Спиною - по кафелю скользкому сползаю, от боли ослепшая. Сжимает змеиными кольцами предательство. Я - потерпевшая. А жизнь пересохшими венами пульсирует еле. Не жалуюсь. Сливаюсь с холодными стенами. Размеренно, каплями ржавыми из крана срывается в омуты растущих теней - равнодушие. Одна, в темноте ванной комнаты - не вижу, не слышу… Не слу

Генуя Хандрящая

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Тип:Книга
Цена:199.00 руб.
Язык: Русский
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Генуя Хандрящая Клаудио Поццани Уникальный проект «Русского Гулливера» в серии «GЕОГРАФИЯ ПЕРЕВОDА» представляет собой итало-русско-армянскую трилингву поэта и культуртрегера из Генуи. Лирика, оснащённая сложным метафорическим инструментом, импульсивность, стихийность, открытость, явно нарушающая наши представления о «засушенной», «интеллектуальной» поэзии Европы: стихи Клаудио Поццани напоминают нам о близости итальянской и русской ментальностей и очевидно должны найти отклик в сердце российского читателя. Творчество поэта представлено в России впервые. Клаудио Поццани Генуя хандрящая Genova, saudade e spleen 1 La notte dentro il mio giardino Se una notte io inciampassi nel tetto del campanile sepolto nel mio giardino e se tutt’intorno non regnasse che il vano sogno di ruggito del mio gatto annoiato, cercherei di attaccare il tuo viso alle costellazioni usando il filo dei miei bottoni e quello dei miei ricordi E quei bottoni caduti fra le rose seminerebbero alberi con maniche al posto di rami o verrebbero creduti navi aliene da formiche e falene. Mi sfiler? la spina dorsale e la metter? a sostenere piante di pomodori o me la toglier? per provar l’ebbrezza di sentirmi sacco vuoto dopo una vita passata da polena col petto in fuori a schivar colpi e tempeste Diventer? grumo informe dove i miei organi possano finalmente stringersi la mano dopo aver lavorato per anni in uffici separati senza incontrarsi neppure davanti alla macchina per il caffе dei miei occhi chiusi per sonno. Movimenti notturni nel mio giardino e brezze siderali le radici degli alberi cercano tane di talpe da calzare come guanti neri Il firmamento ? un armadio lasciato aperto con stelle buchi di tarma Senti questo vento quanto assomiglia agli oscuri bisbigli che captavamo sulla strade di Patmos questo soffio continuo che fa ondeggiare come tergicristalli le fronde dei miei salici con le cetre attaccate che paiono ramazzare via le stelle ammucchiandole in un angolo del cielo in attesa della scopa di raggi di sole e la paletta del mio guanciale. Ho strappato la falce alla Morte per aggiustare il prato per il nostro pic nic di domani Ti preparer? un’insalata di fogli di calendari e quadranti d’orologi perchе dentro al tuo seno possa albergare una rampa di lancio per i nostri viaggi infiniti Ci sar? una tovaglia piena di cibi e vino a volont? che il mio vicino Tyco Brahe ha prodotto tra sestanti e numeri scritti a matita sar? una festa con canti rauchi di roveti con scatole di biscotti piene di rotaie da metterci ai piedi e amici invisibili che ci faranno stare bene Ma ora, con questa falce in mano in mezzo al buio m’inebrio ancora dell’odore acre di incendi lontani e delle nozze di ferro e cemento dell’autostrada vicina seguo la rotazione del mondo dentro al mio giardino con la luna che scompare e riappare dietro i ciliegi. Il cancello grida la sua voglia di grafite alle lampade che ballano attorno alla veranda Sono convinto che ci sia qualcosa tra loro tra la sua voglia di staccarsi dai cardini e la loro ansia di sputare fuori il cuore di tungsteno Movimenti notturni nel mio giardino e vertigini abissali mi sembra quasi di nuotare nel cono di un vulcano o nel lavabo di un gigante quando misuro di notte la bellezza della vita. 2 Aperitivo in centro Il mio cuore ? una sedia vuota dove nessuno si vuol sedere e il cervello una spugna fradicia che gli angeli strizzano nel tuo bicchiere E quel tuo sguardo d’ossidiana rovente che ti scivola lungo il naso fino a farsi bacio e pi? gi?, fino alle nostre ginocchia che si toccano, si evitano scambiandosi desideri d’ossa e sinoviti Aperitivo in centro e non so che cosa dire Tavolino, piattini, seni sotto il maglione, orlo di bicchieri: ? un delirio di rotondit? che sfugge e falena sbatte contro i vetri del tuo silenzio La strada balla veloce sulla coda dei nostri occhi Le dita sono ganci per appendere i tuoi sorrisi Dammi una parola da incorniciare stasera sopra il mio letto chе ? stufo, sai, delle lacrime di madonne e dello stillicidio di stigmate perenni Dammi i tuoi piedi e magari sdoppiali cos? che li possa far calzare al tavolo di cucina e baciarli ad ogni prima colazione inginocchiandomi in orazione laica e carnale Oppure alzati, andiamo. Apri quel compasso abbronzato che fu usato per tracciare l’equatore Contro il tramonto il tuo profilo nero s’intreccia con la stenografia delle cime di colline e ogni tuo passo ? un punto esclamativo. Lasciami essere camicia sotto il ferro rosso della tua lingua Lasciami essere mare per le tue mani seppie gonfie d’inchiostro e certezze E questa notte ascolter? il gioco d’arpa dei tuoi piedi sottili tra le lenzuola e le fiamme e chiuder? i tuoi palmi dopo averci letto l’ultimo indimenticabile capitolo della mia giornata. Lascia che sia io ad aprire la porta dei tuoi sogni prima di posare i miei occhi sul comodino e il mondo sulle spalle di Atlante. 3 Sono Sono l’apostolo lasciato fuori dall’Ultima Cena Sono il garibaldino arrivato troppo tardi allo scoglio di Quarto Sono il Messia di una religione in cui nessuno crede Io sono l’escluso, l’outsider, il maledetto che non cede Sono il protagonista che muore nella prima pagina Sono il gatto guercio che nessuna vecchia vuol carezzare Sono la bestia idrofoba che morde la mano tesa per piet? Io sono l’escluso, l’outsider, il maledetto senza et? Sono l’onda anomala che porta via asciugamani e radioline Sono il malinteso che fa litigare Sono il diavolo che ha schivato il calamaio di Lutero Sono la pellicola che si strappa sul pi? bello Io sono l’escluso, l’outsider, un chiodo nel cervello Sono la pallina del flipper che cade un punto prima del record Sono l’autorete all’ultimo secondo Sono il bimbo che ghigna contro le sberle della madre Sono la paura dell’erba che sta per essere falciata Io sono l’escluso, l’outsider, questa pagina strappata 4 A mia madre Ti ho visto in faccia in quella stanza io sporco di sangue e muco tu stravolta e curiosa Ho tentato di dirti che non ero sicuro di voler restare fuori di te ma le parole che avevo in testa nella mia bocca si impastavano male Avevo appena imparato che tutta la vita sarebbe stata ipocrisia e paradosso: ti avevo appena fatta soffrire ti avevo fatta sanguinare eppure ero io a piangere e tu a sorridermi Ti ho visto in faccia in quella stanza mentre mi portavano via C’era troppa confusione per dirti quanto fossi felice di poter finalmente dare un viso al ventre che mi aveva ventre E pi? tardi con i miei colleghi si discuteva di reincarnazione, di eterno ritorno, dei cicli di Vico, ma non vedevo l’ora di rivederti e di conoscere il tuo uomo e vostro figlio dei quali sentivo la voce ovattata e lontana. Ti ho visto in faccia in quella stanza e darei tutto quello che ho perricordarmene. 5 Antininnananna Chiss? cosa c’? al piano di sopra Aratri di sedie e rimbalzi di grida mentre veli di tende mi nascondono il sole in questo salotto dove il nulla m’assale Ho provato a bussare con la scopa al soffitto sono andato pi? volte a suonare alla porta ma solo suoni oscuri dalla dubbia coerenza sono stati la risposta ai miei tentativi Sembravano preghiere con scoppi di risa e sibili, sonagli e sospiri sommessi voci moltiplicate come ci fosse una folla e fastidiosi ronzii di radiointerferenze Cosa diavolo ho sopra la mia testa una scatola magica che contiene l’inferno una porta da cui non esce mai nessuno Un soffitto mi separa da un mondo che non so E le notti son lunghe se la paura m’incalza se le voci di sopra mi scavano dentro se uno strano presagio m’induce a pensare che se ora chiudo gli occhi, giammai li riaprir?. 6 Epicedio Non sento orti dentro me solo steppa e tundra Nessun fruscio di crescita o di vita Nessuna trasformazione Nessun organo di luce Soltanto scie grigie come vortici di numeri di roulette e lampi magri come radici di pianta carnivora che divora angeli e aerei al di sopra delle nubi Non sento porti dentro me solo navi bombardate Nessun formicolio di pulsante gioia attiva Nessun trasporto o sollevamento Nessun roteare di fari Soltanto voragini e banchine sbrecciate solo ganci di gru abbandonate che dondolano al vento come donne impiccate Non sento morti dentro me solo scheletri e silenzi Nessun ricordo spezzato come un ombrello dal temporale Nessuna ernia da sollevamento lapidi Nessun cacciavite a inchiavardare bare Soltanto un asindeto di visioni amare solo semafori lampeggianti grigio in incroci deserti orfani di clacson Non sento forti dentro me solo tende strappate Nessuna donna che si fa sull’uscio a salutare l’uomo che va via Nessuna casa dalla schiena di pietra Nessuna chiesa con le croci intere Soltanto ombre impresse sui muri e ponti che percorre solo il vento e solo il vento un giorno potr? ritornare. 7 Un giorno mi ritroverete Un giorno mi ritroverete a giocare con i gabbiani sul declivio di Ostenda o con i loro colleghi seduto sui foruncoli pietrosi di Le?a da Palmeira Un giorno mi ritroverete a bussare inutilmente al teatro abbandonato di Ulica Piotrkowska o a camminare sbandando da un muro all’altro nelle calle della Candelaria Un giorno mi ritroverete ad ascoltare per ore intere la sinfonia in re bemolle del vento settembrino nei caruggi o nei barrios Un giorno mi ritroverete a contare i mattoni delle chiese di Bruges o a farmi insultare per le strade di Oslo. Un giorno mi ritroverete. Per adesso, smettete di cercarmi. 8 Palingenesi Mi sembra impossibile essermi lasciato la battaglia dietro di me clangori d’armi e quell’odore dentato di carne e ferro le urla che uscivano dagli occhi le urla che rimanevano inscatolate negli elmi svitati dal busto le urla che diventavano sangue e come sangue si rapprendevano e si raffreddavano E quante braccia che si levavano da corpi immobilizzati e deliranti come radici alla ricerca dell’acqua Un tappeto di erba e rumore ? quello che gli zoccoli sotto di me calpestano felpati Non so da quanto sia aggrappato alla criniera a voltarmi indietro sputando terrore a ogni secondo Sono appena uscito dall’inferno la testa ovattata e quei rumori metallici a scavarmi dentro come cucchiaio che s’ostina a pescare dal piatto l’ultimo goccio di minestra Deglutisco il mondo ad ogni momento e poco dopo mi ? di nuovo in bocca mentre zolle si sollevano e danzano attorno al galoppo Nessuno ormai mi sta seguendo sulla via che mi conduce a casa tra poco sar? libero di riemergere dalla morte In un’ansa del fiume mi fermo a bere e pulire le ferite Rivolgo il mio viso al Cielo e i miei occhi si schiantano sulla nuca Nelle orbite vuote nidificheranno avvoltoi e vendette, la mia lingua diventer? un’agave spinosa Perfino il mio cavallo ha uno sguardo gelido da gatto scalciato per la strada non vede l’ora di fare la strada al contrario e ritornare in quel campo di morte a riprendersi l’orgoglio Abbiamo diviso l’attacco e la fuga il furore e la paura soltanto per tornare a sentire le tue mani Altrimenti saremmo rimasti l?, perdendo un brandello per volta per aiutare pi? zolle possibili a diventare fertili La sera cade e intravvedo la nostra casa solo rovine, distruzione, il tuo corpo smembrato le tue mani che non sanno pi? scaldarmi le tue mani finite come un gioco qualsiasi gli avvoltoi stanno riposando nelle mie orbite vuote. Domani li porter? a nutrirsi. 9 Una vita fuori posto Forte con i forti debole con i deboli incapace ad obbedire non adatto a comandare tangendo il successo sempre un passo indietro ed il corpo troppo avanti. Forte con i forti debole con i deboli ho distrutto vite senza fare prigionieri trascinando le catene per tenermi sveglio. Ho lasciato una scia umida e nera come lumaca ulcerosa e maledetta. Ho lasciato in eredit? un banco vuoto in una classe d’asilo. Forte con i forti debole con i deboli. 10 Ho vomitato l’anima Ho vomitato l’anima ieri e adesso mi sento pi? leggero posso nuotare libero senza zavorre di rimorsi e cattiverie Ho vomitato l’anima ieri e ho sporcato il cesso Non so cosa mi uscisse dal corpo sembrava limatura di ferro mischiata a cotone insanguinato forse aveva segato le sbarre per poter scappare forse si era ferita forse infettata Ho vomitato l’anima ieri ma non ? stato come me l’aspettavo Pensavo che attendesse le trombe del Giudizio Universale la barca di Caronte o almeno un rintocco di diafane campane Niente. Non ce la faceva pi? a restarmi dentro. Scalciava Urlava Soffocava e io mi forzavo sopportavo perchе pensavo che fosse indispensabile avere un’anima e anche lei pensava d’aver bisogno d’un corpo E’ strisciata via dalla mia bocca la sua coda era lunga e spinosa e si agitava guardandosi attorno Ho vomitato l’anima ieri e chiss? dov’? finita Sembrava fatta di mercurio imprendibile come quando ce l’avevo dentro e mi rovesciavano come un guanto restando attoniti davanti alle mie pareti lisce Ho vomitato l’anima ieri e oggi i Nullibisti di Henry Moore mi vogliono gi? come loro capolista alle prossime elezioni Appena sei vuoto vieni scelto per rappresentare gli altri Un bidone che pu? contenere pi? rifiuti possibili Rifiuti di carta Rifiuti di carne Rifiuti nati per essere rifiuti Rifiuti fatti per non essere rifiuti Ho vomitato l’anima ieri e forse mi manca gi?: non so pi? con chi mentire quando sono solo quando sogno solo Il letto a volte m’ingoia mi accoglie sorridente e poi si piega a met? come una pizza mangiata con le mani e io mi sento digerito nei sogni digerito bene quando non li ricordo digerito male quando i miei occhi al risveglio si spalancano di colpo e mi sputano fuori Ho vomitato l’anima ieri e forse se ne sta nascosta nel sifone arringando grumi di capelli, microbi, saponi e incrostature nere di chiss? cosa Cosa star? dicendo di me? Se ne parler? male ogni mattina il lavabo s’intaser? per sciopero Eppure anche voi, Popolo dello Scarico, avevate fiducia del mento che intravvedevate dal buco Non lasciatevi corrompere anche voi come ho fatto io ora lei ? la vostra guida come lo ? stata per me, vi far? diventare profumati, bianchi & puliti Un Popolo dello Scarico senza identit? Voi abituati a guardare dal basso in alto e a provarci gusto Come quando io bambino alzavo lo sguardo e vedevo le nuvole marzoline impigliarsi nei baffi di mio padre o la mano di mia madre che pendeva come una liana a cui appendermi sicuro Ho vomitato l’anima ieri e fu forse rigurgito infantile, latte e biscotti al plasmon scaldati dal mio giovane ventre Avere un’anima al plasmon Al napalm, al plancton, al clacson Avere un’anima e vomitarla e quel vomito animarlo Non ? colpa mia se anche stasera sono costretto a inventarmi storie che nessuno mi racconta mai e non ? neanche questione d’essere un eterno bambino, perchе gli altri non sono cresciuti sono soltanto gi? morti e al Cimitero s?, ci vado a giocare, ma la noia ben presto si trasforma in zanzare buie Mangio bestie morte fatte a fette Ho l’immagine di un moribondo sopra il mio letto Ho studiato e amato le opere di uomini morti Le cose morte mi hanno sempre nutrito corpo e anima E il primo ? dannatamente vivo e instancabile E la seconda addirittura ? fuggita via Ho vomitato l’anima ieri e chi se ne frega Al primo freddo rientrer? da sola come un gatto scappato sui tetti che rientra starnutente e arruffato Forse si star? proprio azzuffando con i gatti che in varie epoche mi sono stati accanto e che per tutta la loro vita amarono di me soprattutto le mani quando si trasformavano in ciotole piene o in spazzole ossute calde Ho vomitato l’anima ieri ma tu mi sei rimasta dentro Eravate nella stessa cella e lei se n’? andata senza dirti nulla o sei tu che sei voluta restare: ti manca poco per uscire regolarmente perchе scappare, dunque? No, tu mi sei rimasta dentro dentro come sempre E’ uscito di tutto dal mio corpo Umori, bestemmie, sogni, raffreddori, denti da latte Adesso anche l’anima E’uscito di tutto, dicevo, tranne te e tranne me Ho vomitato l’anima ieri sembrava un mazzo di rose sul pavimento come uno di quelli che mi facevano arrossire al ristorante perchе non sapevo cosa dovevo fare e ti avrebbe tenute le mani occupate tornando a casa Quelle mani, ahim? soltanto due, che avrei voluto sanguisughe da salasso su di me, dieci, venti soffici ventose tiepide sulla schiena a togliere umidit?, vuoto ed amarezza. Ho vomitato l’anima, ieri. 11 La donna dalle lacrime dolci Sei la donna dalle lacrime dolci Ogni tuo gesto ? una fiamma leggera Sei l’ombra, sei il gatto che fugge e poi ritorna Sei l’impatto del treno contro i rami sporgenti Un alambicco pieno di mercurio e di zolfo bolle di notte tra i tuoi seni perfetti Quanti a. lchimisti hanno perso i polmoni inseguendo i fumi del tuo corpo sudato! Sei la donna che detta il ritmo delle stagioni, che dimezza l’attesa tra un mio battito e l’altro Sei Venere che sorge da una colata di lava Sei Psiche che tiene sempre accesa la luce Calpesti la terra e neanche ti accorgi che ad ogni tuo passo prende vita un giardino Per i tuoi capelli il vento sta ringraziando Dio per avergli donato uno scopo di vita 12 Danzo Danzo la danza delle idee geniali sperando che tu mi dica qualcosa di nuovo Danzo la danza dei perdenti e perduti sapendo che i miei passi saranno vani Danzo la danza degli ingenui felici credendo che il mio sudore serva a qualcuno Danzo la danza dei profittatori e danzer? finchе mi pagherai E danzo, danzo, danzo per vincere la mia arroganza Danzo, danzo, danzo il perchе non ha importanza Danzo la danza dei maledetti perchе lo spleen mi arriva fino al torace Danzo la danza dei presuntuosi perchе anche tu lo sei se ti credi al mio livello Danzo la danza degli indesiderati mi sono allenato molto davanti alle porte chiuse Danzo la danza degli insofferenti ti puoi spostare un po’ pi? in l?, per favore? E danzo, danzo, danzo fino a che rester? in piedi Danzo, danzo, danzo perchе sei tu che me lo chiedi. 13 Vengo a portarti una poesia di Neruda Ho un galoppo nel cuore e onde al guinzaglio Di questo mare insepolto impaster? vento e sabbia per costruire i tuoi piedi rumorosi e sentirli danzare dentro i miei occhi Per raggiungerti salgo dal mare alla collina La mia testa si ridisegna stella per chiamare le tue voci Le mie labbra si arcuano stanche in sorrisi autunnabondi e distratti E io sono qui, su questo autobus che scuote il mio corpo come un dado come un tappeto arrancando su polverose strade rese mute dalla pioggia improvvisa Le farfalle applaudono al mio passaggio sbattendo le ali sopra le pozzanghere che ingoiarono Narciso Ho un galoppo di onde nel mio cuore al guinzaglio. Portami dove si possa dimenticare questo secolo che ci vede esiliati, questi temporali che non riescono pi? a rinfrescarci, queste celebrazioni e abbracci che sembrano inutili corone di fiori. Il mare ? laggi? lontano come un progetto abbandonato le ruote sparano sassi e ricordi sulla salita che la tua casa mi srotola davanti Sono l’intagliatore di foglie di carciofo e ti porto in dono sagome di nubi A te, bicchiere dall’orlo sbeccato che non posso baciare senza ferirmi A te, orecchio reciso e gettato su un prato per ascoltare i segreti delle formiche A te, porto in dono la mia giacca logora, la mia resistenza e questa poesia smarrita di Pablo Neruda. 14 Tua assenza: prato, spiaggia e autostrada Appoggiato ad un prato verticale aspetto una farfalla che mi porti in su C’? un palazzo col labbro leporino con i balconi feriti dai gerani Ho impastato cuori e fili d’erba ho trovato un nido di frullini fra poco il vento mi parler? di te Ho trovato un passaggio segreto dentro le tasche dei miei calzoni Spiagge deserte e scogli turchesi e ciuffi di candelabri accesi Il tuo corpo inghiottito dalla sabbia i tuoi occhi diventano girini adesso il mare appartiene a te La tua schiena ? una calda ipotenusa che porta ad un’area di servizio Il mio braccio una netta tangenziale che sfiora i tuoi cavalcavia Son rinchiuso in un’oliva con le ruote e respiro finti aromi di foresta – non riesco ancora a far senza di te 15 Pensierino Quante volte caro signor Maestro col ditino alzato e lo sguardo severo mi ammonisce dicendo «se tutti facessero come te» intendendo che la mia attivit? culturale non serva al progresso del Paese, a far ripartire la sua economia e neppure, essendo artista, a far fiorire la mia Ma allora una volta per tutte caro Signor Maestro mi lasci dire che se tutti facessero come me non ci sarebbero polizie perchе perfino alle zanzare chiedo scusa e mi appello comunque alla legittima difesa quando le sgiornalo contro il muro non ci sarebbero eserciti perchе l’unico Paese che voglio invadere ? quello delle emozioni altrui e l’unico territorio che devo difendere ? l’intimit? dei miei affetti e dei miei pensieri non ci sarebbero aguzzini e aguzzine che con la loro concezione totalitaria dell’amore devastano la vita di chi li ha incontrati chе se vuoi bene a una persona vuol dire che vuoi il suo bene indipendentemente da cosa ti d? Quindi ? meglio che non mi dica pi? «se tutti facessero come te» perchе si rischierebbe di vivere in un mondo meraviglioso di avere un sacco di tempo libero di fare le cose che si amano Ma ora mi viene alla mente caro signor Maestro che se vivo in un mondo che fa schifo allora lo devo a lei e alla maggior parte delle persone che non sono come me che se ne fregano degli altri e soprattutto se ne fregano di se stessi A lei e a loro dovrei chiedere i danni e forse le miei poesie sono proprio questo: sono i moduli per sporgere reclamo E sto anche pensando, signor Maestro, che per la legge dei numeri che lei mi ha spiegato cos? bene allora anche in questa sala c’? un sacco di persone che mi costringe a vivere male. A questi non voglio pi? rivolgere nе sorrisi nе parole. Io mi appello agli altri. Alzatevi in piedi e fatevi vedere. Конец ознакомительного фрагмента. Текст предоставлен ООО «ЛитРес». 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