*** Òâîåé Ëóíû çåëåíûå öâåòû… Ìîåé Ëóíû áåñïå÷íûå ðóëàäû, Êàê ñâåòëÿ÷êè ãîðÿò èç òåìíîòû,  ëèñòàõ âèøíåâûõ ñóìðà÷íîãî ñàäà. Òâîåé Ëóíû ïå÷àëüíûé êàðàâàí, Áðåäóùèé â äàëü, òðîïîþ íåâåçåíüÿ. Ìîåé Ëóíû áåçäîííûé îêåàí, È Áðèãàíòèíà – âåðà è ñïàñåíüå. Òâîåé Ëóíû – ïå÷àëüíîå «Ïðîñòè» Ìîåé Ëóíû - äîâåð÷èâîå «Çäðàâñòâóé!» È íàøè ïàðàëëåëüíûå ïóòè… È Ç

La Forgia del Valore

La Forgia del Valore Morgan Rice Re e Stregoni #4 Un fantasy pieno zeppo di azione che sicuramente verr? apprezzato dai fan dei precedenti romanzi di Morgan Rice insieme ai sostenitori di opere come il CICLO DELL’EREDIT? di Christopher Paolini.. Amanti del fantasy per ragazzi divoreranno quest'ultima opera della Rice e imploreranno di averne ancora. The Wanderer, A Literary Journal (Parlando de L'Ascesa dei Draghi) La #1 serie campione di incassi, con oltre 400 commenti a cinque stelle su Amazon! LA FORGIA DEL VALORE ? il libro #4 nella serie epica fantasy campione di incassi di Morgan Rice RE E STREGONI (che ha inizio con L’ASCESA DEI DRAGHI, scaricabile gratuitamente) ! In LA FORGIA DEL VALORE, Kyra torna lentamente in vita dalla soglie della morte, guarita dall’amore di Kyle e dal suo misterioso potere. Mentre lui si sacrifica per lei, Kyra riconquista la sua forza, ma a un prezzo. Insiste con Alva per sapere il segreto della sua discendenza e alla fine lui le rivela tutto su sua madre. Le viene concessa la possibilit? di raggiungere la fonte del suo potere, ma Kyra dovr? prendere una decisione cruciale: completare il suo allenamento o mettersi in viaggio per salvare suo padre che si trova nelle prigioni della capitale in attesa di essere giustiziato. Anche Aidan, con Motley al suo fianco, cerca di salvare suo padre imprigionato nella pericolosa capitale, mentre dall’altra parte del regno Merk, stupefatto da ci? che scopre nella Torre di Ur, si trova impegnato contro una massiccia invasione di troll. Con la torre circondata dovr? combattere contro i compagni Sorveglianti per difendere la pi? preziosa reliquia del suo paese. Dierdre si trova ad affrontare un’invasione pandesiana al complete nell’invasa citt? di Ur. Mentre la sua preziosa citt? viene distrutta tutt’attorno a lei, Dierdre deve decidere se scappare o cercare di resistere eroicamente. Alec nel frattempo si trova in mare con il nuovo misterioso amico, diretto verso una terra in cui non ? mai stato, ancora pi? misteriosa del suo compagno di viaggio. Sar? l? che verr? finalmente a conoscenza del suo destino, e dell’ultima speranza di Escalon. Con la sua forte atmosfera e i suoi personaggi complessi, LA FORGIA DEL VALORE ? una grande saga di cavalieri e guerrieri, re e signori, onore e valore, magia, destino, mostri e draghi. ? una storia di amore e cuori spezzati, di inganno, ambizione e tradimento. ? un fantasy al meglio di s? che ci invita in un mondo che vivr? per sempre in noi, un mondo che affasciner? letto di ogni et?. Il libro #5 di RE E STREGONI ? di prossima pubblicazione. Se pensavate che non ci fosse pi? alcuna ragione di vita dopo la fine della serie L’ANELLO DELLO STREGONE, vi sbagliavate. In L’ASCESA DEI DRAGHI Morgan Rice ? arrivata a ci? che promette di essere un’altra brillante saga, immergendoci in un mondo fantastico fatto di troll e draghi, di valore, onore e coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan ? riuscita di nuovo a creare un forte insieme di personaggi che ci faranno tifare per loro pagina dopo pagina… Consigliato per la biblioteca permanente di tutti i lettori amanti dei fantasy ben scritti. Books and Movie ReviewsRoberto Mattos Morgan Rice La Forgia del Valore (Re e Stregoni—Libro 4) VERSIONE ITALIANA A CURA DI ANNALISA LOVAT Morgan Rice Morgan Rice ? autrice numero uno e oggi autrice statunitense campione d’incassi delle serie epiche fantasy L’ANELLO DELLO STREGONE, che comprende diciassette libri, della serie campione d’incassi APPUNTI DI UN VAMPIRO, che comprende undici libri (e che continuer? a pubblicarne altri); della serie campione d’incassi LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA, un thriller post-apocalittico che comprende due libri (e che continuer? a pubblicarne); e della nuova serie epica fantasy RE E STREGONI, che comprende tre libri (e continuer? a pubblicarne altri). I libri di Morgan sono disponibili in formato stampa e audio e sono tradotti in 25 lingue. TRAMUTATA (Libro #1 in Appunti di un Vampiro) ARENA UNO (Libro #1 de La Trilogia della Sopravvivenza),UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1 in L’Anello dello Stregone) e L’ASCESA DEI DRAGHI (Libro 1 un Re e Stregoni) sono tutti disponibili per essere scaricati gratuitamente! Morgan ama ricevere i vostri messaggi e commenti, quindi sentitevi liberi di visitare il suo sito http://www.morganricebooks.com (http://www.morganricebooks.com/) per iscrivervi alla sua mailing list, ricevere un libro in omaggio, gadget gratuiti, scaricare l’app gratuita e vedere in esclusiva le ultime notizie. Connettetevi a Facebook e Twitter e tenetevi sintonizzati! Cosa dicono di Morgan Rice “Se pensavate che non ci fosse pi? alcuna ragione di vita dopo la fine della serie L’ANELLO DELLO STREGONE, vi sbagliavate. In L’ASCESA DEI DRAGHI Morgan Rice ? arrivata a ci? che promette di essere un’altra brillante saga, immergendoci in un mondo fantastico fatto di troll e draghi, di valore, onore e coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan ? riuscita di nuovo a creare un forte insieme di personaggi che ci faranno tifare per loro pagina dopo pagina… Consigliato per la biblioteca permanente di tutti i lettori amanti dei fantasy ben scritti.”     --Books and Movie Reviews     Roberto Mattos “L'ASCESA DEI DRAGHI ottiene grande successo direttamente dall'inizio… Un fantasy superiore… Inizia, come dovrebbe, con le lotte di un protagonista e si sposta poi nettamente verso una cerchia pi? ampia di cavalieri, draghi, magia, mostri e destino… Vi si trovano tutti gli intrighi di un fantasy di alto livello, dai soldati e le battaglie ai confronti con se stessi… Un libro di successo raccomandato per coloro che amano le storie epiche e fantasy pregne di giovani protagonisti potenti e credibili.”     --Midwest Book Review     D. Donovan, eBook Reviewer “Un fantasy pieno zeppo di azione che sicuramente verr? apprezzato dai fan dei precedenti romanzi di Morgan Rice insieme ai sostenitori di opere come il CICLO DELL’EREDIT? di Christopher Paolini… Amanti del fantasy per ragazzi divoreranno quest'ultima opera della Rice e imploreranno di averne ancora.”     --The Wanderer,A Literary Journal (Parlando de L'Ascesa dei Draghi) “Un meraviglioso fantasy nel quale si intrecciano elementi di mistero e intrigo. Un’impresa da eroi parla della presa di coraggio e della realizzazione di uno scopo di vita che porta alla crescita, alla maturit? e all’eccellenza… Per quelli che cercano corpose avventure fantasy: qui i protagonisti, gli stratagemmi e l’azione forniscono un vigoroso insieme di incontri che ben si concentrano sull’evoluzione di Thor da ragazzino sognatore e giovane che affronta l’impossibile pur di sopravvivere… Solo l’inizio di ci? che promette di essere una serie epica per ragazzi.”     --Midwest Book Review (D. Donovan, eBook Reviewer) “L’ANELLO DELLO STREGONE ha tutti gli ingredienti per un successo immediato: intrighi, complotti, mistero, cavalieri valorosi, storie d’amore che fioriscono e cuori spezzati, inganno e tradimento. Una storia che vi terr? incollati al libro per ore e sar? in grado di riscuotere l’interesse di persone di ogni et?. Non pu? mancare sugli scaffali dei lettori di fantasy.”     --Books and Movie Reviews, Roberto Mattos “In questo primo libro pieno zeppo d’azione della serie epica fantasy L’Anello dello Stregone (che conta attualmente 14 libri), la Rice presenta ai lettori il quattordicenne Thorgrin “Thor” McLeod, il cui sogno ? quello di far parte della Legione d’Argento, i migliori cavalieri al servizio del re… Lo stile narrative della Rice ? solido e le premesse sono intriganti.”     --Publishers Weekly Libri di Morgan Rice RE E STREGONI L’ASCESA DEI DRAGHI (Libro #1) L’ASCESA DEL PRODE (Libro #2) IL PESO DELL’ONORE (Libro #3) LA FORGIA DEL VALOR (Libro #4) L'ANELLO DELLO STREGONE UN'IMPRESA DA EROI (Libro #1) LA MARCIA DEI RE(Libro #2) DESTINO DI DRAGHI (Libro #3) GRIDO D'ONORE (Libro #4) VOTO DI GLORIA (Libro #5) UN COMPITO DI VALORE (Libro #6) RITO DI SPADE (Libro #7) CONCESSIONE D'ARMI (Libro #8) UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9) UN MARE DI SCUDI (Libro #10) UN REGNO D'ACCIAIO (Libro #11) LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12) LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13) UN GIURAMENTO DI FRATELLI (Libro #14) UN SOGNO DI MORTALI ( Libro #15) UN TORNEO DI CAVALIERI (Libro #16) IL DONO DELLA BATTAGLIA (Libro #17) LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA ARENA UNO: MERCANTI DI SCHIAVI ( Libro #1) ARENA DUE ( Libro #2) APPUNTI DI UN VAMPIRO TRAMUTATA ( Libro #1) AMATA ( Libro #2) TRADITA ( Libro #3) DESTINATA ( Libro #4) DESIDERATA (Libro #5) PROMESSA ( Libro #6) SPOSA ( Libro #7) TROVATA ( Libro #8) RISORTA ( Libro #9) BRAMATA ( Libro #10) PRESCELTA ( Libro #11) Ascolta RE E STREGONI nella sua edizione Audio libro! Desideri libri gratuiti? Iscriviti alla mailing list di Morgan Rice e ricevi 4 libri gratuiti, 2 mappe, 1 app e gadget esclusivi! Per iscriverti visita: www.morganricebooks.com Copyright © 2015 by Morgan Rice All rights reserved. Except as permitted under the U.S. Copyright Act of 1976, no part of this publication may be reproduced, distributed or transmitted in any form or by any means, or stored in a database or retrieval system, without the prior permission of the author. This ebook is licensed for your personal enjoyment only. This ebook may not be re-sold or given away to other people. If you would like to share this book with another person, please purchase an additional copy for each recipient. If you’re reading this book and did not purchase it, or it was not purchased for your use only, then please return it and purchase your own copy. Thank you for respecting the hard work of this author. This is a work of fiction. Names, characters, businesses, organizations, places, events, and incidents either are the product of the author’s imagination or are used fictionally. Any resemblance to actual persons, living or dead, is entirely coincidental. Jacket image Copyright St. Nick, used under license from Shutterstock.com. "Il valore ? superiore al numero."     Publio Vegezio Renato     (IV secolo) CAPITOLO UNO Si ud? la porta di una cella sbattere e Duncan apr? lentamente gli occhi, desiderando subito di non averlo fatto. Aveva la testa che pulsava, un occhio completamente chiuso, e cerc? di levarsi di dosso quel sonno pesante. Sent? un dolore acuto all’occhio sano e si chin? contro la pietra fredda e dura. Roccia. Si trovava sdraiato su roccia fredda e umida. Cerc? di mettersi a sedere, sent? il ferro che gli premeva contro i polsi e le caviglie, sferragliante. Immediatamente cap?: catene. Si trovava in una prigione. Era un prigioniero. Duncan apr? gli occhi di pi? udendo il lontano rumore di stivali che marciavano e riecheggiavano da qualche parte nell’oscurit?. Cerc? di orientarsi. Era buio l? sotto, le pareti di pietra erano appena illuminate da torce che baluginavano in lontananza e da una tenue luce solare che proveniva da una finestra troppo alta per essere vista. La pallida luce filtrava verso il basso, spoglia e solitaria, come se provenisse da un mondo che si trovava a chilometri di distanza. Duncan udiva un lontano gocciolare d’acqua, un fruscio di stivali, e riusciva a malapena a distinguere i contorni della cella. Era ampia, le pareti di pietra erano arcuate e le sue estremit? scomparivano nel buio. Dagli anni passati nella capitale, Duncan cap? subito dove si trovava: le prigioni reali. Era dove venivano mandati i peggiori criminali del regno, i nemici pi? potenti, cos? che potessero marcire per il resto dei loro giorni, o attendere la loro esecuzione. Duncan stesso aveva spedito l? sotto un sacco di uomini quando era stato l? di servizio, alle dipendenze del re. Sapeva perfettamente che si trattava di un luogo da cui i prigionieri non riemergevano. Duncan cerc? di muoversi, ma le catene non gli concedevano spazio e gli tagliavano i polsi e le caviglie ferite e sanguinanti. Ma questi erano tuttavia i minori dei malanni: tutto il corpo gli faceva male e pulsava, provava un tale dolore da riuscire a malapena a decifrare dove le membra dolessero maggiormente. Si sentiva come se gli avessero dato un migliaio di bastonate, come se un esercito di cavalli lo avesse calpestato. Provava dolore a respirare. Scosse la testa cercando di mandare via quella sensazione. Ma non se ne andava. Chiudendo gli occhi e leccandosi le labbra secche, Duncan vide dei flash. L’imboscata.  Era successo ieri? Una settimana fa? Non riusciva a ricordarlo. Era stato tradito, circondato, adescato da promesse di un falso patto. Si era fidato di Tarnis, e anche Tarnis era stato ucciso davanti ai suoi occhi. Duncan ricord? i suoi uomini che lasciavano cadere le armi al suo comando; ricord? quando l’avevano preso; e peggio di tutto ricord? l’assassinio dei suoi figli. Scosse pi? volte la testa e grid? di dolore, cercando senza successo di spazzare via quelle immagini dalla propria mente. Sedeva con la testa tra le mani, i gomiti appoggiati alle ginocchia, e gemeva al solo pensiero. Come poteva essere stato cos? stupido? Kavos lo aveva avvisato e lui non aveva prestato attenzione al suo avvertimento. Era stato ingenuamente ottimista, pensando che questa volta sarebbe stato diverso, che ci si potesse fidare dei nobili. E cos? aveva condotto i suoi uomini dritti in una trappola, dritti nel covo dei serpenti. Duncan si odiava per questo, pi? di quanto potesse esprimere a parole. Il suo unico rimorso era che era ancora vivo, che non era morto l? con i suoi figli e con tutti gli altri che aveva deluso. I passi si fecero pi? distinti e Duncan sollev? lo sguardo strizzando gli occhi nell’oscurit?. Lentamente apparve la figura di un uomo che si stagliava contro il fascio di luce, avvicinandosi fino a trovarsi a pochi passi da lui. Mentre il volto dell’uomo prendeva forma, Duncan si ritrasse riconoscendolo. L’uomo, facilmente riconoscibile nei suoi abiti aristocratici, mostrava lo stesso aspetto pomposo di quando aveva presentato istanza a Duncan per avere il governo, la stessa espressione di quando aveva cercato di tradire suo padre. Enis. Il figlio di Tarnis. Enis si inginocchi? di fronte a Duncan con un sorrisetto vittorioso e compiaciuto in volto, la lunga cicatrice verticale sull’orecchio ben in evidenza mentre lo fissava con i suoi occhi vuoti e mai fermi. Duncan prov? un’ondata di repulsione, un bruciante desiderio di vendetta. Strinse i pugni, desideroso di avventarsi contro quel ragazzo, di farlo a pezzi con le sue stesse mani; quel ragazzo che era stato responsabile della morte dei suoi figli, della prigionia dei suoi uomini. Le catene erano l’unica cosa rimasta al mondo a trattenerlo dall’ucciderlo. “La vergogna del ferro,” sottoline? Enis sorridendo. “Eccomi qui in ginocchio, a pochi centimetri da te, e tu non hai nessuna possibilit? di potermi toccare.” Duncan gli lanci? un’occhiataccia. Avrebbe voluto parlare, ma era troppo esausto per poter pronunciare delle parole. Aveva la gola troppo secca, le labbra troppo screpolate, e aveva bisogno di conservare le energie. Si chiese da quanti giorni non avesse dell’acqua, da quanto si trovasse l? sotto. Quell’uomo viscido e subdolo ad ogni modo non meritava le sue parole. Enis era l? per un motivo: era evidente che voleva qualcosa. Duncan non nutriva false illusioni: sapeva che, qualsiasi cosa quel ragazzo dovesse dirgli, la sua esecuzione incombeva sulla sua testa. Ma ad ogni modo, cosa voleva? Ora che i suoi figli erano morti e i suoi uomini imprigionati, non era rimasto nulla per lui al mondo, non c’era alcun altro modo di fuggire alla colpa. “Sono curioso,” disse Enis con la sua voce viscida. “Come ci si sente? Come ci si sente ad aver tradito chiunque tu conosca e ami, tutti quelli che si fidavano di te?” Duncan sent? montare la rabbia. Incapace di mantenere oltre il silenzio, in qualche modo raccolse le forze per parlare. “Non ho tradito nessuno,” riusc? a dire con voce roca e gracchiante. “Ah no?” ribatt? Enis, chiaramente godendo di quella situazione. “Si fidavano di te. E tu li hai portati dritti nel mezzo di un’imboscata, circondati. Gli hai strappato di dosso l’ultima cosa che era loro rimasta: orgoglio e onore.” Duncan si sentiva avvampare a ogni respiro. “No,” rispose alla fine, dopo un lungo e pesante silenzio. “Sei stato tu a strapparglieli via. Mi sono fidato di tuo padre e lui si ? fidato di te.” “Fiducia,” rise Enis. “Che concetto infantile. Legheresti veramente le vite degli uomini alla fiducia?” Rise di nuovo e Duncan continu? a ribollire. “I capi non si fidano,” continu?. “I capi dubitano. ? questo il loro lavoro: essere scettici per conto di tutti i loro uomini. I comandanti proteggono gli uomini dalla battaglia, ma i capi devono proteggere gli uomini dall’inganno. Tu non sei un capo. Hai fallito su tutti questi punti.” Duncan fece un respiro profondo. Una parte di lui non poteva fare a meno di sentire che Enis aveva ragione, per quanto odiasse ammetterlo. Aveva fallito nei confronti dei suoi uomini e quello era il sentimento peggiore che mai avesse provato in vita sua. “? per questo che sei venuto qui?” rispose alla fine. “Per compiacerti del tuo raggiro?” Il ragazzo sorrise, un sorriso brutto e malvagio. “Sei un mio suddito ora,” gli rispose. “Sono il tuo nuovo re. Posso andare ovunque, in qualsiasi momento voglia, per qualsiasi motivo o anche per nessuna ragione al mondo. Magari ho solo piacere di guardarti, mentre stai sdraiato qui in questa prigione, spezzato e distrutto.” Duncan respirava e ogni respiro gli faceva male, era a malapena capace di controllare la sua rabbia. Voleva fare del male a quell’uomo pi? di quanto ne avesse fatto a chiunque altro in passato. “Dimmi,” disse Duncan con l’intento di ferirlo. “Come ti sei sentito a uccidere tuo padre?” L’espressione di Enis si fece pi? dura. “Neanche la met? del bene che provo a guardarti morire in questa galera,” rispose. “Allora fallo adesso,” disse Duncan pensandolo veramente. Ma Enis sorrise e scosse la testa. “Non sar? cos? facile per te,” gli rispose. “Prima ti guarder? soffrire. Voglio che tu prima veda cosa ne sar? della tua amata terra. I tuoi figli sono morti. I tuo i comandanti sono morti. Anvin e Durge e tutti i tuoi uomini alla Porta Meridionale sono morti. Milioni di Pandesiani hanno invaso la nostra nazione.” Duncan sent? sprofondare il cuore udendo le parole del ragazzo. Una parte di lui si chiese se si trattasse di uno scherzo, ma aveva la sensazione che fosse tutto vero. Si sentiva cadere sempre pi? gi? a ogni frase. “Tutti i tuoi uomini sono imprigionati e Ur ? sotto assedio dal mare. La stanno bombardando. Quindi vedi, hai fallito miseramente. Escalon si trova in condizioni molto peggiori di prima e non hai nessuno da biasimare se non te stesso.” Duncan tremava di rabbia. “E quanto ci vuole,” chiese, “prima che il grande oppressore si rivolti contro di te? Pensi davvero che verrai risparmiato, che sfuggirai all’ira di Pandesia? Che ti permetteranno di essere re? Di governare come ha fatto tuo padre un tempo?” Enis sorrise con risoluzione. “So che lo faranno,” disse. Si fece pi? vicino, cos? vicino che Duncan pot? sentire il cattivo odore del suo alito. “Vedi, ho fatto un patto con loro. Un patto molto speciale per assicurarmi il potere, un patto che non hanno potuto rifiutare.” Duncan non osava chiedere di cosa si trattasse, ma Enis sorrise e si chin? su di lui. “Tua figlia,” sussurr?. Duncan sgran? gli occhi. “Pensavi davvero di poterla nascondere da qualche parte dove non potessi trovarla?” insistette. “Mentre noi parliamo i Pandesiani la stanno accerchiando. E questo dono non far? che dare stabilit? al mio potere.” Le catene di Duncan tintinnarono e il rumore riecheggi? in tutta la prigione mentre lui lottava con tutte le sue forze per liberarsi e attaccare, riempito di una disperazione oltre ogni sopportabile limite. “Per cosa sei venuto qui?” chiese Duncan sentendosi molto pi? vecchio, la voce spezzata. “Cosa vuoi da me?” Enis sorrise. Fece silenzio a lungo e alla fine sospir?. “Credo che mio padre volesse qualcosa da te,” disse lentamente. “Non ti avrebbe convocato, non avrebbe concordato quel patto se non fosse stato cos?. Ti ha offerto una grandiosa vittoria con i Pandesiani e in cambio deve averti chiesto qualcosa. Cosa? Di cosa si tratta? Quale segreto nascondeva?” Duncan lo fiss?, risoluto, del tutto noncurante. “Tuo padre effettivamente desiderava qualcosa,” rispose, girando il coltello nella piaga. “Qualcosa di onorevole e sacro. Qualcosa per cui poteva fidarsi solo di me. Non di suo figlio. Ora capisco perch?.” Enis fece una smorfia e divenne rosso in volto. “Se i miei uomini morissero per qualsiasi motivo,” continu? Duncan, “sarebbe per il bene dell’onore e della fiducia, valori che mai infrangerei. Ed ? per questo che non lo saprai mai.” Enis si adombr? e Duncan fu felice di vederlo furente. “Hai intenzione di salvaguardare i segreti di mio padre defunto, dell’uomo che ha tradito te e tutti i tuoi uomini?” “Tu mi hai tradito,” lo corresse Duncan, “non lui. Lui era un brav’uomo che un tempo ha commesso un errore. Tu invece non sei niente. Non sei che un’ombra di tuo padre.” Enis si accigli?. Si alz? lentamente in tutta la sua altezza, si chin? su Duncan e gli sput? vicino. “Mi dirai cosa voleva,” insistette. “Chi – o cosa – intendeva nascondere. Se lo fai, potrei anche essere misericordioso e liberarti. Altrimenti non solo ti porter? io stesso al patibolo, ma mi assicurer? anche che tu muoia nel modo pi? cruento immaginabile. A te la scelta, e senza possibilit? di ritorno. Pensaci bene, Duncan.” Enis si volt? per andarsene, ma Duncan lo richiam?. “Puoi avere la mia risposta ora, se vuoi,” gli rispose. Enis si volt? con sguardo soddisfatto. “Scelgo la morte,” rispose Duncan, e per la prima volta riusc? a dormire. “Dopotutto la morte non ? nulla se messa vicino all’onore.” CAPITOLO DUE Dierdre, asciugandosi il sudore dalla fronte mentre lavorava nella forgia, improvvisamente si mise a sedere sobbalzando a causa di un rumore tonante. Era un suono distinto, un suono che la rese tesa, un rumore che si levava al di sopra del frastuono di tutti i martelli che colpivano le incudini. Anche tutti gli uomini e le donne attorno a lei si fermarono, posarono le armi non ancora terminate e si guardarono attorno confusi. Si ud? di nuovo, era come un tuono portato dal vento, come se la sostanza stessa del mondo venisse fatta a pezzi. Poi ancora. Finalmente Dierdre cap?: campane di ferro. Stavano suonando infondendole il terrore nel cuore a ogni rintocco, riecheggiando in tutta la citt?. Erano campane di avvertimento, di pericolo. Campane di guerra. Tutti insieme gli abitanti di Ur balzarono in piedi dai loro tavoli e corsero fuori dalla forgia, ansiosi di vedere. Dierdre era la prima tra loro, insieme alle ragazze, a Marco e ai suoi amici. Tutti uscirono e si riversarono nelle strade gi? piene di cittadini preoccupati che si dirigevano verso i canali per vedere meglio. Dierdre guard? ovunque aspettandosi, con quelle campane, di vedere la sua citt? invasa dalle navi e dai soldati. Ma non vide nulla. Confusa si diresse verso l’enorme torre di vedetta che si trovava al limitare del Mare dei Dispiaceri per poter vedere meglio. “Dierdre!” Si volt? e vide suo padre e i suoi uomini che correvano anche loro verso la torre, tutti desiderosi di avere una visuale aperta sul mare. Tutte e quattro le campane risuonavano con frenesia, una cosa che non era mai accaduta. Era come se la morte si stesse avvicinando alla citt?. Dierdre si port? accanto a suo padre mentre correvano, svoltando tra le strade e salendo le scale di pietra fino a raggiungere la sommit? delle mura cittadine, al limitare del mare. L? si ferm?, accanto a lui, scioccata da ci? che vide. Era come se il suo peggiore incubo prendesse vita, una scena che non avrebbe mai voluto vedere in tutta la sua esistenza: tutto il mare, per intero fino all’orizzonte, era completamente nero. Il nero delle navi di Pandesia, cos? vicine l’una all’altra da coprire l’acqua. Sembravano velare il mondo intero. E peggio di tutto, si stavano dirigendo come forza unica dritti verso la sua citt?. Dierdre rimase impietrita osservando la morte che sopraggiungeva. Non c’era modo di difendersi contro una flotta di quella misura, non con le loro misere catene e non con le loro spade. Quando le prime navi avessero raggiunto i canali, forse avrebbero potuto incanalarle in una strozzatura, magari rallentarle. Avrebbero forse potuto uccidere qualche centinaia, magari addirittura un migliaio di soldati. Ma non i milioni che vedeva ora davanti a s?. Dierdre si sent? spezzare il cuore a met? voltandosi a guardare suo padre, i suoi soldati, vedendo lo stesso silenzioso panico sui loro volti. Suo padre mostrava un’espressione coraggiosa davanti ai suoi uomini, ma lei lo conosceva. Poteva scorgere il fatalismo nei suoi occhi, poteva vedere la luce che svaniva in essi. Stavano tutti chiaramente fissando le loro morti all’estremit? della loro grandiosa e antica citt?. Accanto a lei Marco e i suoi amici guardavano con terrore, ma anche con risoluzione, e a loro credito nessuno si volt? per correre via. Scrut? tutto quel mare di volti per cercare di vedervi Alec, ma fu sorpresa di non scorgerlo da nessuna parte. Si chiese dove potesse essere andato. Sicuramente non poteva essere fuggito. Dierdre rimase al suo posto e strinse il pugno sull’elsa della spada. Sapeva che la morte sarebbe venuta a prenderli, solo non pensava cos? presto. Ma ad ogni modo aveva finito di scappare da chiunque. Suo padre si volt? verso di lei e le strinse le spalle con urgenza. “Devi lasciare la citt?,” le disse. Dierdre vide l’amore paterno nei suoi occhi e ne rimase toccata. “I miei uomini ti accompagneranno,” aggiunse. “Possono portarti lontano da qui. Vai adesso! E ricordati di me.” Dierdre si asciug? una lacrima vedendo suo padre che la guardava con tanto amore. Scosse la testa e si scroll? di dosso le sue mani. “No, padre,” disse. “Questa ? la mia citt? e io morir? al tuo…” Prima che potesse finire di parlare l’aria venne squarciata da un’orrenda esplosione. All’inizi? ne fu confusa, pensando che si trattasse di un’altra campana, ma poi si rese conto che era un cannone che faceva fuoco. Non solo un cannone, ma centinaia. L’onda d’urto da sola le fece perdere l’equilibrio, trapassando l’atmosfera con una tale forza che Dierdre si sent? come se le orecchie le venissero spaccate a met?. Poi sopraggiunse l’acuto fischio delle palle di cannone e guardando verso il mare prov? un’ondata di panico vedendo centinaia di enormi palle, come calderoni di ferro lanciati nel cielo, che disegnavano un arco in alto e si dirigevano dritte verso la sua adorata citt?. Segu? un altro suono, peggiore del precedente: il suono di ferro che andava a sbattere contro la pietra. L’aria stessa rimbombava mentre sopraggiungeva un’esplosione dopo l’altra. Dierdre inciamp? e cadde mentre tutt’attorno a lei i grandiosi edifici di Ur, capolavori dell’architettura, monumenti che erano durati per migliaia di anni, venivano distrutti. Quegli edifici di pietra, spessi qualche metro, le chiese, le torri, le fortificazioni, i bastioni: tutti con suo orrore venivano fatti a pezzi dalle palle di cannone. Si sgretolavano davanti ai suoi occhi. Si gener? poi una valanga di macerie mentre un edificio dopo l’altro crollava a terra. Era uno spettacolo che faceva venire la nausea a guardarlo. Mentre Dierdre rotolava a terra, vide una torre alta una trentina di metri che iniziava a cadere di lato. Era inerme e non poteva fare null’altro che guardare e vedere le centinaia di persone di sotto sollevare lo sguardo e gridare di terrore mentre la parete di pietra si schiantava su di loro. Si sent? un’altra esplosione. Poi un’altra. Poi un’altra ancora. Tutt’attorno a lei sempre pi? edifici esplodevano e cadevano, migliaia di persone veniva schiacciate all’istante in massicce nuvole di polvere e macerie. I massi rotolavano attraverso la citt? come ciottoli mentre gli edifici cadevano l’uno contro l’altro, sbriciolandosi quando finivano a terra. E ancora arrivavano altre palle di cannone, perforando un prezioso edificio dopo l’altro, trasformando quella maestosa citt? in un cumulo di macerie. Alla fine Dierdre si rimise in piedi. Si guard? attorno, frastornata, con le orecchie che fischiavano, e tra le nubi di polvere vide le strade piene di cadaveri, pozze di sangue, come se l’intera citt? fosse stata spazzata via in un istante. Guardo vers? il mare e vide le migliaia di navi che aspettavano di attaccare. Si rese quindi conto che tutti i loro programmi erano stati uno scherzo. Ur era gi? distrutta e le navi ancora non avevano toccato riva. Cosa mai avrebbero potuto fare di buono adesso tutte quelle armi, tutte quelle catene e punte? Dierdre ud? dei lamenti e si volt? vedendo uno dei coraggiosi uomini di suo padre, un uomo cui aveva sempre voluto bene di cuore, che si trovava a pochi passi da lei, schiacciato da una pila di macerie che sarebbe dovuta crollare su di lei se non fosse inciampata e caduta. Fece per andare ad aiutarlo quando l’aria venne improvvisamente scossa dal ruggito di un altro giro di cannonate. E poi da un altro. Segu? il fischio, poi altre esplosioni, altri edifici che cadevano. Le macerie si ammassarono in cumuli pi? alti e altra gente mor?. Dierdre si trov? a cadere di nuovo mentre un muro di pietra collassava accanto a lei e la mancava di un soffio. Ci fu un momento di quiete nel bombardamento e Dierdre si rimise in piedi. Un muro di macerie le impediva di vedere il mare, ma sentiva che i Pandesiani erano vicini adesso, sulla spiaggia. Ecco perch? il fuoco era stato interrotto. Grosse nubi di polvere fluttuavano in aria e nel cupo silenzio non si sentiva altro che i lamenti della gente morente attorno a lei. Si gir? e vide Marco vicino a lei che piangeva angosciato mentre cercava di liberare il corpo di uno dei suoi amici. Dierdre abbass? lo sguardo e vide che il ragazzo gi? era morto, schiacciato sotto il muro di quello che una volta era stato un tempio. Si volt?, ricordandosi delle sue ragazze, e rimase devastata vedendo che molte di esse erano pure state schiacciate e uccise. Ma ne erano sopravvissute tre, che cercavano senza successo di salvare le altre. Si ud? il grido dei Pandesiani, a piedi, sulla spiaggia, che correvano all’attacco di Ur. Dierdre pens? all’offerta di suo padre e cap? che i suoi uomini avrebbero ancora potuto portarla rapidamente fuori di l?. Sapeva che restare l? avrebbe significato morte certa per lei, ma era proprio ci? che voleva. Non sarebbe scappata. Accanto a lei suo padre, con uno squarcio sulla fronte, si alz? dalle macerie, sguain? la spada e senza paura condusse i suoi uomini all’attacco verso la pila di detriti. Dierdre cap? con orgoglio che stava coraggiosamente andando incontro al suo nemico. Ora sarebbe stata una battaglia a piedi e centinaia di uomini lo seguirono, tutti accorrendo con una tale temerariet? da donarle un incredibile senso di orgoglio. Anche lei si mise al seguito, sguainando la spada e scalando gli enormi massi davanti a lei, pronta a combattere al suo fianco. Quando si fu issata fino alla cima si ferm?, stordita dalla visuale che le si apriva davanti: migliaia di soldati pandesiani, con le loro armature gialle e blu, riempivano la spiaggia e correvano verso il cumulo di macerie. Quelli erano uomini ben allenati, ben armati e riposati: non come gli uomini di suo padre che erano solo poche centinaia, possedevano armi rudimentali ed erano tutti gi? feriti. Era certa che sarebbe stato un massacro. Eppure gli uomini di suo padre non si tirarono indietro. Non si era mai sentita pi? orgogliosa di lui come in quel momento. Eccolo l?, cos? fiero, con i suoi uomini raccolti attorno a lui, tutti pronti a lanciarsi per scontrarsi con il nemico anche se questo avrebbe portato a morte certa. Questo era per lei la vera incarnazione del valore. Mentre suo padre stava l?, prima di scendere, si volt? a guardarla con un’espressione di puro amore. C’era un addio nei suoi occhi, come se sapesse che non l’avrebbe rivista mai pi?. Dierdre si sentiva confusa: aveva la spada in mano e si stava preparando ad attaccare insieme a lui. Perch? avrebbe dovuto dirle addio adesso? Improvvisamente sent? delle forti mani che la afferravano da dietro, si sent? tirare indietro e voltandosi vide i fidati comandanti di suo padre che la tenevano ferma. Un gruppo dei suoi uomini si occup? anche delle altre tre ragazze rimaste, di Marco e dei suoi amici. Lei cerc? di divincolarsi e protest?, ma non serv? a nulla. “Lasciatemi andare!” grid?. Loro ignorarono le sue proteste mentre la trascinavano via, chiaramente per ordine di suo padre. Dierdre riusc? a dare un’ultima occhiata a suo padre prima che conducesse i suoi uomini dall’altra parte del cumuli lanciando un forte grido di battaglia. “Padre!” grid? lei. Si sentiva dilaniata. Proprio quando stava veramente provando ammirazione per suo padre e lo amava di nuovo, glielo stavano portando via. Voleva disperatamente stare con lui. Ma era gi? sparito. Dierdre si trov? ad essere gettata su una piccola barca e immediatamente gli uomini iniziarono a remare lungo il canale, lontano dal mare. La barca svolt? pi? volte attraversando i canali dirigendosi verso un punto segreto e nascosto che si apriva in una delle pareti. Di fronte a loro si trovava un basso arco di pietra e Dierdre cap? subito dove stavano andando: il fiume sotterraneo. Era una corrente impetuosa dall’altra parte del muro e li avrebbe portati lontano dalla citt?. Sarebbe emersa da qualche parte a chilometri e chilometri di distanza da l?, sana e salva nel mezzo della campagna. Tutte le sue ragazze si voltarono a guardarla, come a chiedersi cosa avrebbero dovuto fare. Dierdre giunse quindi a un’immediata decisione. Finse di acconsentire al piano, cos? da poterle lasciare andare. Voleva che scappassero tutte, che fossero libere da quel posto. Dierdre attese fino all’ultimo momento e proprio prima di entrare, si tuff? dalla barca finendo nelle acque del canale. Marco, con sua sorpresa, la vide e salt? pure lui. Ora c’erano solo loro due a galleggiare nel canale. “Dierdre!” gridarono gli uomini di suo padre. Si girarono per afferrarla, ma era troppo tardi. Aveva avuto un tempismo perfetto e loro si trovavano gi? presi dalle correnti impetuose che trascinarono via la barca. Dierdre e Marco si voltarono e nuotarono rapidamente verso una barca abbandonata e vi salirono a bordo. Rimasero l? seduti, gocciolanti, a guardarsi con il fiatone, esausti. Dierdre si volt? a riguardare il punto da dove erano venuti, il cuore di Ur, dove aveva lasciato il fianco di suo padre. Era l? che sarebbe andata, l? e da nessun’altra parte, anche se questo avrebbe significato la sua morte. CAPITOLO TRE Merk si trovava all’ingresso della stanza nascosta, al piano pi? alto della Torre di Ur. Pult, il traditore, giaceva morto ai suoi piedi e Merk fissava la luce abbagliante. La porta era spalancata e non poteva credere a ci? che aveva davanti agli occhi. Era l?, la stanza sacra, al piano pi? protetto, l’unica e sola stanza designata per la salvaguardia e custodia della Spada di Fuoco. Sulla porta erano intagliate le insegne della spada e anche sulle pareti si trovavano impresse le medesime immagini. Era quella stanza, e soltanto quella stanza, che il traditore aveva voluto, per rubare la reliquia pi? sacra del regno. Se Merk non l’avesse scovato e ucciso, chiss? dove si sarebbe trovata ora la spada. Mentre Merk fissava la stanza con le sue pareti lisce a forma circolare; mentre fissava la luce abbagliante, inizi? a vedere che l?, al centro, si trovava un piedestallo dorato, una torcia fiammeggiante accanto, un supporto d’acciaio al di sopra, chiaramente designato per sostenere la spada. Eppure, mentre guardava, Merk non capiva cosa vedeva. Il sostegno era vuoto. Sbatt? le palpebre cercando di capire. Il ladro aveva gi? rubato la spada? No, l’uomo era morto ai suoi piedi. Questo poteva voler dire solo una cosa. Quella torre, la sacra Torre di Ur, era un inganno. Tutto l? – la stanza, la torre – tutto era un inganno. La Spada di Fuoco non si trovava l?. Non si era mai trovata l?. E allora dove poteva essere? Merk se ne stava l?, inorridito, troppo frastornato per potersi muovere. Ripens? alle leggende che circolavano sulla Spada di Fuoco. Ricord? il riferimento alle due torri, la Torre di Ur nell’angolo nord-occidentale del regno e la Torre di Kos a sud-est, ciascuna collocata in punti opposti del regno, ciascuna a fare da bilanciamento all’altra. Sapeva che solo in una di esse si trovava la spada. Eppure Merk aveva sempre dato per scontato che quella torre, la Torre di Ur, fosse quella giusta. Tutti nel regno lo pensavano, chiunque andava in pellegrinaggio verso quella torre e le leggende stesse facevano sempre riferimento alla Torre di Ur come a quella giusta. Dopotutto Ur si trovava sulla terraferma, vicino alla capitale, vicino a una citt? grandiosa e antica, mentre Kos si trovava all’estremit? del Dito del Diavolo, una localit? remota senza alcun significato e vicina a niente. Doveva essere a Kos. Merk rimase fermo, scioccato, e lentamente cap?: era l’unico nel regno a conoscere la reale collocazione della spada. Merk non sapeva quali segreti, quali tesori contenesse quella Torre di Ur, se mai ne aveva qualcuno, ma sapeva per certo che non custodiva la Spada di Fuoco. Si sentiva vuoto e senza fiato. Era venuto a sapere ci? che non avrebbe dovuto mai sapere: che lui e tutti gli altri soldati l? dentro facevano la guardia a un bel niente. Era una conoscenza che i Sorveglianti non avrebbero dovuto avere, perch? ovviamente li avrebbe demoralizzati. Dopotutto, chi mai avrebbe voluto fare la guardia a una torre vuota? Ora che Merk conosceva la verit?, provava un bruciante desiderio di fuggire da quel luogo, di andare verso Kos e di proteggere la spada. Dopotutto perch? restare l? a fare la guardia a delle mura vuote? Merk era un uomo semplice e odiava sopra ogni cosa gli indovinelli. Tutta questa situazione gli aveva creato un forte mal di testa facendo sorgere in lui pi? domande che risposte. Chi altri poteva esserne a conoscenza? I Sorveglianti? Sicuramente qualcuno di loro doveva sapere. E se sapevano, come potevano possedere la disciplina di trascorrere tutti i loro giorni stando di guardia a un inganno? Faceva parte anche questo della loro pratica? Del loro sacro dovere? Ora che sapeva, cosa avrebbe dovuto fare? Certo non poteva parlare con gli altri. Questo avrebbe potuto demoralizzarli. Avrebbero potuto anche addirittura non credergli, pensando che fosse stato lui stesso a rubare la spada. E cosa poteva fare di quel corpo morto, di quel traditore? E se quel traditore stava tentando di rubare la spada, c’era qualcun altro? Stava agendo da solo? E poi perch? avrebbe voluto rubarla? Dove l’avrebbe portata? Se ne stava l? cercando di venirne fuori, quando improvvisamente gli venne la pelle d’oca sentendo le campane suonare cos? forte, a pochi metri dalla sua testa, risuonando come se si trovassero in quella stessa stanza. Erano rintocchi cos? diretti e urgenti da non riuscire a capire da dove provenissero. Poi si rese conto che la torre campanaria, al di sopra del tetto, si trovava veramente a pochi metri dalla sua testa. La stanza vibrava per quell’incessante rintoccare e Merk non riusciva pi? a pensare chiaramente. Dopotutto l’urgenza con cui suonavano dava a pensare che si trattasse di campane di guerra. Improvvisamente si gener? il caos in ogni angolo della torre. Merk poteva sentire il distante trambusto, come se tutti all’interno si stessero organizzando e raggruppando. Doveva capire cosa stava succedendo: sarebbe tornato pi? tardi a ragionare sul suo dilemma. Merk trascin? il corpo di lato, chiuse la porta e corse via dalla stanza. Entr? rapidamente nel salone e vide decine di guerrieri che risalivano le scale, tutti con le spade in mano. Inizialmente si chiese se stessero correndo verso di lui, ma poi sollev? lo sguardo e vide altri uomini che risalivano le scale e cap? che stavano andando tutti verso il tetto. Merk si un? a loro salendo i gradini e arrivando al tetto nel mezzo dell’assordante risuonare delle campane. Si port? in fretta e furia vicino al parapetto della torre e guard? oltre, rimanendo sbalordito da ci? che vide. Gli sprofond? il cuore in petto vedendo in lontananza il Mare dei Dispiaceri ricoperto di nero: un milione di navi convergevano verso la citt? di Ur in lontananza. Non sembrava che la flotta si stesse dirigendo verso la torre, che si trovava a una buona giornata di viaggio a nord della citt?. Quindi, non percependo immediato pericolo, Merk si chiese come mai quelle campane stessero rintoccando con una tale urgenza. Poi vide i guerrieri che si voltavano dalla parte opposta. Si volt? anche lui e vide: l?, dal bosco, emergeva una banda di troll. E ne seguivano altri ancora. E ancora altri. Si ud? un forte fruscio seguito da un ruggito e improvvisamente centinaia di troll si lanciarono fuori dalla foresta, gridando, attaccando con le alabarde sollevate e gli occhi iniettati di sangue. Il capo che stava davanti a loro, il troll conosciuto come Vesuvio, una bestia grottesca che teneva in mano due alabarde, aveva il volto ricoperto di sangue. Si stavano tutti dirigendo verso la torre. Merk si rese conto subito che non si trattava di un comune attacco da parte di troll. Sembrava che l’intera nazione di Marda avesse fatto irruzione. Come aveva potuto passare attraverso Le Fiamme? Erano venuto tutti l? chiaramente alla ricerca della spada, con l’intento di abbassare Le Fiamme. Ironico, pens? Merk, dato che la spada non si trovava l?. Merk cap? che la torre non avrebbe potuto sopportare un attacco del genere. Era finita. Prov? un senso di timore e si irrigid? preparandosi all’ultima battaglia della sua vita, dato che era circondato. Tutt’attorno a lui i guerrieri stringevano le loro spade e guardavano in basso con i volti colmi di panico. “UOMINI!” grid? Vicor, il comandante di Merk. “PRENDETE POSIZIONE!” I guerrieri presero posizione lungo i bastioni e Merk immediatamente si un? a loro portandosi al bordo, afferrando arco e faretra come tutti gli altri attorno a lui e prendendo la mira per tirare. Fu lieto di vedere che una delle sue frecce trafiggeva un troll al petto, ma con sua sorpresa la bestia continu? a correre, anche se la freccia gli sbucava dalla schiena. Merk tir? ancora colpendolo con un’altra freccia al collo, ma ancora – con suo stupore – quello continuava a correre. Tir? una terza volta, colpendolo alla testa, e questa volta il troll cadde a terra. Merk si rese rapidamente conto che quei troll non erano avversari comuni e non sarebbero caduti facilmente come degli umani. Le loro possibilit? ora sembravano ancora pi? misere. Ciononostante continu? a scoccare una freccia dietro l’altra, abbattendo pi? troll possibile. Le frecce piovevano gi? lanciate da tutti i suoi compagni soldati, oscurando il cielo e facendo inciampare e cadere i troll, intasando la strada davanti agli altri che sopraggiungevano. Ma troppi ne passavano comunque. Presto raggiunsero le spesse mura della torre, sollevarono le alabarde e cominciarono a picchiare contro le porte dorate cercando di buttarle gi?. Merk poteva sentire le vibrazioni sotto i suoi piedi e questo lo rendeva teso. Il clangore del metallo riverberava nell’aria mentre quella nazione di troll colpiva incessantemente le porte. In qualche modo Merk fu sollevato nel vedere che le porte tenevano. Anche con centinaia di troll che vi picchiavano contro, le porte, come fossero magiche, non si piegavano n? si ammaccavano un poco. “MASSI!” grid? Vicor. Merk vide che gli altri soldati correvano verso un cumulo di macigni disposti lungo il bordo e si un? a loro mentre tutti insieme ne afferravano uno. Insieme lui e dieci altri compagni riuscirono a sollevarlo al di sopra del parapetto. Merk si sforz? e sbuff? per la fatica, sollevando il masso con tutta la sua forza, fino a che tutti insieme lo spinsero con un forte grido al di l?. Merk si chin? in avanti insieme agli altri e guard? il masso cadere, fischiando in aria. I troll pi? in basso sollevarono lo sguardo, ma era troppo tardi.  Il masso ne schiacci? un gruppo a terra, appiattendoli e lasciando un grosso cratere al suolo, vicino alla torre. Merk aiut? gli altri soldati a sollevare i massi oltre il parapetto da ogni lato della torre, uccidendo centinaia di troll e facendo tremare la terra per le esplosioni. Ma i troll continuavano a sopraggiungere, un fiume interminabile di troll che emergevano dal bosco. Merk si accorse che avevano terminato i massi, che avevano terminato anche le frecce e i troll non davano segno di cedere o rallentare. Improvvisamente sent? qualcosa fischiare vicino all’orecchio e si volt? vedendo una lancia che volava oltre. Abbass? lo sguardo, sorpreso, e vide che i troll passavano alle lance tirandole contro i bastioni. Era stupefatto: non avrebbe mai pensato che avessero la forza di tirare cos? in alto. Vesuvio li conduceva, sollevando una lancia dorata e tirandola in alto, dritta. Merk guard? con stupore quella lancia che raggiungeva la cima della torre e lo mancava di poco. Ud? un gemito e voltandosi vide che i suoi compagni non erano stati altrettanto fortunati. Numerosi di essi giacevano a terra, trafitti da lance, con il sangue che sgorgava dalle loro bocche. La cosa ancora pi? sconcertante fu che si ud? un rumore rimbombante e improvvisamente dal bosco venne spinto avanti un ariete da sfondamento sostenuto da un carro con ruote di legno. La folla di troll si fece da parte mentre l’ariete avanzava, condotto da Vesuvio, dritto verso la porta. “LANCE!” grid? Vicor. Merk corse insieme agli altri verso il mucchio di lance, sapendo – mentre ne afferrava una – che quella era la loro ultima linea difensiva. Pensava di aver potuto risparmiare quelle armi fino a che i troll fossero entrati nella torre, concedendo loro una linea difensiva in quel momento, ma evidentemente erano tempi disperati. Ne afferr? una, prese la mira e la scagli? mirando a Vesuvio. Ma Vesuvio era pi? rapido di quanto sembrasse e guard? scansando l’arma all’ultimo momento. La lancia di Merk and? a colpire un altro troll al polpaccio, facendolo cadere e rallentando l’avanzata dell’ariete da sfondamento. I compagni di Merk tirarono le loro lance che andarono a piovere in basso uccidendo i troll che stavano spingendo l’ariete e arrestando quindi l’avanzata. Ma quando i troll cadevano ne apparivano dal bosco centinaia di altri, sostituendoli. Presto l’ariete inizi? ad avanzare di nuovo. Ce n’erano troppi ed erano dappertutto. Non era il modo in cui generalmente combattevano gli umani. Quella era una nazione di mostri. Merk si allung? per prendere un’altra Lancia da tirare, ma rimase sgomento non trovandone nessuna di rimasta. In quello stesso istante l’ariete raggiunse le porte della torre e numerosi troll disposero a terra delle assi di legno per coprire i crateri e formare una sorta di ponte. “AVANTI!” grid? Vesuvio da sotto, con voce profonda e greve. Il gruppo di troll si lanci? all’attacco e spinse l’ariete in avanti. Un attimo dopo quello and? a colpire le porte con una tale forza che Merk pot? sentire la vibrazione fino a lass?. Il tremore gli corse lungo le caviglie, facendogli male fino al midollo. Si ripet? pi? volte, scuotendo la torre e facendo barcollare lui e gli altri. Cadde carponi su un corpo, un compagno Sorvegliante, rendendosi conto solo allora che era gi? morto. Merk ud? poi un sibilo, percep? un’ondata di vento e calore e sollev? lo sguardo non capendo di cosa si trattasse: sopra la sua testa volava un masso infuocato. Si verificarono delle esplosioni tutt’attorno a lui mentre quei sassi di fuoco atterravano in cima alla torre. Merk si accucci? e guard? oltre il bordo vedendo decine di catapulte che tiravano dal basso mirando alla sommit? della torre. Tutt’attorno a lui i suoi uomini stavano morendo. Un altro masso infuocato atterr? vicino a Merk uccidendo due Sorveglianti che gli stavano accanto, uomini che aveva imparato ad apprezzare. Mentre le fiamme iniziavano a diffondersi, Merk poteva sentirle vicino alla schiena. Si guard? attorno, vide quasi tutti gli uomini morti attorno a s? e cap? che non c’era pi? molto che potesse fare lass?, eccetto aspettare di morire. Merk sapeva che era ora o mai pi?. Non avrebbe ceduto a quel modo, accalcato in cima alla torre, aspettando la sua morte. Sarebbe caduto coraggiosamente, temerariamente, affrontando il nemico con un pugnale in mano, faccia a faccia, uccidendo quante pi? creature fosse stato capace. Merk lanci? un forte grido, afferr? la fune appesa alla torre e balz? oltre il parapetto. Scivol? a piena velocit?, diretto verso la nazione di troll di sotto, pronto ad affrontare il suo destino. CAPITOLO QUATTRO Kyra sbatt? le palpebre fissando il cielo, il mondo in movimento attorno a lei. Era il cielo pi? bello che avesse mai visto, di un viola inteso con morbide nuvole bianche che fluttuavano sopra di lei, il cielo illuminato dalla luce del sole nascente. Sent? che si stava muovendo e ud? il gentile sciabordio dell’acqua attorno a s?. Non aveva mai provato un tale senso di pace. Rimanendo sdraiata, si guard? attorno e fu sorpresa di vedere che stava navigando nel mezzo di un vasto mare, su una zattera di legno, lontano da qualsiasi costa. Grandi e alte onde portavano con grazia la zattera su e gi?. Si sentiva come se stesse andando alla deriva verso l’orizzonte, verso un altro mondo, un’altra vita. Verso un luogo di pace. Per la prima volta in vita sua non si preoccupava pi? del mondo: si sentiva avvolta nell’abbraccio dell’universo, come se finalmente potesse abbassare la guardia e sentirsi al sicuro, protetta da ogni male. Kyra percep? un’altra presenza sulla barca e mettendosi a sedere fu sorpresa di vedere una donna accanto a lei. La donna indossava abiti che emanavano luce, aveva i capelli lunghi e dorati e dei meravigliosi occhi blu. Era la donna pi? bella che Kyra avesse mai visto. Prov? un senso di stupore insieme alla certezza che si trattasse di sua madre. “Kyra, amore mio,” disse la donna. La donna le sorrise, un sorriso cos? dolce da farle bene all’anima. Kyra ricambi? lo sguardo e prov? un senso di pace ancora pi? intenso. La voce le risuonava dentro e la faceva sentire in pace con il mondo. “Madre,” le rispose. Sua madre tese una mano, quasi trasparente, e Kyra la strinse. La sensazione della sua pelle era elettrizzante e mentre la teneva sentiva che una parte della sua stessa anima veniva rimessa in sesto. “Ti ho sempre guardata,” le disse la donna. “E sono fiera di te. Pi? fiera di quanto tu possa immaginare.” Kyra cercava di concentrarsi, ma sentiva il calore dell’abbraccio di sua madre, si sentiva come se stesse lasciando quel mondo. “Sto morendo, madre?” Sua madre la guard? con occhi vividi e la strinse ancora pi? forte. “? giunto il tuo momento, Kyra,” le disse. “Eppure il tuo coraggio ha cambiato il tuo destino. Il tuo coraggio, e il mio amore.” Kyra sbatt? le palpebre confusa. “Non staremo insieme adesso?” Sua madre le sorrise e Kyra sent? che lentamente la lasciava e se ne andava. Prov? un’ondata di panico capendo che sua madre l’avrebbe lasciata e se ne sarebbe andata per sempre. Cerc? di tenerla stretta, ma lei si scost? e le mise una mano sullo stomaco. Kyra sent? calore e amore intensi scorrerle dentro, ristorarla. Poco alla volta sentiva che la stava curando. “Non ti lascer? morire,” le rispose sua madre. “Il mio amore per te ? pi? forte del fato.” Improvvisamente sua madre scomparve. Al suo posto si trovava ora un ragazzo dai lunghi capelli lisci che la fissava con lucenti occhi grigi, ipnotizzandola. Kyra sentiva l’amore nel suo sguardo. “Neppure io ti lascer? morire, Kyra,” ripet?. Si chin? in avanti, le mise una mano sulla pancia, lo stesso punto dove l’aveva posata sua madre, e lei sent? un calore ancora pi? intenso scorrerle nel corpo. Vide una piccola luce bianca e percep? il calore che si diramava di lei. Sentiva che stava tornando in vita e faceva fatica a respirare. “Chi sei?” chiese con voce ridotta a poco pi? di un sussurro. Sprofondando nel caldo e nella luce non pot? fare a meno di chiudere gli occhi. Chi sei? Sent? le proprie parole riecheggiare nella mente. Kyra apr? gli occhi lentamente, sentendo un’intensa ondata di pace e calma. Si guard? attorno aspettandosi di trovarsi ancora nel mezzo dell’oceano, di vedere acqua e cielo. Ud? invece il fremente squittio di insetti. Si volt? confusa e si ritrov? in un bosco. Era stesa in una radura e sentiva un intenso calore allo stomaco, nel punto in cui era stata pugnalata. Vide che c’era una mano appoggiata su quel punto: era una mano bellissima e pallida che le toccava la pancia come nel suo sogno. Kyra aveva la testa leggera e sollev? lo sguardo vedendo quei bellissimi occhi grigi che la fissavano, cos? intensi che sembravano ardere. Kyle. Stava inginocchiato al suo fianco tenendole una mano sulla fronte e mentre la toccava Kyra sentiva che lentamente la sua ferita veniva sanata, si sentiva tornare lentamente al mondo, come se lui desiderasse il suo ritorno in vita. Le aveva veramente fatto visita con sua madre? Era stato tutto reale? Si sentiva come se fosse stata sul punto di morire, e invece adesso in qualche modo il suo destino era cambiato. Era come se sua madre fosse intervenuta. E anche Kyle. Il loro amore l’aveva riportata indietro. E, come sua madre aveva detto, anche il suo coraggio. Kyra si lecc? le labbra, troppo debole per mettersi a sedere. Voleva ringraziare Kyle, ma aveva la gola troppo secca e le parole non venivano fuori. “Shhh,” le disse lui vedendo che si stava sforzando. Si chin? su di lei e le baci? la fronte. “Sono morta?” riusc? finalmente a chiedere Kyra. Dopo un lungo silenzio lui le rispose, con voce dolce ma allo stesso tempo potente. “Sei tornata,” le disse. “Non ti avrei lasciata andare.” Era una sensazione strana: guardando i suoi occhi si sentiva come se l’avesse conosciuto da sempre. Gli prese un polso, stringendolo e sentendosi estremamente grata. C’erano cos? tante cose che avrebbe voluto dirgli. Voleva chiedergli perch? avrebbe rischiato la sua vita per lei, perch? gli interessasse cos? tanto di lei, perch? si sarebbe sacrificato per portarla indietro. Sentiva che aveva effettivamente fatto un grosso sacrificio per lei, un sacrificio che in qualche modo gli avrebbe nociuto. Ma pi? di tutto voleva che lui sapesse ci? che lei stava provando in quel preciso istante. Ti amo, voleva dirgli. Ma le parole non venivano fuori. Fu invece sopraffatta da un’ondata di stanchezza e mentre gli occhi le si chiudevano, non ebbe altra scelta che cedere. Si sent? cadere in un sonno sempre pi? profondo, il mondo le scorreva accanto e si chiese se stesse per caso morendo di nuovo. Era stata riportata indietro solo per un momento? Era tornata un’ultima volta solo per dire addio a Kyle? E quando il profondo torpore finalmente la sopraffece, fu quasi certa di udire poche ultime parole prima di cedere del tutto: Anch’io ti amo. CAPITOLO CINQUE Il piccolo drago volava sofferente, ogni battito di ali era uno sforzo indicibile, ormai da ore al di sopra della campagna di Escalon. Si sentiva perso e solo in quel mondo crudele nel quale era nato. Nella mente gli lampeggiavano le immagini del padre morente, steso a terra con gli occhi che si chiudevano, trafitto a morte da tutti quei soldati. Suo padre, che non aveva mai avuto la possibilit? di conoscere eccetto che in quel momento di gloriosa battaglia. Suo padre, che era morto salvandolo. Il piccolo drago sentiva la morte di suo padre come la propria e a ogni battito d’ali si sentiva ardere sempre di pi? per la colpa. Se non fosse stato per lui, suo padre probabilmente sarebbe stato vivo in quel momento. Il drago volava, lacerato dal dolore e dal rimorso all’idea che non avrebbe mai avuto la possibilit? di conoscere suo padre, di ringraziarlo per il suo generoso atto di valore, per avergli salvato la vita. Una parte di lui stesso non voleva pi? vivere. Ma un’altra parte ardeva di rabbia, era disperatamente desiderosa di uccidere tutti quegli umani, di vendicare suo padre e distruggere la terra sotto di s?. Non sapeva dove si trovava, ma percepiva intuitivamente di essere a oceani di distanza dalla sua terra madre. Un qualche istinto lo guidava verso casa, ma non sapeva dove questa fosse. Il piccolo drago volava senza meta, cos? perso nel mondo, soffiando fuoco contro le cime degli alberi, contro qualsiasi cosa trovasse. Presto esaur? le fiamme, e subito dopo si trov? a scendere sempre pi? in basso a ogni battito d’ali. Cerc? di risollevarsi e salire, ma scopr? con spavento che non ne aveva pi? la forza. Cerc? di evitare le cime degli alberi, ma le ali non lo potevano pi? sorreggere e vi and? a sbattere contro, dolendo per tutte le ferite che non si erano ancora rimarginate. Dolorante rimbalz? e continu? a volare, l’elevazione sempre pi? precaria man mano che perdeva la forza. Gocciolava sangue che cadeva come gocce di pioggia di sotto. Era debole per la fame, per le ferite, per le migliaia di colpi di lancia che aveva ricevuto. Voleva continuare a volare, trovare un bersaglio di distruzione, ma sentiva che gli si chiudevano gli occhi, ora troppo pesanti per lui. Sentiva che stava a tratti perdendo e riprendendo conoscenza. Sapeva che stava morendo. Da un lato era una specie di sollievo: si sarebbe riunito a suo padre. Fu risvegliato dal fruscio delle foglie e dallo scricchiolio di rami mentre andava a sbattere di nuovo contro le cime degli alberi. Quindi finalmente riapr? gli occhi. La vista era offuscata da un mondo totalmente verde. Non pi? capace di controllarsi si sent? ruzzolare, spezzare rami e provare sempre pi? dolore a ogni colpo. Alla fine si ferm? bruscamente in cima a un albero, incastrato tra i rami, troppo debole per lottare. Rimase appeso l?, immobile, troppo dolorante per muoversi. Ogni respiro faceva pi? male del precedente. Era certo che sarebbe morto lass?, in quel groviglio di rami. Improvvisamente uno dei rami cedette con un forte schiocco e il drago precipit?. Ruot? su se stesso pi? volte, cadendo da una buona quindicina di metri, fino a che colp? il terreno. Rimase l?, sentendo tutte le costole come rotte e respirando sangue. Mosse un’ala lentamente, ma non riusc? a fare molto di pi?. Mentre sentiva che la forza vitale lo stava abbandonando, lo trov? ingiusto, prematuro. Sapeva di avere un destino, ma non capiva quale fosse. Sembrava essere breve e crudele, venuto al mondo solo per assistere alla morte di suo padre e poi morire lui stesso. Forse era cos? che andava la vita: crudele e ingiusta. Sentendo gli occhi che si chiudevano per un’ultima volta, il drago si trov? la mente riempita da un ultimo pensiero: Padre, aspettami. Ci vedremo presto. CAPITOLO SEI Alec si trovava sul pontile, aggrappato al parapetto della scivolosa nave nera, intento a guardare il mare come faceva ormai da giorni. Guardava le onde enormi che si alzavano e abbassavano sollevando la loro piccola barca. Guardava la schiuma che si formava sotto lo scafo mentre fendevano l’acqua a una velocit? mai provata. La barca si inclinava con le vele gonfie di vento, le folate forti e regolari. Alec studiava la situazione con occhi da artigiano, chiedendosi di cosa fosse fatta quell’imbarcazione: era chiaramente costruita di un insolito materiale viscido, un materiale che non aveva mai visto prima e che aveva permesso loro di mantenere la velocit? per tutto il giorno e per tutta la notte, di sgusciare nel buio nel mezzo della flotta pandesiana e di procedere nel Mare dei Dispiaceri e arrivare poi al Mare di Lacrime. Mentre Alec rifletteva, riportava alla mente quanto quel viaggio fosse stato tormentoso: un viaggio navigando giorno e notte, le vele mai calate, le lunghe nottate in mezzo al mare nero piene di rumori ostili, di cigolii e stridii della barca e delle esotiche creature che l? intorno balzavano e volavano. Pi? di una volta si era svegliato vedendo un serpente luccicante che cercava di salire a bordo, fermato dal suo compagno di viaggio che lo rispediva in acqua con un calcio. Ma l’elemento pi? misterioso di tutti, anche pi? di qualsiasi esotica forma di vita marina, era Sovos, l’uomo che si trovava al timone della nave. Quell’uomo che aveva tratto Alec fuori dalla forgia, che lo aveva portato su quella barca, che lo stava portando in qualche posto lontano, un uomo che Alec si chiedeva se fosse follia seguire. Fino a quel momento almeno Sovos gli aveva gi? salvato la vita. Alec ricordava di aver guardato verso la citt? di Ur mentre si allontanavano in mare, provando dolore, sentendosi inutile mentre vedeva la flotta pandesiana avvicinarsi. Dall’orizzonte aveva visto le palle di cannone volare in aria, aveva udito il lontano rimbombo, aveva visto il crollo dei grandiosi edifici, edifici nei quali lui stesso era stato solo poche ore prima. Aveva cercato di abbandonare la nave, di andare a prestare il suo aiuto, ma in quel momento erano tutti troppo distanti ormai. Aveva insistito perch? Sovos si girasse, ma le sue implorazioni erano andate a sbattere contro un muro sordo. Alec si sentiva straziato all’idea che tutti i suoi amici si trovassero l?, soprattutto Marco e Dierdre. Chiuse gli occhi e cerc?, senza successo, si scacciare quei ricordi dalla mente. Gli si stringeva il petto al pensiero di averli traditi e abbandonati tutti. L’unica cosa che lo spingeva ancora avanti, che lo scuoteva dal suo scoraggiamento, era la sensazione che altrove ci fosse bisogno di lui, come Sovos aveva insistito. Il pensiero di avere un destino sicuro, di poterlo usare per distruggere i Pandesiani da qualche altra parte. Dopotutto, come Sovos aveva detto, essere morto l? dietro con il resto della gente non avrebbe aiutato nessuno. Eppure sperava e pregava ancora che Marco e Dierdre fossero sopravvissuti e che un giorno si sarebbero ritrovati. Curioso di sapere dove stessero andando, Alec aveva tormentato Sovos con domande, ma questi era rimasto testardamente in silenzio, sempre al timone – giorno e notte – dandogli le spalle. Per quanto potesse aver visto non aveva mai dormito n? mangiato. Se ne stava semplicemente l? a guardare il mare con i suoi alti stivali in pelle e il cappotto nero, le sete scarlatte avvolte attorno alle spalle, la tunica con la sua curiosa insegna. Con la sua barba corta e castana e i lampeggianti occhi verdi che fissavano le onde come se fossero un tutt’uno con lui, il mistero attorno a quell’uomo si faceva sempre pi? fitto. Alec guardava l’insolito Mare di Lacrime, con il suo colore chiaro, e si sentiva sopraffatto dall’urgenza di sapere dove lo stessero portando. Incapace di sopportare oltre il silenzio, si volt? verso Sovos, disperatamente desideroso di avere delle risposte. “Perch? io?” chiese spezzando il silenzio, tentando ancora una volta, determinato questa volta ad avere una risposta. “Perch? scegliere me in tutta la citt?? Perch? dovevo essere destinato io a sopravvivere? Avresti potuto salvare cento persone ben pi? importanti di me.” Alec aspettava, ma Sovos restava in silenzio, dandogli la schiena, studiando il mare. Alec decise di tentare per un’altra via. “Dove stiamo andando?” chiese di nuovo. “E come fa questa nave ad andare cos? veloce? Di cos’? fatta?” Alec guardava la schiena dell’uomo. I minuti passavano. Alla fine l’uomo scosse la testa, sempre con la schiena girata. “Stai andando dove devi andare, dove ? destino che tu vada. Ho scelto te perch? ? di te che abbiamo bisogno, e di nessun altro.” Alec era pensieroso e dubbioso. “Bisogno di me per che cosa?” insistette. “Per distruggere Pandesia.” “Perch? io?” chiese Alec. “Come posso essere di aiuto?” “Tutto sar? chiaro quando arriveremo,” rispose Sovos. “Arriveremo dove?” insistette Alec, frustrato. “I miei amici si trovano ad Escalon. ? gente cui voglio bene. Una ragazza.” “Mi spiace,” sospir? Sovos, “ma non ? rimasto nessuno laggi?. Tutti quelli che un tempo conoscevi e amavi non ci sono pi?.” Segu? un lungo silenzio e nel mezzo del fischiare del vento Alec pregava che si sbagliasse, anche se dentro di s? sapeva bene che aveva ragione. Come poteva la vita cambiare cos? repentinamente? “Per? tu sei vivo,” continu? Sovos. “E questo ? un dono molto prezioso. Non sprecarlo. Puoi aiutare molti altri, se passerai la prova.” Alec corrug? la fronte. “Quale prova?” chiese. Sovos finalmente si gir? a guardarlo con occhi perforanti. “Se sei il prescelto,” disse, “la nostra causa ricadr? sulle tue spalle; altrimenti sarai completamente inutile per noi.” Alec cercava di capire. “Stiamo navigando da giorni e non siamo ancora arrivati da nessuna parte,” osserv?. “Solo sempre pi? in mezzo al mare. Non riesco neanche pi? a vedere Escalon.” L’uomo fece un sorrisetto. “E dove pensi che stiamo andando?” chiese. Alec scroll? le spalle. “Pare che siamo diretti verso nord-est. Forse da qualche parte verso Marda.” Alec scrut? l’orizzonte esasperato. Finalmente Sovos rispose. “Quanto ti sbagli, ragazzo,” rispose. “Quanto ti sbagli davvero.” Una forte folata di vento si lev? e Sovos si gir? nuovamente verso l’elmo. La barca navigava tra la schiuma delle onde. Alec guard? oltre e per la prima volta fu sorpreso di scorgere una sagoma all’orizzonte. Sopraffatto dalla sorpresa e dall’eccitazione corse in avanti e si aggrapp? al corrimano. In lontananza emergevano lentamente delle masse di terra che iniziavano appena a prendere forma. La terra sembrava luccicare, come se fosse fatta di diamanti. Alec sollev? una mano e se la port? agli occhi, scrut? davanti a s?, chiedendosi di cosa si potesse trattare. Quale isola poteva esistere l? fuori, nel mezzo del nulla? Si scervell?, ma non gli venne in mente nessuna terra che conoscesse dalle mappe. Era forse un qualche paese di cui non aveva mai sentito parlare? “Cos’??” chiese di getto, fissando pieno di curiosit?. Sovos si volt? e, per la prima volta da quando Alec lo conosceva, sorrise. “Benvenuto, amico mio,” disse, “alle Isole Perdute.” CAPITOLO SETTE Aidan si trovava in piedi legato a un palo, incapace di muoversi mentre guardava suo padre inginocchiato a pochi passi da lui, affiancato da soldati pandesiani. Stavano l? vicino con le spade sollevate sopra la sua testa. “NO!” grid? Aidan. Cerc? di liberarsi, di correre avanti per salvarlo, ma non contava con quanta tenacia ci provasse: non riusciva a spostarsi, le funi affondavano nei polsi e nelle caviglie. Era costretto a guardare suo padre inginocchiato l?, gli occhi pieni di lacrime che lo fissavano in cerca di aiuto. “Aidan!” grid? suo padre allungando una mano. “Padre!” grid? Aidan in risposta. Le lame scesero e un attimo dopo Aidan si sent? spruzzare il volto di sangue mentre la testa di suo padre veniva mozzata. “NO!” grid? Aidan sentendo che la sua vita collassava insieme a lui, sentendosi sprofondare in un buco nero. Aidan si svegli? di soprassalto, ansimante e ricoperto di sudore freddo. Si mise a sedere nel buio, sforzandosi di capire dove si trovasse. “Padre!” grid? ancora mezzo addormentato, cercandolo e provando ancora la tremenda urgenza di salvarlo. Si guard? attorno, sent? qualcosa sul suo viso e tra i capelli, su tutto il corpo, e si rese conto che era difficile respirare. Allung? le mani e si tolse qualcosa di leggero e lungo dal volto, accorgendosi che si trovava disteso sotto un mucchio di fieno, quasi sepolto all’interno. Rapidamente se lo tolse di dosso e si mise a sedere. Era buio l? dentro, solo il debole baluginio di una torcia appariva tra le fessure e presto si rese conto che si trovava nel retro di un carro. Accanto a lui sent? un fruscio e guardando oltre vide con sollievo che si trattava di Bianco. Il grosso cane balz? in piedi e gli si port? accanto leccandogli il volto, mentre Aidan lo abbracciava. Aidan respirava affannosamente, ancora frastornato per il sogno. Era sembrato cos? reale. Suo padre era veramente stato ucciso? Cerc? di pensare a quando l’aveva visto l’ultima volta, nella corte reale, vittima di un’imboscata, circondato. Ricord? di aver cercato di aiutarlo e poi di essere stato trascinato via da Motley nel fitto della notte. Ricord? Motley che lo metteva su un carro e che poi viaggiavano attraverso le vie secondarie di Andros per scappare. Questo spiegava il carro. Ma dove erano andati? Dove lo aveva portato Motley? Si apr? la porta e dalla stanza usc? un piccolo fascio di luce che illumin? il buio. Aidan riusc? finalmente a vedere dove si trovava: davanti a lui c’era una piccola stanza di pietra, il soffitto basso e arcuato, simile a una piccola casetta di campagna o a una taverna. Sollev? lo sguardo e vide Motley che si trovava sulla porta, incorniciato dalla luce della torcia. “Continua a gridare a quel modo e i Pandesiani ci troveranno,” lo avvis?. Motley si volt? e torn? verso la stanza ben illuminata in lontananza. Aidan balz? rapidamente in piedi, scese dal carro e lo segu?, con Bianco al suo fianco. Quando anche Aidan fu entrato nella stanza luminosa, Motley chiuse velocemente la spessa porta di legno dietro di s? e diede diversi giri di chiavistello. Aidan si guard? attorno mentre gli occhi si adeguavano alla luce e riconobbe dei volti familiari: gli amici di Motley. Gli attori. Tutti quegli artisti di strada. Erano tutti l?, tutti nascosti, al riparo in quel locale di pietra senza finestre. Tutti quei volti, una volta cos? allegri, ora erano cupi e funerei. “Ci sono Pandesiani ovunque,” disse Motley ad Aidan. “Tieni la voce bassa.” Aidan, imbarazzato, non si era accorto che stava gridando. “Scusate,” disse. “Ho fatto un incubo.” “Li facciamo tutti gli incubi,” rispose Motley. “Stiamo vivendo in un incubo,” disse un attore con volto tetro. “Dove siamo?” chiese Aidan guardandosi attorno confuso. “Una taverna,” rispose Motley, “dalla parte opposta di Andros. Siamo ancora nella capitale, nascosti. I Pandesiani sono di pattuglia l? fuori. Sono passati qua vicino diverse volte, ma non sono entrati, e non lo faranno fino a che manterremo il silenzio. Qui siamo al sicuro.” “Per ora,” esclam? uno dei suoi amici con tono scettico. Aidan, sentendo l’urgenza di aiutare suo padre, cerc? di ricordare. “Mio padre,” disse… “?… morto?” Motley scosse la testa. “Non lo so. ? stato catturato. Quella ? stata l’ultima volta che l’ho visto.” Aidan prov? un’ondata di rancore. “Mi hai portato via!” disse con rabbia. “Non avresti dovuto farlo. Lo avrei aiutato!” Motley si strofin? il mento. “E come ci saresti mai riuscito?” Aidan scroll? le spalle, scervellandosi. “Non lo so,” rispose. “In qualche modo.” Motley annu?. “Ci avresti provato,” concord? Motley, “e ora saresti bell’? morto.” “Lui ? morto allora?” chiese Aidan sentendosi il cuore contorcersi dentro al petto. Motley scroll? le spalle. “Non quando ce ne siamo andati,” disse. “Ora non lo so proprio. Non abbiamo anici o spie nella citt?: ? stata presa d’assedio dai Pandesiani. Tutti gli uomini di tuo padre sono stati imprigionati. Temo che ci troviamo tutti alla merc? dei Pandesiani.” Aidan strinse i pugni, pensando solo a suo padre che marciva in una cella. “Devo salvarlo,” dichiar? pieno di determinazione. “Non posso abbandonarlo l?. Devo andarmene subito da qui.” Aidan balz? in piedi e corse alla porta. Stava iniziando ad aprirla tirando i primi catenacci quando Motley gli si par? davanti e mise un piede davanti all’infisso cos? che non potesse aprirlo. “Vai adesso,” disse, “e ci farai ammazzare tutti quanti.” Aidan lo guard? e lo vide serio per la prima volta. Cap? quindi che aveva ragione. Prov? un nuovo senso di gratitudine e rispetto per lui: dopotutto gli aveva effettivamente salvato la vita. Aidan gli sarebbe sempre stato riconoscente per questo. Ma allo stesso tempo provava un bruciante desiderio di salvare suo padre, e sapeva che ogni secondo era prezioso. “Hai detto che ci sarebbe stato un altro modo,” disse Aidan ricordando. “Che ci sarebbe stato un altro modo di salvarlo.” Motley annu?. “? vero,” annu?. “Erano solo parole vuote allora?” chiese Aidan. Motley sospir?. “Cosa proponi di fare?” chiese esasperato. “Tuo padre si trova nel cuore della capitale, nelle prigioni reali, sorvegliato da un intero esercito di Pandesiani. Ci presentiamo l? e bussiamo alla porta?” Aidan stava in piedi, cercando di pensare a qualcosa. Sapeva che era un compito arduo. “Devono esserci degli uomini che ci possano aiutare,” disse. “Chi?” esclam? uno degli attori. “Tutti gli uomini leali a tuo padre sono stati catturati insieme a lui.” “Non tutti,” rispose Aidan. “Sicuramente alcuni dei suoi uomini non erano l?. I capitani di guerra che gli sono leali e che si trovano fuori dalla capitale, per esempio?” “Forse,” disse Motley scrollando le spalle. “Ma dove si trovano adesso?” Aidan era furente, disperato, sentiva la prigionia di suo padre come se fosse la sua propria. “Non possiamo comunque starcene qui a fare niente,” esclam?. “Se non mi aiutate voi, andr? da me. Non mi interessa se muoio. Non posso rimanere qui mentre mi padre si trova in prigione. E i miei fratelli…” Aidan parl? mentre ricordava e scoppi? a piangere, sopraffatto dall’emozione, riportando alla mente la morte dei suoi due fratelli. “Non ho nessuno adesso,” disse. Poi scosse la testa. Si ricord? di sua sorella, Kyra, e preg? con tutto se stesso che stesse bene. Dopotutto era tutto ci? che gli era rimasto adesso. Mentre Aidan piangeva, imbarazzato, Bianco gli si avvicin? e gli appoggi? la testa contro una gamba. Ud? dei passi pesanti che attraversavano le tavole di legno scricchiolanti del pavimento e sent? una grossa mano posarglisi sulla spalla. Sollev? lo sguardo e vide Motley che lo guardava con compassione. “Sbagliato,” gli disse. “Hai noi. Siamo la tua famiglia adesso.” Motley si volt? e fece cenno agli altri nella stanza e Aidan si guard? attorno vedendo tutti gli attori e artisti che lo guardavano con sincerit?. Erano decine e nei loro occhi brillava la compassione mentre annuivano d’accordo con Motley. Si rese conto che, anche se non erano guerrieri, erano persone dal cuore buono. Prov? un nuovo senso di rispetto per loro: “Grazie,” disse. “Ma siete tutti attori. Ci? di cui abbiamo bisogno sono dei guerrieri. Voi non potete aiutarmi a riprendermi mio padre.” Improvvisamente l’espressione negli occhi di Motley mut?, come se gli fosse venuta un’idea, e sorrise. “Quanto ti sbagli, giovane Aidan,” rispose. Aidan poteva vedere gli occhi di Motley luccicare e cap? che stava pensando a qualcosa. “I guerrieri hanno un certo talento,” disse Motley, “ma gli artisti ne hanno uno tutto loro. I guerrieri possono vincere con la forza, ma gli artisti possono vincere con altri mezzi, mezzi ancora pi? potenti.” “Non capisco,” disse Aidan confuso. “Non potete andare ad intrattenere mio padre fuori dalla sua cella.” Motley rise fragorosamente. “In effetti,” rispose, “penso proprio di poterlo fare.” Aidan lo guard? confuso. “Cosa intendi dire?” gli chiese. Motley si strofin? il mento, gli occhi lampeggianti, chiaramente immerso nel suo piano. “Ai guerrieri non ? permesso camminare liberamente nella capitale adesso, n? andare da qualsiasi parte in centro. Ma gli artisti non hanno restrizioni.” Aidan era confuso. “Perch? Pandesia dovrebbe concedere agli artisti di accedere al cuore della capitale?” chiese. Motley sorrise e scosse la testa. “Ancora non sai come va il mondo, ragazzo,” gli rispose. “Ai guerrieri ? permesso di circolare sempre in spazi limitati e in tempi altrettanto limitati. Ma gli artisti possono andare ovunque e in qualsiasi momento. Tutti hanno sempre bisogno di un po’ di intrattenimento, i Pandesiani quanto gli Escaloniani. Dopotutto un soldato annoiato ? un soldato pericoloso, in qualsiasi parte del regno, e la regola dell’ordine deve essere mantenuta. L’intrattenimento ? sempre stata la chiave per mantenere le truppe felici e per controllare un esercito.” Motley sorrise. “Vedi, giovane Aidan,” disse. “Non sono i comandanti a tenere le chiavi dei loro eserciti, ma noi. Meri artisti. Quelli che tu disprezzi cos? tanto. Noi ci eleviamo al di sopra della battaglia, passiamo tra le linee nemiche. A nessuno importa quale armatura io indossi, guardano tutti solamente quanto belle siano le mie storie. E io ho belle storie, ragazzo, migliori di quante tu mai ne abbia udite.” Motley si volt? verso gli altri nella stanza ed esclam?: “Metteremo in scena uno spettacolo! Tutti insieme!” Tutti gli attori improvvisamente esultarono, illuminati, alzandosi in piedi, la speranza di nuovo presente nei loro occhi avviliti. “Metteremo in scena lo spettacolo nel cuore della capitale! Sar? lo spettacolo pi? grandioso che i Pandesiani mai abbiano visto! E cosa pi? importante, la pi? grandiosa distrazione. Quando sar? il momento giusto, quando la citt? sar? nelle nostre mani, ammaliata dalla nostra rappresentazione, agiremo. E troveremo un modo per liberare tuo padre.” Gli uomini esultarono e Aidan, per la prima volta, sent? il cuore che gli si scaldava, prov? un nuovo senso di ottimismo. “Pensi davvero che funzioner??” chiese. Motley sorrise. “Cose ben pi? folli, ragazzo mio, sono accadute.” CAPITOLO OTTO Duncan cercava di non pensare al dolore mentre si trovava in una condizione di dormiveglia, appoggiato alla parete di pietra, le catene che gli tagliavano i polsi e le caviglie tenendolo sveglio. La cosa di cui aveva pi? bisogno era dell’acqua. Aveva la gola secca, non riusciva a deglutire e ogni respiro gli faceva male. Non ricordava da quanti giorni non bevesse un solo sorso e si sentiva cos? debole per la fame da riuscire appena a muoversi. Sapeva che si stava consumando l? sotto e che se il boia non fosse venuto presto a prenderlo, l’avrebbe fatto la fame. Duncan perdeva e riprendeva conoscenza ormai da giorni, era sopraffatto dal dolore tanto che ormai lo sentiva come parte di s?. Vedeva immagini della sua giovinezza, dei tempi trascorsi in mezzo ai prati, sui terreni di allenamento, nei campi di battaglia. Aveva ricordi delle prime battaglie, dei giorni passati, quando Escalon era libera e florida. Questi pensieri venivano sempre interrotti dai volti dei suoi figli morti che si levavano davanti a lui e lo perseguitavano. Era lacerato dall’agonia e scuoteva la testa cercando di cacciare quelle immagini dalla testa, senza per? riuscirci. Duncan pens? all’ultimo figlio maschio che gli era rimasto, Aidan, e sper? disperatamente che si trovasse al sicuro a Volis, che i Pandesiani non avessero ancora raggiunto il forte. Poi la mente pass? a pensieri di Kyra. La ricord? come una ragazzina, riport? alla memoria l’orgoglio sempre provato nel crescerla. Pens? al suo viaggio attraverso Escalon e si chiese se avesse raggiunto Ur, se avesse incontrato suo zio, se ora fosse al sicuro. Era parte di lui, l’unica parte di lui che ora contava, e la sua salvezza gli importava ben pi? dell’essere vivo lui stesso. L’avrebbe mai rivista? Desiderava vederla, ma voleva anche che rimanesse lontana da l?, al riparo da tutto questo. La porta della cella si apr? di schianto e Duncan sollev? lo sguardo scrutando nell’oscurit?. Sent? dei passi nel buio e ascoltandone l’andatura diede per certo che non si trattasse di Enis. Nell’oscurit? il suo udito si era fatto pi? acuto e preciso. Mentre il soldato si avvicinava Duncan immagin? che stesse venendo a torturarlo o ucciderlo. Era pronto. Potevano fare di lui quello che volevano: tanto era gi? morto dentro. Duncan apr? gli occhi, pesanti come non mai, e sollev? lo sguardo con quel poco di dignit? che ancora poteva raccogliere, per vedere cosa lo aspettasse. L? davanti a lui vide con stupore il volto dell’uomo che disprezzava pi? di tutti: Bant di Barris. Il traditore. L’uomo che aveva ucciso i suoi due figli. Duncan lo guard? truce mentre gli si avvicinava con un ghigno soddisfatto in volto, portandosi in ginocchio davanti a lui. Si chiese cosa mai quella creatura abominevole potesse volere da lui. “Non pi? cos? forte adesso, eh Duncan?” chiese Bant, a pochi passi da lui. Se ne stava l?, con le mani ai fianchi, basso e tozzo, le labbra fini, gli occhi piccoli e la pelle del volto butterata. Duncan cerc? di lanciarglisi addosso, desideroso di farlo a pezzi, ma le catene lo trattennero. “La pagherai per i miei ragazzi,” disse quasi soffocandosi, la gola cos? secca da non riuscire a tirare fuori le parole con l’astio che avrebbe voluto. Bant rise, un suono crudo e breve. “Davvero?” lo derise. “Tu invece esalerai il tuo ultimo respiro qua sotto. Ho ucciso i tuoi figli e posso uccidere anche te, se voglio. Ho le spalle coperte da Pandesia adesso, dopo la mia dimostrazione di lealt?. Ma non ti uccider?. Sarebbe una cosa troppo gentile. ? meglio che ti lasci qui a marcire piano piano.” Duncan prov? una fredda rabbia ribollirgli dentro. “Allora perch? sei venuto?” Bant si incup?. “Posso venire qui per ogni motivo,” disse accigliandosi, “o anche senza ragione. Posso venire qui anche solo per guardarti. Per fissarti. Per vedere i frutti della mia vittoria.” Sospir?. “Per? ? il caso che questa volta abbia un motivo per farti visita. C’? qualcosa che desidero da te. E c’? anche una cosa che ho intenzione di darti.” Duncan lo guard? con scetticismo. “La tua libert?,” aggiunse Bant. Duncan lo guard? con espressione interrogativa. “E perch? faresti una cosa del genere?” gli chiese. Bant sospir?. “Vedi, Duncan,” disse, “tu ed io non siamo cos? diversi. Siamo entrambi guerrieri. In effetti tu sei un uomo che ho sempre rispettato. I tuoi figli meritavano di essere uccisi, erano dei boriosi senza freni. Ma tu,” disse. “Ti ho sempre rispettato. Non dovresti trovarti qui.” Fece una pausa guardandolo attentamente. “Quindi questo ? ci? che intendo fare,” continu?. “Confesserai pubblicamente i tuoi crimini contro la nostra nazione ed esorterai tutti i cittadini di Andros a cedere alla legge pandesiana. Se farai questo, io far? in modo che Pandesia ti metta in libert?.” Duncan se ne stava l? seduto, talmente furioso da non sapere cosa dire. “Sei una marionetta dei Pandesiani adesso?” gli chiese alla fine, furente. “Stai cercando di fare impressione su di loro? Di mostrare che puoi fare di me ci? che vuoi?” Bant sorrise. “Fallo, Duncan,” rispose. “Non fai del bene a nessuno qua sotto, meno che meno a te stesso. Di’ al supremo Ra ci? che vuole sentirsi dire, confessa ci? che hai fatto e crea la pace per questa citt?. La nostra capitale ha bisogno della pace adesso, e tu sei l’unico che possa generarla.” Duncan fece diversi profondi respiri, fino a che riusc? a raccogliere la forza per parlare. “Mai,” rispose. Bant avvamp?. “Non per la mia libert?,” continu?, “non per la mia vita e a nessun prezzo.” Duncan lo fiss?, sorridendo di soddisfazione vedendolo arrossire, quindi aggiunse: “Ma sii sicuro di una cosa: se mai fuggir? da qui, la mia spada trover? un posto nel tuo cuore.” Dopo un lungo e scioccato silenzio, Bant si alz? in piedi, accigliato. Fiss? Duncan e scosse la testa. “Vivi ancora qualche giorno per me,” disse, “in modo che possa assistere alla tua esecuzione.” CAPITOLO NOVE Dierdre remava con tutta la sua forza, Marco accanto a lei, entrambi lanciati nel mezzo del canale, diretti verso il mare, dove l’ultima volta aveva visto suo padre. Aveva il cuore lacerato dall’ansia al ricordo dell’ultima volta che l’aveva visto, impavido all’attacco dell’esercito pandesiano, anche di fronte alle peggiori aspettative. Dierdre chiuse gli occhi e scacci? l’immagine, remando ancora pi? forte e pregando che non fosse gi? morto. Tutto ci? che desiderava era di riuscire a tornare in tempo per salvarlo, o almeno per avere l’occasione di morire al suo fianco. Accanto a lei Marco remava con uguale intensit? e lei lo guardava con gratitudine e curiosit?. “Perch??” gli chiese. Lui si volt? a guardarla. “Perch? sei venuto con me?” insistette lei. Lui la fiss? in silenzio, poi distolse lo sguardo. “Saresti potuto andare con gli altri laggi?,” aggiunse. “Ma hai scelto di non farlo. Hai scelto di venire con me.” Marco guardava dritto davanti a s?, continuava a remare con forza e a restare in silenzio. “Perch??” insistette lei, desiderosa di sapere e capire e remando furiosamente. “Perch? il mio amico ti ammirava moltissimo,” disse Marco. “E questo ? abbastanza per me.” Dierdre rem? pi? intensamente, svoltando tra i canali serpeggianti, e i suo pensieri andarono ad Alec. Era cos? amareggiata nei suoi confronti. Li aveva abbandonati tutti, lasciando Ur insieme a quel misterioso straniero prima dell’invasione. Perch?? Non poteva che domandarselo. Era stato cos? devoto alla loro causa, alla forgia, ed era sicura che sarebbe stata l’ultima persona a fuggire nel momento del bisogno. Eppure l’aveva fatto, e proprio quando avevano pi? bisogno di lui. Questo le faceva riconsiderare i suoi sentimenti per Alec, che dopotutto conosceva appena. E allo stesso tempo le sorgevano sentimenti ancora pi? forti per l’amico Marco, che si era sacrificato per lei. Gi? provava un forte legame nei suoi confronti. Mentre le palle di cannone continuavano a fischiare sopra le loro teste, mentre gli edifici continuavano ad esplodere e crollare tutt’attorno a loro, Dierdre si chiedeva se Marco veramente sapesse in cosa si stava imbarcando. Sapeva che seguendola, tornando nel cuore del caos, non ci sarebbe stata possibilit? di ritorno? “Remiamo verso la morte, lo sai,” disse lei. “Mio padre e i suoi uomini sono su quella spiaggia, al di l? del muro di macerie, e io intendo trovarlo e combattere al suo fianco.” Marco annu?. “Pensi sia tornato in questa citt? per vivere?” le chiese. “Se volevo fuggire, la mia possibilit? l’ho avuta.” Soddisfatta e toccata dalla sua forza, Dierdre continu? a remare e i due proseguirono in silenzio, evitando le macerie che cadevano man mano che si avvicinavano sempre pi? alla costa. Alla fine svoltarono a un angolo e in lontananza Dierdre scorse il muro di detriti dove aveva visto suo padre per l’ultima volta. Subito dietro ad esso, le imponenti navi nere. Sapeva che dall’altra parte si trovava la spiaggia dove lui stava combattendo contro i Pandesiani e rem? con tutta se stessa, con il sudore che lo scivolava dalla fronte e lungo il viso, ansiosa di raggiungerlo in tempo. Ud? il rumore della battaglia, degli uomini che ansimavano, e preg? che non fosse troppo tardi. La loro barca aveva appena raggiunto il lato del canale che lei balz? a terr?, facendola dondolare, e Marco la segu? mentre correva verso il muro. Si arrampic? aggrappandosi ai grossi massi, graffiandosi i gomiti e le ginocchia, ma senza curarsene. Senza fiato, continu? a salire, scivolando sulle rocce e pensando solo a suo padre, al dovere di raggiungerlo dall’altra parte, ben capendo che quelle macerie erano un tempo le grandiose torrette di Ur. Si guard? alle spalle udendo delle grida e, avendo una veduta completa della citt? da lass?, fu scioccata di vedere che met? di essa era in rovine. Gli edifici erano caduti, c’erano montagne di macerie nelle strade, ricoperte da nuvole di polvere. Vide la gente di Ur che fuggiva in ogni direzione per cercare salvezza. Si rigir? e continu? ad arrampicarsi, andando nella direzione opposta rispetto a quelle persone, determinata ad accogliere la battaglia e non a fuggire da essa. Alla fine raggiunse la cima del muro di roccia e guardandosi attorno le si ferm? il cuore. Rimase pietrificata sulla sommit?, incapace di muoversi. Non era per niente ci? che si era aspettata. Pensava che avrebbe visto una grandiosa battaglia l? sotto, suo padre che combatteva valorosamente, i suoi uomini attorno a lui. Si aspettava di poter correre gi? e unirsi a lui, salvarlo, combattere al suo fianco. Invece ci? che vide le fece venire voglia di rannicchiarsi e morire. Suo padre era l?, a faccia in gi? nella sabbia, ricoperto di sangue, con un’ascia conficcata nella schiena. Morto. Tutt’attorno a lui giacevano decine di altri soldati, pure loro morti. Migliaia di soldati pandesiani si precipitavano fuori dalle navi come formiche, si sparpagliavano e ricoprivano la spiaggia pugnalando ogni corpo per assicurarsi che fossero tutti privi di vita. Calpestarono il corpo di suo padre e anche gli altri dirigendosi verso il muro di macerie, proprio dove si trovava lei. Dierdre abbass? lo sguardo udendo un rumore e vide che alcuni Pandesiani erano gi? sopraggiunti e stavano risalendo il versante, verso di lei, ora ad appena dieci metri di distanza. Straripante di disperazione, angoscia e rabbia, Dierdre si protese in avanti e tir? la sua lancia contro il primo Pandesiano che vide. Quello sollev? lo sguardo, chiaramente non aspettandosi di vedere qualcuno in cima al muro, non aspettandosi che nessuno fosse tanto folle da affrontare di petto un esercito in avanzata. La lancia di Dierdre gli si conficc? nel petto facendolo scivolare indietro sulla roccia, portando con s? diversi altri soldati nella caduta. Gli altri soldati si riorganizzarono e decine di loro sollevarono le lance e le scagliarono contro di lei. Accadde troppo rapidamente e Dierdre rimase ferma in piedi, inerme, desiderosa di essere colpita, pronta a morire. Era arrivata troppo tardi, suo padre era morto l? sotto e ora lei, sopraffatta dal senso di colpa, voleva morire con lui. “Dierdre!” grid? una voce. Dierdre ud? Marco accanto a lei e un attimo dopo lo sent? che la afferrava e la tirava indietro verso l’altro versante della pila di macerie. Le lance sibilarono vicino alla sua testa, proprio nel punto in cui si era trovata poco fa, e la mancarono di pochi centimetri. Dierdre inciamp? indietro, sulla pila di detriti, insieme a Marco. Prov? un dolore terribile mentre entrambi ruzzolavano. Le pietre le colpivano le costole, tutto il corpo, riempiendola di graffi e botte dappertutto, fino a che giunsero sul fondo. Dierdre rimase sdraiata un momento, sforzandosi di respirare, sentendo che l’aria le era stata schiacciata fuori dal corpo, chiedendosi se magari era morta. Si rese vagamente conto che Marco le aveva appena salvato la vita. Marco, riprendendosi in fretta, la afferr? e la tir? in piedi. Corsero insieme, incespicando, il corpo dolorante, lontani dalla parete e di nuovo verso le strade di Ur. Dierdre si lanci? un’occhiata alla spalle e vide che i Pandesiani avevano gi? raggiunto la cima. Li vide sollevare gli archi e iniziare a scoccare frecce, facendo piovere la morte sulla citt?. Êîíåö îçíàêîìèòåëüíîãî ôðàãìåíòà. Òåêñò ïðåäîñòàâëåí ÎÎÎ «ËèòÐåñ». Ïðî÷èòàéòå ýòó êíèãó öåëèêîì, êóïèâ ïîëíóþ ëåãàëüíóþ âåðñèþ (https://www.litres.ru/pages/biblio_book/?art=43696031&lfrom=688855901) íà ËèòÐåñ. Áåçîïàñíî îïëàòèòü êíèãó ìîæíî áàíêîâñêîé êàðòîé Visa, MasterCard, Maestro, ñî ñ÷åòà ìîáèëüíîãî òåëåôîíà, ñ ïëàòåæíîãî òåðìèíàëà, â ñàëîíå ÌÒÑ èëè Ñâÿçíîé, ÷åðåç PayPal, WebMoney, ßíäåêñ.Äåíüãè, QIWI Êîøåëåê, áîíóñíûìè êàðòàìè èëè äðóãèì óäîáíûì Âàì ñïîñîáîì.
Íàø ëèòåðàòóðíûé æóðíàë Ëó÷øåå ìåñòî äëÿ ðàçìåùåíèÿ ñâîèõ ïðîèçâåäåíèé ìîëîäûìè àâòîðàìè, ïîýòàìè; äëÿ ðåàëèçàöèè ñâîèõ òâîð÷åñêèõ èäåé è äëÿ òîãî, ÷òîáû âàøè ïðîèçâåäåíèÿ ñòàëè ïîïóëÿðíûìè è ÷èòàåìûìè. Åñëè âû, íåèçâåñòíûé ñîâðåìåííûé ïîýò èëè çàèíòåðåñîâàííûé ÷èòàòåëü - Âàñ æä¸ò íàø ëèòåðàòóðíûé æóðíàë.