres.ru/pages/biblio_book/?art=43696143&lfrom=688855901) íà ËèòÐåñ. Áåçîïàñíî îïëàòèòü êíèãó ìîæíî áàíêîâñêîé êàðòîé Visa, MasterCard, Maestro, ñî ñ÷åòà ìîáèëüíîãî òåëåôîíà, ñ ïëàòåæíîãî òåðìèíàëà, â ñàëîíå ÌÒÑ èëè Ñâÿçíîé, ÷åðåç PayPal, WebMoney, ßíäåêñ.Äåíüãè, QIWI Êîøåëåê, áîíóñíûìè êàðòàìè èëè äðóãèì óäîáíûì Âàì ñïîñîáîì.
Íàø ëèòåðàòóðíûé æóðíàë Ëó÷øåå ìåñòî äëÿ ðàçìåùåíèÿ ñâîèõ ïðîèçâåäåíèé ìîëîäûìè àâòîðàìè, ïîýòàìè; äëÿ ðåàëèçàöèè ñâîèõ òâîð÷åñêèõ èäåé è äëÿ òîãî, ÷òîáû âàøè ïðîèçâåäåíèÿ ñòàëè ïîïóëÿðíûìè è ÷èòàåìûìè. Åñëè âû, íåèçâåñòíûé ñîâðåìåííûé ïîýò èëè çàèíòåðåñîâàííûé ÷èòàòåëü - Âàñ æä¸ò íàø ëèòåðàòóðíûé æóðíàë.