Êîò ìóðëû÷åò... áåë è ñåð, Îí ïîíÿòëèâûé... Æèë äà áûë ýñýñýñýð - Òðàâû ìÿòíûå. Òðàâû ìÿòíûå, åùå Ìàòü-è-ìà÷åõà, Ðåêè ñ ñèãîì è ëåù¸ì - Ìàòåìàòèêà! Óðàâíåíèÿ, èêñû, Ñèíóñ-êîñèíóñ... Âîçëå ñòàäà âîë÷üÿ ñûòü... Ïàðíè ñ êîñàìè... Ñ÷àñòüå óøëîå ëîâè - Äåâêè ñ âîëîñîì Ðàñïåâàëè î ëþáâè Ñëàäêèì ãîëîñîì... À âåñåííåþ ïîð

Oscurita’ Perversa

Oscurita’ Perversa Blake Pierce Un Mistero di Riley Paige #3 OSCURITA' PERVERSA ? il libro #3 nella serie thriller di successo dei misteri di Riley Paige, che comincia con IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1) ! Quando delle prostitute vengono trovate morte a Phoenix, non viene prestata molta attenzione. Ma scoperta una scia di omicidi inquietanti, la polizia locale presto realizza che c’? un serial killer a piede libero, ed ? vicino. Data la natura peculiare dei crimini, l’FBI, di cui viene richiesto l’intervento, ? consapevole di aver bisogno della mente pi? brillante per risolvere il caso: l’Agente Speciale Riley Paige. Riley, che si sta riprendendo dal suo ultimo caso e sta provando a rimettere insieme i pezzi della sua vita, ? inizialmente riluttante. Ma quando nota la natura seriale dei crimini e si rende conto che il killer presto colpir? di nuovo, si lascia convincere. Comincia la sua caccia al killer sfuggente, che porter? la donna molto lontano – forse davvero troppo, per tornare indietro. La ricerca di Riley la condurr? nel mondo inquietante fatto di prostitute, famiglie divise e sogni infranti. Quando un’adolescente viene rapita, Riley, in una frenetica corsa contro il tempo, lotta per esplorare la mente del killer. Ma quello che scopre, la conduce ad una svolta che si rivela persino pi? scioccante di quanto lei stessa immaginava. Un thriller psicologico caratterizzato da una suspense mozzafiato, ONCE CRAVED ? il libro #3 in una nuova serie affascinante – con un nuovo amato personaggio – che vi terr? attaccati alle pagine fino a tardi. Il libro #4 nella serie di Riley Paige sar? presto disponibile. OSCURITA’ PERVERSA (UN MISTERO DI RILEY PAIGE —LIBRO 3) B L A K E P I E R C E TRADUZIONE ITALIANA A CURA DI IMMACOLATA SCIPLINI Blake Pierce Blake Pierce ? l’autore della serie di successo dei misteri di RILEY PAIGE, che include i gialli intrisi di suspense IL KILLER DELLA ROSA (libro #1), IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (libro #2) e OSCURITA’ PERVERSA (#3). Blake Pierce ? anche l’autore della serie dei misteri di MACKENZIE WHITE. Avido lettore ed ? da sempre ammiratore dei romanzi gialli e thriller, Blake apprezza i vostri commenti, pertanto siete invitati a visitare www.blakepierceauthor.com (http://www.blakepierceauthor.com) per saperne di pi? e restare in contatto. Copyright © 2016 di Blake Pierce. Tutti i diritti sono riservati. Fatta eccezione per quanto consentito dalla Legge sul Copyright degli Stati Uniti d'America del 1976, nessuno stralcio di questa pubblicazione potr? essere riprodotto, distribuito o trasmesso in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, n? potr? essere inserito in un database o in un sistema di recupero dei dati, senza che l'autore abbia prestato preventivamente il consenso. La licenza di questo ebook ? concessa soltanto ad uso personale. Questa copia del libro non potr? essere rivenduta o trasferita ad altre persone. Se desiderate condividerlo con altri, vi preghiamo di acquistarne una copia per ogni richiedente. Se state leggendo questo libro e non l'avete acquistato, o non ? stato acquistato solo a vostro uso personale, restituite la copia a vostre mani ed acquistatela. Vi siamo grati per il rispetto che dimostrerete alla fatica di questo autore. Questa ? un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, aziende, societ?, luoghi, eventi e fatti sono il frutto dell'immaginazione dell'autore o sono utilizzati per mera finzione. Qualsiasi rassomiglianza a persone reali, viventi o meno, ? frutto di una pura coincidenza. Immagine di copertina di Copyright GongTo, usata con l’autorizzazione di Shutterstock.com . LIBRI DI BLAKE PIERCE I MISTERI DI RILEY PAIGE IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1) IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2) OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3) I MISTERI DI MACKENZIE WHITE PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1) INDICE PROLOGO (#ua06f36be-7b7c-5856-b310-5477f3e14788) CAPITOLO UNO (#ua2594945-72c3-506e-912f-ef30dc9830ff) CAPITOLO DUE (#u1d7eed31-0977-5bb6-85d8-5338dfa13bda) CAPITOLO TRE (#u280a6500-2fe3-516f-8893-60e02208e260) CAPITOLO QUATTRO (#ufba08b52-9a77-5413-90ba-d8cbbf7415e9) CAPITOLO CINQUE (#u9c29847f-3029-5735-8df2-fdc1d8dc5ea4) CAPITOLO SEI (#u8e327bcc-0252-5fba-8ddf-49ad09642bd8) CAPITOLO SETTE (#ud719c4d4-23b4-5a05-ad24-d3b5a92204d6) CAPITOLO OTTO (#u5749e55a-3e7b-5975-942f-9877c088619b) CAPITOLO NOVE (#u6d1adc40-5787-5e3b-baf5-8c8e9b7107cb) CAPITOLO DIECI (#u0fc9fc81-aa4e-547b-9818-0266a02efb34) CAPITOLO UNDICI (#litres_trial_promo) CAPITOLO DODICI (#litres_trial_promo) CAPITOLO TREDICI (#litres_trial_promo) CAPITOLO QUATTORDICI (#litres_trial_promo) CAPITOLO QUINDICI (#litres_trial_promo) CAPITOLO SEDICI (#litres_trial_promo) CAPITOLO DICIASSETTE (#litres_trial_promo) CAPITOLO DICIOTTO (#litres_trial_promo) CAPITOLO DICIANNOVE (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTI (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTUNO (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTIDUE (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTITR? (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTIQUATTRO (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTICINQUE (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTISEI (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTISETTE (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTOTTO (#litres_trial_promo) CAPITOLO VENTINOVE (#litres_trial_promo) CAPITOLO TRENTA (#litres_trial_promo) CAPITOLO TRENTUNO (#litres_trial_promo) CAPITOLO TRENTADUE (#litres_trial_promo) CAPITOLO TRENTATR? (#litres_trial_promo) CAPITOLO TRENTAQUATTRO (#litres_trial_promo) CAPITOLO TRENTACINQUE (#litres_trial_promo) CAPITOLO TRENTASEI (#litres_trial_promo) CAPITOLO TRENTASETTE (#litres_trial_promo) CAPITOLO TRENTOTTO (#litres_trial_promo) CAPITOLO TRENTANOVE (#litres_trial_promo) CAPITOLO QUARANTA (#litres_trial_promo) CAPITOLO QUARANTUNO (#litres_trial_promo) Prologo Janine pensava di aver visto qualcosa di scuro nell’acqua, vicino alla battigia. Era grande e nero, e sembrava muoversi appena nel lento sciabordio dell’acqua. Prese un tiro di marijuana dalla pipa e la pass? al suo ragazzo. Poteva trattarsi davvero di un grosso pesce? O era un altro genere di creatura? Janine si riscosse: non doveva lasciar galoppare a briglia sciolta la sua immaginazione, disse a se stessa. Il creare un motivo di paura poteva soltanto peggiorare le cose. Il Lago Nimbo era un enorme bacino artificiale, popolato per la pesca, proprio come moltissimi altri laghi dell’Arizona. Non si era mai sentito parlare di mostri come Nessie in quelle zone. Improvvisamente sent? Colby dire: “Accidenti, il lago ? in fiamme!” Janine si volt? a guardare il ragazzo. Il suo viso lentigginoso e i capelli rossi brillavano nel sole del tardo pomeriggio. Il giovane aveva appena aspirato dalla pipa e stava osservando, attonito, qualcosa verso l’acqua. Janine ridacchi?. “Sei soltanto stato illuminato” disse. “Completamente.” “S?, proprio come il lago” fu la risposta. Janine si volt? e guard? verso il Lago Nimbo. Anche se il fumo non le aveva ancora fatto effetto, quello che vide la lasci? senza parole. Il sole del tardo pomeriggio aveva tinto il canyon in rosso e oro. L’acqua rifletteva i colori come un grande specchio piatto. Le venne in mente che la parola nimbo stava per “aura” in spagnolo. Il nome era assolutamente appropriato. Janine riprese la pipa e inspir? profondamente, sentendo il bruciore scendere piacevolmente fino in gola. Sarebbe stata bene e si sarebbe sballata da l? in poi. Sarebbe stato divertente. Ma, che cos’era quella forma scura nell’acqua? Soltanto un gioco della luce, Janine si disse. Qualunque cosa fosse, avrebbe fatto meglio ad ignorarla, a far s? che non la facesse rabbrividire o spaventare. Tutto il resto era perfetto. Era il loro posto preferito, il suo e quello di Colby: meraviglioso, nascosto in una delle insenature del lago, distante dai campeggi, da tutto e tutti. Di solito ci andavano durante i fine settimana, ma oggi avevano marinato la scuola e si erano rifugiati l?. Quella giornata di fine estate era troppo bella per essere ignorata. Era decisamente pi? fresco e piacevole laggi?, rispetto a Phoenix. La vecchia automobile di Colby era parcheggiata lungo la strada polverosa, alle loro spalle. Mentre guardava in direzione del lago, inizi? a sentire l’effetto dello sballo: la sensazione di una grande ed imminente euforia. Il lago sembrava fin troppo bello da guardare, perci? volse gli occhi su Colby. Si strinse a lui e lo baci?. Il ragazzo ricambi?. Il suo sapore era favoloso. Tutto di lui era e sembrava favoloso. Janine stacc? le labbra da quelle del ragazzo e lo guard? negli occhi, dicendo tutto d’un un fiato: “Nimbo significa aura, lo sapevi?” “Wow!” lui esclam?. “Wow.” Sembrava che fosse la cosa pi? straordinaria mai sentita in tutta la sua vita. Il ragazzo era e sembrava cos? divertito a dire questo, come se si trattasse di una questione religiosa o di qualcosa di simile. Janine scoppi? a ridere, e Colby la imit?. Nell’arco di un paio di secondi, furono completamente intrecciati l’uno tra le braccia dell’altra, palpandosi e toccandosi. Janine riusc? a districarsi dalle braccia di Colby. “Che succede?” chiese il ragazzo. “Niente” Janine rispose e, in un attimo, si lev? la canotta. Gli occhi di Colby si spalancarono. “Che cosa stai facendo?”. “Che cosa pensi che stia facendo?” ribatt? lei, iniziando a trafficare con la T-shirt del giovane, per togliergliela. “Aspetta un attimo” Colby aggiunse. “Proprio qui?” “Perch? no? Meglio qui che sul sedile posteriore della tua auto. Non c’? nessuno a guardarci.” “Ma forse una barca …” Janine scoppi? a ridere. “Se anche ci fosse una barca? Che cos’importa?” Colby a quel punto inizi? a cooperare, aiutandola a levargli la T-shirt. Erano entrambi impacciati per l’eccitazione, che si aggiungeva al brivido del proibito. Janine non riusciva ad immaginare perch? non l’avessero mai fatto l? prima d’ora. Non che fosse la prima volta che fumavano erba l?. Ma la ragazza continuava a pensare a quella forma nell’acqua. C’era qualcosa, e fino a quando non avesse scoperto che cosa fosse, l’idea avrebbe continuato ad assillarla e rovinato ogni cosa. Col respiro affannoso, si alz? in piedi. “Vieni” disse. “Andiamo a controllare una cosa.” “Che cosa?” Colby domand?. “Non lo so. Tu vieni.” Prese la mano di Colby e insieme s’avventurarono gi? per la riva, diretti alla battigia. L’umore di Janine ora stava cominciando a guastarsi. Odiava quello che succedeva. Doveva accertarsi che quel che stava cercando era innocuo: allora sarebbe tornata a sentirsi bene. Ma stava cominciando ad augurarsi che lo sballo non fosse giunto in modo tanto rapido e forte. Ad ogni passo, l’oggetto appariva sempre pi? chiaro ai loro occhi. Era fatto di plastica nera, e c’erano delle bolle che salivano fino alla superficie dell’acqua. E c’era anche qualcosa di piccolo e bianco, accanto ad esso. A poco meno di un metro di distanza dall’acqua, Janine vide che c’era un grosso sacco di plastica nero. Era aperto all’estremit? e dallo stesso sembrava emergere una mano, pallida in modo non certamente naturale. Forse ? un manichino, pens? la ragazza. Si abbass? verso l’acqua per dare un’occhiata da vicino. Le unghie erano dipinte di un rosso vistoso, in aperto contrasto con il pallore. Un terribile pensiero attravers? il corpo di Janine come una scossa elettrica. La mano era vera. Apparteneva ad una donna. Il sacco conteneva un cadavere. Janine cominci? a urlare. Sent? Colby fare lo stesso. Sapeva che non sarebbero stati in grado di smettere di farlo per molto tempo. Capitolo Uno Riley sapeva che le immagini, che stava per mostrare, avrebbero scioccato gli studenti dell’Accademia dell’FBI. Alcuni probabilmente non sarebbero stati in grado di affrontarle. La donna scrut? i giovani volti entusiasti che la guardavano dai loro banchi a semicerchio disposti in fila. Vediamo come reagiscono, lei pens?. Quest’esperienza potrebbe essere importante per loro. Naturalmente, Riley sapeva che, tra tutti i crimini possibili, l’omicidio seriale era raro. Eppure, quei giovani dovevano imparare tutto quello che occorreva imparare. Aspiravano a diventare degli agenti FBI. destinati a lavorare sul campo, e presto si sarebbero resi conto che la maggior parte dei poliziotti locali non aveva alcuna esperienza con i serial killer. L’Agente Speciale Riley Paige era un’autorit? in tale settore. Premette il telecomando. Le prime immagini che apparvero in successione sull’enorme schermo piatto non erano violente. Si trattava di cinque ritratti femminili a carbone, che andavano da una ragazza ad una donna di mezza et?. Tutte erano belle e sorridenti; i ritratti erano stati realizzati con abilit? e amabile maestria. Cliccando sul telecomando, Riley disse: “Questi cinque ritratti sono stati realizzati otto anni fa da un artista di nome Derrick Caldwell. Ogni estate guadagnava molto con i ritratti di turisti al Dunes Beach Boardwalk, qui in Virginia. Queste donne erano tra le sue ultime clienti.” Dopo l’ultimo dei cinque ritratti, Riley premette di nuovo sul telecomando. La fotografia successiva era un’immagine orribile di un congelatore aperto, con all’interno parti femminili smembrate. Sent? gli studenti sussultare. “Questo ? quanto ? rimasto di quelle donne” Riley comment?. “Mentre le disegnava, Derrick Caldwell si ? convinto, usiamo le sue stesse parole, che ‘erano troppo belle per vivere.’ Perci? le ha perseguitate ad una ad una, le ha uccise e le ha tenute nel suo congelatore.” Riley clicc? di nuovo, e le immagini successive erano ancora pi? scioccanti. Si trattava di fotografie scattate dal team del coroner dopo il riassemblaggio dei corpi. Riley disse: “Alla fine, Caldwell ha ‘mischiato’ le parti dei corpi, cos? che le donne fossero disumanizzate al di l? del riconoscimento.” Riley si volt? verso la classe. Uno studente si stava precipitando verso l’uscita, stringendosi lo stomaco. Alcuni erano sul punto di vomitare. Altri invece, erano in lacrime. Soltanto un piccolo gruppo sembrava essere impassibile. Paradossalmente, Riley era sicura che proprio gli studenti impassibili non sarebbero stati in grado di superare la fase di addestramento dell’accademia. Ai loro occhi, quelle erano delle semplici fotografie, per nulla reali. Non sarebbero stati in grado di gestire il vero orrore in prima persona. Non avrebbero saputo gestire le conseguenze personali, provocate dallo shock n? superare lo stress post-traumatico. Visioni di una torcia accesa ancora riempivano la sua mente a volte ma il suo PTSD stava scemando: stava guarendo. Ma certamente uno deve provare le cose prima di poter guarire. “E ora” Riley disse, “far? un paio di affermazioni, e voi mi direte se sono vere o false. Ecco la prima. ‘Molti serial killer uccidono per motivi sessuali.’ Vero o falso?” Delle mani si sollevarono tra gli studenti. Riley indic? uno studente dallo sguardo piuttosto entusiasta, seduto nella prima fila. “Vero?” lo studente chiese. “Esatto, vero” Riley rispose. “Sebbene ci possano essere altre ragioni che inducono a uccidere, una componente sessuale ? piuttosto frequente. Pu? esprimersi in varie forme, talvolta piuttosto bizzarre. Derrick Caldwell ? un classico esempio. Il coroner ha determinato che ha commesso atti di necrofilia sulle vittime, prima di smembrarle.” Riley vide che molti studenti stavano prendendo appunti sui loro computer portatili. E prosegu?: “Ora, ecco un’altra affermazione. ‘I serial killer infliggono una violenza crescente alle loro vittime, mentre continuano ad ucciderle.’” Di nuovo si sollevarono delle mani. Stavolta, Riley indic? uno studente seduto alcune file indietro. “Vero?” lo studente disse. “Falso” corresse Riley. “Sebbene io stessa abbia visto alcune eccezioni, molti casi non mostrano alcun cambiamento nel tempo. Il livello di violenza di Derrick Caldwell ? rimasto costante, durante l’atto dell’omicidio. Ma l’uomo si ? rivelato imprudente, non era certo un genio del male. E’ diventato avido. Ha catturato le sue vittime in un periodo di un mese e mezzo. Suscitando un’attenzione di questo genere, ha reso la sua cattura inevitabile.” La donna dette un’occhiata all’orologio e si rese conto che la sua ora era giunta al termine. “E’ tutto per oggi” disse. “Ma ci sono molte supposizioni errate sui serial killer e molti miti sono ancora in circolazione. L’Unit? di Analisi Comportamentale ha raccolto ed analizzato i dati, e io ho lavorato a casi seriali in tutto il paese. Abbiamo ancora molte informazioni da fornire.” Gli studenti iniziarono a sciamare via, e Riley cominci? a raccogliere tutto il suo materiale per tornare a casa. Tre o quattro studenti si radunarono intorno alla sua cattedra per porle delle domande. Uno le chiese: “Agente Paige, non ? stata coinvolta nel caso di Derrick Caldwell?” “S?” rispose. “Ne parleremo un’altra volta.” Era una storia che avrebbe preferito non raccontare, ma non lo disse. Una giovane domand?: “L’esecuzione di Caldwell ? gi? avvenuta?” “Non ancora” ribatt? secca Riley. Provando a non essere sgarbata, pass? davanti agli studenti, diretta all’uscita. Non si sentiva di parlare dell’imminente esecuzione di Caldwell. La verit? era che aspettava che questa fosse programmata di l? a poco. Essendo la principale responsabile della sua cattura, aveva diritto ad assistere alla sua esecuzione. Non aveva ancora deciso se presenziare oppure no. Riley si sentiva bene mentre usciva dall’edificio, in un piacevole pomeriggio di settembre. Dopotutto, era ancora in congedo. Aveva sofferto di PTSD sin da quando un maniaco assassino l’aveva tenuta prigioniera. Era fuggita ed era riuscita infine a catturare il suo tormentatore. Ma neppure allora era andata in ferie. Aveva continuato a lavorare per risolvere un altro caso, una terribile vicenda nel nord dello Stato di New York: infine era terminata con il suicidio del killer, che si era squarciato la gola proprio di fronte a lei. Quel momento ancora la ossessionava. Quando il suo supervisore, Brent Meredith, le aveva proposto un altro caso, lo aveva rifiutato. Seguendo la proposta di Meredith, aveva invece accettato di insegnare all’Accademia dell’FBI di Quantico. Entrata nell’auto, Riley cominci? a guidare verso casa, pensando a quanto saggia quella scelta fosse stata. Finalmente, la sua vita aveva un senso di pace, di calma. E ancora, mentre guidava, una sensazione spaventosa e familiare cominci? ad impossessarsi di lei, facendo s? che il suo cuore cominciasse a battere forte nel bel mezzo di una splendida giornata di sole. Si trattava di una forte intuizione, comprese, che qualcosa di tremendo stesse per verificarsi. E, per quanto provasse a vedersi in quella calma per sempre, sapeva, ne era certa, che tale sensazione non sarebbe durata. Capitolo Due Riley ebbe un brutto presentimento, quando sent? una vibrazione proveniente dalla sua borsa. Si ferm? davanti alla porta principale della sua nuova casa di citt? ed estrasse il cellulare. Immediatamente trasal?. Era un messaggio di Brent Meredith. Chiamami. Riley si preoccup?. Forse il suo capo voleva semplicemente sapere come stava. L’aveva fatto molte volte in quegli ultimi giorni. D’altro canto, poteva volere che lei tornasse in pista. E allora che cosa avrebbe fatto? Naturalmente, dir? di no, Riley pens? tra s? e s?. Avrebbe potuto essere difficile, in ogni caso. Le piaceva il suo capo, e sapeva che poteva essere molto persuasivo. Era una decisione che non aveva voglia di prendere, perci? mise via il cellulare. Quando apr? la porta ed entr? nel luminoso e pulito spazio della nuova casa, la momentanea ansia di Riley svan?. Tutto appariva cos? bello sin da quando aveva traslocato. Si sent? una gradevole voce. “?Qui?n es?” “Soy yo” Riley rispose. “Sono a casa, Gabriela.” La robusta donna guatemalteca di mezza et? usc? fuori dalla cucina, asciugandosi le mani con uno strofinaccio. Era bello vedere il volto sorridente di Gabriela. Era la governante di famiglia da anni ormai, da molto tempo prima che Riley divorziasse da Ryan. Riley era grata che Gabriela avesse acconsentito a trasferirsi con lei e sua figlia. “Com’? andata la giornata?” Gabriela chiese. “Benissimo” fu la risposta. “?Qu? bueno!” Gabriela spar? di nuovo nella cucina. L’odore della magnifica cena avvolse tutta la casa. Sent? Gabriela cominciare a cantare in spagnolo. Riley rest? in soggiorno, beandosi di quanto la circondava. Con sua figlia, si erano trasferite l? soltanto di recente. La piccola casa in stile ranch in cui avevano vissuto quando il suo matrimonio era finito, si era rivelata troppo isolata per garantirle sicurezza. Inoltre, Riley aveva sentito l’urgenza di cambiare, sia per lei sia per April. Ora che il divorzio era diventato definitivo, e Ryan era stato generoso con gli alimenti per la figlia, era giunto il momento di iniziare una nuova vita. C’erano ancora pochi ritocchi di cui occuparsi. Alcuni mobili erano piuttosto vecchi e fuori posto in un ambiente cos? elegante. Avrebbe dovuto trovarne dei nuovi per sostituirli. Una delle pareti appariva piuttosto spoglia, e Riley era a corto di quadri da appendere. Aveva programmato di andare a fare spese con April nel prossimo fine settimana. Quell’idea faceva sentire Riley normale, una donna con una bella famiglia e non un’agente sulle tracce di un assassino psicopatico. Ora si chiese dove fosse April. Si ferm? ad ascoltare. Non si sentiva alcuna musica provenire dalla camera della ragazza al piano di sopra. Poi, sent? la figlia gridare. La voce proveniva dal cortile. Riley trasal?, attravers? in fretta la camera da pranzo e usc? fuori sull’enorme cortile. Quando vide il viso e il torso di April apparire oltre la recinzione in mezzo al giardino, le ci volle un momento per capire che cosa stava accadendo. Poi, si rilass? e rise di se stessa. Il suo panico automatico era stato una sorta di reazione eccessiva. Ma era passato troppo poco tempo, da quando Riley aveva salvato April dalle grinfie di un pazzo, che l’aveva presa di mira per vendicarsi della madre. April spar? dalla vista e, poi, riapparve di nuovo gridando gioiosamente. Stava saltando sul trampolino dei vicini. Aveva fatto amicizia con la ragazza che viveva l?, un’adolescente che aveva circa la stessa et? di April e frequentava persino il suo stesso liceo. “Fai attenzione!” Riley grid? ad April. “Tranquilla, mamma!” April rispose affannosamente. Riley scoppi? di nuovo a ridere. Era un suono insolito, emerso da sensazioni che aveva quasi dimenticato. Voleva abituarsi di nuovo a ridere. Desiderava anche abituarsi alla gioiosa espressione sul volto della figlia. Sembrava soltanto ieri, quando April era stata terribilmente ribelle e imbronciata, persino per essere un’adolescente. Riley non poteva biasimare la figlia ed aveva rinunciato a tanto per ricostruire il rapporto madre-figlia. Stava facendo di tutto pur di cambiare la situazione. Il rimanere lontana dal lavoro sul campo le aveva garantito questa possibilit? ed era la cosa per lei pi? importante: non era pi? costretta a passare lunghe giornate, spesso in localit? distanti, in modo del tutto imprevedibile. Ora il suo programma era compatibile con quello di April, e la donna temeva che, prima o poi, tutto questo sarebbe in qualche modo cambiato. Meglio che me la goda finch? posso, pens?. Riley rientr? in casa giusto in tempo per sentire il campanello suonare. Grid?: “Ci penso io, Gabriela.” Apr? la porta e fu sorpresa di trovarsi faccia a faccia con un uomo sorridente, che non aveva mai visto prima. “Salve” quello disse, un po’ timidamente. “Sono Blaine Hildreth, della porta accanto. Sua figlia ? proprio l? ora con mia figlia, Crystal.” Diede a Riley una scatola e poi aggiunse: “Benvenuta nel quartiere. Le ho portato un piccolo dono per l’inaugurazione della casa.” “Oh” Riley esclam?. Fu stupita da quella inconsueta cordialit?. Le ci volle un momento per dire: “Prego, entri pure.” Accett? goffamente la scatola, e lo invit? a sedersi su una sedia in soggiorno. Riley si accomod? sul divano, tenendo la scatola in grembo. Blaine Hildreth la stava osservando con un’aria d’attesa. “E’ un gesto molto gentile da parte sua” disse, aprendo il pacchetto. Conteneva un set di colorate tazze da caff?: due erano decorate con farfalle ed altre due, invece, con dei fiori. “Sono adorabili” Riley disse. “Gradirebbe del caff??” “Molto volentieri” Blaine le rispose. Riley chiam? Gabriela, che arriv? dalla cucina. “Gabriela, ci porteresti del caff? in queste tazze?” lei disse, porgendole due tazze. “Blaine, come vuole il caff??” “Nero andr? bene.” Gabriela port? le tazze in cucina. “Io sono Riley Paige” si present? a Blaine. “Grazie di essere passato. E grazie per il regalo.” “E’ stato un piacere” Blaine replic?. Gabriela ritorn? con le due tazze colme di delizioso caff? fumante, poi torn? al lavoro in cucina. In qualche modo, e con suo imbarazzo, Riley si trov? ad osservare il suo vicino. Ora che era single, non riusciva a farne a meno. Sper? che lui non se ne accorgesse. Oh, beh, pens?. Forse lui sta facendo lo stesso con me. Per prima cosa, la donna osserv? che non indossava una fede nuziale. Vedovo o divorziato, immagin?. Poi, stim? che avesse circa la sua et?, forse leggermente pi? giovane, meno di quarant’anni. Infine, era bello, o almeno ragionevolmente. Era stempiato, il che non andava a suo sfavore. E sembrava essere magro e in forma. “Allora, che lavoro fai?” Riley chiese. Blaine alz? le spalle. “Possiedo un ristorante. Conosci Blaine’s Grill in centro?” Riley fu piacevolmente colpita. Blaine’s Grill era uno dei ristoranti pi? carini in cui pranzare l? a Fredericksburg. Aveva sentito che era grandioso per la cena, ma non aveva avuto la possibilit? di provarlo. “Ci sono stata” gli disse. “Ecco, ? mio” Blaine disse. “E tu?” Riley fece un respiro profondo. Non era mai semplice raccontare ad un perfetto estraneo che cosa faceva per vivere. Gli uomini, in particolare, ne risultavano intimiditi qualche volta. “Lavoro per l’FBI” rispose. “Sono un’agente sul campo.” Gli occhi di Blaine si spalancarono. “Davvero?” domand?. “Ecco, sono in congedo al momento. Sto insegnando all’accademia.” Blaine si allung? verso di lei con crescente interesse. “Wow. Sono certo che tu abbia delle grandi storie da raccontare. Mi piacerebbe molto sentirne una.” Riley scoppi? a ridere un po’ nervosamente. Si chiese se sarebbe mai stata in grado di raccontare a qualcuno, al di fuori del Bureau, alcune delle cose che aveva visto. Sarebbe stato ancora pi? difficile parlare di alcune delle cose che aveva fatto. “Non penso proprio” replic? in tono leggermente brusco. Vide Blaine irrigidirsi e si rese conto di aver assunto un tono piuttosto sgarbato. Blaine chin? il capo e disse: “Mi dispiace. Non intendevo certamente metterti in una situazione scomoda.” Chiacchierarono per alcuni istanti ancora, ma Riley sapeva che il suo nuovo vicino si stava dimostrando pi? riservato. Dopo che Blaine l’ebbe salutata educatamente, Riley chiuse la porta dietro di lui e sospir?. Si rese conto che non si era resa avvicinabile. La donna che stava cominciando una nuova vita era ancora la stessa vecchia Riley. Ma si disse che, al momento, importava poco. L’avere una relazione era l’ultima cosa che le serviva al momento. Alla sua vita occorreva essere seriamente riordinata e stava appena cominciando a fare progressi in tale direzione. Dopo tutto, per?, era stato piacevole trascorrere qualche minuto a chiacchierare con un uomo di bell’aspetto; era un sollievo poter avere finalmente dei vicini, e anche gradevoli. * Quando Riley e April si sedettero a tavola per la cena, la ragazza non smise di usare il suo cellulare. “Smettila di messaggiare, per favore” Riley la riprese. “E’ ora di cena.” “Tra un minuto mamma” April rispose, continuando a messaggiare. Riley era solo lievemente irritata dall’atteggiamento di April, tipico adolescenziale. La verit? era che, alla fine, aveva un vantaggio. April stava andando benissimo a scuola quest’anno e aveva fatto varie amicizie. Per quello che Riley aveva potuto capire, si trattava di un gruppo di amici di gran lunga migliori di quelli che prima la figlia frequentava. Riley immaginava che April ora si stesse scambiando sms con un ragazzo che le interessava. Finora, comunque, April non l’aveva menzionato. April smise di messaggiare, quando Gabriela usc? dalla cucina con un vassoio di chiles rellenos. Non appena appoggi? i fumanti ed appetitosi peperoni ripieni sul tavolo della cucina, April si mise a ridacchiare maliziosamente. “Picante a sufficienza, Gabriela?” chiese. “S?” Gabriela rispose, ridacchiando anche lei. Era uno scherzo ricorrente tra loro tre. Ryan non amava le pietanze troppo piccanti. A dire il vero, non riusciva affatto a mangiarle. Per April e Riley, invece, pi? il cibo era piccante pi? saporito era. Gabriela non si tratteneva pi?, o almeno, non quanto era abituata a fare. Riley dubitava persino se lei o April riuscissero a gestire le ricette guatemalteche originali di Gabriela. Quando Gabriela termin? di servire il cibo per loro tre, si rivolse a Riley: “Il signore ? guapo, no?” Riley si sent? arrossire. “Bello? Non l’ho notato, Gabriela.” Gabriela scoppi? in una sonora risata. Si sedette a mangiare con loro e cominci? a canticchiare un motivetto. Riley immagin? che si trattasse di una canzone d’amore guatemalteca. April stette a guardare sua madre. “Quale signore, mamma?” chiese. “Oh, il nostro vicino ? venuto qui poco fa—” April interruppe eccitata. “Oh mio Dio! Era il padre di Crystal? Vero, non ? cos?? Non ? splendido?” “E penso che sia single.” Gabriela intervenne. “OK, basta cos?!” Riley esclam? con una risata. “Datemi un po’ di spazio per vivere. Non mi serve che voi due mi sistemiate con il tizio della porta accanto.” Si immersero tutte nei peperoni ripieni, e la cena era quasi finita quando Riley sent? vibrare il cellulare nella sua tasca. Dannazione, pens?. Non avrei dovuto portarlo con me a tavola. La vibrazione continu?. Non poteva non rispondere. Da quando era tornata a casa, Brent Meredith le aveva inviato altri due sms, e lei aveva continuato a dirsi che lo avrebbe chiamato pi? tardi. Ora, non poteva pi? tirarsi indietro. Si scus? e si alz? da tavola, per rispondere al telefono. “Riley, mi dispiace disturbarti in questo modo” il capo disse. “Ma mi serve davvero il tuo aiuto.” Riley fu stupita nel sentire Meredith chiamarla per nome, era un evento raro. Sebbene si sentisse molto vicina a lui, in genere la chiamava Agente Paige. Normalmente, era un uomo molto professionale, talvolta al punto di sembrare brusco. “Di che cosa si tratta, signore?” chiese. Meredith rimase in silenzio per un momento. Riley si domand? il motivo per cui fosse cos? reticente. Il suo buonumore spar?. Era certa che stesse precisamente per ricevere la notizia che aveva temuto di sentire. “Riley, intendo chiederti un favore personale” l’uomo disse, sembrando molto meno autoritario del normale. “Mi hanno chiesto di occuparmi di un omicidio a Phoenix.” Riley ne rimase sorpresa. “Un singolo omicidio?” la donna chiese. “Perch? hanno richiesto l’intervento dell’FBI?” “C’? un mio vecchio amico all’ufficio di competenza di Phoenix” Meredith disse. “Garrett Holbrook. Abbiamo frequentato l’accademia insieme. La vittima ? sua sorella Nancy.” “Mi dispiace tanto” Riley disse. “Ma la polizia locale …” La voce di Meredith celava una rara nota di supplica. “Garrett ha davvero bisogno del nostro aiuto. Lei era una prostituta. Era appena scomparsa e, poi, il suo corpo ? stato rinvenuto in un lago. Vuole che trattiamo il caso come se si trattasse dell’opera di un serial killer.” La richiesta suon? strana a Riley. Spesso le prostitute sparivano senza essere uccise. A volte, decidevano di svolgere il proprio lavoro altrove. O semplicemente lo lasciavano. “Ha un motivo per pensarla in questo modo?” Riley chiese. “Non lo so” fu la risposta del capo. “Forse lui vuole pensarla cos? in modo da coinvolgerci. Ma ? vero, come sai, le prostitute sono bersagli abituali dei serial killer.” Riley sapeva che era vero. Lo stile di vita delle prostitute le esponeva ad alti rischi. Erano visibili ed accessibili, da sole con estranei, spesso tossicodipendenti. Meredith prosegu?: “Mi ha contattato personalmente. Gli ho promesso che avrei mandato i miei migliori uomini a Phoenix. E naturalmente, sei inclusa tu.” Riley ne fu colpita. Meredith non le avrebbe facilitato un rifiuto. “La prego, cerchi di capire, signore” lei disse. “Proprio non posso accettare di seguire un nuovo caso.” Riley si sent? vagamente disonesta. Non posso o non voglio? si chiese. Dopo che era stata catturata e torturata da un serial killer, tutti avevano insistito affinch? prendesse un congedo dal lavoro. Ci aveva provato, ma aveva sentito un disperato bisogno di tornare in pista. Ora, si chiese che cosa avesse davvero significato quella disperato desiderio. Era stata imprudente e autolesionista, ed aveva affrontato un vero inferno per poter tornare a controllare la sua vita. Quando finalmente aveva ucciso Peterson, il suo tormentatore, aveva creduto che tutto sarebbe andato bene. Ma l’uomo ancora la tormentava e Riley aveva incontrato altri problemi nella risoluzione del suo ultimo caso. Dopo una pausa, la donna aggiunse: “Mi serve pi? tempo fuori dai giochi. Sono ancora tecnicamente in congedo, e sto provando davvero a rimettere insieme la mia vita.” Segu? un lungo silenzio. Sembrava che Meredith non intendesse discutere ed ancor meno far pesare la sua autorit? su di lei. Ma certo non si sarebbe detto d’accordo con la decisione della donna. Non avrebbe smesso di farle pressione. Sent? Meredith fare un lungo e triste sospiro. “Garrett ? stato diviso da Nancy per anni. Ora, quello che le ? accaduto lo sta logorando dentro. Immagino che qui ci sia una lezione, oppure no? Non dare nessuno per scontato nella tua vita. Mantieniti sempre in contatto.” A Riley quasi cadde il telefono. Le parole di Meredith avevano toccato un nervo, rimasto nascosto, per molto tempo. Riley aveva perso i contatti con la sua sorella maggiore anni prima. Erano rimaste separate e lei non si era nemmeno chiesta di Wendy per molto tempo. Non aveva idea di come la sorella stesse ora. Dopo un’altra pausa, Meredith disse: “Promettimi che ci penserai.” “Lo far?” Riley rispose. La telefonata termin?. La donna si sent? malissimo. Meredith l’aveva vista affrontare dei momenti terribili, e non si era mai mostrato cos? vulnerabile di fronte a lei, prima di allora. Odiava deluderlo. E gli aveva appena promesso di pensarci su. E non importava quando volesse disperatamente farlo, Riley non era certa di poter dire di no. Capitolo Tre L’uomo sedeva nella sua auto nel parcheggio, osservando la prostituta, che si avvicinava lungo la strada. La donna si chiamava “Chiffon”. Ovviamente, non era il suo vero nome. E lui era certo che ci fossero tante cose su di lei che ancora non conosceva. Potrei far s? che lei me le dica, pens?. Ma non qui. Non oggi. Non l’avrebbe nemmeno uccisa l? oggi. No, non l?, cos? vicino al suo solito posto di lavoro—la cosiddetta “Kinetic Custom Gym.” Dalla sua postazione, lui poteva vedere i fatiscenti macchinari da palestra attraverso le vetrine—tre tapis roulant, un vogatore e un paio di macchine per i pesi, nessuno di questi funzionante. Per quanto ne sapesse, nessuno si recava in quella palestra per fare realmente esercizio fisico. Non in un modo socialmente accettabile almeno, pens? con un sorrisetto. Non aveva bazzicato molto in quel posto, non da quando aveva preso quella brunetta che ci lavorava diversi anni prima. Naturalmente, non l’aveva uccisa l?. L’aveva adescata, per poi condurla in una camera di motel per dei “servizi extra”, e con la promessa di darle molti pi? soldi. Non era stato un omicidio premeditato. Il sacco di plastica sulla sua testa avrebbe dovuto aggiungere soltanto un finto elemento di pericolo. Ma, una volta fatto, era rimasto sorpreso da quanto si fosse sentito profondamente soddisfatto. Si era trattato di un piacere epicureo, particolarmente intenso persino nella sua vita di piaceri. Eppure, nei suoi successivi appuntamenti segreti, era stato ancora pi? attento e prudente. O almeno era stato cos? fino alla settimana precedente, quando quello stesso gioco era diventato mortale di nuovo con quella escort—come si chiamava? Oh, s?, lo ricord?. Nanette. Allora, aveva sospettato che Nanette non fosse il suo vero nome. Ora non avrebbe mai saputo quello vero. Nel suo cuore, sapeva che la sua morte non era stata un incidente. Non realmente. Aveva avuto intenzione di ucciderla. E la sua coscienza era immacolata. Era pronto a rifarlo di nuovo. La donna che si faceva chiamare Chiffon si stava avvicinando; era ancora a circa mezzo isolato, avvolta in un top giallo e una microgonna, diretta traballando verso la palestra su tacchi terribilmente alti, mentre parlava al cellulare. L’uomo voleva davvero sapere se Chiffon era il suo vero nome. Il loro unico precedente incontro professionale si era rivelato un fallimento—per colpa della donna, lui ne era sicuro, non certamente sua. Qualcosa di lei lo aveva deluso. Sapeva perfettamente che era pi? vecchia di quanto dichiarasse. Non era soltanto il suo corpo a suggerirlo, persino le prostitute adolescenti avevano cicatrici dalla nascita. E non si trattava delle rughe che la donna aveva sul volto. Le prostitute invecchiavano pi? rapidamente di qualsiasi altra donna che lui conoscesse. Non poteva giurarlo. Ma c’era tanto di lei che lo rendeva perplesso. La donna mostrava un certo tipo di entusiasmo fintamente tipico di una giovane donna, che non indicava neppure professionalit?—nemmeno per una novizia. Ridacchiava fin troppo, come una bambina che giocava. Era troppo entusiasta. E - cosa ancora pi? strana - sospettava che le piacesse davvero il suo lavoro. Una puttana a cui piace davvero il sesso, pens?, osservandola avvicinarsi di pi?. Chi lo avrebbe mai detto? Francamente, questo lo innervosiva. Ma almeno era certo che lei non fosse una poliziotta sotto copertura. Se ne sarebbe accorto nella frazione di un secondo. Quando si avvicin? abbastanza da vederlo, l’uomo suon? il clacson della sua auto. La donna smise di parlare al cellulare per un momento e guard? verso di lui, coprendosi gli occhi dal forte sole mattutino. Quando vide di chi si trattava, gli fece un saluto con la mano e sorrise — un sorriso che sarebbe sembrato, a tutto il mondo, completamente sincero. Poi gir? intorno alla palestra, dirigendosi sul retro, verso l’entrata di “servizio”. Lui si rese conto che probabilmente aveva un appuntamento con un cliente. Non importava, l’avrebbe “assunta” un’altra volta, quando sarebbe stato dell’umore per uno specifico tipo di piacere. Intanto, c’erano molte altre prostitute nei dintorni. Ricord? com’erano andate le cose l’ultima volta. Lei era stata allegra, sorridente e dispiaciuta. “Torna pure quando vuoi” gli aveva detto.“Andr? meglio la prossima volta. Andremo d’accordo, e le cose si faranno molto eccitanti.” “Oh, Chiffon” lui mormor? ad alta voce. “Non ne hai idea.” Capitolo Quattro Il rumore degli spari risuonava intorno a Riley. Alla sua sinistra, avvert? il suono gracchiante delle pistole. Alla sua destra, sent? armi pi? pesanti — colpi provenienti da fucili d’assalto e colpi intermittenti di mitragliatrici. Nel bel mezzo della sparatoria, estrasse la sua Glock dalla fondina che indossava sul fianco, si mise prona ed esplose sei colpi, poi altri tre in ginocchio. Ricaric? abilmente e velocemente, si alz? in piedi e spar? altri sei colpi, e infine s’inginocchi? per esplodere altri tre colpi con la mano sinistra. Si alz? e infil? la sua arma nella fondina, poi indietreggi? dalla linea di fuoco, levando i paraorecchie e le protezioni per gli occhi. Il bersaglio, a forma di bottiglia, distava quasi ventitr? metri. Anche da quella distanza, riusciva a vedere che era andata a segno con discreta precisione. Nelle corsie vicine, i tirocinanti dell’Accademia dell’FBI proseguivano la loro esercitazione, guidati dal loro istruttore. Era trascorso del tempo da quando Riley aveva sparato, sebbene fosse sempre armata quando era in servizio. Aveva prenotato quella corsia all’Accademia dell’FBI per fare un po’ di pratica con il tiro al bersaglio, e, come sempre, c’era qualcosa di soddisfacente nel maneggiare una pistola, nella sua forza naturale. Sent? una voce dietro di lei. “Sei della vecchia scuola, vero?” La donna si volt? e vide l’Agente Speciale Bill Jeffreys accanto a lei, sorridente. Riley gli sorrise a sua volta. Sapeva esattamente che cosa intendesse l’uomo con “vecchia scuola”. Alcuni anni prima, l’FBI aveva cambiato le prove previste per l’utilizzo della pistola. Lo sparare da una posizione prona aveva fatto parte del vecchio addestramento, ma non era pi? richiesto ormai. Adesso veniva messa maggiore enfasi nello sparare ai bersagli da vicino, tra i due e sei metri. Questo addestramento era integrato dall’utilizzo della realt? virtuale, dove gli agenti erano immersi in scenari, che proponevano confronti armati a distanza ravvicinata. Ed anche i tirocinanti attraversarono il noto Hogan’s Alley, una cittadina modello di dieci acri, dove combatterono contro finti terroristi con pistole da paintball. “Qualche volta mi piace seguire la vecchia scuola” ammise. “Immagino che un giorno potr? capitare di dover sparare a distanza.” Per sua stessa esperienza, Riley sapeva che, nella realt?, lo scontro era quasi sempre ravvicinato, diretto e - spesso - inaspettato. Infatti, lei stessa aveva dovuto affrontare due combattimenti corpo a corpo di recente. Aveva ucciso un criminale con il suo stesso coltello, e un altro con una pietra trovata per caso. “Pensi che qualcosa prepari questi ragazzi ad affrontare la realt??” Bill chiese, annuendo nella direzione dei tirocinanti, che ora avevano terminato e stavano lasciando la postazione di tiro. “Non fino in fondo” Riley disse. “Nella Realt? Virtuale, il cervello legge lo scenario come reale, ma non c’? alcun pericolo incombente, niente dolore o rabbia da controllare. Qualcosa al nostro interno ? sempre consapevole del fatto che non ci sia una possibilit? di venire uccisi.” “Giusto” Bill disse. “Dovranno scoprire com’? davvero, proprio come facevamo molti anni fa.” Riley lo guard? sottecchi, mentre si allontanavano sempre di pi? dalla linea di tiro. Come lei, aveva quarant’anni, denunciati dalle ciocche grigie tra i capelli scuri. Si chiese come mai si stesse trovando a paragonarlo mentalmente al suo vicino, pi? magro e pi? slanciato. Come si chiamava? si chiese. Oh, certo—Blaine. Blaine era bello, ma non era certa che fosse all’altezza del collega. Bill era robusto, solido e piuttosto bello. “Che cosa ti porta qui?” gli chiese. “Ho sentito che saresti venuta” le rispose. Riley strizz? gli occhi verso di lui con imbarazzo. Probabilmente, questa non era semplicemente una visita di un amico. Dalla sua espressione, lei comprese che non era pronto a dirle che cosa voleva, almeno non ancora. Bill aggiunse: “Se vuoi finire l’addestramento, ti aspetter?.” “Lo apprezzerei” Riley replic?. Si spostarono verso una sezione separata del poligono di tiro, dove lei non sarebbe stata a rischio di venire colpita da proiettili vaganti, esplosi dai tirocinanti. Con Bill che controllava il cronometro, Riley effettu? attraverso tutte le prove del corso di qualificazione della pistola dell’FBI, sparando ad un bersaglio da due metri, poi da quattro, da sei e da tredici. La quinta e ultima prova era quella che trovava pi? semplice: sparare da dietro una barricata a ventidue metri di distanza. Quando ebbe terminato, Riley si tolse la protezione dal capo. Con Bill, raggiunsero il bersaglio e controllarono i risultati del suo lavoro. Tutti i colpi erano ben raggruppati insieme. “Cento per cento, un punteggio perfetto” Bill esclam?. “Dovevo farlo!” Riley rispose. Non avrebbe sopportato l’idea di essere arrugginita. Bill indic? verso la protezione posteriore in terracotta al di l? del bersaglio. “Surreali, vero?” l’uomo disse. Svariati cervi dalla coda bianca stavano pascolando con soddisfazione in cima alla collina. Si erano radunati l? mentre lei stava sparando. Erano ad una buona portata, persino con la sua pistola. Ma non erano neanche un po’ infastiditi da tutte le migliaia di proiettili esplosi contro i bersagli, proprio al di sotto dell’alto crinale su cui stavano camminando. “S?” lei disse, “e belli.” In quel periodo dell’anno, i cervi si vedevano comunemente l? al poligono. Era stagione di caccia, e in qualche modo sapevano che sarebbero stati al sicuro in quel posto. Infatti, i terreni dell’Accademia dell’FBI erano diventati una sorta di rifugio naturale per molti animali, volpi, tacchini selvatici e marmotte inclusi. “Un paio di giorni fa, uno dei miei studenti ha visto un orso nel parcheggio” aggiunse Riley. Riley fece due passi verso la protezione posteriore. I cervi sollevarono la testa, la guardarono e poi scapparono via. Non temevano gli spari, ma non volevano nemmeno che le persone si avvicinassero troppo a loro. “Come pensi che facciano a saperlo?” Bill domand?. “Che qui ? sicuro, intendo dire. I colpi non hanno tutti lo stesso suono?” Riley scosse semplicemente la testa. Per lei era un mistero. Il padre la portava a caccia quando era piccola. Per lui invece, i cervi erano semplicemente delle risorse—cibo e pelle. Non l’aveva infastidita ucciderli tutti quegli anni prima. Ma ora era diverso. Sembrava strano, a pensarci. Non aveva problemi a uccidere un essere umano, quando era necessario. Poteva uccidere un uomo in un battito. Ma sparare ad una di quelle creature fiduciose, ora, sembrava impensabile. Riley e Bill s’incamminarono verso una vicina area relax, e si sedettero insieme su una panchina. Qualunque fosse l’argomento di cui fosse venuto a parlarle, l’uomo sembrava ancora riluttante. “Come ti vanno le cose da solo?” chiese con voce gentile. Sapeva che si trattava di una domanda delicata, e lo vide trasalire. La moglie lo aveva lasciato di recente, dopo anni di scontro tra il suo lavoro e la sua vita a casa. Bill aveva paura di perdere i contatti con i suoi figli pi? piccoli. Ora viveva in un appartamento a Quantico, e vedeva i suoi ragazzi durante i fine settimana. “Non lo so, Riley” disse. “Non so se mi ci abituer? mai.” Era chiaramente solo e depresso. Aveva vissuto anche lei quell’esperienza, di recente, con la separazione prima e, poi, il divorzio. Sapeva anche che il periodo successivo alla separazione era particolarmente delicato. Anche se la relazione era stata un fallimento, ci si trovava in un mondo di estranei, sentendo la mancanza di anni di familiarit?, senza quasi sapere che fare di se stessi. Bill le tocc? un braccio. Con voce leggermente rotta per l’emozione, le disse: “A volte penso che tutto quello che mi resta nella vita su cui contare sei … tu.” Per un istante, Riley ebbe voglia di abbracciarlo. Quando lavoravano insieme come partner, Bill l’aveva salvata numerose volte, sia fisicamente sia emotivamente. Ma lei sapeva che doveva stare attenta. E sapeva anche che le persone possono essere molto folli in tempi come questi. Alla fine, una sera aveva telefonato a Bill, da ubriaca, proponendogli di iniziare una storia. Ora la situazione si era capovolta. Riusciva a percepire la sua imminente dipendenza da lei, ora che stava cominciando a sentirsi libera e forte abbastanza da stare da sola. “Eravamo dei buoni partner” gli disse. Fu poco convincente, ma non riusc? a pensare ad altro da dire. Bill fece un lungo e profondo respiro. “Ecco che cosa sono venuto a dirti” ammise lui. “Meredith mi ha detto che ti ha chiamata per dirti del caso di Phoenix. Ci sto lavorando. Mi serve un partner.” Riley prov? soltanto un pizzico d’irritazione. La visita di Bill stava cominciando a sembrare un po’ un tranello. “Ho detto a Meredith che ci avrei pensato su” gli disse. “E ora te lo sto chiedendo io” Bill disse. Il silenzio cadde tra di loro. “Che mi dici di Lucy Vargas?” Riley chiese. L’Agente Vargas era una recluta che aveva lavorato a stretto contatto con Bill e Riley al loro caso pi? recente. Erano rimasti entrambi impressionati dal suo lavoro. “La sua caviglia non ? guarita” Bill le rispose. “Non torner? sul campo per un altro mese almeno.” Riley si sent? sciocca ad averlo chiesto. Quando lei, Bill e Lucy erano stati alle costole di Eugene Fisk, il cosiddetto “killer delle catene”, Lucy era caduta e si era rotta una caviglia, facendosi quasi uccidere. Naturalmente, non poteva tornare al lavoro tanto presto. “Non lo so, Bill” Riley aggiunse. “Questa pausa dal lavoro mi sta facendo davvero bene. Sto pensando di limitarmi all’insegnamento d’ora in poi. Tutto quello che posso dirti ? quello che ho riferito a Meredith.” “Che ci penserai su.” “Esatto.” Bill emise un grugnito di scontentezza. “Potremmo almeno vederci e parlarne insieme?” le domand?. “Forse domani?” Riley torn? silenziosa per un istante. “Non domani” fu la risposta. “Domani devo assistere alla morte di un uomo.” Capitolo Cinque Riley guardava attraverso il vetro, aperto sulla stanza in cui Derrick Caldwell presto sarebbe morto. Era seduta accanto a Gail Bassett, la madre di Kelly Sue Bassett, l’ultima vittima del serial killer. L’uomo aveva ucciso ben cinque donne, prima che Riley riuscisse a fermarlo. Aveva esitato ad accettare l’invito di Gail ad assistere all’esecuzione. Si erano incontrate solamente una volta, prima di allora, quando aveva fatto la testimone volontaria seduta tra reporter, avvocati, forze dell’ordine, consiglieri spirituali ed il primo giurato. Ora lei e Gail sedevano tra nove parenti delle donne che Caldwell aveva ucciso, tutti riuniti in uno spazio ristretto, seduti su sedie di plastica. Gail, una minuta sessantenne con un delicato viso dalle fattezze di uccello, aveva mantenuto i contatti con Riley negli anni. Suo marito era morto, prima che si arrivasse all’esecuzione, e aveva scritto a Riley, dicendo di non avere un’altra persona con cui condividere l’evento importantissimo. Perci?, Riley aveva accettato l’invito. La camera della morte era proprio l?, dall’altra parte del vetro. L’unico mobile presente nella stanza era la lettiga dell’esecuzione, un tavolo a forma di croce. Una tendina blu di plastica era appesa sopra alla lettiga. Riley sapeva che la flebo e le sostanze chimiche letali erano proprio dietro quella tendina. Un telefono rosso alla parete era collegato con l’ufficio del direttore. Avrebbe suonato soltanto in caso di una decisione di clemenza dell’ultimo minuto. Stavolta, nessuno si aspettava che questo accadesse. Un orologio sopra la porta della stanza era l’unica altra decorazione visibile. In Virginia, i detenuti nel braccio della morte potevano scegliere tra la sedia elettrica e l’iniezione letale, ma di solito era quest’ultima soluzione quella prescelta. Se un prigioniero non faceva alcuna scelta, veniva assegnata l’iniezione. Riley era stata quasi sorpresa dal fatto che Caldwell non avesse optato per la sedia elettrica. Era un mostro impenitente, che sembrava accogliere di buon grado la sua stessa morte. L’orologio segnava le 8:55, quando la porta si apr?. Riley sent? un mormorio nella stanza, mentre diversi membri della squadra addetta all’esecuzione portavano Caldwell nella stanza. Due guardie lo affiancavano, tenendolo ognuna per un braccio, e un’altra seguiva proprio dietro di lui. Un uomo ben vestito entr? dopo tutti gli altri, il direttore del penitenziario. Caldwell indossava dei pantaloni blu, una camicia da lavoro dello stesso colore, e sandali senza calzini. Era ammanettato ed incatenato. Riley non lo vedeva da anni. Durante il suo breve periodo da serial killer, l’uomo aveva sfoggiato capelli lunghi e ribelli, una barba disordinata, un look da boh?mien che si addiceva ad un artista da marciapiede. Ora, invece, era ben rasato e aveva un aspetto ordinario. Sebbene non si fosse ribellato, appariva spaventato. Bene, pens? Riley. L’uomo osserv? la lettiga per un attimo, poi distolse gli occhi. Sembrava che stesse cercando di non guardare la tenda di plastica blu, posta sopra alla lettiga. Per un momento, rimase a fissare il vetro, dietro cui si trovava il pubblico che assisteva. Improvvisamente, apparve pi? calmo e pi? controllato. “Vorrei che potesse vederci” mormor? Gail. Non era possibile che l’uomo li vedesse, dietro a quel particolare vetro che consentiva di guardare solo in una direzione, e Riley non condivise il desiderio di Gail. Caldwell l’aveva gi? guardata fin troppo da vicino per i suoi gusti. Per catturarlo, era andata sotto copertura. Si era finta una turista sulla Dunes Beach Boardwalk, e gli aveva chiesto di farle un ritratto. Mentre lavorava, l’aveva riempita di complimenti fioriti, dicendole che era la donna pi? bella che avesse mai disegnato dopo tanto tempo. Allora, aveva compreso subito che sarebbe stata la sua prossima vittima. Quella sera, gli aveva fatto da esca, per farlo uscire allo scoperto, facendosi seguire fino alla spiaggia. Quando aveva provato ad attaccarla, gli agenti di scorta non avevano avuto difficolt? a catturarlo. La sua cattura era stata semplice. La scoperta di come aveva sezionato le sue vittime, per poi tenerle nel suo congelatore, era stata un’altra questione. Assistere all’apertura del freezer era stato uno dei momenti pi? strazianti della carriera di Riley. Lei provava ancora compassione per le famiglie delle vittime — e per Gail tra loro — che avevano dovuto identificare mogli, figlie, sorelle smembrate. “Troppo bella per vivere” quel mostro aveva detto di ognuna di loro. Riley era rimasta scioccata dal fatto di essere stata una delle donne che lui aveva visto in quel modo. Non si era mai giudicata bella, e gli uomini, compreso il suo ex marito Ryan, raramente le avevano detto che lo era. Caldwell era una cruda ed orribile eccezione. Che cosa significava, si chiese lei, che un mostro psicopatico l’avesse trovata cos? bella? Aveva riconosciuto qualcosa, dentro di lei, mostruosa quanto lui? Per un paio d’anni dopo il processo e la condanna dell’uomo, Riley aveva avuto incubi sui suoi occhi pieni di ammirazione, sulle sue parole smielate e sul suo congelatore, pieno di parti di corpi. La squadra addetta all’esecuzione fece stendere Caldwell sulla lettiga, gli tolse le manette, le catene, i sandali e lo leg? con delle cinghie di pelle: due intorno al petto, due alle gambe, altrettante alle caviglie e ai polsi. I piedi nudi furono rivolti verso il vetro. Era difficile vedergli il viso. Di colpo le tende si chiusero, oscurando il vetro che dava sulla sala dell’esecuzione. Riley immagin? che servisse a mantenere riservata la fase dell’esecuzione vera e propria, durante la quale qualcosa poteva (con una certa probabilit?) andare storto: ad esempio, poteva essere difficile trovare una vena adatta. Ma, a parte tutto, le parve strano. Alle persone presenti nelle due apposite stanze era consentito di assistere all’esecuzione di Caldwell, ma non era loro permesso di vedere il banale inserimento degli aghi. Le tende oscillarono leggermente, forse mosse da uno degli addetti, mentre si spostava dall’altra parte della stanza. Quando le tende si riaprirono, le quattro flebo erano al suo posto, collegate alle braccia del prigioniero attraverso i buchi nelle tende di plastica blu. Alcuni degli addetti all’esecuzione si erano ritirati dietro quelle tende, dove avrebbero somministrato la dose letale. Un uomo tenne il ricevitore del telefono rosso, pronto a ricevere una telefonata che, senza dubbio, non sarebbe mai arrivata. Un altro parlava con Caldwell e le sue parole erano a malapena udibili, attraverso l’inefficiente sistema sonoro: stava chiedendo al condannato se intendeva dire qualcosa per l’ultima volta. La risposta di Caldwell giunse con una sorprendente chiarezza. “L’Agente Paige ? qui?” chiese. Quelle parole fecero trasalire Riley. Non vi fu alcuna risposta. Caldwell aveva alcun diritto a ricevere una risposta. Dopo un teso silenzio, Caldwell riprese a parlare. “Dica all’Agente Paige che vorrei che la mia arte avesse potuto renderle giustizia.” Sebbene Riley non riuscisse a vedere chiaramente il suo viso, le sembr? di sentirlo ridere sommessamente. “E’ tutto” l’uomo aggiunse. “Sono pronto.” Riley fu inondata da rabbia, orrore e confusione. Questa era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata. Derrick Caldwell aveva scelto di dedicare solo a lei gli ultimi momenti di vita. E seduta l?, dietro a quel vetro indistruttibile, lei non poteva farci assolutamente niente. Lo aveva consegnato alla giustizia, ma, alla fine, quel mostro si era preso uno strano, malato tipo di vendetta. Sent? la piccola mano di Gail stringere la sua. Buon Dio, Riley pens?. Mi sta confortando. Riley fu colta da nausea. Caldwell aggiunse un’altra cosa. “Sentir? quando comincia?” Ancora una volta, non ricevette alcuna risposta. Riley pot? vedere il fluido spostarsi attraverso i tubi trasparenti delle flebo. Caldwell fece diversi altri respiri e parve addormentarsi. Il suo piede sinistro si contorse un paio di volte, poi si ferm?. Dopo un istante, una delle guardie pizzic? entrambi i piedi, e non ottenne alcuna reazione. Sembr? uno strano gesto. Ma Riley si rese conto che la guardia si stava assicurando che il sedativo stesse facendo effetto, e che Caldwell fosse totalmente privo di sensi. La guardia si rivolse alle persone dietro alla tenda, senza che potesse sentirsi la sua voce. Riley vide un nuovo flusso di liquido passare attraverso i tubi della flebo. Sapeva che quella seconda sostanza gli avrebbe fermato i polmoni. Nell’arco di pochi minuti, una terza sostanza gli avrebbe fermato il cuore. Mentre il respiro di Caldwell rallentava, Riley si trov? a riflettere su quello cui stava assistendo. In quale modo questa condanna era diversa dalle volte in cui aveva ucciso lei stessa? Nel compimento del suo dovere, infatti, aveva ucciso diversi assassini. Ma questa non era affatto come le altre morti. In confronto, era controllata, pulita, distaccata, immacolata, in modo bizzarro. Sembrava inspiegabilmente sbagliata. Riley si trov? a pensare … Non avrei dovuto permettere che questo accadesse. Sapeva di sbagliarsi, che aveva gestito l’apprensione di Caldwell professionalmente, e come da manuale. Ma, nonostante questo, pensava … Avrei dovuto ucciderlo io stessa. Gail strinse forte la mano di Riley per dieci lunghi minuti. Infine, il funzionario accanto a Caldwell disse qualcosa che Riley non riusc? a sentire. Il direttore della prigione emerse da dietro la tenda, e parl? con una voce abbastanza chiara da essere compresa da tutti i testimoni. “La sentenza ? stata portata a termine con successo alle 9:07.” Poi, le tende si chiusero di nuovo dall’altra parte del vetro. I testimoni avevano visto tutto quello che c’era da vedere. Le guardie entrarono nella stanza, e invitarono tutti ad andarsene il pi? in fretta possibile. Mentre il gruppo defluiva nel corridoio, Gail strinse di nuovo la mano di Riley. “Mi dispiace per quello che ha detto” Gail le disse. Riley fu colpita dal pensiero di Gail, che si preoccupava per lei in un momento del genere, quando finalmente giustizia era stata fatta nei confronti dell’assassino di sua figlia. “Come stai, Gail?” chiese, mentre s’incamminavano rapidamente verso l’uscita. La donna prosegu? in silenzio per un momento. La sua espressione sembrava completamente vuota. “E’ fatta” disse infine, con voce fredda e distaccata. “E’ fatta.” In un istante, si ritrovarono fuori, alla luce del giorno. Riley not? due gruppi di persone dall’altra parte della strada, separati gli uni dagli altri e ben controllati dalla polizia. Da una parte si erano riuniti coloro che erano favorevoli all’esecuzione ed esibivano cartelloni con frasi d’odio, alcune delle quali profane ed oscene. Erano indubbiamente contenti. D’altra parte invece, c’erano le persone che protestavano contro la pena di morte, con i propri cartelloni. Erano stati l? fuori per tutta la notte, facendo una veglia con le candele. Erano molto pi? silenziose. Riley si rese conto di non provare simpatia per nessuno dei due gruppi. Quelle persone erano l? per se stesse, per mostrare pubblicamente il proprio sdegno e la propria rettitudine, indugiando sul proprio ego. Per Riley era sbagliato che fossero l?, tra persone il cui dolore e la cui disperazione erano fin troppo reali. Nello spazio tra l’ingresso della prigione e i manifestanti stazionavano gruppi di cronisti, con i rispettivi furgoni televisivi fermi nelle vicinanze. Mentre Riley si faceva largo tra di essi, una donna le si avvicin? bruscamente con un microfono e un cameraman dietro di lei. “Agente Paige? E’ lei l’Agente Paige?” chiese. Riley non rispose e prov? ad allontanarsi dalla giornalista, che, per?, si ostin? a seguirla. “Sappiamo che Caldwell l’ha menzionata nelle sue ultime parole. Potrebbe rilasciarci una dichiarazione?” Altri giornalisti le si avvicinarono, ponendole la medesima domanda. Riley serr? i denti e si fece largo nel bel mezzo della folla, riuscendo a venirne fuori. Mentre si affrettava verso la propria auto, si ritrov? a pensare a Meredith e Bill. Entrambi l’avevano implorata di occuparsi di un nuovo caso. E lei stava evitando di dar loro una risposta. Perch?? si chiese. Era appena corsa via dai giornalisti. Stava scappando via anche da Bill e Meredith? Stava scappando via da chi lei era davvero? Da tutto ci? che doveva fare? * Non appena vide la propria abitazione, Riley si sent? felice. Lo spettacolo di morte, a cui aveva assistito quella mattina, le aveva lasciato un vuoto dentro e il viaggio di ritorno fino a Fredericksburg era stato faticoso. Ma, nell’istante in cui apriva la porta di casa, ebbe la sensazione che qualcosa non andasse nel verso giusto. Era insolitamente silenziosa. April avrebbe dovuto essere rincasata da scuola, ormai. E dov’era Gabriela? Riley and? in cucina e la trov? vuota. C’era una nota sul tavolo della cucina. Me voy a la tienda, diceva. Gabriela era andata al negozio. Riley serr? le mani sullo schienale della sedia, colta da un’onda di panico. Tempo addietro, quando Gabriela era andata al negozio, April era stata rapita da casa di suo padre. Buio, un barlume di una fiamma. Riley si volt? e corse in fondo alle scale. “April” grid?. Non ci fu alcuna risposta. Riley corse in cima alle scale. Entrambe le camere da letto erano vuote. Nessuno era nello studiolo. Il cuore le batteva forte. Bench? la mente le dicesse che si comportava da sciocca, il suo corpo non ascoltava la sua parte razionale. Corse di nuovo al piano di sotto, e usc? sul retro della casa. “April” chiam?. Non c’era nessuno a giocare nel giardino del vicino, e non c’erano nemmeno bambini in vista. Si fece forza per non gridare di nuovo: non voleva che quei vicini la giudicassero pazza. Non cos? presto. Infil? la mano in tasca e prese il cellulare. Invi? un sms alla figlia. Non ricevette alcuna risposta. Torn? all’interno della casa e si sedette sul divano, stringendosi la testa tra le mani. Era tornata nel cubicolo, sdraiata nella polvere, al buio. Ma la piccola luce si stava spostando verso di lei. Riusc? a vedere il suo volto crudele illuminato dal bagliore delle fiamme. Ma non sapeva se l’assassino stesse arrivando per lei o per April. Riley si sforz? di mantenere separata la visione dalla realt? dal suo presente. Peterson ? morto, ripet? a se stessa. Non torturer? mai pi? nessuna di noi due. Si tir? su sul divano, e prov? a concentrarsi sul presente. Era nella sua nuova casa, nella sua nuova vita. Gabriela era andata al negozio. April era sicuramente da qualche parte nelle vicinanze. La sua respirazione rallent?, ma non riusciva ad alzarsi. Temeva che, se fosse uscita, avrebbe gridato di nuovo. Dopo quello che sembr? un’eternit?, Riley sent? aprirsi la porta d’entrata. April entr? in casa, cantando. Riley si alz? in piedi di scatto. “Dove diavolo sei stata?” April sembr? scioccata. “Che problema hai, mamma?” “Dov’eri? Perch? non hai risposto al mio sms?” “Scusa, ho messo il cellulare in silenzioso. Mamma, ero soltanto a casa di Cece. Proprio dall’altra parte della strada. Quando siamo scese dall’autobus della scuola, sua madre ci ha offerto un gelato.” “Come potevo sapere dove fossi?” “Non pensavo che fossi rientrata.” Riley si sent? urlare, ma non riusciva a smettere. “Non m’importa che cosa hai pensato. Non stavi pensando. Devi sempre informarmi …” Le lacrime che rigarono il volto di April finalmente la interruppero. Riley riprese fiato, corse verso la ragazza e l’abbracci?. All’inizio, il corpo di April era rigido per la rabbia, ma Riley lo sent? rilassarsi lentamente e si rese conto che ora piangevano entrambe. “Mi dispiace” Riley disse. “Mi dispiace. E’ solo che ne abbiamo passate cos? tante … tante cose terribili.” “Ma ? tutto finito ora” April rispose. “Mamma, ? tutto finito.” Si sedettero entrambe sul divano. Era nuovo, acquistato quando si erano trasferite l?. Lo aveva preso per la sua nuova vita. “So che ? tutto finito” Riley disse. “So che Peterson ? morto. Sto provando ad abituarmici.” “Mamma, tutto va bene ora. Non devi preoccuparti per me, ogni minuto. E non sono una stupida ragazzina. Ho quindici anni.” “E sei molto intelligente” Riley aggiunse. “Lo so. Devo soltanto ricordarmelo. Ti voglio bene, April” disse. “Ecco perch? vado fuori di testa qualche volta.” “Anch’io ti voglio bene, mamma” la ragazza disse. “Non dovresti preoccuparti cos? tanto.” Riley fu felice di vedere sua figlia sorridere di nuovo. April era stata rapita, tenuta prigioniera, e minacciata con quella fiamma. Ora sembrava essere tornata un’adolescente perfettamente normale, sebbene sua madre non avesse ancora riacquistato il proprio equilibrio. Inoltre, Riley non riusciva a fare a meno di chiedersi se i ricordi oscuri ancora popolassero la mente di sua figlia, in attesa di emergere. Per quanto riguardava se stessa, sapeva che aveva bisogno di parlare con qualcuno delle sue paure e di quegli incubi ricorrenti. E doveva farlo in fretta. Capitolo Sei Riley non smetteva di agitarsi sulla sedia, provando a immaginare che cosa dovesse dire a Mike Nevins. Si sentiva turbata e nervosa. “Prendi il tuo tempo” le aveva suggerito lo psichiatra, facendosi pi? vicino a lei e guardandola con preoccupazione. Riley rise sommessamente, con tristezza. “Questo ? il problema” rispose. “Non ho tempo. Sto cincischiando e, invece, ho una decisione da prendere. Ho gi? rimandato troppo. Avresti mai detto che io fossi cos? indecisa?” Mike non rispose. Si limit? a sorridere, premendo i polpastrelli delle dita gli uni contro gli altri. Riley era abituata a quel tipo di silenzio da parte di Mike. Quell’uomo elegante e pignolo aveva ricoperto molti ruoli per lei nel corso degli anni: amico, terapeuta e a volte persino mentore. In passato lo aveva chiamato spesso, per avere un suo parere sulla mente malvagia di un criminale. Ma questa visita era diversa. Lo aveva chiamato la sera precedente, dopo essere tornata a casa in seguito all’esecuzione, ed era andata al suo ufficio di Washington DC quella mattina. “Allora, che cosa ti preoccupa?” infine le domand?. “Ecco, immagino di dover decidere che cosa fare per il resto della mia vita: insegnare o essere un’agente sul campo. O magari qualcosa di diverso.” Mike sorrise lievemente. “Aspetta un minuto. Non dobbiamo pianificare il tuo intero futuro oggi. Concentriamoci sul presente. Meredith e Jeffreys vogliono che tu segua un caso. Soltanto un caso. Non ? o/o. Nessuno dice che devi smettere di insegnare. E tutto quello che devi fare ? dire s? o no per questa volta. Quindi, qual ? il problema?” Riley rimase in silenzio, a sua volta. Non sapeva quale fosse il problema. Ecco perch? era l?. “Suppongo che tu abbia paura di qualcosa” azzard? Mike. Riley deglut? forte. Era cos?. Aveva paura. Aveva rifiutato di ammetterlo, persino a se stessa. Ma ora, Mike l’avrebbe aiutata a parlarne. “E di che cosa hai paura?” Mike chiese. “Hai detto che stai avendo degli incubi.” Riley continu? a restare silenziosa. “Suppongo che tutto questo abbia a che fare con la PTSD” Mike osserv?. “Hai ancora dei flashback?” Riley si aspettava quella domanda. Dopotutto, Mike era colui che pi? si era adoperato per farle superare il trauma di un’esperienza orribile. Appoggi? la testa allo schienale della sedia e chiuse gli occhi. Per un momento, si trov? di nuovo nell’oscura prigione in cui l’aveva rinchiusa Peterson e lo vide di nuovo minacciarla con la fiamma al propano. Per mesi, dopo che Peterson l’aveva tenuta prigioniera, quel ricordo si era costantemente manifestato nella sua mente. Ma, alla fine, aveva rintracciato Peterson e lo aveva ucciso lei stessa, colpendolo ripetutamente fino a lasciarlo a terra, sfigurato e senza vita Se non ? la fine di questa vicenda, allora non so che cosa sia, pens?. Ora i ricordi sembravano impersonali, come se stesse assistendo alla rappresentazione della storia di qualcun altro. “Sto meglio” Riley ammise. “Gli incubi sono pi? brevi e pi? rari.” “E che cosa mi dici di tua figlia?” Quella domanda fu come una coltellata per Riley. Sent? un’eco dell’orrore che aveva vissuto, quando Peterson aveva catturato April. Poteva ancora sentire risuonare nella mente le grida di aiuto della ragazza. “Immagino di non avere ancora superato questa cosa” disse. “Mi sveglio, terrorizzata all’idea che sia stata di nuovo rapita. Devo andare in camera sua, e assicurarmi che sia l? e che stia bene e che stia dormendo.” “E’ per questo che non vuoi seguire un altro caso?” Riley trasal? profondamente. “Non voglio metterla di nuovo in una situazione simile.” “Questo non risponde alla mia domanda.” “No, immagino di no” ammise Riley. Rimasero di nuovo in silenzio, poi il terapeuta riprese. “Ho la sensazione che ci sia dell’altro. Che cosa ti provoca gli incubi? Che cos’altro ti sveglia di notte?” Improvvisamente, una paura nascosta si fece strada nella sua mente. S?, c’era dell’altro. Persino ora, ad occhi spalancati, riusciva a vedere il suo volto: il viso infantile, grottescamente innocente di Eugene Fisk con i suoi piccoli occhi brillanti. Riley aveva guardato in quegli occhi durante lo scontro finale, era scesa in profondit? … L’assassino aveva tenuto Lucy Vargas con un rasoio alla gola. In quel momento, Riley aveva affrontato le sue paure pi? grandi. Aveva parlato delle catene: quelle che l’assassino credeva gli parlassero, costringendolo a commettere un omicidio dopo l’altro, incatenando donne e squarciando loro la gola. “Le catene non vogliono che tu prenda questa donna” Riley gli aveva detto. “Lei non ? quello di cui hanno bisogno. Sai ci? che le catene vogliono che tu faccia, invece.” Con gli occhi ormai gonfi di lacrime, l’assassino aveva annuito e si era dato la morte nello stesso modo in cui aveva ucciso le sue vittime. Si era squarciato la gola proprio davanti agli occhi di Riley. E adesso, seduta l? nell’ufficio di Mike Nevins, Riley era quasi annegata nel suo stesso orrore. “Ho ucciso Eugene” esclam? con un sussulto. “Intendi dire il killer delle catene. Ecco, non ? stato il primo uomo che hai ucciso.” Era vero: aveva ucciso altre volte. Ma, con Eugene, era stato molto diverso. Aveva pensato alla sua morte molto spesso, ma non aveva mai parlato con nessuno dell’argomento prima d’ora. “Non ho usato una pistola, una pietra o i miei pugni” rispose. “L’ho ucciso con la comprensione, con l’empatia. La mia stessa mente ? un’arma mortale. Non lo sapevo prima. Questo mi terrorizza, Mike.” L’uomo annu?, con fare comprensivo. “Sai che cosa diceva Nietzsche sul guardare troppo a lungo nell’abisso?” le domand?. “Anche l’abisso guarda dentro di te” rispose Riley, terminando la citazione familiare. “Ma ho fatto molto di pi? che guardare in un abisso. Ci ho praticamente vissuto dentro. Mi ci sono quasi abituata. E’ come una seconda casa. E questo mi spaventa a morte, Mike. Uno di questi giorni potrei entrare nell’abisso e non uscirne mai pi?. E chiss? chi potrei ferire o uccidere.” “Ecco” s’intromise Mike, poggiandosi allo schienale della sedia. “Forse stiamo arrivando da qualche parte.” Riley non ne era cos? sicura. E non si sentiva pronta a prendere la sua decisione. * Non molto tempo dopo, quando Riley entr? dalla porta d’ingresso, April scese le scale di corsa. “Oh, mamma, devi aiutarmi! Per favore!” Riley segu? April in cima alle scale, fino in camera sua. Sul letto c’era una valigia aperta e i vestiti erano tutti sparpagliati intorno. “Non so che cosa mettere in valigia!” la ragazza esclam?. “Non l’ho mai fatto prima!” Sorridendo alla mescolanza di panico ed euforia di sua figlia, Riley acconsent? ad aiutarla a preparare il bagaglio. April sarebbe partita l’indomani per una gita scolastica: avrebbe trascorso una settimana nella vicina Washington, DC, insieme ad un gruppo di studenti del corso avanzato di Storia Americana ed ai loro insegnanti. Quando Riley aveva firmato i permessi e pagato le spese extra per il viaggio, aveva avuto dei dubbi. Peterson aveva tenuto prigioniera April a Washington e, sebbene tutto si fosse svolto nella periferia della citt?, Riley temeva che la gita potesse far riemergere il trauma. Ma, in fin dei conti, sembrava che April si stesse comportando bene sia a scuola sia dal punto di vista emotivo. E il viaggio sarebbe stata una splendida opportunit?. Mentre si prendevano in giro allegramente su che cosa mettere in valigia, Riley si accorse che si stava divertendo. Quell’abisso, di cui lei e Mike avevano parlato poco prima, sembrava distante. Aveva ancora una vita al di fuori di quell’abisso. Era una bella vita, e qualunque cosa decidesse di fare, era determinata a mantenerla. Mentre preparavano la valigia, Gabriela entr? nella stanza. “Se?ora Riley, il mio taxi sar? qui pronto, a momenti” disse, sorridendo. “Ho preparato la valigia e sono pronta. Le mie cose sono alla porta.” Riley aveva quasi dimenticato che Gabriela era in partenza. Visto che April sarebbe stata via, Gabriela aveva chiesto il permesso di andare a fare visita a dei parenti in Tennessee. Riley aveva acconsentito con gioia. Riley abbracci? Gabriela e disse:“Buen viaje.” Il sorriso di Gabriela scem? un po’, e la donna aggiunse:“Me preocupo.” “Sei preoccupata?” Riley le chiese sorpresa. “Perch?, Gabriela?” “Per lei” la governante rispose. “Sar? tutta sola in questa nuova casa.” Riley scoppi? in una lieve risata. “Non preoccuparti, so badare a me stessa.” “Ma non ? mai stata sola da quando cos? tante brutte cose sono accadute” aggiunse Gabriela. “Mi preoccupo.” Le parole di Gabriela destarono leggermente Riley. Erano vere. Dopo la disavventura con Peterson, almeno April era sempre stata presente. Poteva un vuoto oscuro e spaventoso aprirsi nella nuova casa? L’abisso si stava spalancando ora? “Star? bene” Riley disse. “Vai a goderti la tua famiglia.” Gabriela fece un ampio sorriso e diede una busta a Riley. “Era nella cassetta della posta” le disse. Gabriela abbracci? April, poi di nuovo Riley, e and? al piano di sotto ad aspettare il taxi. “Che cos’?, mamma?” chiese April. “Non lo so” rispose la madre. “Non ? stato spedito.” Apr? la busta e trov? una tessera di plastica all’interno. Lettere decorative sulla tessera mostravano la scritta “Blaine’s Grill.” Sotto, lesse ad alta voce: “Cena per due.” “Immagino che sia una tessera regalo da parte del nostro vicino” disse Riley. “E’ un gesto carino da parte sua. Tu ed io possiamo andarci a cenare quando torniamo.” “Mamma!” April sbott?. “Non significa tu e io.” “Perch? no?” “Sta invitando te a cena.” “Oh! Lo pensi davvero? Ma non c’? scritto cos? qui.” April scosse la testa. “Non essere stupida. Quell’uomo vuole uscire con te. Crystal mi ha detto che piaci a suo padre. E lui ? davvero carino.” Riley si accorse che stava arrossendo per l’imbarazzo. Non riusciva a ricordare l’ultima volta in cui qualcuno l’aveva invitata ad un appuntamento. Era stata sposata con Ryan per molti anni. Dal loro divorzio, si era concentrata sul rifarsi una vita nella sua nuova casa e sulle decisioni da prendere nel suo lavoro. “Stai arrossendo, mamma” osserv? April. “Prepariamo le tue cose” borbott? Riley. “Ci penser? dopo.” Tornarono entrambe ad occuparsi dei vestiti. Dopo alcuni minuti di silenzio, April disse: “Sono un po’ preoccupata per te, mamma. Come ha detto Gabriela …” “Star? bene” la rassicur? la madre. “Davvero?” Piegando una camicetta, Riley non era certa di come rispondere. Senz’altro, di recente aveva affrontato degli incubi peggiori di una casa vuota; tra le altre cose, psicopatici assassini l’ossessionavano con catene, bambole e fiamme ossidriche. Ma quei demoni interiori potevano liberarsi, quando sarebbe stata da sola? Improvvisamente, una settimana cominci? a sembrarle un lungo periodo. E la prospettiva di dover decidere se uscire oppure no con l’uomo della porta accanto sembrava spaventosa, in un certo senso. Ce la far?, si disse. Inoltre, poteva contare anche su un’altra opzione. Ed era giunto il momento di prendere una decisione una volta per tutte. “Mi hanno chiesto di lavorare ad un caso” Riley disse ad April. “Dovrei andare subito in Arizona.” April smise di piegare i vestiti e guard? sua madre. “Allora ci andrai, non ? vero?” le chiese. “Non lo so, April” la donna rispose. “Che cosa c’? da sapere? E’ il tuo lavoro, giusto?” Riley guard? la figlia negli occhi. I momenti difficili tra loro sembravano davvero appartenere al passato. Da quando erano entrambe sopravvissute agli orrori inflitti da Peterson, avevano creato tra loro un nuovo legame. “Stavo pensando di non tornare al lavoro sul campo” disse Riley. Gli occhi di April si spalancarono per la sorpresa. “Come? Mamma, prendere i cattivi ? quello che fai meglio.” “Sono anche brava ad insegnare” aggiunse Riley. “Sono molto brava a farlo. E amo farlo. Dico davvero.” April alz? le spalle in segno di incomprensione. “Allora vai e insegna. Nessuno ti fermer?. Ma non smettere di prendere la gente a calci nel sedere. E’ davvero importante.” Riley scosse la testa. “Non lo so, April. Dopo tutti i pericoli in cui ti ho messa …” April era e si mostrava incredula. “Dopo tutti i pericoli in cui tu mi hai messa? Di che cosa stai parlando? Tu non mi hai messa proprio in niente. Sono stata rapita da uno psicopatico di nome Peterson. Se non avesse preso me, sarebbe toccato ad un’altra. Non devi sentirti in colpa.” Dopo una pausa, April aggiunse: “Siediti, mamma. Dobbiamo parlare.” Riley sorrise e si sedette sul letto. April sembrava proprio una madre. Forse una piccola predica da genitore ? davvero quello che mi serve, pens? Riley. April si sedette accanto a sua madre. “Ti ho mai parlato della mia amica Angie Fletcher?” April disse. “Non mi pare.” “Ecco, siamo state molto legate per un po’, ma poi ha cambiato scuola. Era molto intelligente, un anno pi? avanti di me, quindici anni. Ho saputo che ha cominciato a comprare la droga da un ragazzo che tutti chiamavano Trip. E’ diventata proprio dipendente dall’eroina. E quando ha finito i soldi, Trip l’ha fatta lavorare come prostituta. L’ha preparata personalmente, l’ha fatta entrare lui nel giro. Sua madre era talmente a pezzi, che a malapena ha notato la scomparsa di Angie. Trip l’ha persino pubblicizzata sul suo sito web, le ha fatto fare un tatuaggio, giurando che sarebbe stata sua per sempre.” Riley era scioccata. “Che cosa le ? accaduto?” “Ecco, alla fine Trip ? stato beccato, e Angie ? finita in un centro di disintossicazione dalla droga. E’ successo proprio quest’estate, mentre eravamo a Nord di New York. Non so che cosa ne sia stato di lei, dopo. Tutto quello che so ? che ha solo sedici anni ora, e la sua vita ? rovinata.” “Mi spiace molto saperlo” afferm? Riley. April borbott? spazientita. “Proprio non capisci, vero, mamma? Non hai nulla di cui dispiacerti. Hai passato tutta la vita a impedire questo genere di cose. E hai fermato le persone come Trip, alcune di queste per sempre. Ma, se smetti di fare quello che fai meglio, chi lo far? al posto tuo? Qualcuno bravo quanto te? Ne dubito, mamma. Davvero, ne dubito.” Riley rimase in silenzio per un istante. Poi con un sorriso, strinse forte la mano della figlia. “Credo di dover fare una telefonata” disse. Capitolo Sette Mentre il jet dell’FBI decollava da Quantico, Riley era certa che avrebbe dovuto affrontare un altro mostro. Si sentiva profondamente a disagio al solo pensiero. Aveva sperato di stare lontana dagli assassini per un po’ ma, alla fine, accettare questo caso sembrava essere la cosa giusta da fare. Meredith si era dimostrato davvero sollevato, quando lei gli aveva comunicato la sua decisione. Quella mattina, April era partita per la gita scolastica ed ora Riley e Bill erano diretti a Phoenix. Fuori dal finestrino dell’aereo, il cielo pomeridiano si era fatto buio e la pioggia schizzava contro il vetro. Riley rest? inchiodata al sedile, finch? l’aereo, dopo aver attraversato le turbolente nuvole grigie, raggiunse il cielo sgombro in alto. A quel punto una superficie morbida apparve sotto di loro, nascondendo la terra dove, probabilmente, le persone stavano spostandosi freneticamente in cerca di riparo dalla pioggia. E, pens? Riley, stavano per vivere i piaceri e gli orrori quotidiani e tutto quello che c’era nel mezzo. Non appena il volo si fece pi? tranquillo, Riley si rivolse a Bill, chiedendo: “Che cosa mi devi mostrare?” Bill mise mano al suo portatile, poggiato sul tavolino di fronte a loro. Apr? sullo schermo la foto di un grosso sacco nero per l’immondizia, che emergeva appena nell’acqua bassa. La mano bianca di un cadavere spuntava dall’apertura del sacco. Bill spieg?: “Il corpo di Nancy Holbrook ? stato trovato in un lago artificiale, parte del sistema idrico di Phoenix. Era una escort di trent’anni, una di quelle molto costose.” “E’ annegata?” chiese Riley. “No. Sembra essere morta per asfissia. Poi, ? stata messa in un resistente sacco per l’immondizia ed ? stata scaricata nel lago. Il sacco per l’immondizia ? stato riempito con grosse pietre.” Riley studi? attentamente la foto. Molte domande si stavano gi? formando nella sua mente. “L’assassino ha lasciato qualche traccia fisica?” lei chiese. “Impronte, fibre, DNA?” “Niente.” Riley scosse la testa. “Non mi convince. Quello che ha fatto del corpo, voglio dire. Perch? il killer non ha fatto un piccolo sforzo in pi?? Un lago di acqua dolce ? perfetto per sbarazzarsi di un corpo. I cadaveri affondano e si decompongono in fretta nell’acqua dolce. Certo, potrebbero riapparire in superficie, a causa del gonfiore e dei gas. Ma una quantit? adeguata di pietre nel sacco potrebbe risolvere quel problema. Perch? lasciarla nell’acqua bassa?” “Immagino che spetti a noi scoprirlo” rispose Bill. L’uomo le mostr? svariate altre foto della scena del crimine, ma nessuna la colpi in modo particolare. “Allora, che cosa ne pensi?” gli chiese. “Abbiamo a che fare con un serial killer oppure no?” Bill aggrott? le sopracciglia, pensieroso. “Non lo so” disse. “In realt?, abbiamo di fronte un singolo omicidio di una sola prostituta. Certo, altre prostitute sono sparite a Phoenix. Ma non ? niente di nuovo. Succede quotidianamente in ogni grande citt? del paese.” Il termine “quotidianamente” suon? sgradevole a Riley. Come era possibile che continue sparizioni, all’interno di una certa categoria di donne, venissero considerate una “routine”? Ma sapeva che ci? che Bill stava dicendo era vero. “Quando Meredith ha telefonato, l’ha fatta sembrare una questione urgente” lei disse. “E ora ci sta persino riservando un trattamento da VIP, facendoci volare direttamente su un jet del BAU.” La donna riflett? per un momento. “Le sue parole esatte erano che il suo amico voleva che lo considerassimo opera di un serial killer. Ma, da quello che mi dici, sembra che nessuno sia sicuro che sia cos?.” Bill alz? le spalle. “Potrebbe non esserlo. Ma Meredith sembra davvero affezionato al fratello di Nancy Holbrook, Garrett Holbrook.” “S?” disse Riley. “Mi ha detto che hanno frequentato l’accademia insieme. Ma tutto questo ? insolito.” Bill non replic?. Riley si appoggi? allo schienale del sedile e riflett? sulla situazione. Sembrava evidente che Meredith stesse violando le regole dell’FBI per fare un favore ad un amico. Il che non era affatto nello stile di Meredith. Ma questo non sminuiva affatto il capo ai suoi occhi. In realt?, ammirava la sua devozione nei confronti dell’amico. Lei si domandava … C’? qualcuno per cui violerei le regole? Forse, Bill? Era stato pi? di un semplice partner negli anni, ed era persino pi? di un amico. Nonostante tutto, Riley non ne era certa e si trov? a chiedersi quanto si sentisse realmente vicina a coloro con cui lavorava, compreso Bill. Ma non era in grado di rispondersi ed, infine, Riley chiuse gli occhi e si addorment?. * Era una splendida giornata di sole, quando atterrarono a Phoenix. Appena scesi dal jet, Bill le diede un colpetto con il gomito, dicendo: “Accidenti, che meravigliosa giornata. Forse, almeno, ci faremo una piccola vacanza in questo viaggio.” In qualche modo, Riley dubitava che si sarebbero divertiti molto. Era trascorso un lungo tempo da quando aveva fatto una vera vacanza. Il suo ultimo tentativo di andare a New York con April era stato rovinato dal solito omicidio e dal caos, che costituivano una grande parte della sua vita. Uno di questi giorni, dovr? riposarmi davvero, pens?. Un giovane agente locale li attendeva dall’aereo, e li condusse in auto all’ufficio di competenza dell’FBI di Phoenix, un impressionante edificio moderno, appena costruito. Mentre parcheggiavano l’auto, comment?: “Bel design, vero? Ha persino vinto un premio, mi pare. Riuscite ad immaginare a che cosa voglia assomigliare?” Riley osserv? la facciata. Era tutta dritta, caratterizzata da lunghi rettangoli e da strette finestre verticali. Si ferm? a guardare l’edificio per un istante. “Sequenza del DNA?” la donna chiese. “S?” l’agente rispose. “Ma scommetto che non riesce a immaginare come appaia il labirinto roccioso da lass?.” Entrarono nell’edificio prima che Riley o Bill potessero provare ad immaginarlo. All’interno, Riley vide il motivo del DNA ripetersi sulle piastrelle del pavimento, accuratamente disposte. L’agente li condusse tra pareti orizzontali e tramezzi dall’aspetto serioso, fino all’ufficio dell’Agente Speciale Responsabile, Elgin Morley, e se ne and?. Riley e Bill si presentarono a Morley, un ometto sulla cinquantina, con un paio di folti baffi neri e occhiali rotondi: aveva il caratteristico aspetto del topo di biblioteca. Un altro uomo li stava aspettando nell’ufficio: era sulla quarantina, alto, magro e leggermente gobbo. A Riley sembr? stanco e depresso. Morley disse: “Agenti Paige e Jeffreys, vorrei presentarvi l’Agente Garrett Holbrook. Sua sorella ? l’ultima vittima che ? stata ritrovata nel Lago Nimbo.” Si scambiarono una stretta di mano e si sedettero a parlare. “Grazie di essere venuti” Holbrook disse. “Tutta questa storia ? stata sconvolgente.” “Ci dica di sua sorella” Riley intervenne. “Non posso dirvi molto” l’uomo rispose. “Non so dire se la conoscevo molto bene. Era la mia sorellastra. Mio padre era uno stronzo libertino, ha lasciato mia madre e ha avuto dei figli da tre donne diverse. Nancy aveva quindici anni meno di me. Abbiamo a malapena avuto contatti negli anni.” Rimase a guardare il pavimento per un istante con sguardo assente, mentre le dita stringevano distrattamente il bracciolo della sua sedia. Poi, senza sollevare lo sguardo, aggiunse: “L’ultima volta che l’ho sentita, stava sbrigando del lavoro d’ufficio e prendendo lezioni in un centro di formazione professionale. Questo accadeva alcuni anni fa. Sono rimasto scioccato nello scoprire quello che ? diventata. Non ne avevo idea.” A quel punto si azzitt?. Riley ebbe la sensazione che l’uomo avesse omesso di dire qualcosa, ma si disse che forse era tutto quello che sapeva. Dopotutto, che cosa avrebbe saputo dire lei della sua sorella maggiore, se qualcuno glielo avesse chiesto? Lei e Wendy avevano perso i contatti da lungo tempo, ed era come se non fossero affatto sorelle. Nonostante questo, percepiva qualcosa pi? del dolore nell’atteggiamento di Holbrook e ne era colpita in modo strano. Morley sugger? che Riley e Bill andassero con lui al reparto di Patologia Forense, dove avrebbero potuto dare un’occhiata al corpo. Holbrook annu? e disse che sarebbe stato nel suo ufficio. Mentre seguivano l’Agente Responsabile lungo il corridoio, Bill chiese: “Agente Morley, per quale ragione pensiamo di avere a che fare con un serial killer?” Morley scosse la testa. “Non sono certo che ci sia una ragione precisa” rispose. “Ma, quando Garrett ha scoperto la morte di Nancy, si ? rifiutato di lasciar perdere. E’ uno dei nostri migliori agenti e ho provato ad andargli incontro. Ha tentato di indagare, ma non ? arrivato da nessuna parte. La verit? ? che non ? stato se stesso per tutto il tempo.” Riley aveva notato che Garrett sembrava essere terribilmente turbato. Forse pi? di quanto un agente esperto avrebbe dovuto essere per la morte di un parente. Aveva detto chiaramente che non erano in rapporti stretti. Morley condusse Riley e Bill nell’area di Patologia Forense, presentandoli al capo della squadra, la Dottoressa Rachel Fowler. La patologa apr? l’unit? di refrigerazione, dov’era custodito il corpo di Nancy Holbrook. Riley trasal? leggermente al familiare tanfo della decomposizione, sebbene l’odore non fosse ancora troppo forte. Vide che la donna era bassa di statura e molto magra. “Non ? stata a lungo in acqua” la Fowler disse. “La pelle stava appena cominciando a raggrinzirsi, quando ? stata trovata.” La Dottoressa Fowler ne indic? i polsi. “Potete notare delle escoriazioni da corda. Sembra che fosse legata, quando ? stata uccisa.” Riley not? dei segni sull’interno del gomito del cadavere. “Questi sembrano buchi da ago” disse Riley. “Giusto. Faceva uso di eroina. Immagino che ne stesse diventando dipendente.” A Riley sembrava che la donna fosse stata anoressica, il che poteva rafforzare la teoria della dipendenza formulata dalla Fowler. “Quel tipo di dipendenza non ? tipica di una escort d’alto bordo” Bill intervenne. “Come sappiamo che cosa facesse?” Fowler gli porse un biglietto da visita laminato, conservato all’interno di un sacchetto di plastica per la raccolta delle prove. Vi era stampata una foto provocante della donna morta, il nome “Nanette” e le parole “Ishtar Escorts.” “Questo biglietto era su di lei, quando ? stata trovata” la dottoressa spieg?. “La polizia si ? messa in contatto con la Ishtar Escorts e ha scoperto il suo vero nome, e questo ha condotto subito all’identificazione della sorellastra dell’Agente Holbrook.” “Qualche idea di come sia morta di asfissia?” Riley chiese. “Ci sono dei lividi intorno al suo collo” la Fowler spieg?. “L’assassino deve averle messo un sacco di plastica sulla testa.” Riley osserv? attentamente i segni. Era una sorta di gioco erotico finito male, o un omicidio volontario? Non era ancora in grado di dirlo. “Che cosa indossava quando ? stata ritrovata?” chiese la donna. La Fowler apr? una scatola che conteneva i vestiti della vittima. Ne emerse un vestito rosa con una profonda scollatura—a malapena rispettabile, osserv? Riley - ma sicuramente di un livello superiore al tipico abbigliamento squallido di una passeggiatrice. Era il vestito di una donna che voleva apparire molto sexy, abbigliata in modo appropriato per i nightclub. Legato in cima al vestito c’era un sacchetto di plastica trasparente, contenente dei gioielli. “Posso dare un’occhiata?” Riley chiese alla patologa. “Faccia pure.” Riley apr? il sacchetto e ne osserv? il contenuto. Si trattava per la maggior parte di bigiotteria di gusto piuttosto raffinato: una collana di perle, bracciali e semplici orecchini. Ma un oggetto emergeva tra tutti gli altri. Era un sottile anello d’oro con un diamante. Lo prese e lo mostr? a Bill. “Vero?” Bill chiese. “S?” la Fowler rispose. “Vero oro e un vero diamante.” “L’assassino non si ? disturbato a rubarlo” comment? Bill. “Allora non era questione di denaro.” Riley si rivolse a Morley. “Vorrei vedere dov’? stato trovato il corpo” disse. “Ora, mentre c’? ancora la luce.” Morley apparve un po’ perplesso. “Possiamo portarla l? in elicottero” l’uomo rispose. “Ma non so che cosa si aspetta di trovare. Poliziotti ed agenti hanno perlustrato attentamente i luoghi.” “Si fidi di lei” intervenne Bill, con convinzione. “Scoprir? qualcosa.” Capitolo Otto Mentre l’elicottero si avvicinava al punto di atterraggio, Riley osservava l’ampia superficie del Lago Nimbo, che sembrava calma e tranquilla. Ma l’apparenza ? ingannevole, ricord? a se stessa. Sapeva bene che le superfici calme possono celare oscuri segreti. L’elicottero si avvicin? a terra, volteggiando con violenti scossoni alla ricerca di un posto in cui atterrare. Riley si sentiva nauseata. Non le piacevano molto gli elicotteri. Guard? Bill, che era seduto accanto a lei e immagin? che anche lui si sentisse nauseato. Ma, volgendo lo sguardo verso l’Agente Holbrook, vide un volto spento. L’uomo aveva a malapena spiccicato una parola durante la mezz’ora di volo da Phoenix. Riley non aveva ancora deciso come comportarsi con lui. Di solito riusciva a decifrare le persone con facilit?, a volte perfino troppo agevolmente. Ma Holbrook era ancora un mistero per lei. Alla fine l’elicottero atterr? e tutti e tre gli agenti dell’FBI misero i piedi sulla terraferma, allontanandosi dal velivolo piegati in avanti, per sottrarsi all’aria resa turbolenta dalle eliche ancora in movimento. La strada su cui l’elicottero era atterrato non era altro che una pista, due tracce parallele di pneumatici attraverso le erbacce del deserto. Riley not? che la strada non appariva molto battuta. Tuttavia, sembrava che, nei giorni precedenti, fosse transitato da l? un numero di veicoli sufficiente a cancellare ogni traccia lasciata da quello guidato dall’assassino. Il motore dell’elicottero infine si spense, rendendo pi? facile colloquiare. Riley e Bill seguivano Holbrook a piedi. “Ci dica quello che pu? su questo lago” chiese Riley ad Holbrook. “Rientra in una serie di bacini idrici creati dalle dighe lungo il Fiume Acacia” disse Holbrook. “Questo ? il pi? piccolo dei laghi artificiali. E’ pieno di pesci, ed ? una meta popolare per le gite fuori porta, ma le aree pubbliche sono dall’altra parte. Il corpo ? stato scoperto da una coppia di adolescenti strafatti d’erba. Vi mostro dove.” Holbrook li guid? fuori dalla strada, verso un promontorio roccioso che si affacciava sul lago. “I ragazzi erano proprio dove ci troviamo noi” cominci?, indicando poi in basso, verso la riva del lago. “Hanno guardato laggi? e l’hanno visto. Hanno detto che sembrava una forma scura nell’acqua.” “A che ora i ragazzi si trovavano qui?” domand? Riley. “Un po’ prima di quanto non sia ora” rispose Holbrook. “Hanno marinato la scuola e si sono messi a fumare erba.” Riley si sforz? di immaginare tutta la scena. Il sole era basso, e le cime delle rosse scogliere dall’altra parte del lago erano inondate di luce. In acqua si vedevano un paio di barche. Il ripido declivio della riva iniziava non lontano—forse, soltanto tre metri oltre. Holbrook indic? un posto nei pressi, dove il pendio si addolciva un po’. “I ragazzi sono scesi laggi?, per dare un’occhiata da vicino” disse. “E a quel punto hanno scoperto che cosa fosse davvero.” Poveri ragazzi, pens? Riley. Erano passati vent’anni, da quando aveva provato la marijuana al college. Ci? nonostante, riusciva ad immaginare facilmente quanto l’orrore di una scoperta simile potesse essere acuito sotto l’influenza dell’erba. “Vuoi scendere laggi? per dare un’occhiata pi? da vicino?” Bill chiese a Riley. “No, si vede bene da qui” replic? lei. Il suo intuito le diceva che si trovava proprio dove aveva bisogno di essere. Dopotutto, l’assassino certamente non aveva trascinato il corpo lungo il pendio per cui erano scesi i ragazzi. No, lei pens?. Lui si ? fermato proprio qui. Sembrava persino che, l? intorno, la scarsa vegetazione fosse ancora leggermente piegata. Respir? lentamente, provando a indovinare il punto di vista dell’assassino. Era indubbiamente venuto qui di notte. Ma era una notte chiara o nuvolosa? Ecco, in Arizona, in quel periodo dell’anno, era probabile che la notte fosse chiara. La luna doveva essere stata luminosa una settimana prima, pens?. Alla luce delle stelle e della luna, l’assassino aveva avuto gioco facile, probabilmente anche senza una torcia. Lo immagin? deporre il corpo proprio l?. E poi che cosa aveva fatto? Ovviamente, aveva spinto il corpo gi? per il pendio, facendolo cadere direttamente nell’acqua bassa. Ma qualcosa, in quella ricostruzione, non convinceva Riley, che - di nuovo, come aveva fatto in aereo - si chiese perch? l’assassino era stato cos? disattento. Era vero che, da lass?, probabilmente non si era accorto del fatto che il corpo non era affondato molto. I ragazzi avevano descritto la sacca come “una forma scura nell’acqua.” Da quella altezza, la sacca sommersa era certamente invisibile persino in una notte illuminata. Il criminale doveva aver pensato che il corpo fosse affondato, come avviene con i cadaveri freschi nell’acqua dolce, specialmente quando appesantiti con le pietre. Ma perch? aveva pensato che l’acqua fosse profonda in quel punto? La donna scrut? nell’acqua limpida. Nella luce del tardo pomeriggio, riusciva facilmente a vedere il punto in cui il corpo era finito: c’era una piccola zona poco profonda, nulla pi? della punta di uno scoglio. Intorno, l’acqua era scura e profonda. Alz? lo sguardo, osservando il lago. Grandi scogliere si alzavano ovunque fuori dall’acqua. Comprese che il Lago Nimbo era stato un profondo canyon, prima che la diga lo riempisse con l’acqua. Erano pochi i posti in cui era possibile camminare lungo la riva. I fianchi della scogliera scendevano dritti negli abissi. Alla sua destra e alla sua sinistra, Riley vide una riva simile a quella su cui si trovavano, scoscesa ed alta quasi altrettanto. L’acqua, al di sotto di quelle scogliere, era scura, e non mostrava alcun segno del tipo di fondale che si trovava sotto proprio l?. Un’intuizione la colp? improvvisamente. “Lo ha gi? fatto prima d’ora” disse a Bill e Holbrook. “C’? un altro corpo in questo lago.” * Durante il viaggio di ritorno in elicottero, al quartier generale della Divisione FBI di Phoenix, Holbrook chiese: “Allora, dopotutto, pensate che si tratti di un killer seriale?” “S?” fu la secca risposta di Riley. Holbrook disse: “Non ne ero sicuro. La cosa che desideravo di pi? era sapere che sul caso avrebbe indagato qualcuno in gamba. Ma che cosa avete visto che vi ha fatto decidere?” “Ci sono altri fondali che assomigliano a quello su cui ha gettato questo corpo” la donna spieg?. “Ha sfruttato un altro punto prima, e quel corpo ? affondato proprio come avrebbe dovuto. Ma forse non ? riuscito a trovare lo stesso punto, stavolta. O forse, ha pensato che questo fosse lo stesso punto. Ad ogni modo, si aspettava lo stesso risultato. Ma si sbagliava.” Bill esclam?: “Le ho detto che lei avrebbe trovato qualcosa l?.” “I sommozzatori dovranno setacciare questo lago” aggiunse Riley. “Occorrer? un bello sforzo” intervenne Holbrook. “Dev’essere fatto, in ogni caso. C’? un altro corpo laggi? da qualche parte. Pu? contarci. Non so da quanto tempo si trovi l?, ma c’?.” Fece una pausa e inizi? a ragionare. Che cosa si poteva intuire sulla personalit? del killer? Era un uomo competente e capace. Non si trattava di un patetico sfigato, come Eugene Fisk. Assomigliava pi? a Peterson, il killer che aveva catturato e tormentato lei ed April. Era accorto e posato, e gli piaceva davvero molto uccidere, un sociopatico piuttosto che uno psicopatico. Ma, soprattutto, era sicuro di s?. Forse, fin troppo sicuro di s?, pens? Riley. Questo poteva essere la sua rovina. Riprese: “L’uomo che stiamo cercando non ? un criminale conosciuto. Immagino che sia un cittadino ordinario, ragionevolmente ben educato, forse con una moglie e una famiglia. Nessuno dei suoi conoscenti lo reputerebbe un assassino.” Riley guard? il viso di Holbrook mentre parlavano. Sebbene ora la donna sapesse qualcosa in pi? di prima sul cosa, Holbrook ancora le appariva impenetrabile. L’elicottero volteggi? intorno all’edificio dell’FBI. Era sceso il crepuscolo, e l’area sottostante era ben illuminata. “Guarda l?” disse Bill, indicando fuori dal finestrino. Riley volse lo sguardo in basso, nella direzione indicata dal partner. Con sua sorpresa si accorse che il giardino roccioso assomigliava ad una gigantesca impronta digitale. Si estendeva sotto di loro, come un segnale di benvenuto. Un giardiniere paesaggista non convenzionale aveva deciso che questa immagine, disegnata con la pietra, andasse bene per il nuovo edificio dell’FBI, in luogo di un tradizionale giardino piantumato. Centinaia di grosse pietre erano state accuratamente disposte in file curve per creare l’illusione. “Wow” Riley esclam? rivolgendosi a Bill. “A chi credi appartengano le impronte che hanno usato? Immagino, a qualcuno di leggendario. Dillinger, forse?” “O forse John Wayne Gacy. O Jeffrey Dahmer.” Riley pens? che fosse uno strano spettacolo. Da terra, nessuno avrebbe mai immagino che quella disposizione di pietre fosse qualcosa di pi? di un insignificante labirinto. Le parve un segno ed un avvertimento. Questo caso avrebbe richiesto che lei vedesse le cose da una prospettiva nuova ed inquietante. Avrebbe dovuto esplorare regioni di oscurit?, che non aveva mai nemmeno immaginato. Capitolo Nove All’uomo piaceva osservare le prostitute di strada. Amava vedere come si raggruppavano ai crocicchi e passeggiavano lungo i marciapiedi, spesso in coppie. Trovava che fossero pi? esuberanti delle semplici squillo e delle escort, tendenti a perdere la calma facilmente. Per esempio, in quel momento, ne vide una ingiuriare dei ragazzi, in un veicolo che si muoveva lentamente per fare una foto. L’uomo non la biasimava affatto. Dopotutto, lei era l? per lavoro, non per fare da modella. Dov’? il loro rispetto? pens? con un sorrisetto. I giovani d’oggi. Ora i ragazzi stavano ridendo di lei, e urlavano delle oscenit?. Ma non potevano competere con le sue risposte colorite, alcune delle quali in spagnolo. A lui piaceva il suo stile. Quella notte era sceso nei bassifondi, fermo con l’auto in una strada su cui affacciava una fila di motel economici, luogo di lavoro delle prostitute. Le altre ragazze erano meno vivaci di quella che aveva urlato di tutto a quei ragazzi. I loro tentativi di apparire sexy sembravano assurdi al confronto, e le loro avance erano oscene. Mentre lui osservava, una si tir? su la gonna, mostrando le mutande succinte all’autista di un’auto che stava passando lenta. L’uomo per? non si ferm?. Il killer continu? ad osservare la ragazza che, per prima, aveva catturato la sua attenzione. La donna stava camminando con passo pesante, sdegnata, lamentandosi con le altre ragazze. L’uomo sapeva che avrebbe potuto averla se avesse voluto. Poteva essere la sua prossima vittima. Tutto ci? che doveva fare per ottenere la sua attenzione era guidare lungo il cordolo, verso di lei. Ma no, non l’avrebbe fatto. Non lo aveva mai fatto. Non avrebbe mai approcciato una prostituta per la strada. Spettava a lei farlo. Era lo stesso persino con quelle che incontrava attraverso un servizio o in un bordello. Faceva s? che lo incontrassero da sole, separatamente, senza che lui dovesse chiederglielo direttamente. Sarebbe sembrato che fosse una loro idea. Con un po’ di fortuna, la ragazza esuberante avrebbe notato la sua auto costosa e si sarebbe avvicinata. Quel veicolo era una splendida esca. Cos? come il fatto che lui fosse ben vestito. Ma, quale che fosse il prosieguo della notte, doveva prestare pi? attenzione dell’ultima volta. Era stato superficiale, lasciando cadere il corpo della donna nel lago, aspettandosi che affondasse. E aveva creato un tale caos! La sorella di un agente dell’FBI! E avevano richiesto i rinforzi da Quantico. Non gli piaceva. Non era alla ricerca di pubblicit? o fama. Tutto quello che voleva fare era soddisfare le sue voglie. E non ne aveva ogni diritto? Quale adulto sano non aveva delle voglie? Ora, avrebbero mandato dei sommozzatori a cercare i corpi. Sapeva che cosa avrebbero trovato l?, anche dopo quasi tre anni. La cosa non gli piaceva affatto. Non era preoccupato solo per s?. Stranamente, si sentiva male per il lago. L’azione di sommozzatori che esploravano e toccavano ogni angolo ed anfratto sommerso gli sembrava un atto osceno ed invadente, una violazione imperdonabile. Dopotutto, il lago non aveva commesso alcunch? di male. Perch? doveva essere violato? Ad ogni modo, non ne era spaventato. Non avrebbero mai potuto risalire a lui tramite la vittima. Semplicemente, non sarebbe accaduto. Aveva finito con quel lago, in ogni caso. Non aveva ancora deciso dove lasciare la sua prossima vittima, ma era certo di prendere una decisione prima che la notte fosse terminata. Ora la ragazza vivace stava guardando la sua auto. Cominci? a camminare verso di lui, sfacciata ad ogni suo passo. L’uomo abbass? il finestrino del lato passeggero, e lei ci infil? dentro la testa. Era una latina dalla pelle scura, truccata pesantemente con una spessa matita che contornava le labbra, ombretto evidente e sopracciglia calcate che sembravano essere tatuate. Indossava degli orecchini dorati a forma di crocifissi. “Bella macchina” osserv?. Lui sorrise. “Che cosa ci fa una ragazza carina come te qui fuori a quest’ora?” chiese. “Non dovresti essere a letto da un pezzo?” “Forse ti piacerebbe farmi salire” rispose, sorridendo. I denti della prostituta lo colpirono: erano molto bianchi e dritti. In effetti, appariva davvero in forma, cosa piuttosto insolita l? per le strade, dove la maggioranza delle ragazze erano “aggiustate” in vari stadi della dipendenza da metanfetamina. “Mi piace il tuo stile” le disse. “Molto chola.” La donna rispose con un sorriso, lasciando intuire che lo considerava un complimento. “Come ti chiami?” le domand?. “Socorro.” Ah “socorro” pens?. Parola spagnola per “aiuto.” “Scommetto che dai un grande socorro” le disse in un tono lascivo. I suoi profondi occhi castani risposero altrettanto lascivamente. “Forse tu potresti sfruttare il socorro proprio ora.” “Forse potrei” le rispose. Ma prima che potessero cominciare a parlare di denaro, un’auto si introdusse nello spazio dietro di lui. Sent? un uomo gridare dal finestrino del guidatore. “?Socorro!” grid?.“?Vente!” La ragazza si tir? su mostrando un debole sguardo d’indignazione. “?Porqu??” gli grid? di rimando. “Vente aqu?, ?puta!” L’uomo scorse una traccia di paura negli occhi della ragazza. Non poteva essere dovuto al fatto che l’uomo nell’auto l’avesse chiamata puttana. Immagin? che quello fosse il suo protettore, giunto a controllare quanto avesse incassato finora quella notte. “?Pinche Pablo!” Bofonchi? l’insulto a bassa voce. Poi, si diresse verso l’auto. L’uomo rimase seduto l?, chiedendosi se la donna avrebbe deciso di tornare, ancora intenzionata a fare affari con lui. In ogni caso, la cosa non gli piaceva. Aspettare in quel modo non era nel suo stile. Il suo interesse per la ragazza svan? improvvisamente. No, non avrebbe perso altro tempo con lei, che non aveva idea di quanto fosse fortunata. Inoltre, che cosa ci faceva in quei bassifondi? La sua prossima vittima doveva essere pi? elegante. Chiffon, pens?. Aveva quasi dimenticato Chiffon. Ma forse la sto soltanto riservando per un’occasione speciale. Poteva aspettare. Non doveva essere quella sera. Se ne and?, felice di dimostrare quella capacit? di autocontrollo, nonostante le sue enormi voglie. La considerava una delle sue migliori qualit?. Dopotutto, era un uomo molto evoluto. Capitolo Dieci Le tre giovani donne nella sala degli interrogatori non sembravano affatto come Riley si aspettava. Per alcuni istanti, si limit? a guardarle attraverso il falso vetro. Erano vestite con gusto, quasi come segretarie ben pagate. Le era stato detto che si chiamavano Mitzi, Koreen e Tantra. Naturalmente, Riley era certa che non fossero i loro veri nomi. Dubitava anche che si vestissero altrettanto decentemente quando erano in servizio. Lavorando per circa 250 dollari l’ora, avevano senz’altro investito in elaborati guardaroba per soddisfare tutte le fantasie dei clienti. Erano state colleghe di Nancy “Nanette” Holbrook alla Ishtar Escorts. I vestiti che Nancy Holbrook indossava quando era stata uccisa erano decisamente meno morigerati. Ma, immaginava Riley, quando non erano a lavoro, le donne intendevano apparire rispettabili. Sebbene le prostitute avessero giocato un ruolo in alcuni dei casi a cui Riley aveva indagato in passato, questa era la prima volta che le era stato assegnato un caso, in cui erano direttamente loro le vittime. Quelle donne erano potenziali vittime, gi? di per s?. Potevano anche essere potenziali sospette, sebbene praticamente tutti gli omicidi di questo genere fossero commessi da uomini. Riley era sicura che loro non fossero i mostri a cui lei dava la caccia per lavoro. Era il tardo pomeriggio di una domenica. La notte precedente Riley e Bill si erano ritirati nelle loro confortevoli stanze d’albergo, a poca distanza dall’edificio dell’FBI. Riley aveva telefonato ad April, che era in un albergo di Washington, DC, in gita scolastica. La ragazza si era dimostrata allegra e felice, e aveva avvertito la madre che non avrebbe affatto avuto tempo per telefonate. “Ti scriver? domani” April le aveva detto, gridando per superare il tipico rumore adolescenziale di fondo. Riley ne aveva avuto abbastanza, quella giornata era andata sprecata. Per tutto il giorno aveva girovagato tra le prostitute e le aveva interrogate. Riley aveva detto all’Agente Speciale Responsabile, Elgin Morley, che voleva parlare con le donne senza la presenza di uomini. Forse si sarebbero dimostrate pi? disponibili con un’altra donna. Ora, pensava che le avrebbe osservate ed ascoltate di nascosto, prima di iniziare davvero ad interrogarle. Attraverso l’altoparlante, pot? ascoltare la loro conversazione. Êîíåö îçíàêîìèòåëüíîãî ôðàãìåíòà. Òåêñò ïðåäîñòàâëåí ÎÎÎ «ËèòÐåñ». Ïðî÷èòàéòå ýòó êíèãó öåëèêîì, êóïèâ ïîëíóþ ëåãàëüíóþ âåðñèþ (https://www.litres.ru/pages/biblio_book/?art=43693231&lfrom=688855901) íà ËèòÐåñ. Áåçîïàñíî îïëàòèòü êíèãó ìîæíî áàíêîâñêîé êàðòîé Visa, MasterCard, Maestro, ñî ñ÷åòà ìîáèëüíîãî òåëåôîíà, ñ ïëàòåæíîãî òåðìèíàëà, â ñàëîíå ÌÒÑ èëè Ñâÿçíîé, ÷åðåç PayPal, WebMoney, ßíäåêñ.Äåíüãè, QIWI Êîøåëåê, áîíóñíûìè êàðòàìè èëè äðóãèì óäîáíûì Âàì ñïîñîáîì.
Íàø ëèòåðàòóðíûé æóðíàë Ëó÷øåå ìåñòî äëÿ ðàçìåùåíèÿ ñâîèõ ïðîèçâåäåíèé ìîëîäûìè àâòîðàìè, ïîýòàìè; äëÿ ðåàëèçàöèè ñâîèõ òâîð÷åñêèõ èäåé è äëÿ òîãî, ÷òîáû âàøè ïðîèçâåäåíèÿ ñòàëè ïîïóëÿðíûìè è ÷èòàåìûìè. Åñëè âû, íåèçâåñòíûé ñîâðåìåííûé ïîýò èëè çàèíòåðåñîâàííûé ÷èòàòåëü - Âàñ æä¸ò íàø ëèòåðàòóðíûé æóðíàë.